Penso che, in questi giorni, ne abbiate viste parecchie di belle foto, qui dentro. Belle foto e belle macchine. Dedicarsi a una cosa come questa, però, comporta anche brutte foto, e a volte bruttissime. Prese al volo, sfocate, sfumate mentre passa una piccola 126 di cui non si legge bene neanche la targa (comunque un FI 70... del 1974). Va da sé che amo molto alternare meraviglie autentiche, come la Lancia Lambda del post precedente, con le vecchie vetturette talmente di tutti i giorni, che di questi giorni ne hanno appunto collezionati oramai un'infinità. Mi piace vederle svicolare ancora dentro al traffico, imperterrite, addirittura intrepide. La 126, forse, non sarà stata una macchina indimenticabile; a suo tempo, pur piccola, non si notava esattamente quanto lo era. Ora, a vederne una accanto a un SUV, sembra davvero Davide contro Golia. E, esattamente come Davide, spesso gli va nel culo!
domenica 30 gennaio 2011
venerdì 28 gennaio 2011
Λ 2 Φ
Ovvero Lambda 2 FI.
A rigore, di parole ce ne sarebbero da spendere poche; sarebbe più opportuno tacere con ammirazione, deferenza e qualsiasi altra cosa si possa esprimere col silenzio. Però qualcosa va detta per questa autovettura che Mark B., ancora lui, ha fotografato ad un raduno d'auto d'epoca. Altro modo non vi sarebbe, del resto, di vederla circolare.
È una Lancia Lambda. Per l'anno di immatricolazione non vi sono problemi di sorta: le targhe composte dalla sigla della provincia e dal numero progressivo furono cominciate ad emettere nel 1927. Ci fu la 1 FI; e poi ci fu questa. La 2 FI. Una serie durata 67 anni, fino a FI N50000 del 1994. A questo punto, con queste foto non sarà più possibile andare indietro: 1 FI è perduta. Questa è la più vecchia targa FI ancora immatricolata, e lo resterà. E su quale razza di autovettura, poi. Qui sotto la 2 FI in vista posteriore:
La Lancia Lambda è considerata il capolavoro di Vincenzo Lancia, che la progettò personalmente. Le sue otto serie furono prodotte dal 1923 al 1931. Questa è una Lambda di settima serie che ha il suo (giusto) posto d'onore anche nella relativa pagina Wikipedia (che però ha la targa oscurata; il TB, che invece sostiene che le targhe sono atti pubblici di riconoscimento, e liberamente consultabili da tutti dietro visura al PRA, non la oscura affatto e ci mancherebbe altro). Un esemplare famoso, insomma, che partecipò pure, nel medesimo 1927, alla prima edizione delle 1000 Miglia. Con il numero 24, va da sé.
Ancora un particolare del frontale di questa vettura sbalorditiva, che manda in pensione qualsiasi altro ulteriore tentativo di reperire la targa fiorentina più antica:
Ho provato, in questi pochi minuti necessari per compilare il post, a immaginarne il valore economico. Mi sono comparse in mente cifre dal sapore lovecraftiano, con tanto di Grande Cthulhu alla guida. Meglio non pensarci e dare un ultimo sguardo ravvicinato alla targa:
Ombre (FF/28)
Non è solamente una delle più belle autovetture in cui uno possa sognare d'imbattersi, questa Alfa Romeo Giulietta Spider del 1959. Senza ombra di dubbio, qualcosa che farebbe amare un'automobile anche al più incallito dei pedoni. Per me, ma spero anche per voi, è anche una delle più belle foto che mi sia riuscito di fare in questo blog, con l'ombra del cancello, delle sue sbarre e delle sue volute. Un vero e proprio quadro dipinto dal sole su questa macchina per la quale potrei anche spendere un epiteto come "meravigliosa". Ah, dimenticavo, forse distratto dai giochi dell'ombra: ha anche un frontale. In pieno sole:
mercoledì 26 gennaio 2011
Una Vespa in salita
In un angolo buio e riparato di una delle più ripide salite fiorentine passa la sua esistenza questa Vespa bougianen che, dalla targa, sembrerebbe immatricolata nel 1977; in realtà mi sembra assai anteriore, almeno di un decennio prima. Comunque sia, se è capace di affrontare la Costa dove si trova parcheggiata, vuol dire che gode di ottima salute; la stessa che godono senz'altro gli abitanti di quella strada, tra le più belle di Firenze e quindi, oserei dire, del mondo. Ogni tanto mi concedo un rigurgito campanilista, perdonatemi (e se poi non mi perdonate, pazienza).
L'antiretorica
Quando si vedono in giro vecchie Lambrette (e Vespe), c'è sempre il rischio di un po' di retorica passatista: la fidanzata o l'amica seduta di lato con la gonna svolazzante, qualche mitico decennio ('50 o '60), tutti felici, le gite al mare quando s'era più poveri e via discorrendo. In questo caso vorrei decisamente smarcarmi da questo modo di pensare, e inserire uno scooter come la Lambretta in un contesto del tutto attuale. Anche perché è assolutamente perfetto. Come dimensioni e come linea, tanto è vero che gli scooter di adesso altro non sanno fare che scimmiottare quella di cinquant'anni fa (oppure, a scelta, "gonfiarsi" a dismisura per produrre quella specie di scomodissimi mostri detti scuteroni, i "SUV a due ruote", zero maneggevolezza e la contraddizione totale di ciò che dovrebbe essere e a cui dovrebbe servire uno scooter).
Insomma, vedi a giro una Lambretta come questa, del 1966, e non è certo questione di tempo che non sembra essere passato, o di altre scemenze del genere: anzi, il tempo è passatissimo (45 anni non sono uno scherzo per un motorino!), ma semplicemente non è stato proposto assolutamente niente di meglio, a parte qualche normale innovazione tecnologica e dei gadgets quasi sempre superflui. E così le Lambrette sfilano eleganti e davvero pratiche, tanto da giustificare il più classico degli inseguimenti dei Treggisti (il sottoscritto alla guida e la Piasintëina con la Kodak):
Poi è arrivato l'altrettanto classico e provvidenziale piazzale, che ha permesso l'ancor più classico placcaggio (ma nessuno abbia timore: non mi sognerei mai di fare manovre azzardate e piuttosto di farne una mi lascerei sfilar via anche un carro di Cugnot); a tale riguardo, anzi, mi piace ribadire la costante disponibilità e gentilezza di tutti coloro che sinora ho fermato nel mezzo di strada per fotografare i loro automezzi. Però forse vi direte: ma nella foto dell'inseguimento, le Lambrette non sono mica due...?
Esattamente. Stavano andando in coppia, condotte non mi ricordo se da due amici o due fratelli. Quella che precede l'Aretina nella foto è targata FI 13... e qualcosa, e risale quindi al 1960; solo che, per un problema meccanico, non si è potuta fermare. Anche questo contribuisce ad una salutare iniezione antiretorica: le tregge si guastano come tutti gli altri automezzi, anche quelli prodotti venti giorni fa. Non è vero che "nessuno e niente le ferma" (anche se, in questo caso, si è verificata la circostanza opposta!)
Insomma, vedi a giro una Lambretta come questa, del 1966, e non è certo questione di tempo che non sembra essere passato, o di altre scemenze del genere: anzi, il tempo è passatissimo (45 anni non sono uno scherzo per un motorino!), ma semplicemente non è stato proposto assolutamente niente di meglio, a parte qualche normale innovazione tecnologica e dei gadgets quasi sempre superflui. E così le Lambrette sfilano eleganti e davvero pratiche, tanto da giustificare il più classico degli inseguimenti dei Treggisti (il sottoscritto alla guida e la Piasintëina con la Kodak):
Poi è arrivato l'altrettanto classico e provvidenziale piazzale, che ha permesso l'ancor più classico placcaggio (ma nessuno abbia timore: non mi sognerei mai di fare manovre azzardate e piuttosto di farne una mi lascerei sfilar via anche un carro di Cugnot); a tale riguardo, anzi, mi piace ribadire la costante disponibilità e gentilezza di tutti coloro che sinora ho fermato nel mezzo di strada per fotografare i loro automezzi. Però forse vi direte: ma nella foto dell'inseguimento, le Lambrette non sono mica due...?
Esattamente. Stavano andando in coppia, condotte non mi ricordo se da due amici o due fratelli. Quella che precede l'Aretina nella foto è targata FI 13... e qualcosa, e risale quindi al 1960; solo che, per un problema meccanico, non si è potuta fermare. Anche questo contribuisce ad una salutare iniezione antiretorica: le tregge si guastano come tutti gli altri automezzi, anche quelli prodotti venti giorni fa. Non è vero che "nessuno e niente le ferma" (anche se, in questo caso, si è verificata la circostanza opposta!)
martedì 25 gennaio 2011
Ancora Centoventotte genovesi
L'intenzione originale era quella di fare un unico post con tre centoventotte genovesi reperite dall'amico Fabrizio; una, però (quella del post precedente) mi suscitava troppi ricordi per confonderla con le altre. Rimedio immediatamente, inserendo le altre due; genovesi sì in quanto fotografate a Genova, ma entrambe con targa piemontese.
Si comincia con l' "Astigiana" di seconda generazione: risale, come la "Special", al 1974. In quell'anno, nel magico mondo delle Centoventotte, il "modello base" (la berlina di II generazione) conviveva con la "Special" dotata di migliorie estetiche e tecniche (compresi i mitici fanalini per la retromarcia, una cosa che letteralmente mi affascinava); il motore era però lo stesso.
Stesso modello questo sopra, ma di diverso colore e risalente al novembre 1975. Dotato di una delle più tipiche "targhe parlanti" (le targhe parlanti sono quelle la cui sigla unita alla prima lettera e al primo numero formano delle parole esistenti: TONO, che peraltro fu seguita dalla mitica TOPO).
Si comincia con l' "Astigiana" di seconda generazione: risale, come la "Special", al 1974. In quell'anno, nel magico mondo delle Centoventotte, il "modello base" (la berlina di II generazione) conviveva con la "Special" dotata di migliorie estetiche e tecniche (compresi i mitici fanalini per la retromarcia, una cosa che letteralmente mi affascinava); il motore era però lo stesso.
Stesso modello questo sopra, ma di diverso colore e risalente al novembre 1975. Dotato di una delle più tipiche "targhe parlanti" (le targhe parlanti sono quelle la cui sigla unita alla prima lettera e al primo numero formano delle parole esistenti: TONO, che peraltro fu seguita dalla mitica TOPO).
128, Genova e ricordi
Questa è per me una giornata decisamente...speciale, e non credo ci sia modo migliore per inaugurarla di una Fiat 128 Special del 1974.
Mi è...venuto in soccorso l'amico Fabrizio di Genova, spedendomi, tra decine di altre autovetture da lui fotografate a Genova e che, ve lo garantisco, vedrete tutte, questa autovettura che ha per me una caratteristica saliente e indimenticabile: è assolutamente identica, anche nel colore, alla 128 special di mio padre, anch'essa del 1974 e targata FI 750688. L'unica differenza è, appunto, la targa; e sospetto che non sia stato un caso che poi, nella mia vita, con Genova io abbia avuto discretamente tanto a che fare, e che tuttora mi senta legatissimo a quella città.
Quella macchina, poi, ha una storia abbastanza speciale come il suo nome; ve la voglio raccontare per sommi capi. Prima di tutto è la prima macchina di cui mi ricordo l'odore da nuova. Quando mio padre comprò, nel 1968, l'850 Special targata FI 449929 ero troppo piccolo (5 anni) per fissare certe sensazioni olfattive, che formano a mio parere una parte importante e dimenticata della vita di ognuno. Anche perché non possono mai essere registrate, al pari di quelle tattili e a differenza di quelle visive e uditive. Ogni cosa ha però un suo odore; e quello, da nuova, della 128 Special ce l'ho letteralmente ancora nelle narici (il che non è poi vero: ce l'ho, fissato, in qualche parte del cervello dal quale non si è cancellato). Pochissimi mesi dopo, un vicino di casa acquistò una 128 Special totalmente uguale; e poiché ci mettevo spesso piede (suo figlio era mio coetaneo e veniva assieme a me a fare ginnastica correttiva alla vecchia palestra "Pastorini" di via Faenza, e suo padre ci accompagnava), posso assicurare che l'odore di quella vettura, pure nuova, era diverso. Probabilmente la vettura assorbiva gli odori di casa, delle persone, delle cose.
Passarono gli anni, e arrivai al fatidico diciottesimo compleanno, nel 1981. Prendere la patente non fu una cosa semplice. Guidare sapevo già, più o meno; ma il problema era la teoria. Proprio i quizzini non mi volevano entrare in testa. Bocciai due volte all'esame di teoria prima di riuscire a cavarmela per il rotto della cuffia e grazie all'aiutino spontaneo di un ragazzo che era con me a scuola guida, bravissimo, e a cui avevo promesso una gentile scarica di legnate se non si fosse messo accanto a me durante l'esame; poi, finalmente, ci fu l'esame di pratica. Ma ancora oggi ricordo con terrore i complicatissimi incroci del manualetto, l'avvisatore acustico e le situazioni inverosimili proposte in quel libriccino (ma in trent'anni di guida me ne sono capitate di ben più inverosimili). Finalmente presa l'agognata patente, la 128 Special sarebbe dovuta essere la mia prima macchina; mio padre me lo aveva promesso ma la cosa andò diversamente.
Per prima cosa, gli capitò sotto mano un'occasione: una Fiat 127 amaranto usata, venduta a pochi soldi e in condizioni perfettamente pietose per fungere da prima macchina di un neopatentato. Quella, targata FI 901008, è stata la mia prima macchina. Esordì in questo modo singolare: la avevo da pochi giorni, ed era parcheggiata davanti a casa. Proprio accanto c'era una delle ennesime buche fiorentine, per dei lavori dell'acquedotto o del gas; insomma, per farla breve, uscii di casa bel bello e mi ritrovai la macchina a buco pillònzi dentro la buca. Una mammina in 126, mentre passava col pargoletto, si era chinata per raccogliere non si sa cosa buttato in terra dal bambino, aveva perso il controllo della macchina e aveva preso in pieno la mia, parcheggiata, spedendola dentro la buca. Quando si dice del famoso esordio col botto! Mettiamola così: per fortuna nessuno si fece male.
Mio padre continuava a andare con la sua 128 Special e, nel 1986, arrivò finalmente il momento in cui mio padre si decise a comprarsi la macchina nuova (una Fiat Uno targata FI F42828); arrivava dunque il momento in cui mi sarei impossessato della 128. Era una cosa particolare: guidare finalmente quella macchina di cui mi ricordavo l'odore da nuova. Non lo aveva ovviamente più, e con me (che già fumavo come una ciminiera) lo avrebbe cambiato definitivamente. Però successe un'altra cosa, proprio mentre mio padre aspettava la consegna della Uno. Si dovette recare all'Elba con mia madre. Cosa normalissima, ma che andò a finire in un modo che poteva risultare tragico.
Di solito è il figlio che sfascia la macchina del padre; io sono stato un figlio la cui macchina, seppure "promessa" (o "in pectore") è stata sfasciata dal padre. Sulla via del ritorno dall'Elba, a Colle Val d'Elsa, mio padre prese decisamente male una curva e si arrovesciò in una scarpata con una notevole buona stella e con la prontezza di riflessi di spengere il motore mentre la povera 128 Special si garibardava. Non si fecero un graffio, a parte lo spavento; segno anche che, con tutto quel che se ne può dire, la 128 non era fatta poi così malaccio. Arrivarono l'ambulanza, i carabinieri e, dulcis in fundo, il carrattrezzi dell'officina di tali Fratelli Irrequieto a portarsi via il relitto; e immaginatevi voi, dopo un capitombolo del genere, vedersi pure arrivare i fratelli Irrequieto. E così, ohimé, niente 128 Special. Non ebbi modo di vederla un'ultima volta: la portarono direttamente allo sfasciacarrozze.
Mi è...venuto in soccorso l'amico Fabrizio di Genova, spedendomi, tra decine di altre autovetture da lui fotografate a Genova e che, ve lo garantisco, vedrete tutte, questa autovettura che ha per me una caratteristica saliente e indimenticabile: è assolutamente identica, anche nel colore, alla 128 special di mio padre, anch'essa del 1974 e targata FI 750688. L'unica differenza è, appunto, la targa; e sospetto che non sia stato un caso che poi, nella mia vita, con Genova io abbia avuto discretamente tanto a che fare, e che tuttora mi senta legatissimo a quella città.
Quella macchina, poi, ha una storia abbastanza speciale come il suo nome; ve la voglio raccontare per sommi capi. Prima di tutto è la prima macchina di cui mi ricordo l'odore da nuova. Quando mio padre comprò, nel 1968, l'850 Special targata FI 449929 ero troppo piccolo (5 anni) per fissare certe sensazioni olfattive, che formano a mio parere una parte importante e dimenticata della vita di ognuno. Anche perché non possono mai essere registrate, al pari di quelle tattili e a differenza di quelle visive e uditive. Ogni cosa ha però un suo odore; e quello, da nuova, della 128 Special ce l'ho letteralmente ancora nelle narici (il che non è poi vero: ce l'ho, fissato, in qualche parte del cervello dal quale non si è cancellato). Pochissimi mesi dopo, un vicino di casa acquistò una 128 Special totalmente uguale; e poiché ci mettevo spesso piede (suo figlio era mio coetaneo e veniva assieme a me a fare ginnastica correttiva alla vecchia palestra "Pastorini" di via Faenza, e suo padre ci accompagnava), posso assicurare che l'odore di quella vettura, pure nuova, era diverso. Probabilmente la vettura assorbiva gli odori di casa, delle persone, delle cose.
Passarono gli anni, e arrivai al fatidico diciottesimo compleanno, nel 1981. Prendere la patente non fu una cosa semplice. Guidare sapevo già, più o meno; ma il problema era la teoria. Proprio i quizzini non mi volevano entrare in testa. Bocciai due volte all'esame di teoria prima di riuscire a cavarmela per il rotto della cuffia e grazie all'aiutino spontaneo di un ragazzo che era con me a scuola guida, bravissimo, e a cui avevo promesso una gentile scarica di legnate se non si fosse messo accanto a me durante l'esame; poi, finalmente, ci fu l'esame di pratica. Ma ancora oggi ricordo con terrore i complicatissimi incroci del manualetto, l'avvisatore acustico e le situazioni inverosimili proposte in quel libriccino (ma in trent'anni di guida me ne sono capitate di ben più inverosimili). Finalmente presa l'agognata patente, la 128 Special sarebbe dovuta essere la mia prima macchina; mio padre me lo aveva promesso ma la cosa andò diversamente.
Per prima cosa, gli capitò sotto mano un'occasione: una Fiat 127 amaranto usata, venduta a pochi soldi e in condizioni perfettamente pietose per fungere da prima macchina di un neopatentato. Quella, targata FI 901008, è stata la mia prima macchina. Esordì in questo modo singolare: la avevo da pochi giorni, ed era parcheggiata davanti a casa. Proprio accanto c'era una delle ennesime buche fiorentine, per dei lavori dell'acquedotto o del gas; insomma, per farla breve, uscii di casa bel bello e mi ritrovai la macchina a buco pillònzi dentro la buca. Una mammina in 126, mentre passava col pargoletto, si era chinata per raccogliere non si sa cosa buttato in terra dal bambino, aveva perso il controllo della macchina e aveva preso in pieno la mia, parcheggiata, spedendola dentro la buca. Quando si dice del famoso esordio col botto! Mettiamola così: per fortuna nessuno si fece male.
Mio padre continuava a andare con la sua 128 Special e, nel 1986, arrivò finalmente il momento in cui mio padre si decise a comprarsi la macchina nuova (una Fiat Uno targata FI F42828); arrivava dunque il momento in cui mi sarei impossessato della 128. Era una cosa particolare: guidare finalmente quella macchina di cui mi ricordavo l'odore da nuova. Non lo aveva ovviamente più, e con me (che già fumavo come una ciminiera) lo avrebbe cambiato definitivamente. Però successe un'altra cosa, proprio mentre mio padre aspettava la consegna della Uno. Si dovette recare all'Elba con mia madre. Cosa normalissima, ma che andò a finire in un modo che poteva risultare tragico.
Di solito è il figlio che sfascia la macchina del padre; io sono stato un figlio la cui macchina, seppure "promessa" (o "in pectore") è stata sfasciata dal padre. Sulla via del ritorno dall'Elba, a Colle Val d'Elsa, mio padre prese decisamente male una curva e si arrovesciò in una scarpata con una notevole buona stella e con la prontezza di riflessi di spengere il motore mentre la povera 128 Special si garibardava. Non si fecero un graffio, a parte lo spavento; segno anche che, con tutto quel che se ne può dire, la 128 non era fatta poi così malaccio. Arrivarono l'ambulanza, i carabinieri e, dulcis in fundo, il carrattrezzi dell'officina di tali Fratelli Irrequieto a portarsi via il relitto; e immaginatevi voi, dopo un capitombolo del genere, vedersi pure arrivare i fratelli Irrequieto. E così, ohimé, niente 128 Special. Non ebbi modo di vederla un'ultima volta: la portarono direttamente allo sfasciacarrozze.
lunedì 24 gennaio 2011
Bacco, tabacco & Venere (FF/27)
In tempi che oramai si allontanano sempre più agghiacciantemente, sulle macchine da corsa di ogni ordine e grado (dalla Formula 1 alla Formula Festadelvino di Montefioralle) imperversavano salutari vizi. Su questa, ad esempio (di cui ignoro totalmente la marca, ma poco importa), ripresa all'inesauribile Firenze-Fiesole dello scorso anno, è presente il Martini Racing Team; ma su altre c'erano tutte le sigarette possibili e immaginabili (Marlboro, John Player Special, Muratti Ambassador, e si vocifera che su una Giannini 595 impegnata su un circuito di fortuna a Polcanto ci fossero le insegne delle Esportazione senza filtro), e su altre ancora i mitici preservativi Durex (marchio, direi, quanto mai esplicito ed efficace; Moscex non avrebbe funzionato molto, mi sa). Tempi felici, quelli dei viziacci liberi, senza i mortiferi salutismi e moralismi di ora. Quando un incidente dove pure ci rimettevi le penne era un semplice incidente, e non ti etichettavano immediatamente come briaco perché avevi bevuto mezzo bicchiere di vino. Bacco, tabacco e Venere si sposavano per natura e a meraviglia con le macchine da corsa, col numeraccio 19 nel tondone bianco e coi coloroni rossi vivi. Ach so. Come to Marlboro Country. E quando eri nella Marlboro Country, ti facevi un Martini e magari, dopo, passavi qualche bel momento ma rigorosamente col goldone Durex. Ora, invece, se ti accendi una Marlboro nel giardinetto dove ci sono i bambini ("A volte, pensando ai bambini, rimpiango crudelmente la scomparsa degli orchi", diceva l'umorista francese Alphonse Allais), quasi ti arrestano; se ti bevi un Martini e ti metti alla guida c'è subito pronta la pattuglia di sbirri; e per metterti il Durex devi prima aspettare l'autorizzazione di suasantità. Maledizione, che tempi di merda.
雷诺4
Che ci crediate o meno, il titolo di questo post è la trascrizione di Renault 4 in cinese (si dovrebbe leggere qualcosa come Lè-Nó 4). Non perché stavolta sia andato a scovare una treggia in Cina, ma poco ci manca: siamo infatti, qui, in piena Ciainatàun fiorentina, tra San Donnino e Campi Bisenzio; a tarda sera, in una stradina di quelle che i francesi delle banlieues definirebbero un coin pourri, debitamente attreggiata (ribadisco che la R4 è l'unico modello per il quale non vale il limite delle targhe: ogni R4 è una treggia an sich) e parcheggiata alla Confucio Boja su un merdaio d'erba e fanghiglia. Come non riservarle l'onore del titolo in cinese, anche se magari il proprietario è un superstite Francalanci Pierino di quelle parti...?
Il Treggia's Blog
C'è un motivo ben preciso per cui questo post reca...lo stesso titolo del blog. Il TB non è soltanto un blog dedicato alle cosiddette auto d'epoca, che pure vi sono molto presenti e che formano, ovviamente, una sua parte importantissima. Altrettanto importante è la componente delle vere tregge, le zie e le nonne di tutti i giorni, quelle che tutti quanti noi incontriamo per le strade delle nostre città senza farci caso. Certamente ognuno di noi si volterebbe vedendo per la strada una delle meraviglie fotografate da Mark B. nel post precedente, ma nessuno lo farebbe vedendo ad esempio questa vecchia Fiat Uno del 1984, ancora con la targa arancio-bianco-nera; eppure, di questo modello che ha letteralmente furoreggiato non ne restano in giro molti esemplari, e ancor meno con le targhe di questo tipo (le prime, se ben mi ricordo, appartengono alla serie FI D3...).
Nessuno, ma non il Treggista. Il Treggista fotografa ogni cosa, accettando anche un po' di psicologia da due soldi bucati che a volte qualcuno gli ammannisce quando lo vede inchiodare e scendere con la fotocamerina digitale, oppure (come in questo caso) prendere una foto al volo mentre sta guidando, in un qualsiasi giorno di pioggia invernale. Magari non facendo foto eccelse; una vecchia utilitaria che svolta a sinistra e se ne va. Un minuscolo standby del tempo, perché non è probabile che una vettura del genere diventi d'epoca. Glielo auguro, ovviamente, e che passi ai nipoti e ai figli dei nipoti; ma non c'è da sperarci molto. Questo blog, il Treggia's Blog, è fondamentalmente dedicato alla testimonianza di esistenze. Di macchine, certamente; ma non ho mai visto, a parte in qualche film di fantascienza e nel Maggiolino tutto matto, una macchina che va da sola. Usualmente c'è una persona che la guida. Non si sa chi è? E che importa.
Nessuno, ma non il Treggista. Il Treggista fotografa ogni cosa, accettando anche un po' di psicologia da due soldi bucati che a volte qualcuno gli ammannisce quando lo vede inchiodare e scendere con la fotocamerina digitale, oppure (come in questo caso) prendere una foto al volo mentre sta guidando, in un qualsiasi giorno di pioggia invernale. Magari non facendo foto eccelse; una vecchia utilitaria che svolta a sinistra e se ne va. Un minuscolo standby del tempo, perché non è probabile che una vettura del genere diventi d'epoca. Glielo auguro, ovviamente, e che passi ai nipoti e ai figli dei nipoti; ma non c'è da sperarci molto. Questo blog, il Treggia's Blog, è fondamentalmente dedicato alla testimonianza di esistenze. Di macchine, certamente; ma non ho mai visto, a parte in qualche film di fantascienza e nel Maggiolino tutto matto, una macchina che va da sola. Usualmente c'è una persona che la guida. Non si sa chi è? E che importa.
domenica 23 gennaio 2011
Mark B. e uno zibaldone di meraviglie
Questo sarà un (lungo) post altamente composito, tutto incentrato sugli avvistamenti di Mark B. Chi ha seguito il TB negli ultimi giorni si sarà oramai familiarizzato con colui che è realmente una sorta di principe dei Treggisti a Firenze e provincia, e che sono davvero felice e onorato di ospitare su questo blog. In questo post, Mark B. ci presenta alcune autentiche meraviglie da lui reperite e fotografate.
La prima, quella della foto sotto il titolo, è una Fiat 508; forse questo nome non dirà molto ai più, ma se dico Balilla credo che si accenderanno parecchie lampadine. La Balilla rappresentò il primo tentativo di motorizzazione diffusa in Italia; dico "diffusa" e non di massa, perché nel 1932, al momento della sua commercializzazione (con l'ingegner Valletta che la presentò direttamente al Dvce del Fassismo), costava comunque 10.800 lire. Una cosa che nessun operaio o proletario si sarebbe mai potuto permettere, sebbene rappresentasse l'automobile con costo più basso tra quelle prodotte fino a quel momento in Italia. L'esemplare qui fotografato da Mark B. è del 1934 e rappresenta anche l'esordio del TB nel "magico mondo" delle FI 1... e qualcosa; una cosa davvero da sottolineare.
Una cosa di cui anche Mark B. si dev'essere ben accorto, è che il filone delle tregge matrimoniali butta dimolto bene; in effetti è abbastanza comprensibile che gli attuali possessori di Ford Kà (l'accento non c'è, ma ce lo metto a spregio), di Sùvvi e di altri orrori automobilistici del nuovo millennio desiderino, nel loro giorno più bello, mettere i loro nuziali culi su un'automobile degna di questo nome, tipo questa Lancia Augusta immatricolata nel 1946. Dico "immatricolata", perché la Lancia Augusta fu prodotta soltanto dal 1933 al 1936, e quindi questa non è, sebbene antichissima, una targa originale. Magari, ma questa è una mia opinabilissima opinione, si sarebbe potuta evitare il pacchianissimo addobbo "W gli sposi" sul retro di una vettura del genere, che è augusta realmente, di nome e di fatto; il rischio è un po' quella di renderla ciò che in francese significa auguste, vale a dire "clown, pagliaccio". A mio parere, anche gli sposi sarebbero d'accordo.
Qui saltiamo invece al 1948, e ci saltiamo con una cosa che fa appunto sussultare. Questa è, infatti, un'autentica Kübelwagen Typ 82 (e non "Kumbelwagen" come scrive Mark B. nelle sue "tabelle di avvistamento"; mi permetto questa piccola correzione linguistica). La "Tipo 82", prodotta dalla Volkswagen in 55000 esemplari, fu l'automobile militare germanica per eccellenza; la meccanica era, manco a dirlo, più o meno quella del Maggiolino. Poiché neppure nella Wehrmacht mancava un goccio d'ironia, fu subito ribattezzata, per la sua forma, "Auto-Tinozza" (questo il significato di Kübel in lingua tedesca). Con tutta probabilità, alcuni suoi esemplari furono abbandonati dalle truppe tedesche in ritirata dalla Linea Gotica dopo l'estate del 1944; con altrettanta probabilità, qualcuno se ne sarà impossessato, l'avrà fatta rimettere in sesto e immatricolata qualche anno dopo. Sapore di un lontano dopoguerra, insomma, e sapore diretto: questo non è un esemplare reperito in qualche magazzino rognoso, restaurata e reimmatricolata magari con un'agghiacciante targa "ZA" alfanumerica. Questa viene davvero da qualche piega del tempo, facendoci immaginare una Firenze ancora mezza in rovine dove qualcuno girava con una Kübelwagen (forse non troppo benvista da parecchi, visti i freschi e non piacevolissimi ricordi che doveva evocare).
Qui siamo l'anno dopo, nel 1949, con una classica Topolino. Di Topolino del '49 ne ho un paio anch'io nel TB, reperite coi miei occhietti, e devo dire che è sempre un gran bel vedere. Sono sempre ricorso all'altrettanto classica Topolino amaranto di Paolo Conte, e questa ne è una. Amaranto come Iddìo comanda. Ci porterei volentieri a giro la fidanzata, va da sé; ma ci sarebbe qualche problemuccio. La piasintëina ci entrerebbe senz'altro, ma io no. E se anche ci entrassi, ci rimarrei incastrato dentro. Le Tregge di quell'epoca presupponevano una statura media decisamente inferiore a quella degli anni del boom, quando sono nato io...
Qualche anno dopo, nel 1954, a Firenze qualcuno circolava con questa cosa qui. Dai cerchi incrociati, avrete già riconosciuto che si tratta di qualcosa che ha a che fare con l'Audi, ma in realtà la casa fondata a Zwickau si chiamava ancora Auto Union. Tale denominazione, che non ha bisogno di traduzione, aveva un ben preciso motivo d'essere: si trattava infatti di una vera e propria unione di 4 case automobilistiche tedesche, avvenuta nel 1932 (da qui i quattro cerchi incrociati, un marchio che richiamava anche le Olimpiadi berlinesi del 1936). Una di queste 4 case che avevano dato vita alla Auto Union era la DKW (Sigla di Dampf-Kraft Wagen, ovvero "Automobile a vapore"). Questa è, per l'appunto, una DKW 3=6. L'unica auto al mondo, credo, che nella sua denominazione ha un segno di uguale. Conoscendo le abitudini e le passioni di Mark B., non ci sarebbe da stupirsi se fosse l'unico esemplare mai circolato a Firenze e provincia; fu prodotta dal 1953 al 1959.
E, a proposito di abitudini di Mark B., vi sarà già sufficientemente nota la sua passione per le Oldest Ones fiorentine, vale a dire gli esemplari più vecchi in circolazione di un dato modello. Questo, infatti, sembra essere l'esemplare più vecchio della Fiat 600 ancora in circolazione a Firenze e dintorni. La Fiat 600, l'icona del boom italiano, fu prodotta a partire dal 1955, e questa qui -manco a dirlo- è del 1955. Aggiungo che, stante la mia passione per le Seicento, per mandarla un paio di volte potrei arrivare a vendere l'anima al Diavolo; tanto l'inferno comunque mi aspetta, quindi non sarebbe un gran sacrifizio.
La prima, quella della foto sotto il titolo, è una Fiat 508; forse questo nome non dirà molto ai più, ma se dico Balilla credo che si accenderanno parecchie lampadine. La Balilla rappresentò il primo tentativo di motorizzazione diffusa in Italia; dico "diffusa" e non di massa, perché nel 1932, al momento della sua commercializzazione (con l'ingegner Valletta che la presentò direttamente al Dvce del Fassismo), costava comunque 10.800 lire. Una cosa che nessun operaio o proletario si sarebbe mai potuto permettere, sebbene rappresentasse l'automobile con costo più basso tra quelle prodotte fino a quel momento in Italia. L'esemplare qui fotografato da Mark B. è del 1934 e rappresenta anche l'esordio del TB nel "magico mondo" delle FI 1... e qualcosa; una cosa davvero da sottolineare.
Una cosa di cui anche Mark B. si dev'essere ben accorto, è che il filone delle tregge matrimoniali butta dimolto bene; in effetti è abbastanza comprensibile che gli attuali possessori di Ford Kà (l'accento non c'è, ma ce lo metto a spregio), di Sùvvi e di altri orrori automobilistici del nuovo millennio desiderino, nel loro giorno più bello, mettere i loro nuziali culi su un'automobile degna di questo nome, tipo questa Lancia Augusta immatricolata nel 1946. Dico "immatricolata", perché la Lancia Augusta fu prodotta soltanto dal 1933 al 1936, e quindi questa non è, sebbene antichissima, una targa originale. Magari, ma questa è una mia opinabilissima opinione, si sarebbe potuta evitare il pacchianissimo addobbo "W gli sposi" sul retro di una vettura del genere, che è augusta realmente, di nome e di fatto; il rischio è un po' quella di renderla ciò che in francese significa auguste, vale a dire "clown, pagliaccio". A mio parere, anche gli sposi sarebbero d'accordo.
Qui saltiamo invece al 1948, e ci saltiamo con una cosa che fa appunto sussultare. Questa è, infatti, un'autentica Kübelwagen Typ 82 (e non "Kumbelwagen" come scrive Mark B. nelle sue "tabelle di avvistamento"; mi permetto questa piccola correzione linguistica). La "Tipo 82", prodotta dalla Volkswagen in 55000 esemplari, fu l'automobile militare germanica per eccellenza; la meccanica era, manco a dirlo, più o meno quella del Maggiolino. Poiché neppure nella Wehrmacht mancava un goccio d'ironia, fu subito ribattezzata, per la sua forma, "Auto-Tinozza" (questo il significato di Kübel in lingua tedesca). Con tutta probabilità, alcuni suoi esemplari furono abbandonati dalle truppe tedesche in ritirata dalla Linea Gotica dopo l'estate del 1944; con altrettanta probabilità, qualcuno se ne sarà impossessato, l'avrà fatta rimettere in sesto e immatricolata qualche anno dopo. Sapore di un lontano dopoguerra, insomma, e sapore diretto: questo non è un esemplare reperito in qualche magazzino rognoso, restaurata e reimmatricolata magari con un'agghiacciante targa "ZA" alfanumerica. Questa viene davvero da qualche piega del tempo, facendoci immaginare una Firenze ancora mezza in rovine dove qualcuno girava con una Kübelwagen (forse non troppo benvista da parecchi, visti i freschi e non piacevolissimi ricordi che doveva evocare).
Qui siamo l'anno dopo, nel 1949, con una classica Topolino. Di Topolino del '49 ne ho un paio anch'io nel TB, reperite coi miei occhietti, e devo dire che è sempre un gran bel vedere. Sono sempre ricorso all'altrettanto classica Topolino amaranto di Paolo Conte, e questa ne è una. Amaranto come Iddìo comanda. Ci porterei volentieri a giro la fidanzata, va da sé; ma ci sarebbe qualche problemuccio. La piasintëina ci entrerebbe senz'altro, ma io no. E se anche ci entrassi, ci rimarrei incastrato dentro. Le Tregge di quell'epoca presupponevano una statura media decisamente inferiore a quella degli anni del boom, quando sono nato io...
Qualche anno dopo, nel 1954, a Firenze qualcuno circolava con questa cosa qui. Dai cerchi incrociati, avrete già riconosciuto che si tratta di qualcosa che ha a che fare con l'Audi, ma in realtà la casa fondata a Zwickau si chiamava ancora Auto Union. Tale denominazione, che non ha bisogno di traduzione, aveva un ben preciso motivo d'essere: si trattava infatti di una vera e propria unione di 4 case automobilistiche tedesche, avvenuta nel 1932 (da qui i quattro cerchi incrociati, un marchio che richiamava anche le Olimpiadi berlinesi del 1936). Una di queste 4 case che avevano dato vita alla Auto Union era la DKW (Sigla di Dampf-Kraft Wagen, ovvero "Automobile a vapore"). Questa è, per l'appunto, una DKW 3=6. L'unica auto al mondo, credo, che nella sua denominazione ha un segno di uguale. Conoscendo le abitudini e le passioni di Mark B., non ci sarebbe da stupirsi se fosse l'unico esemplare mai circolato a Firenze e provincia; fu prodotta dal 1953 al 1959.
E, a proposito di abitudini di Mark B., vi sarà già sufficientemente nota la sua passione per le Oldest Ones fiorentine, vale a dire gli esemplari più vecchi in circolazione di un dato modello. Questo, infatti, sembra essere l'esemplare più vecchio della Fiat 600 ancora in circolazione a Firenze e dintorni. La Fiat 600, l'icona del boom italiano, fu prodotta a partire dal 1955, e questa qui -manco a dirlo- è del 1955. Aggiungo che, stante la mia passione per le Seicento, per mandarla un paio di volte potrei arrivare a vendere l'anima al Diavolo; tanto l'inferno comunque mi aspetta, quindi non sarebbe un gran sacrifizio.
Polpetta di Pafaria....!!
Beh, sicuramente quest'àvita BMW è sicuramente "Bavaria": tant'è vero che ce lo ha scritto a chiare lettere, casomai qualcuno avesse a pensare che provienisse dallo Yemen del Nord o dalle isole Fær Øer. A riprodurre la celeberrima gag fantozziana, per il resto, ci ha quasi pensato il voster-semper-voster Treggista Preferito®, combinando per l'appunto una...polpetta che ha quasi bloccato un'intera strada collinare (per la cronaca, la stessa dove a suo tempo avvenne lo storico incontro con Giulio il Caporniano), con relativo placcaggio dello sventurato conducente della grossa berlina teutonica (quello che si vede scendere precipitosamente dalla vettura, bloccato proditoriamente e fatto oggetto di oscure e terribili minacce se non si fosse fermato ai voleri dello spietato Treggista (il quale, lo ricordiamo, misura oltre 1,90 per un congruo numero di chilogrammi; questo per avvertirvi se per caso lo incontraste Kodak alla mano e non intendeste fermarvi). Come non fare tutto questo per un'autentica e supersite "FI A0" del 1979...? Oggiù, dopo tutto questo vi offro anche il celebre sketch di Paolo Villaggio alle prese con la dieta nazista del dottor Birkmayer:
Tipologie
La vecchia Mercedes bianca "umanizzata" è, oramai, una delle tipologie ricorrenti del TB. Umanizzata, ma con quel quid di altezzosa aristocrazia che mantiene quando non è palesemente balcanizzata. Questa W123 (200) è veramente senza macchia, cosa che non deve aver mai ricevuto fin dalla sua immatricolazione nel 1977.
venerdì 21 gennaio 2011
Risolto il problema (e senza parole)
Il TB aveva alcuni problemi annosi, diciamo così. Uno di questi erano gli avvistamenti di Mezzisacchi veramente atavici; uno dei crucci del vostro Treggista Preferito era avere avuto a disposizione per oltre un mese, tempo fa, una 500 grigia targata FI 19.... e qualcosa; ma il TB, porca miseria, non esisteva ancora. O valla a ribeccare!
Poi è arrivato il TB, e sono arrivati amiche e amici a frotte. Da Firenze e dintorni, dal resto di questo strampalato paese e anche dall'estero. Ancora oggi fatico abbastanza a capacitarmi di tutto questo, ma evidentemente era una cosa che "covava"; e sono davvero felice di mettere il Treggia's Blog a piena disposizione di tutti gli appassionati cercatori e scovatori di vecchie autovetture. Magari non sarà una cosa che cambierà il mondo, però un paio di piccoli significati ce l'ha.
È arrivato il TB, e negli ultimi giorni è arrivato Mark B. Mark B., concittadino, mi sembra un ragazzo, oltre che appassionato, davvero metodico e rigoroso. Non gira a casaccio, anche se la casualità di un bel Treggia Tour è ineguaglibile; lui va alla ricerca, mirata assai, delle Oldest Ones. Piglia un modello, e finché non ha scovato gli esemplari più vecchi ancora in circolazione non è contento; e così, facendomi rimanere senza parole (e ancora non avete visto nulla...), mi ha spedito le quattro Fiat "Nuova 500" più vecchie di Firenze e provincia ancora in giro. Mi ha, insomma, risolto il problema, e alla grande; d'ora in poi non sarà più questione di andare a provvedere.
La prima, è in assoluto più vecchia, la vedete nella foto sotto il titolo. L'immatricolazione risale al 1958, ed è da tenere presente che la Nuova 500 fu immessa nel mercato nel 1957; però, seguendo bene la tabella e considerando che il 1957, a Firenze, si chiuse con FI 104237, è da ipotizzare che il nostro esemplare markbiano sia del gennaio del '58. Mark, scrupoloso com'è, aggiunge nella email di accompagnamento quanto segue: La FI 105356, purtroppo non ha più i fanalini originali bensì quelli della D (prodotta a partire dal 1960). Che dire? È senz'altro un dettaglio importante, ma questi benedetti fanalini originali li possiamo vedere qua sotto, nel secondo Mezzosacco più vecchio di Firenze e provincia:
Qui, e pure col tipicissimo celestino color diarrea di Grande Puffo di quegli anni oramai lontani, siamo già nel 1959; e sono ragionevolmente certo che chiunque di voi abbia una di quelle stupide repliche marchionnizzate della 500 che girano ora col computerino di bordo, si sentirà pervaso da dimolta invidia verso chi gira con una 500, vera, del genere.
Sempre nel 1959 si ha anche la terza 500 più vecchia in circolazione, ma stavolta la foto markbiana ci porta a qualcosa di molto diverso da quelle precedenti. I due esemplari sopra sono ben curati, coccolati, rileccati, probabilmente beccati a un raduno o a un'esposizione di Oldies; questa qui, invece, è Treggia dura e pura.
Ruggine. Macchie. Targa quasi illeggibile (è FI 116886). Peccato non avere a disposizione altre foto, ma sono certo che ne apparirebbe un vero ammasso di tempo, gloria, talponi morti, resti di scatolette di carne Simmenthal del '61 e una copia del Gazzettino della Piana di Sesto coi risultati delle corse ciclistiche amatoriali dominate dalla Polisportiva "Giuseppe Stalin" di Sant'Angelo a Lecore.
Infine la quarta e ultima, sempre rigorosamente del '59, che Mark ha stavolta ritratto nella classica disposizione fronte-retro:
Qui siamo tornati all'esemplare coccolato e color genzianella superchimica, inserito tra una catasta di compagne in esposizione; la ripresa di sbieco permette di apprezzare le porte controvento (che, secondo me, erano belle quanto pericolose) e i cerchioni bianchi smaltati. Per concludere, convinto che anche voi tutti vi siate rifatti gli occhi come il sottoscritto, un ennesimo ed enorme ringraziamento a Mark che ha voluto condividere queste delizie.
Poi è arrivato il TB, e sono arrivati amiche e amici a frotte. Da Firenze e dintorni, dal resto di questo strampalato paese e anche dall'estero. Ancora oggi fatico abbastanza a capacitarmi di tutto questo, ma evidentemente era una cosa che "covava"; e sono davvero felice di mettere il Treggia's Blog a piena disposizione di tutti gli appassionati cercatori e scovatori di vecchie autovetture. Magari non sarà una cosa che cambierà il mondo, però un paio di piccoli significati ce l'ha.
È arrivato il TB, e negli ultimi giorni è arrivato Mark B. Mark B., concittadino, mi sembra un ragazzo, oltre che appassionato, davvero metodico e rigoroso. Non gira a casaccio, anche se la casualità di un bel Treggia Tour è ineguaglibile; lui va alla ricerca, mirata assai, delle Oldest Ones. Piglia un modello, e finché non ha scovato gli esemplari più vecchi ancora in circolazione non è contento; e così, facendomi rimanere senza parole (e ancora non avete visto nulla...), mi ha spedito le quattro Fiat "Nuova 500" più vecchie di Firenze e provincia ancora in giro. Mi ha, insomma, risolto il problema, e alla grande; d'ora in poi non sarà più questione di andare a provvedere.
La prima, è in assoluto più vecchia, la vedete nella foto sotto il titolo. L'immatricolazione risale al 1958, ed è da tenere presente che la Nuova 500 fu immessa nel mercato nel 1957; però, seguendo bene la tabella e considerando che il 1957, a Firenze, si chiuse con FI 104237, è da ipotizzare che il nostro esemplare markbiano sia del gennaio del '58. Mark, scrupoloso com'è, aggiunge nella email di accompagnamento quanto segue: La FI 105356, purtroppo non ha più i fanalini originali bensì quelli della D (prodotta a partire dal 1960). Che dire? È senz'altro un dettaglio importante, ma questi benedetti fanalini originali li possiamo vedere qua sotto, nel secondo Mezzosacco più vecchio di Firenze e provincia:
Qui, e pure col tipicissimo celestino color diarrea di Grande Puffo di quegli anni oramai lontani, siamo già nel 1959; e sono ragionevolmente certo che chiunque di voi abbia una di quelle stupide repliche marchionnizzate della 500 che girano ora col computerino di bordo, si sentirà pervaso da dimolta invidia verso chi gira con una 500, vera, del genere.
Sempre nel 1959 si ha anche la terza 500 più vecchia in circolazione, ma stavolta la foto markbiana ci porta a qualcosa di molto diverso da quelle precedenti. I due esemplari sopra sono ben curati, coccolati, rileccati, probabilmente beccati a un raduno o a un'esposizione di Oldies; questa qui, invece, è Treggia dura e pura.
Ruggine. Macchie. Targa quasi illeggibile (è FI 116886). Peccato non avere a disposizione altre foto, ma sono certo che ne apparirebbe un vero ammasso di tempo, gloria, talponi morti, resti di scatolette di carne Simmenthal del '61 e una copia del Gazzettino della Piana di Sesto coi risultati delle corse ciclistiche amatoriali dominate dalla Polisportiva "Giuseppe Stalin" di Sant'Angelo a Lecore.
Infine la quarta e ultima, sempre rigorosamente del '59, che Mark ha stavolta ritratto nella classica disposizione fronte-retro:
Qui siamo tornati all'esemplare coccolato e color genzianella superchimica, inserito tra una catasta di compagne in esposizione; la ripresa di sbieco permette di apprezzare le porte controvento (che, secondo me, erano belle quanto pericolose) e i cerchioni bianchi smaltati. Per concludere, convinto che anche voi tutti vi siate rifatti gli occhi come il sottoscritto, un ennesimo ed enorme ringraziamento a Mark che ha voluto condividere queste delizie.
giovedì 20 gennaio 2011
'E Trasportuéi zenèise
A rigore, oramai, il più che amico Fabrizio mi ha spedito talmente tante tregge da Genova, che la cosa più opportuna sarebbe forse aprire una "filiale" del TB dedicata interamente alla Superba e alle sue superbissime autovetture. Non nascondo che, in questi giorni, ne sono stato tentato; però, almeno per ora, ha vinto l'unitarietà di questo blog. Continuo quindi qua, proponendo via via l'immenso materiale fornitomi da Fabrizio ma suddividendolo, quando possibile, in post "collettivi".
Questo primo "post collettivo" è dedicato interamente a una serie di stupefacenti T2 genovesi; di che rifarsi davvero gli occhi, e noi solo i miei (penso in ispecial modo ai Caporniani e a quelli del Bar del Bersagliere, tanto per non far nomi). Un gemellaggio transporteriano Firenze-Genova è d'uopo. Si comincia con questo fantasmagorico esemplare semidiaboliko reperito da Fabrizio in zona aeroporto, risalente al 1980. Non basta la sua accozzaglia di colori sul verde-nero; non basta la sua mascherina che lo fa sembrare il furgone di Cattivik; il particolare decisivo è, direi, questo qui sotto:
Ecco, qui si va oltre la treggia in sé. Qui c'è un pezzo di Genova. La cartaccia che fa da tappo della benzina, perché un tappo costa, ma anche la squisita e concisa precisione: "B. Verde", scritto col pennarello. Anche scrivere interamente "Benzina" consuma il pennarello; e, comunque, si capisce. Mica ci si deve mettere dentro balena verde, o berillio verde, o bunga bunga verde (piccola concessione all'attualità); insomma, appunto, Genova. Fidatevi sia del fotografo, sia del vostro Treggista Preferito® che la conosce molto bene.
Proseguendo con questa rassegna di Trasportuéi zenèise (fare il plurale, in genovese, non è cosa semplice come in toscano), eccone uno candido e immacolato risalente al 1972. Forse, ma non è sicuro, un protocamper (vèdansi le tendine); addirittura in quella no man's land temporale dove il furgone cominciava a essere inteso come qualcosa dove si poteva pernottare alla 'ioboja, possibilmente con una pischella ben disposta. Delizioso il particolare del faretto per la retromarcia a destra, e dell'antinebbia rotondo a sinistra. Perché sprecare due faretti per la retro, o due antinebbia? C'è una logica tutta sampierdarenese in tutto questo. Piergiorgio Odifreddi approverebbe
Per finire, eccoci con questo "coso" che è sicuramente, stavolta, un camper nemmeno tanto "proto". Siamo in via Vezzani, come informa Fabrizio: strisce, sfumature di verde, botte, tendine a josa, la ruotona di scota sul frontale, westfalie e chi più ne ha, più ne metta: tutto questo dal 1982. E chissà quanti "cosi" del genere ci sono ancora a Genova, in attesa che Fabrizio se ne occupi. Solo le città dove resistono ancora masse di Transporter possono essere considerate vere città; e noi saremo sempre qui a dar conto di queste Resistenze.
Questo primo "post collettivo" è dedicato interamente a una serie di stupefacenti T2 genovesi; di che rifarsi davvero gli occhi, e noi solo i miei (penso in ispecial modo ai Caporniani e a quelli del Bar del Bersagliere, tanto per non far nomi). Un gemellaggio transporteriano Firenze-Genova è d'uopo. Si comincia con questo fantasmagorico esemplare semidiaboliko reperito da Fabrizio in zona aeroporto, risalente al 1980. Non basta la sua accozzaglia di colori sul verde-nero; non basta la sua mascherina che lo fa sembrare il furgone di Cattivik; il particolare decisivo è, direi, questo qui sotto:
Ecco, qui si va oltre la treggia in sé. Qui c'è un pezzo di Genova. La cartaccia che fa da tappo della benzina, perché un tappo costa, ma anche la squisita e concisa precisione: "B. Verde", scritto col pennarello. Anche scrivere interamente "Benzina" consuma il pennarello; e, comunque, si capisce. Mica ci si deve mettere dentro balena verde, o berillio verde, o bunga bunga verde (piccola concessione all'attualità); insomma, appunto, Genova. Fidatevi sia del fotografo, sia del vostro Treggista Preferito® che la conosce molto bene.
Proseguendo con questa rassegna di Trasportuéi zenèise (fare il plurale, in genovese, non è cosa semplice come in toscano), eccone uno candido e immacolato risalente al 1972. Forse, ma non è sicuro, un protocamper (vèdansi le tendine); addirittura in quella no man's land temporale dove il furgone cominciava a essere inteso come qualcosa dove si poteva pernottare alla 'ioboja, possibilmente con una pischella ben disposta. Delizioso il particolare del faretto per la retromarcia a destra, e dell'antinebbia rotondo a sinistra. Perché sprecare due faretti per la retro, o due antinebbia? C'è una logica tutta sampierdarenese in tutto questo. Piergiorgio Odifreddi approverebbe
Per finire, eccoci con questo "coso" che è sicuramente, stavolta, un camper nemmeno tanto "proto". Siamo in via Vezzani, come informa Fabrizio: strisce, sfumature di verde, botte, tendine a josa, la ruotona di scota sul frontale, westfalie e chi più ne ha, più ne metta: tutto questo dal 1982. E chissà quanti "cosi" del genere ci sono ancora a Genova, in attesa che Fabrizio se ne occupi. Solo le città dove resistono ancora masse di Transporter possono essere considerate vere città; e noi saremo sempre qui a dar conto di queste Resistenze.
lunedì 17 gennaio 2011
Dal rigattiere
Uno va dal rigattiere, o robivecchi che dir si voglia, a cercare vecchi mobili per la casa di campagna, o vecchie riviste, oppure -perché no- vecchi juke-box (in fiorentino: giubbòsse) come se ne vedono in queste foto (probabilmente i famosi Wurlitzer); non si aspetterebbe certo di trovarci, e rimessa a puntino, una Lambretta del 1959. A dire il vero, in quel dato negozio avevo messo già piede quando il TB era ancora ben al di là da venire; mi era presa la fissa, per la mia nuova casa (chiamiamola casa...) di esercitare l'arte del contrasto: mobilio standardizzato IKEA (altro le mie tasche non mi avrebbero permesso), ma tavolo di cucina rustico & antico. Mi fu sparato un prezzo che mi fece decidere seduta stante di rivolgermi al signor Ingvar Kamprad anche per il tavolo. Insomma, che lì dentro c'erano anche le Lambrette (e le Vespe) lo sapevo; sono andato a colpo sicuro. Ed è stato anche l'unico caso, almeno finora, in cui per le mie fototregge ho ricevuto una notevole diffidenza. Pazienza. L'importante è essere riuscito a riprendere questo splendido esemplare sullo sfondo dei vecchi juke-box.
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