Soltanto pochi metri più indietro in via Cella, ecco qui questo perfetto esemplare di Fiat 131 Mirafiori (sempre del 1978). L'unico modello che l'Agnelleria abbia mai intitolato ad un suo stabilimento (e ritengo poco probabile che "Pulloverino" Marchionne lanci sul mercato, che so io, una Fiat Panda Termini Imerese o una Fiat 500 Melfi). Anche qui un discorso a parte merita il colore dell'autovettura, per il quale proporrei blé tapiro cianotico o viola discarica controllata. Negli anni '70 gli utenti di autovetture Fiat si ritrovavano sovente a dover scegliere fra una gamma di colori assolutamente improponibili, e che spesso riuscivano a trasformare in un due novembre anche la più radiosa giornata estiva...
martedì 28 settembre 2010
Cella & dintorni (1)
Qualche treggia reperita in tempi diversi nella stessa strada la trasforma in mito; due tregge reperite a pochi metri di distanza, praticamente in contemporanea e dello stesso anno (il 1978), la trasformano in epopea. E una vera e propria epopea ha sperimentato qualche settimana fa un trafficato vialone piacentino, via Cella, dove mi sono chissà perché ritrovato a passare, e dove il videofonino della piasintëina ha lavorato a meraviglia data l'allora momentanea indisponibilità della Codacchina d'ordinanza.
Si comincia con questa Citroën Dyane 6 che è stata protagonista del primo incontro ravvicinato del Treggia's Tipo avvenuto con un normale automobilista piacentino. A Firenze, oramai, la popolazione si è abituata ad uno strano tipo che fotografa vecchie automobili in qualsiasi strada gli capiti a tiro; a Piacenza, invece, la cosa riserva ancora stupore. Tant'è vero che il signore cui mi sono avvicinato per fotografargli la Dyane ha avuto, all'inizio, un momento di Ma cuss'è che gh'al völ 'sto pirla...? Poi, però, il ghiaccio si è rotto e il signore in questione è addirittura sceso dalla macchina che stava già manovrando per sortire dal parcheggio (e che gli ho bloccato con berci assai poco padani) e ha cominciato a raccontarmi tutto della sua amata (a Firenze, di solito, cercano di vendermela su due piedi).
Si comincia con questa Citroën Dyane 6 che è stata protagonista del primo incontro ravvicinato del Treggia's Tipo avvenuto con un normale automobilista piacentino. A Firenze, oramai, la popolazione si è abituata ad uno strano tipo che fotografa vecchie automobili in qualsiasi strada gli capiti a tiro; a Piacenza, invece, la cosa riserva ancora stupore. Tant'è vero che il signore cui mi sono avvicinato per fotografargli la Dyane ha avuto, all'inizio, un momento di Ma cuss'è che gh'al völ 'sto pirla...? Poi, però, il ghiaccio si è rotto e il signore in questione è addirittura sceso dalla macchina che stava già manovrando per sortire dal parcheggio (e che gli ho bloccato con berci assai poco padani) e ha cominciato a raccontarmi tutto della sua amata (a Firenze, di solito, cercano di vendermela su due piedi).
lunedì 27 settembre 2010
Minilucens Æstivalis Perfecta
Tocca, purtroppo, salutare definitivamente l'estate: stasera il sor Autunno ha fatto la sua comparsa anche da queste parti. E poiché io sono uno di quelli che, come nella canzone Lettera di Guccini, aspetto sempre l'inverno per desiderare una nuova estate, la saluto treggisticamente a modo mio con questo bellissimo esemplare di Mini Minor (io continuo a chiamarla così in qualsiasi sua versione) talmente splendente nel sole della bella stagione da farmela definire scientificamente Minilucens Æstivalis Perfecta. Rossa e fatta apposta per riflettere i raggi del sole in una splendente mattinata di fine agosto, qual era. Ora cominceranno le piovose giornate, le foto del TB saranno meno colorate e aumenterà la quantità di quelle scattate nel buiume iemale (sì, d'accordo, ora però il primo che sa cosa vuol dire iemale alzi la mano, eh eh eh !)
Fontesanta
Di Fontesanta, della sua stradaccia infame e di che cosa vi si svolga ogni anno in settembre si parla con dovizia di particolari in questo post proveniente da un altro blog dell'Asocial Network. Ma, proprio all'inizio della stradaccia in questione, ecco questo mirabile esempio di pacata treggina collinare, una 126 del 1975 che reca probabilmente anche una delle ultime targhe quadrate bolognesi (una specie di "FI 80" felsinea, insomma). Come poi sia finita sui colli fiorentini, ai piedi di una mulattiera che porrebbe notevoli problemi anche a un rallyista, rimarrà naturalmente (e fortunatamente) un mistero. Certo, non è ipotizzabile che la "nostra" 126 si spinga molto più in là su quella strada: l'asfalto dura ancora pochi metri, e poi comincia la rumba. Ma chissà. Le treggine riservano sovente notevolissime sorprese.
sabato 25 settembre 2010
Mi fo un regalo!
Passano gli anni, e anche per il vs. Treggista Preferito giunge il giorno fatidico in cui gli aumenta il contachilometri. Quest'anno, poi, i numeretti sono scattati su 47, che farebbe "morto che parla"; toccandomi quantomai opportunamente le low parts, ho deciso di festeggiare in modo assai in tema, grazie ad una ricca trovaglia di iersera e ringraziando sentitamente anche l'architetto Giuliano Toraldo di Francia. Non senza prima reclamare, però, contro di voi, lettrici e lettori del TB, vili merdoni & scorretti assassini che l'anno scorso avete del tutto ignorato un certo mio disinteressatissimo appello.
Vi sarete forse chiesti che diavolo c'entri l'architetto Toraldo di Francia in tutto questo; lo spiego brevemente. Il suddetto, come quasi tutti i fiorentini sanno, è l'autore di una controversa pensilina che, in occasione dei (perniciosi) mondiali di pallone del 1990 fu costruita all'esterno della Stazione Centrale di Firenze (lato piazza Adua), destinata a vari usi e costantemente detestata. Va detto senz'altro che non era effettivamente un gran ché, come estetica; però debbo anche dire che neppure la tanto idolatrata stazione "razionalista" (= fascista) di Marcello Piacentini, additata da molti a capolavoro d'arte moderna è poi poi migliore; anzi, mi azzardo a dire che la considero un'enorme schifezza. Fatto sta che la povera pensilina di Toraldo di Francia è stata nello scorso mese d'agosto poco cerimoniosamente demolita per iniziativa del sindaco Renzi, lasciando finalmente libera la visione dei copiosamente orrendi palazzoni di fronte, occupati da fast food, barracci per turisti ed altre amenità.
La pensilina eliminata ospitava al suo interno, oltre che a un'edicola di giornali, anche una specie di ufficio informazioni e biglietti dell'ATAF, la municipalizzata dei trasporti fiorentini. Una volta demolita la pensilina, l'ATAF ha dovuto provvedere a rimpiazzarla, e lo ha fatto utilizzando ciò che avete incominciato a vedere nelle foto. Sono sobbalzato letteralmente. Un autentico, vero, impareggiabile autobus bipiano verde. Non avrei mai pensato di rivederne uno in giro; per questo, all'architetto Toraldo di Francia vanno i miei ringraziamenti; se non avesse fatto la sua pensilina, non l'avrebbero mai demolita; e se non l'avessero demolita, il bipianone non l'avrei mai più riveduto.
Tutti conoscono i famosi Double Deckers londinesi, ma ignorano generalmente che anche Firenze (e Napoli), per molti anni, hanno avuto i loro bipiano, che a mio spaventosamente campanilista parere erano assai più belli. Rimasero in servizio su alcune linee dagli anni '60 fino ai primissimi anni '80; li costruiva la Aerfer - Industrie Meccaniche Meridionali Aeronautiche e Ferrotranviarie di Napoli, che era un'azienda pubblica facendo parte del gruppo Finmeccanica. Indimenticabili. Facciamo un salto indietro e ammiriamone uno in una lochescion già di per sé suggestiva:
Il Bipiano era un autobus eccezionale, ed anche eccezionalmente comodo e divertente per chi vi saliva. L'unica scomodità, specialmente per gli utenti anziani, era l'autentica scaletta con ringhiera che portava al piano superiore: servirsene con il mezzo in movimento era una goduria per i ragazzini, e una tortura per i vecchi. C'era la guardiola per il bigliettaio, il posto di guida prevedeva il sedile con le strisce di plastica e la cosa più bella era, almeno per i minori di anni 12 quale io ero in anni oramai molto lontani, sedersi al piano superiore in corrispondenza del posto di guida, e far finta di guidare con tanto di prrrrrrrr con la lingua.
A Firenze, il Bipiano era tipicamente in servizio solo su alcune linee particolarmente utilizzate; una di queste era il 17, che faceva capolinea proprio dietro casa mia. Una delle caratteristiche salienti del mezzo era che il suo spaventoso motore diesel ferroviario, una volta acceso e riscaldato, non poteva essere spento pena una lunghissima procedura di riavvio. Ai capolinea gli autisti tenevano quindi il motore acceso. La prima corsa del 17 era alle 5.05 del mattino, e potete stare certi che i casamenti che si trovavano sotto il capolinea tremavano finché l'autobus non ripartiva...
E così il Bipiano, opportunamente istoriato (e, purtroppo, anche ritargato), ora fa le veci di Biglietti - Tickets. Per far vedere la nuova ATAF hanno scelto la vecchia, quella dei bus verdi. Anche con un simbolo antimilitarista:
Concludo qui questo lungo post "a pezzi e bocconi", proprio all'ora in cui mi han sempre detto che sono nato. Un quarto a mezzanotte. Il vecchio Bipianone, quanti e quali ricordi, quanta gente, quanti anni son passati.
Vi sarete forse chiesti che diavolo c'entri l'architetto Toraldo di Francia in tutto questo; lo spiego brevemente. Il suddetto, come quasi tutti i fiorentini sanno, è l'autore di una controversa pensilina che, in occasione dei (perniciosi) mondiali di pallone del 1990 fu costruita all'esterno della Stazione Centrale di Firenze (lato piazza Adua), destinata a vari usi e costantemente detestata. Va detto senz'altro che non era effettivamente un gran ché, come estetica; però debbo anche dire che neppure la tanto idolatrata stazione "razionalista" (= fascista) di Marcello Piacentini, additata da molti a capolavoro d'arte moderna è poi poi migliore; anzi, mi azzardo a dire che la considero un'enorme schifezza. Fatto sta che la povera pensilina di Toraldo di Francia è stata nello scorso mese d'agosto poco cerimoniosamente demolita per iniziativa del sindaco Renzi, lasciando finalmente libera la visione dei copiosamente orrendi palazzoni di fronte, occupati da fast food, barracci per turisti ed altre amenità.
La pensilina eliminata ospitava al suo interno, oltre che a un'edicola di giornali, anche una specie di ufficio informazioni e biglietti dell'ATAF, la municipalizzata dei trasporti fiorentini. Una volta demolita la pensilina, l'ATAF ha dovuto provvedere a rimpiazzarla, e lo ha fatto utilizzando ciò che avete incominciato a vedere nelle foto. Sono sobbalzato letteralmente. Un autentico, vero, impareggiabile autobus bipiano verde. Non avrei mai pensato di rivederne uno in giro; per questo, all'architetto Toraldo di Francia vanno i miei ringraziamenti; se non avesse fatto la sua pensilina, non l'avrebbero mai demolita; e se non l'avessero demolita, il bipianone non l'avrei mai più riveduto.
Tutti conoscono i famosi Double Deckers londinesi, ma ignorano generalmente che anche Firenze (e Napoli), per molti anni, hanno avuto i loro bipiano, che a mio spaventosamente campanilista parere erano assai più belli. Rimasero in servizio su alcune linee dagli anni '60 fino ai primissimi anni '80; li costruiva la Aerfer - Industrie Meccaniche Meridionali Aeronautiche e Ferrotranviarie di Napoli, che era un'azienda pubblica facendo parte del gruppo Finmeccanica. Indimenticabili. Facciamo un salto indietro e ammiriamone uno in una lochescion già di per sé suggestiva:
Il Bipiano era un autobus eccezionale, ed anche eccezionalmente comodo e divertente per chi vi saliva. L'unica scomodità, specialmente per gli utenti anziani, era l'autentica scaletta con ringhiera che portava al piano superiore: servirsene con il mezzo in movimento era una goduria per i ragazzini, e una tortura per i vecchi. C'era la guardiola per il bigliettaio, il posto di guida prevedeva il sedile con le strisce di plastica e la cosa più bella era, almeno per i minori di anni 12 quale io ero in anni oramai molto lontani, sedersi al piano superiore in corrispondenza del posto di guida, e far finta di guidare con tanto di prrrrrrrr con la lingua.
A Firenze, il Bipiano era tipicamente in servizio solo su alcune linee particolarmente utilizzate; una di queste era il 17, che faceva capolinea proprio dietro casa mia. Una delle caratteristiche salienti del mezzo era che il suo spaventoso motore diesel ferroviario, una volta acceso e riscaldato, non poteva essere spento pena una lunghissima procedura di riavvio. Ai capolinea gli autisti tenevano quindi il motore acceso. La prima corsa del 17 era alle 5.05 del mattino, e potete stare certi che i casamenti che si trovavano sotto il capolinea tremavano finché l'autobus non ripartiva...
E così il Bipiano, opportunamente istoriato (e, purtroppo, anche ritargato), ora fa le veci di Biglietti - Tickets. Per far vedere la nuova ATAF hanno scelto la vecchia, quella dei bus verdi. Anche con un simbolo antimilitarista:
Concludo qui questo lungo post "a pezzi e bocconi", proprio all'ora in cui mi han sempre detto che sono nato. Un quarto a mezzanotte. Il vecchio Bipianone, quanti e quali ricordi, quanta gente, quanti anni son passati.
venerdì 24 settembre 2010
Halbsackentsorgung
Giunti alla fine dell'estate treggistica, è bene smaltire i Cinquini che si sono via via accumulati; anche perché riservano sempre e comunque motivo di interesse. E poiché il tedesco oramai si è consolidato come lingua ausiliare del TB, ecco questa opportuna Halbsackentsorgung ("smaltimento dei Mezzisacchi") che, in realtà, è ben lungi dall'esaurirli tutti quanti. Un bel po', in ogni caso; come il poderoso Mezzosacco Maremmano che si vede sopra, munito di portavaligia e risalente al 1965. Beccato in pieno centro (all'apertura di piazza Santa Croce) assieme all'omologo senese di cui sotto (del 1973), che la valigia di vimini ce l'ha bella in vista:
Dal centro città ci spostiamo nelle campagne chiantigiane, da dove proviene questa composta e severa 500 blé scuro (anch'essa del 1970), non a caso reperita all'ombra della pace claustrale di un'antica abbazia (poi magari ci gira ignuda la 18enne Diavolina de' Sessi, vattelappesca). Quale che sia l'uso che ne viene fatto, la macchina si segnala anche per una bella targotta a salto di 20 (543 563):
La nostra Halbsackentsorgung si sposta quindi di nuovo in città, ma stavolta fuori dal centro e in una zona assai trafficata. Un vissuto e tormentato Mezzosacco grigio del 1967:
In ultimo, un ritorno alle anarcotregge di Carrara e dintorni: nonostante la targa "patana", il Mezzosacco che vedete è di proprietà di Micaela e Gabriele, i nostri ospiti & musicanti apuani che si rifanno da soli le Vespe:
Dal centro città ci spostiamo nelle campagne chiantigiane, da dove proviene questa composta e severa 500 blé scuro (anch'essa del 1970), non a caso reperita all'ombra della pace claustrale di un'antica abbazia (poi magari ci gira ignuda la 18enne Diavolina de' Sessi, vattelappesca). Quale che sia l'uso che ne viene fatto, la macchina si segnala anche per una bella targotta a salto di 20 (543 563):
La nostra Halbsackentsorgung si sposta quindi di nuovo in città, ma stavolta fuori dal centro e in una zona assai trafficata. Un vissuto e tormentato Mezzosacco grigio del 1967:
In ultimo, un ritorno alle anarcotregge di Carrara e dintorni: nonostante la targa "patana", il Mezzosacco che vedete è di proprietà di Micaela e Gabriele, i nostri ospiti & musicanti apuani che si rifanno da soli le Vespe:
mercoledì 22 settembre 2010
La Uìllisse contro la guerra
Dovete sapere che, seppure ultimamente un po' latitante dopo anni di assiduo servizio, sono amministratore di un sito che si chiama Canzoni contro la guerra. Ecco, a proposito. A un certo punto, l'indefesso Simon the Capornian spedisce al TB questa foto, specificando peraltro che ne avrebbe prese di più se non fosse stato per un pastore maremmano (cagnolino notoriamente assai cazzoso nonostante l'aria da Barbapapà) che minacciava di ridurlo a brandelli. Conosco bene la cosa per essermi capitata in piena attività treggistica, e curiosamente c'era di mezzo proprio una targa pisana (absit iniuria verbo).
La Willys, come dovrebbe essere noto, è un automezzo nato per fare la guerra. Magari non tutti sanno che si chiama Willys, più comunemente si dice una gìppe (plurale invariabile: du' gìppe); qui ce la ritroviamo, con un atto forse inconsapevole ma altamente significativo, immatricolata con una meravigliosa targa agricola (di chissà quale anno anteriore al 1986). Si può immaginare qualcosa di più sarcasticamente antimilitarista di una jeep militare trasformata in mezzo agricolo? Con tanto di pastore maremmano che la protegge a denti sgranati e a abbaiate del tipo se 'un ti levi da' 'oglioni con te ci fo ir Ciappi? Ve lo immaginate un filmone di guerra americano con Gion Uèin nel quale, a un certo punto, compare l'immancabile Willys con una targa agricola di Pisa? Secondo me, una cosa del genere avrebbe fatto finire prima la guerra nel Vietnam!
La Willys, come dovrebbe essere noto, è un automezzo nato per fare la guerra. Magari non tutti sanno che si chiama Willys, più comunemente si dice una gìppe (plurale invariabile: du' gìppe); qui ce la ritroviamo, con un atto forse inconsapevole ma altamente significativo, immatricolata con una meravigliosa targa agricola (di chissà quale anno anteriore al 1986). Si può immaginare qualcosa di più sarcasticamente antimilitarista di una jeep militare trasformata in mezzo agricolo? Con tanto di pastore maremmano che la protegge a denti sgranati e a abbaiate del tipo se 'un ti levi da' 'oglioni con te ci fo ir Ciappi? Ve lo immaginate un filmone di guerra americano con Gion Uèin nel quale, a un certo punto, compare l'immancabile Willys con una targa agricola di Pisa? Secondo me, una cosa del genere avrebbe fatto finire prima la guerra nel Vietnam!
lunedì 20 settembre 2010
La Primula Rossa del centro storico
La giardinetta rossa (sotto il marchio Autobianchi) era diventata davvero come la famosa Primula: avevo cominciato a vederla in giro, prevalentemente nel centro storico, la scorsa primavera. Addirittura, una sera, la piasintëina era riuscita a fotografarla col videofonino d'emergenza: ma ne era venuta fuori la cosa che segue, che riporto a mo' di testimonianza:
Assolutamente improponibile, purtroppo. E così era cominciato e proseguito l'inseguimento: una volta, addirittura, la avevo beccata del tutto fuori zona ma non mi ero potuto fermare. Poi eccotela a giro che ti sfila sotto il naso, eccotela parcheggiata in strade talmente strette dove fermarsi senza intralciare il traffico (e rischiare i conseguenti improperi se non di peggio) sarebbe stato impossibile, e decine di altre situazioni. La vettura più sfuggente del TB, e probabilmente anche una delle più famose della vecchia Firenze.
Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, il centro storico di Firenze è avarissimo di tregge. Un po' perché la circolazione vi è molto limitata, e un po' perché la downtown Treggia è legata alle attività artigianali e lavorative, che purtroppo dalla Disneyland per turisti di massa che è diventata Firenze stanno inesorabilmente scomparendo. Qualcosa in Oltrarno, ma di qua d'Arno la treggia è davvero merce rara. Il vero regno delle tregge sono le periferie, le frazioni, i paesi dei dintorni, le campagne; ed è per questo che il Treggista Militante è per natura un essere periferico. Nei centri, la gente o va a piedi o in bicicletta (assai giustamente), in motorino (un po' meno giustamente), oppure dimostra tutta la propria furbizia comprandosi il SUV (che è soprattutto comodissimo da parcheggiare, un vero bigiù).
La nostra Primula Rossa ha ceduto, finalmente, in piena notte. L'ho presa un po' a tradimento, approfittando di una sosta all'ospedale di Santa Maria Nuova (che i forestieri chiamano costantemente Santa Maria Novella, lasciando immaginare malati e feriti trasportati su binari e trenini interni). Me n'ero accorto che era parcheggiata nella strada accanto proprio mentre arrivavo all'ospedale a sirene spietate (espressione assai in voga tra gli autisti di ambulanze più carogne). A dire il vero, l'autista coscienzïoso dovrebbe restare a presidiare il mezzo, specialmente di notte; ma qui non era davvero questione. Via le chiavi, ambulanza sprangata e Kodak brandita a passo di marcia.
La Primula Rossa è del 1972. Dev'essere stata comprata per lavorarci, e evidentemente continua a farlo, a resistere coi suoi attrezzi dentro e l'asse di legno sistemata sul sedile posteriore. Nessuna indulgenza: la carrozzeria è da guerra quotidiana, i ritocchi sembrano essere stati dati con lo stucco, l'intonaco da muro e la pennellessa, e le fitte sembrano i lividi di un pugile di quando in certi fumosi localacci si tenevano ancora le riunioni di boxe. Altro che macchina d'epoca: questa macchina è tutta un'epoca, da sola. Quella del trombaio, del falegname, del corniciaio, del tappezziere. Non che questi mestieri siano venuti a cessare, ma ora si viaggia con l'elegante furgoncino coreano che non diventerà mai treggia nemmeno fra cinquant'anni. A mo' di estremo omaggio a questa quasi-ultima rappresentante di una Firenze che non c'è più, dedico i suoi indimenticabili e spàrtachi snodi laterali:
Assolutamente improponibile, purtroppo. E così era cominciato e proseguito l'inseguimento: una volta, addirittura, la avevo beccata del tutto fuori zona ma non mi ero potuto fermare. Poi eccotela a giro che ti sfila sotto il naso, eccotela parcheggiata in strade talmente strette dove fermarsi senza intralciare il traffico (e rischiare i conseguenti improperi se non di peggio) sarebbe stato impossibile, e decine di altre situazioni. La vettura più sfuggente del TB, e probabilmente anche una delle più famose della vecchia Firenze.
Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, il centro storico di Firenze è avarissimo di tregge. Un po' perché la circolazione vi è molto limitata, e un po' perché la downtown Treggia è legata alle attività artigianali e lavorative, che purtroppo dalla Disneyland per turisti di massa che è diventata Firenze stanno inesorabilmente scomparendo. Qualcosa in Oltrarno, ma di qua d'Arno la treggia è davvero merce rara. Il vero regno delle tregge sono le periferie, le frazioni, i paesi dei dintorni, le campagne; ed è per questo che il Treggista Militante è per natura un essere periferico. Nei centri, la gente o va a piedi o in bicicletta (assai giustamente), in motorino (un po' meno giustamente), oppure dimostra tutta la propria furbizia comprandosi il SUV (che è soprattutto comodissimo da parcheggiare, un vero bigiù).
La nostra Primula Rossa ha ceduto, finalmente, in piena notte. L'ho presa un po' a tradimento, approfittando di una sosta all'ospedale di Santa Maria Nuova (che i forestieri chiamano costantemente Santa Maria Novella, lasciando immaginare malati e feriti trasportati su binari e trenini interni). Me n'ero accorto che era parcheggiata nella strada accanto proprio mentre arrivavo all'ospedale a sirene spietate (espressione assai in voga tra gli autisti di ambulanze più carogne). A dire il vero, l'autista coscienzïoso dovrebbe restare a presidiare il mezzo, specialmente di notte; ma qui non era davvero questione. Via le chiavi, ambulanza sprangata e Kodak brandita a passo di marcia.
La Primula Rossa è del 1972. Dev'essere stata comprata per lavorarci, e evidentemente continua a farlo, a resistere coi suoi attrezzi dentro e l'asse di legno sistemata sul sedile posteriore. Nessuna indulgenza: la carrozzeria è da guerra quotidiana, i ritocchi sembrano essere stati dati con lo stucco, l'intonaco da muro e la pennellessa, e le fitte sembrano i lividi di un pugile di quando in certi fumosi localacci si tenevano ancora le riunioni di boxe. Altro che macchina d'epoca: questa macchina è tutta un'epoca, da sola. Quella del trombaio, del falegname, del corniciaio, del tappezziere. Non che questi mestieri siano venuti a cessare, ma ora si viaggia con l'elegante furgoncino coreano che non diventerà mai treggia nemmeno fra cinquant'anni. A mo' di estremo omaggio a questa quasi-ultima rappresentante di una Firenze che non c'è più, dedico i suoi indimenticabili e spàrtachi snodi laterali:
La PI 3
No, tranquilli, qui non c'entrano per nulla, fortunatamente, le logge massoniche più o meno occulte, ma semplicemente un'altra Appia bianca del destino, stavolta reperita con gran cura da Simone il Caporniano durante chissà quale dei suoi giri per le officine e i garage più improbabili di tutta la Toscana. L'Appia bianca del destino, si diceva; e il destino, non lieve, di questa, è di essere targata Pisa. Ma a una targa di Pisa dei primi giorni del 1961 si perdonano parecchie cose, se non proprio tutte.
Simone il Caporniano è un ragazzo preciso e meticoloso. Avendone la possibilità, non si limita a fotografare le tregge nella loro esteriorità, ma riprende anche numerosi particolari della meccanica. È una cosa che anche a me piacerebbe fare, ma certo non posso scassinare le vetture che vedo per strada per aprirne il cofano; temo che, se lo facessi, la mia attività di Treggista subirebbe un brusco arresto oltre che provocare qualche legnata alla di me persona. Godiamoci quindi questi stupendi particolari della meccanica appiesca, très soigneusement immortalati da Simone:
Scrive Simone in un suo breve commento, che ovviamente sottoscrivo in pieno (e che dovrebbero sottoscrivere tutti coloro che detestano le centraline):
"Notare come a quei tempi si facessero le cose semplici: chiare istruzioni su cosa fare per sistemare le sospensioni, lavare (non sostituire!) il filtro aria (se lo si deve cambiare c'è comunque scritto il numero del pezzo!!), cosa fa quel fusibile lì (scritto in chiaro in italiano!) ecc. Per mantenere il motore in temperatura, visto che la ventola è sempre in presa si mette una serie di alette a mo' di veneziana e si comandano con un termostato meccanico. Quando la meccanica non era ancora "inquinata" dall'elettronica!"
Simone il Caporniano è un ragazzo preciso e meticoloso. Avendone la possibilità, non si limita a fotografare le tregge nella loro esteriorità, ma riprende anche numerosi particolari della meccanica. È una cosa che anche a me piacerebbe fare, ma certo non posso scassinare le vetture che vedo per strada per aprirne il cofano; temo che, se lo facessi, la mia attività di Treggista subirebbe un brusco arresto oltre che provocare qualche legnata alla di me persona. Godiamoci quindi questi stupendi particolari della meccanica appiesca, très soigneusement immortalati da Simone:
Scrive Simone in un suo breve commento, che ovviamente sottoscrivo in pieno (e che dovrebbero sottoscrivere tutti coloro che detestano le centraline):
"Notare come a quei tempi si facessero le cose semplici: chiare istruzioni su cosa fare per sistemare le sospensioni, lavare (non sostituire!) il filtro aria (se lo si deve cambiare c'è comunque scritto il numero del pezzo!!), cosa fa quel fusibile lì (scritto in chiaro in italiano!) ecc. Per mantenere il motore in temperatura, visto che la ventola è sempre in presa si mette una serie di alette a mo' di veneziana e si comandano con un termostato meccanico. Quando la meccanica non era ancora "inquinata" dall'elettronica!"
Splendex il Solex
Saranno probabilmente, questi qua, gli ultimi giorni di caldo sole dell'anno, come succede fortunatamente alla fine dell'estate, o all'inizio dell'autunno. La terra si prepara al lungo inverno, partono le rondini, fermenta il vino ne' tini, i cacciatori se ne potrebbero anche restare a casa invece di andare a sparare e le ultime tregge si godono il tepore ancor quasi estivo; così, quando in una pittoresca stradina sulle colline fiorentine -che a volte faccio anche per dire che là il D'Annunzio consumava i suoi ardenti amori con la Duse- la piasintëina mi ha detto: "Oh, ma guarda là...c'è un Solex!", mi sono ridestato all'improvviso da tutto il mio vagheggiar mentale e ho inchiodato rischiando di stamparmi addosso a una comunissima e volgare vetturetta di questi rii tempi. Io non sono un incredulo; la piasintëina è oramai una treggista collaudata & scafata, e se mi ha detto che c'era un Solex, bisognava prendere una decisione subitanea. Una bella marcia indietro in una strada dove, giustappunto, se s'incontra un motorino in senso contrario, non ci si passa in due. L'ardita manovra è stata premiata: il Solex c'era per davvero. Un autentico VéloSoleX 3800 rosso (probabilmente degli anni '70), il mito degli scooter francesi, la mobilette, persino senza targa com'erano i motorini una volta. Il motore sotto il faro, l'unico motorino che si poteva pedalare per davvero, i distributori della Solexine (l'apposita miscela), 42 anni di produzione dal 1946 al 1988 (la risposta è sempre 42!), Brigitte Bardot giovanissima che nel 1952 fa la sua prima apparizione sullo schermo (e nell'immaginario collettivo) a bordo di un Solex (nel film Le trou normand di Jean Boyer)...insomma, tutti gli ingredienti per un mito. Si dice che l'ultimo distributore automatico di Solexine esistesse a Parigi, sul Boulevard Saint-Michel, ancora nel 2003; solo che funzionava soltanto con monete da 5 franchi, e c'era già l'euro. Il proprietario del distributore aveva quindi conservato una certa quantità di vecchi franchi che rivendeva come gettoni...
domenica 19 settembre 2010
Topo & Topa oggi sposi
Sarà un caso, ma le tregge matrimoniali finora presenti in questo blog provengono tutte quante da nemmeno 1 km da casa mia, vale a dire dall'abitazione di uno dei più feroci odiatori dell'istituzione & sacramento del matrimonio che possano esistere su questa terra. La cosa è quantomeno curiosa, ma le tregge 'e le son tregge e questa qui, poi, è treggia al cubo; addirittura uguale a quella che illustra il titolo del Treggia's Blog. Però questa qui, va detto, ha la targa originale che la qualifica come risalente al 1949. Mica bazzecole!
Sull'anno di questa 500 C "Topolino" si è accesa peraltro una divertente disputa con l'autista, da me bloccato mentre stava per ripartire per il suo dovere di sposatore. La prima parte della disputa riguardava appunto l'anno di fabbricazione; dando una rapida occhiata alla targa il sottoscritto ha sentenziato che "era del '52", mentre l'autista, sostenendo invece che era del '53, stava per prendere il libretto di circolazione (composto senz'altro da Luigi Illica). Ci ha rinunciato, e ha fatto bene perché detto libretto avrebbe certificato che entrambi avevamo toppato alla grande. La seconda parte è stato un tentativo di vendermela su due piedi per dodicimila euri. Ora, ammesso e non concesso che ce li avessi, la cosa mi avrebbe posto un paio di problemucci non di poco conto. Il primo sarebbe stato quello di entrarci, semplicemente; il secondo, quello di trasformarmi seduta stante in matrimoniatore. Magari, chissà, forse durante il tragitto mi sarebbe riuscito di convincere i due scriteriati a ripensarci, con la promessa di accompagnarli nella fuga lasciando prete (o assessore), famigliuole & invitati con un palmo di naso. Naturalmente, appena possibile avrei levato di mezzo gli agghindamenti nuzïali, che -come vedete- osano quasi coprire la targa. Crymine & delytto!
Ma poiché i dodicimila euri così su du' piedi 'e 'un ce li ho, mi sono rassegnato a lasciar ripartire la stupenda e lucidissima Topolino verde smeraldo per il suo destino di nozzatrice di Topo & Topa, i quali a quest'ora in cui scrivo saranno di sicuro già maritu e mugghiera e tantissimi cari auguri. Resta il mistero di come facciano a entrarci dentro, sul sedile posteriore, e lei perdipiù con l'abito da sposa; vabbè stare stretti stretti nell'estasi d'amor, ma di tempo ne avrebbero avuto più comodamente dopo...
Sull'anno di questa 500 C "Topolino" si è accesa peraltro una divertente disputa con l'autista, da me bloccato mentre stava per ripartire per il suo dovere di sposatore. La prima parte della disputa riguardava appunto l'anno di fabbricazione; dando una rapida occhiata alla targa il sottoscritto ha sentenziato che "era del '52", mentre l'autista, sostenendo invece che era del '53, stava per prendere il libretto di circolazione (composto senz'altro da Luigi Illica). Ci ha rinunciato, e ha fatto bene perché detto libretto avrebbe certificato che entrambi avevamo toppato alla grande. La seconda parte è stato un tentativo di vendermela su due piedi per dodicimila euri. Ora, ammesso e non concesso che ce li avessi, la cosa mi avrebbe posto un paio di problemucci non di poco conto. Il primo sarebbe stato quello di entrarci, semplicemente; il secondo, quello di trasformarmi seduta stante in matrimoniatore. Magari, chissà, forse durante il tragitto mi sarebbe riuscito di convincere i due scriteriati a ripensarci, con la promessa di accompagnarli nella fuga lasciando prete (o assessore), famigliuole & invitati con un palmo di naso. Naturalmente, appena possibile avrei levato di mezzo gli agghindamenti nuzïali, che -come vedete- osano quasi coprire la targa. Crymine & delytto!
Ma poiché i dodicimila euri così su du' piedi 'e 'un ce li ho, mi sono rassegnato a lasciar ripartire la stupenda e lucidissima Topolino verde smeraldo per il suo destino di nozzatrice di Topo & Topa, i quali a quest'ora in cui scrivo saranno di sicuro già maritu e mugghiera e tantissimi cari auguri. Resta il mistero di come facciano a entrarci dentro, sul sedile posteriore, e lei perdipiù con l'abito da sposa; vabbè stare stretti stretti nell'estasi d'amor, ma di tempo ne avrebbero avuto più comodamente dopo...
Metti una sera...
W
Metti una sera qualsiasi di un'estate bislacca oramai finita, un giro senza nessuno scopo (neanche quello di fotografare macchine vecchie), e un Maggiolone bianco del '74 parcheggiato un po' alla 'ioboia; una sigaretta in bocca, quella voglia di non tornare a casa e la città semivuota (com'era bella...). E allora d'accordo, di Maggiolini e Maggioloni ce ne saranno tanti e tanti qui dentro, ma scendere che cosa costa? Sarà uno in più, magari uno dei tanti, ma che importa. Il TB cattura istanti in forma di automobili, e sono sempre istanti che si mettono in moto.
La dama bianca (FF/21)
Vedere in giro, sia pure ad un raduno storico, una Giulia del 1965 non è comune; la produzione era cominciata solo tre anni prima, nel 1962, e nonostante se ne trovino ancora parecchi esemplari uno così addietro negli anni è diventato molto, molto raro. Una vera e propria dama bianca, munita sì della targa di iscrizione alla "Firenze-Fiesole", dell'adesivo della 1000 Miglia e di altri gadgets che testimoniano della sua partecipazione ad altre iniziative di questo genere, ma che mantiene anche una certa "aria" di uso quotidiano, non certamente riservato alle giornate di rievocazione. Ci si circola ancora tranquillamente, con le Giulie: è probabilmente una delle automobili più indistruttibili che siano mai state prodotte. L'articolo Wikipedia riserva anche alcune curiosità degne di nota, come il fatto che la prima targa italiana con una lettera, la mitica MI A00000 (emessa proprio nel 1965!) fu riservata a una Giulia TI di colore nero, e che se n'era comprata una anche Lucio Battisti.
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