mercoledì 29 luglio 2009

La Cosa 2




Proseguono gli avvistamenti di Ufi vicino allo stadio di Firenze: dopo la Cosa 1 di qualche sera fa (poi individuata come proveniente dal pianeta Minimoke della galassia Austin), ecco la Cosa 2. A dire il vero, qui sospetto fortemente che non si tratti affatto di una "cosa", bensì dell'Ufo in persona: un vero e proprio extraterrestre sperdutosi a migliaia di anni luce dal suo pianeta, dagli occhioni tristi e con una gomma sgonfia -su quel pianeta, gli abitanti hanno le gomme invece delle gambe; mica vorrete stupirvene più di tanto, no? Addirittura, dei ragazzacci se ne stanno approfittando imbrattando il suo bianco manto con degli scarabocchi incomprensibili: oh, dico, ma un po' di rispetto! Vi garberebbe, a voi, ritrovarvi sperduti su un lontanissimo pianeta con un piede malandato, e che qualcuno vi scarabocchiasse addosso con lo spray? Almeno ci si capisse qualcosa, poi...

Per tramite di questo seguitissimo blog rivolgo quindi un appello a tutti: vogliamo riparargli quella benedetta gomma, povero piccolo, e riportarlo alla sua astronave? Ci avrà pure un babbo e una mamma che lo stanno cercando, e immaginate come devono stare, poveri Ufi! Se vedete dalle vostre parti un "coso" del genere con quattro ruote di 6 metri di diametro l'una, contattatemi pure; nel frattempo mi occuperò di tenerlo d'occhio, di portargli da mangiare (sembra che si nutra di energia elettrica), di tenergli un po' compagnia e di fargli due coccole. Da quanto ho capito sembra che si chiami Melex -i genitori forse potrebbero rispondere al nome di Perex e Albicocchex; proviamoci!

Vecchio Cinquino, quanto tempo è passato...




Pochi giorni fa mi è stata fatta un'osservazione che ritengo assai interessante. Una persona con la quale parlavo proprio di questo blog, mi ha fatto notare che non ci si accorge mai veramente delle cose finché non le si vanno a cercare espressamente. È esattamente il caso delle vecchie Fiat 500: di quante ancora ce ne siano in giro non è dato capirlo appieno finché non si mette su, giustappunto, una "cosa" dedicata alle vecchie automobili ancora in circolazione. E allora i Cinquini appaiono a mucchi e a frotte. Ho scattato questa foto in un viale fiorentino da dove ero passato pochi minuti prima: esattamente accanto a questo esemplare imperdibile per la sua antichità (ma ce ne sono, in giro, di ben più vecchi: tutto starà a trovarli!) ce n'era un altro, turchese, targato Livorno e ugualmente vecchio. Fato ha voluto che, ripassando dal viale con l'intento di fotografarli in coppia, il livornese se ne fosse purtroppo già andato. È rimasto il fiorentino, ed eccolo qua.

lunedì 27 luglio 2009

Tutto matto!






Assieme ai vecchi Cinquini, i Maggiolini sono, come è lecito attendersi, le tregge più "gettonate" non soltanto in questo blog, ma più che altro sulle strade fiorentine, toscane e di mezzo mondo; ne ha fatta di strada l' "Auto del Popolo", nata per motorizzare in massa il III Reich. E chissà se il Führer avrebbe immaginato che sarebbe un giorno diventata uno dei simboli (assieme all'omologo furgone) dei figli dei fiori che si opponevano alla guerra. Ancora oggi, quando se ne vede uno in giro, non si pensa certamente alla Germania hitleriana: si pensa al '68, a Woodstock, ai film on the road...

On the road, appunto, ieri. Capitati alfine in una cittadina di frontiera, e non importa se la frontiera era quella tra le province di Siena e Firenze, ci siamo trovati davanti a questa mattana su quattro ruote; la quale, tanto per ribadire, recava un adesivo che attestava la sua partecipazione a un Beetle Meeting, o roba del genere, che aveva come emblema il n° 53 del "Maggiolino tutto matto". Naturalmente speriamo per il proprietario che il suo Maggiolino non si sia diviso in due come nel famoso film disneyano: francamente sarebbe stato un gran peccato, vista la cura messa nell'autovettura. Sì, sicuramente i Maggiolini in questo blog stanno cominciando a essere tanti, e sarà prima o poi necessario tralasciarne qualcuno; ma come resistere a una cosa del genere?

domenica 26 luglio 2009

Chianti, tregge DOCG (2): La Stella







Dunque, vi siete accomodati a tavola? Ecco, proprio nel portico della cascina dove state per consumare un lauto pranzo o un'ottima cena, vi cade l'occhio, nello spiazzato accanto, su questa cosa: e l'attesa vi si farà dolce, e passerà in un istante. Vi alzerete da tavola per rimirarla, per carezzarla, per concupirla oppure, come ho fatto io, per fotografarla da tutte le angolazioni possibili. La Stella, che i proprietari dell'osteria hanno saggiamente messo in disparte, vicino ai tavoli, come premio per esservi fermati da loro. Se all'ingresso c'era una sua sorella lasciata alle intemperie, qui c'è invece un capolavoro assoluto rimesso in ordine, con il telone e la targa originale. Il più antico automezzo di questo blog, senz'altro; qui siamo in pieni anni '50. Per gli amanti dell'esattezza, si tratta di un Fiat 1100 commerciale del 1955.

Che altro dire? Se avessi potuto, mi sarei fatto dare le chiavi, avrei preso i piatti e il fiasco del vino (sì, perché là il vino lo portano ancora nel fiasco impagliato) e mi sarei messo a mangiare in cabina, sognando di strade polverose, di incroci con carretti a cavallo e, possibilmente, di dare un passaggio ad una piasintëina in gonna svolazzante a fiori rimasta appiedata per una panne alla sua Topolino; poi, come si suol dire, da cosa nasce cosa!

Cos'è il tempo che passa e che, al contempo, si rifiuta di passare? Bella domanda. Una domanda che ha la sua risposta in sensazioni che non sono facilmente esprimibili a parole. Ci proverò con una parola, però; una sola. Quando ci si trova davanti ad una cosa del genere bisogna dare una sbirciata anche al cruscotto, e guardare il quadro della strumentazione. I bottoni, le levette, il tachimetro e l'indicatore del carburante. Ecco, se su quell'indicatore, sotto l'ago, ci trovate scritto combustibile, avete una possibile risposta. Combustibile è una parola che tutti ancora capiscono: non è una parola morta e oramai incomprensibile, come guastada* o drudo**. Eppure, sul cruscotto digitalizzato della vostra macchinina tutta bella nuova, ce la trovereste mai? Ve lo immaginate, col vostro SUV, chiedere al benzinaio di farvi il pieno di combustibile? "Buongiorno, mi mette 30 euro di combustibile"? Ma il tempo e il bello hanno le sue parole, e sono parole antiche. Una parola non è soltanto un suono; ad esempio, è anche un odore. La puzza di combustibile, che era buonissima. Le automobili di ora sono anosmiche; non puzzano più, disperatamente, di nulla.

* caraffa per l'acqua (latino volgare: *gastrata)
** amante, innamorato (dal germanico
*traut)

Chianti, tregge DOCG (1): Il Portadamigiane




Un fine settimana, quest'ultimo di luglio, assolutamente torrido: non solo dal punto di vista climatico (cosa normale in questa stagione), ma anche e soprattutto dal punto di vista treggiajuolo. Oggi ce ne siamo andati nel Chianti (parlo al plurale, perché ero in compagnia di una certa piasintëina che oramai è diventata una presenza familiare in questo blog), terra di buon vino e ancor migliori tregge; cosa che ha una sua logica ben precisa, data la tradizione di trasporti vitivinicoli per plaghe di colline e strade bianche che abbisognano di mezzi robusti e atti a sfidare il tempo; ed anche quando, come in questo caso, il tempo è oramai già stato sfidato, non crediate che tutto finisca da un banale e cupo sfasciacarrozze. Buttereste via, voi, una bottiglia di Chianti del 1890, anche se oramai è imbevibile (e non è detto!)? Bene, questo automezzo è come una bottiglia di quel genere.

Non solo non lo si butta via, ma lo si adopera per ornare un'osteria chiantigiana in piena regola, di quelle sistemate in una vecchia cascina. Nel sole calcinante, riempito di damigiane come deve aver fatto per tutta la sua lunghissima vita, e con il mare di ruggine che ancora però non è riuscito a vincere lo straordinario turchese della sua livrea. Come il vecchio e fedele servitore del Capitan Fracassa, che pur nella miseria conservava tutta la sua dignità d'un tempo e, oserei dire, la sua incrollabile nobiltà rurale. L'osteria accoglie così i suoi ospiti, sistemandoli poi su tavoli ricavati da vecchie macchine per cucire ed in mezzo a attrezzi da lavoro. Come dire: un posto che si presenta così dà già la garanzia che vi si mangia bene. Chiaramente non dovrei far pubblicità, ma qualche indicazione la do al treggista che ama anche mangiare e bere bene: il posto si trova sulla statale n° 2 Cassia, poco prima di San Casciano in direzione Siena. Ora, su, datevi da fare per trovarlo (anche perché, una volta che vi sarete messi a sedere, vi aspetta un'altra delizia)!

Titanica





Il Treggia Tour notturno stava per terminare, quando ha voluto riservarmi un'altra gradita sorpresa: nientepopodimento che un'autentica Golf di prima serie, del 1976/77, rossa fiammante. Un esemplare oramai rarissimo a giro per le strade delle nostre città, con una targa arancione e nera molto antica (ricordo che, a Firenze, le targhe arancioni e nere entrarono in vigore a partire da FI 804000, nel 1976; e trovare una delle ultime targhe quadrate "FI 80...", comprese cioè tra FI 800000 e FI 803999, sarebbe uno "scoop" degno di nota).

Titanica. In tutti i sensi. A dire il vero, la cosa mi ha provocato anche una certa non so qual crisi d'identità: da ieri sera ho infatti scoperto che Firenze, a giudicare dall'ovale affisso sul lunotto posteriore dell'autovettura qui riprodotta, appartiene alla Serenissima Repubblica di San Marino. La Repubblica del Titano, appunto. Mentre prendevo le foto, mi vedevo prestare fedeltà ai Capitani Reggenti, pronunciare il secolare motto Libertas (peraltro senza timore d'essere scambiato per un democristiano) e, soprattutto, vincere con la Fiorentina l'83° scudetto consecutivo -dato che non vorrete che c'impensieriscano il Murata o il Domagnano. Addirittura vi sarebbe stato il sentito derby Fiorentina-Fiorentino. Uno sballo, a pensarci bene!

La Cosa




Ieri sera, durante il Treggia Tour notturno per la città semideserta, mi sono imbattuto in questa Cosa. Non saprei come definirla altrimenti, posto che, ovviamente, si tratta anch'essa di un'automobile; ne fanno fede quattro ruote, un volante e dei pedali. A parte questi universali, che devono aver raggiunto anche i più lontani pianeti delle più sperdute galassie, il resto fa propendere per un autentico Incontro Ravvicinato del 3° Tipo e non mi sarei stupito certamente di vederci a bordo E.T. e famiglia.

In effetti, e lo dico proprio nel quarantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna, del modulo lunare ha l'aspetto. Mi direte voi, senz'altro: ma è targato Firenze. Rispondo: c'è qualcosa di strano? Fiorentini sono stati tra i più grandi esploratori dell'umanità (basterebbero i nomi di Amerigo Vespucci e di Giovanni da Verrazzano), e c'è qualcuno che afferma non senza ottime basi storiche che i primi uomini a mettere piede sul satellite terrestre non siano stati gli americani Armstrong, Aldrin e Collins ma i fiorentini Pinzauti, Francalanci e Degl'Innocenti già nel 1832, a bordo d'un razzo alimentato con una possente mistura di fagioli all'uccelletto, peposo dell'Impruneta e Chianti vecchio. Perché quell'epica impresa non sia passata ai posteri è presto detto: i tre fiorentini, dallo spirito eminentemente e tipicamente pratico, una volta constatato che sulla Luna non c'era assolutamente un cazzo, se ne tornarono indietro e stòppe. Icché ci si va a fare ne' posti 'ndòe 'un ci so' che sassi? O 'un ci se n'ha abbastanza alle Cave di Maiano? -ebbe a commentare il Francalanci; e come dargli torto.

Fatto sta, comunque, che nello spazio infinito i fiorentini abbiano lasciato tracce; come appunto questa. Segno di mondi lontani dove le cose superflue, tipo gli sportelli, non servono; mentre servono, e dimolto, le barre di protezione. Dai sassi, appunto. Con riverenza ed anche un po' di inquietudine per essere davanti a quel veicolo proveniente da remote costellazioni, mi sono avvicinato e ho scattato le foto. In un posto peraltro simbolico: siamo a pochi passi dal luogo dove, il 27 ottobre 1954, a Firenze vennero avvistati gli Ufi. (Ufi, ovviamente, è il plurale di Ufo). Tutto normale. A distanza di cinquant'anni e rotti, nella stessa zona, ne viene avvistato un altro!

Forza Viola!






Con questo post, il Treggia's Blog offre ai suoi numerosissimi lettori, e soprattutto a quelli -come me- di fede Viola, un contributo assolutamente eccezionale.

Eccezionale, in primis, per l'autovettura: un'autentica Fiat 1100 T del '63 o '64 in stato perfetto di conservazione; ma la cosa è del tutto naturale, se si considera che appartiene -come si evince leggermente da una delle foto, ad un'autocarrozzeria che se ne serve come mezzo di servizio. Sto con questo facendo un po' di pubblicità all'autocarrozzeria in questione? Pazienza. Non me ne vogliano gli altri bravi carrozzieri fiorentini; e se per caso me ne volessero, s'attrezzassero un automezzo come questo, m'informassero, e arriverei in pompa magna con la Kodak. Sono a disposizione di tutti.

Confesso anche che conoscevo da lungo tempo quest'autovettura. L'avrà vista decine di volte, sempre parcheggiata di fronte alla sua carrozzeria. Come accade sempre per le cose più ovvie, me n'ero dimenticato: rimedio dedicandole ben cinque fotografie, un record per questo blog. Un record del tutto meritato.

Non soltanto per il suo valore storico, ma anche e soprattutto perché -oltre che per l'autocarrozzeria- l'autovettura funge da "mezzo di richiamo" anche per un Viola Club, ed uno di quelli veramente storici. Non a caso, quindi, la vettura è verniciata interamente di Viola. Il fatto che, poi, l'autocarrozzeria si chiami Torino è un valore aggiunto, dato l'incrollabile gemellaggio esistente tra tifosi Viola e Torinisti. Del Torino calcio, dico. I fratelli Granata. A Torino esiste una sola squadra. Gli abusivi in maglia bianconera non sono contemplati minimamente.

Indi per cui, invito tutti a fare un applauso virtuale a questo capolavoro. Con un ringraziamento speciale a chi lo ha perpetuato. Well done. E chiudo con il mio grido di battaglia: Forza Viola eternamente!

L'Ape Rottamaia




Inutile fare: i Treggia Tours notturni (specialmente in un torrido e semideserto sabato sera già di esodo estivo) sono i più fruttuosi. I fiorentini con le loro belle macchinine nuove nuove son già tutti col culo a mollo, e in città restano le tregge più sontuose che risaltano nelle strade vuote. Ad un'autentica Apecar di quelle sode, segnate da giornate di duro lavoro, di secchi di vernice, di cassette di cipolle o di guarnizioni di waterclose imputriditi davo la caccia da tempo: perserveranza premiata con questo esemplare da manuale. La plebea nobiltà della ruggine. L'atteso rumore di ferraglia sotto la porta di casa, quando il rubinetto gocciola o l'intonaco ha fatto una bolla d'umido dalle dimensioni d'un lenzuolo matrimoniale, con relativa piantagione di funghetti champignon sul soffitto di camera. Il rude ma consolatorio òmo in tuta, seguito dall'apprendista diciassettenne che impara il mestiere. Un mezzo come questo sa evocare tutto questo, ed anche altro.

sabato 25 luglio 2009

Treggiåssøn




Qualcuno, ragionevolmente, potrà chiedersi il perché del titolo decisamente "nordiksson" di questo post; presto detto. Il furgone VW qui riprodotto (ma, purtroppo, senza vista frontale data una fastidiosa recinzione che impediva l'accesso ed alla quale, appoggiandomi, mi sono ridotto la maglietta ad una griglia di polvere millenaria) proviene infatti, nientepopodimeno, che dal parcheggio coperto di una nota multinazionale dell'arredamento a buon mercato fondata dal signor Ingvar Kamprad, della quale non farò il nome per non fare pubblicità all'Ikea. Ebbene sì: anche io mi servo all'Ikea, comprando mobiletti dai nomi impronunciabili (uno spasso sentire le famigliuole fiorentine cercare di destreggiarsi col bagno Svykjömskömsson, con la pentola Tåkårghøållbund e con il lettino Holmbjörnbångmärd o roba del genere). Questa mia evidente debolezza, corroborata purtroppo dal fatto d'avere l'Ikea a cinque minuti di macchina da casa, è stata però oggi ricompensata da questo autentico repertorio da Alice's Restaurant colà parcheggiato. Se mi promettono una treggia del genere ogni volta che ci vado, giuro che comprerò anche lo spazzolino da cesso Kakasmerdsson. È un impegno!

giovedì 23 luglio 2009

Per il webmaster di Autodimerda


È senz'altro un avviso privato e ad personam, questo; ma il gentilissimo webmaster di Autodimerda non deve temere alcunché, anche se -del tutto involontariamente- sono un perfetto omonimo del famoso capitano dei RIS nella serie televisiva Delitti Imperfetti (vale a dire: io delittavo, tu delittavi, egli delittava).

Prima di tutto vorrei ringraziarlo; e menomale che mi sono accorto del suo commento su un blog che, oramai, non curo quasi più. Ho provveduto immediatamente a iscrivermi al forum di Autodimerda, ma qui si conferma una volta di più la mia pressoché totale incapacità di destreggiarmi in diavolerie telematiche che esulano dalle mie più che modeste cognizioni. In pratica: non mi è riuscito ancora di capire come si fa a scrivere un nuovo messaggio su quel forum. Quando, dopo attenta ponderazione, mi sarà riuscito, provvederò senz'altro a lasciare un saluto.

Nel frattempo, per rispondere mi servo del mio blog sperando che il webmaster di Autodimerda legga questa cosa. Ovviamente la risposta è positiva e, anzi, è per me un onore essere stato, per così dire, invitato a scrivere qualche recensione. Cosa che farò senz'altro non appena si presenterà una macchina degna di essere smerdata a dovere. In questo però devo avvertire il webmaster che ho dei "gusti" particolari: ad esempio, un mio sogno sarebbe quello di ricoprire di ogni possibile contumelia la Smart (senza contare che la Smart coupé è oggettivamente un'autodimerda).

Pregherei quindi il webmaster di scrivermi a questo indirizzo di posta: k.riccardo@gmail.com . Essendo un adepto del cosiddetto Asocial Network, io non lascio la possibilità di inserire commenti sui miei blog (per il webmaster di Autodimerda ho fatto però un'eccezione), "spostando" tutto quanto sulla vita reale e sui contatti diretti, senza alcuna remora e soprattutto senza mediazione. A tale riguardo, se vuole, mi può contattare anche a questo numero di telefono: 339 4723095. Quest'ultima soluzione mi piacerebbe anche di più, dato che un "grazie" ed un "piacere di conoscerti" a voce valgono circa 728 volte in più di qualsiasi pixel.

Un "grazie" ed un "piacere di conoscerti", uniti di nuovo ai complimenti per il sito, che comunque ripeto volentieri in conclusione, anche servendomi dei pixel testè vituperati.

Nella foto: il mio famoso omonimo. Io, invece, sono decisamente più brutto però non sono dei RIS.

mercoledì 15 luglio 2009

Song' 'e Tàrde c'u core rossoblù, bève birra Raffo e ggire cu' a Renù


Credo che, forse, il titolo di questo post abbia bisogno di una leggera traduzione.

Significa: "Sono di Taranto, ho il cuore rossoblù, bevo birra Raffo e giro con la Renò". Tràttasi, per chi non è addentro alle cose tarantine, della rielaborazione di un noto (ma noto solo a Taranto) slogan pubblicitario della birra Raffo, detta "la birra dei tarantini". La birra Raffo è un possente simbolo dell'identità tarantina, senz'altro assai più gustoso e degno di quel delinquente fascista che fu eletto sindaco della città pugliese qualche anno fa; nello slogan si nomina anche un altro simbolo altamente identitario, il Taranto calcio (dalle maglie rosse e blu), con una tifoseria numerosa e appassionata.

Sorprendendo questa meravigliosa e vetusta Renò Quattro in una piazza di Firenze, targata giustappunto Taranto, non ho potuto fare a meno di ripensare a tutto questo (anche come omaggio alla città di Taranto e ai tarantini tutti).

Cabriolè & Palindromo (Καμπριολέ και Παλινδρόμος)




Insomma, com'è o come non è, la piasintëina di cui parlavo qualche post fa ci ha preso davvero gusto. E non soltanto col sottoscritto (cosa che, naturalmente, mi riempie di gioja, sollazzo ed altre piacevolissime cose), ma anche con le tregge rinvenute nella sua città. Che dire? A questo punto bisognerà quanto meno creare una nuova etichetta, quella delle tregge piacentine: sembra che sia davvero una miniera, e la cosa val bene una piccola estensione territoriale rispetto alla dichiarazione programmatica del blog. A condizione che, nel resto d'Italia, non si pensi che le tregge piacentine siano un particolare tipo di formaggio molle oppure uno speciale tipo d'acconciatura in uso da quelle parti.

La foto propostaci dalla nostra amica ritrae un doppio capolavoro. Un autentico Maggiolino cabriolè (quella cosa che mia nonna, che non ci andava per il sottile, chiamava capriolè), un bel colore annisettanta da zappata ne' denti e, durcissinfùndo, un rarissimo e magnifico esemplare di targa palindroma. Guardatela bene: PC 196691 si legge nei due sensi. Insomma, l'unione tra la ribollita e i pissarèi e fasö promette scintille. A dire il vero le ha già mantenute, ma questo è un altro discorso!

Dos Caballos de la Mancha



Siamo soltanto pochi metri più in là rispetto al 238 del post precedente. Nello stesso posto, sembra, è venuta a morire una doña della Mancha. E che sia proprio della Mancha non c'è dubbio: ha ancora la sua vecchia targa spagnola di Ciudad Real, che per l'appunto si trova esattamente in quella regione.

A morire? Non lo si può sapere. Non lo si può mai sapere con quella gente lì, con la gente di Don Chisciotte. E qualcosa di Don Chisciotte ci deve entrare per forza. Innanzitutto, e non a caso, è una Due Cavalli: e due cavalli non possono essere che Don Chisciotte e Sancho Panza. Vabbè, d'accordo, ricorda senz'altro più Ronzinante; ma se tanto mi dà tanto, il cavallo dell'hidalgo dalla Triste Figura non doveva essere messo tanto meglio. Il suo stato attuale testimonia poi di un poderoso scontro: se con dei mulini a vento o con un TIR polacco non è dato però saperlo.

Un'altra ipotesi più che plausibile sarebbe che la sig.na Aldonza Lorenzo (più nota come Dulcinea del Toboso), per sfuggire alle appassionate ma strampalate avances di Don Chisciotte, abbia preso la sua utilitaria e sia scappata nel Chianti; ma poiché, come ho detto prima, sono un terrificante sentimentale, preferisco pensare che Don Chisciotte e Dulcinea siano sì scappati nel Chianti, ma insieme. A bordo della fedele dedeuche targata Ciudad Real. Certo, nel XVI secolo doveva essere un bel viaggetto; con quelle strade là, poi. Le strade spagnole sono rimaste fino alla caduta della dittatura più o meno nelle stesse condizioni del 1500. La povera Dos Caballos, una volta adempiuto il suo dovere, avrà pure avuto il diritto di tirare le cuoia. Ma non può certamente essere mandata allo sfascio! Deve restare lì per sempre, immortale, in attesa di un Cervantes che la canti. Pardon: che la Chianti. Ai due amanti, spero, avrà fatto piacere fuggire in una terra dove c'è del vino buono sul serio. Non vorrei dire, ma nonostante le appassionate réclames fatte nei suoi romanzi dal defunto Vázquez Montalbán, il vino spagnolo fa generalmente piuttosto cacare (al pari delle presuntuose ricette di cucina di Pepe Carvalho: vuoi mettere con la pasta 'ncasciata e con le delizie ittiche della trattoria San Calogero?)

Bene. Ora le mie consuete bischerate le ho dette. Andrà a finire che, dopo questo post, fra qualche giorno riceverò una telefonata dalla Guardia Civil di Ciudad Real che mi chiederà informazioni, dato che -magari-, l'autovettura in questione era ricercata in Spagna dal 1976 perché servita per la clamorosa rapina al Banco de Mecagoendios, che fruttò mezzo miliardo di pesetas. Sappiate comunque che svierò le indagini. Dirò che la vettura appartiene a un mio conoscente spagnolo, tale Alonso Quijano. Tanto sanno una sega i poliziotti chi è Alonso Quijano!

238 motivi per salvarlo





D'accordo. Lo ammetto. Sono un maledetto sentimentale. Però, a me, che di dugentrentotti ne ho mandati una caterva, con i frullini e la sirena che fa pipòpipò pipòpipò, vederne uno ridotto in questo stato fa male al cuore. Magari il proprietario (sempre che non sia nel frattempo passato a miglior vita e che non vi sia fatto seppellire dentro, sotto la catasta di vecchi copertoni che s'intravede dal lunotto anteriore; nel qual caso il relitto avrebbe un'importantissima e nobile funzione) ha degli ottimi motivi per tenerlo là, a disfarsi sotto il sole di luglio o nel gelo di febbraio; però io avrei almeno 238 motivi per salvarlo.

Basterebbe, che so io, il suo color vino, identico a quello del famoso cappottone del ragionier Fantozzi. Oppure le mirabili scritte sulla fiancata, Kawasaki, Alpine Stars e la misteriosa BiEffe che potrebbe essere qualsiasi cosa, da un farmaco per l'acidità di stomaco ("caro, hai mangiato troppo gulasch di rinoceronte, prenditi due pasticche di BiEffe!") a una casa editrice specializzata in testi di dubbio successo commerciale ("Trattato di fisiologia delle salamandre", BiEffe edizioni, 1972). Oppure soltanto la nuvola e il cielo azzurro che si riflettono nel finestrino laterale (cliccare sulla foto): non ci avevo fatto neanche caso, me ne sono accorto or ora al momento di scrivere questo post, e probabilmente ho fatto la più bella foto di tutto questo blog (almeno tra quelle che ho fatto io).

Ci avessi i soldi, maledett'a loro. Lo rivernicerei del suo color vino, ci lascerei la Kawasaki e il BiEffe, e cercherei che le nuvole e il cielo azzurro si riflettessero non solo sul finestrino, ma su chi ci viaggia dentro. Invece resterà lì a fare da deposito di copertoni e, magari, pure da tomba. Riposi in pace. Ma un omaggio glielo voglio fare. Di solito questo blog contiene tre foto (fronte, lato e retro). Al 238 color vino Kawasaki ne ho riservate quattro.

Du' ducavalli is meglio che uàn (2)




Olé: non passano che due o tre giorni, che la risposta fiorentina alla ducavalli Ciàrleston piacentina compare in un torrido sabato mattina, proprio a due passi da casa mia e -addirittura- in presenza della piasintëina di cui si parla nel post precedente. Stavamo andando a prendere il pollo arrosto dal pollaiolo al mercato rionale, con relative patatine, quando ci è comparsa questa "gemella". Medesimi colori, medesimo chef d'œuvre. Le rifaranno mai macchine a codesta maniera? È una domanda che mi pongo sovente. Vengo colto da acute crisi di rimpianto, mi ricordo di quando -da ragazzino- a giro si vedevano Automobili, quelle vere, e ci si poteva giocare anche soltanto a guardarle. Ora si vedono soltanto cose standardizzate su quattro ruote. In definitiva, questo blog è un tributo a quando le Automobili riuscivano a scatenare la fantasia di un ragazzino. Ora non riuscirebbero a scatenare la fantasia nemmeno di una melanzana. Ed è meglio che non le rifacciano, le "repliche" delle vecchie Automobili. Ne vengono fuori mostri orrendi da fighettame, come la "Beetle" o la "Mini". Per non parlare della "Fiat 500". Vade retro. Anzi no: Vade avanti. Al retro ci penso io.

I colori. Si considerino anche soltanto quelli. A chi verrebbe in mente, ora, di fare una macchina rossa coi parafanghi neri? E le macchinine vendute già con le pubblicità incorporate? Ve la immaginate una dedeuche con la réclame addosso? In che mondo mi toccherà invecchiare, budello d'eva...