La foto non è delle migliori, anche perché "presa al volo" (ovviamente risale ancora al periodo pre-appiedatura); in particolare, risente del riflesso del parabrezza . Scartarla non era però possibile; a parte la Fiat 126 di prima generazione, siamo qui di fronte veramente agli albori delle targhe arancio-bianconere non solo a Livorno e provicia, ma in tutta Italia. Forse non tutti sanno che, per decisione ministeriale, la provincia di Livorno fu tra le primissime a passare dalle storiche targhe quadrate bianconere e monomorfiche (cioè di forma unica) a quelle arancio-bianconere formate da due elementi e componibili (targhe "lunghe" e targhe rettangolari). A Livorno e provincia il passaggio avvenne prima che a Firenze (la prima targa arancio-bianconera fiorentina, FI 804000, fu consegnata l'8 gennaio 1976): esattamente nel dicembre 1975 con la targa LI 215000. A Livorno, trovare una "LI 21" quadrata equivale alle "FI 80" quadrate fiorentine: autentiche rarità (ma nel TB ne abbiamo una). Con questa 126 siamo quindi soltanto 733 immatricolazioni sopra la prima targa arancio-bianconera livornese.
venerdì 17 maggio 2013
Coppia condominiale
Non è certamente, qui, questione di annate e tabelle; l'Isolotto è, in parte, quartiere di gran condomini e ancor più gran parcheggi condominiali nei quali, se si potesse avervi libero accesso, sono assolutamente certo che si troverebbero autentici e inesplorati tesori. Un assaggio lo abbiamo qui, fortunatamente riprendibile dalla strada armeggiando un po' sullo zoom; i Mezzisacchi in coppia non sono una novità, ma sono comunque una cosa simpatica e che dà una certa allegria!
La Dispendiosa
Pubblico questa treggia, diciamo, con un granello di perplessità.
Non tanto per il mezzo in sé, seppure non nutra (e non abbia mai nutrito) un'eccessiva simpatia per la Volkswagen Golf. Qui si tratta chiaramente di un modello "Cabrio" risalente al 1985 (quasi al "confine" tra le targhe aranciobianconere e quelle bianche, quindi).
Il fatto è che, stavolta, non si tratta di una treggia con targa comasca trovata da qualche parte a Firenze o in Toscana (come è già avvenuto; ad esempio qui con la "comasca delle Cure"); no, questa volta sono andato a prendermela direttamente a Como. E devo almeno accennare come.
Come qualche volta devo aver detto qua dentro, da una discreta fetta della mia vita seguo tutta una serie di cantautori e musicisti fuori dal mercato; bravissimi tutti, e con una produzione di assoluta eccellenza, ma totalmente indipendenti e non facenti parte di nessun circuito. Per seguirli mi sono letteralmente girato tutta l'Italia. Quella sera mi trovavo, assieme ad altre persone, per l'appunto a Como dove si doveva tenere un concerto di uno di loro: Alessio Lega.
Il problema è che il concerto doveva tenersi presso un "circolo Arci"; ora, durante tutte le mie scorribande per seguire i miei amici sono abituato a andare nei posti più improbabili e persino, letteralmente, sul cocuzzolo della montagna; concerti a gratis e a pagamento, e certamente non è quello il problema. Figuriamoci. Il problema di principio è quando qualcuno "mi chiede la tessera" per entrare.
Alle tessere sono allergico per principio. Mi fanno venire una forma grave d'orticaria e mi provocano accessi di tic incontrollabili. Quando l'addetto del circolo quindi, mi ha addirittura sbarrato la strada mentre entravo chiedendomi: miscusicelàlatesseraaa...?, l'ho guardato e l'ho mandato all'istante a quel paese. Mi spiace, ma non transigo su questo. Per l'eventuale biglietto pago tutto quel che c'è da pagare; la tesserina, per di più chiesta impedendomi addirittura d'entrare, se l'hanno a tenere loro.
La treggia, parcheggiata a poca distanza, l'avevo già adocchiata ripromettendomi di fotografarla all'uscita; è andata invece a finire che, in pratica, sono andato fino a Como solo per fotografare una Golf "Cabrio" grigia del 1985.
Dispendiosuccia, questa, come treggia. Il TB è famoso anche per le "tregge sotto casa"; beh, ora contiene anche l'esatto contrario. La treggia in lontana trasferta, come quella dei tifosi Viola che, molti anni fa, allo stadio "Sinigaglia" durante un Como-Fiorentina srotolarono il mitico striscione "Voi comaschi, noi con le femmine". Con il proposito di informarmi meglio, le prossime volte che piglierò il treno per un concerto: circoli ARCI mai più. Anche rinunciando a qualche eventuale treggia ferma nelle vicinanze!
martedì 14 maggio 2013
Le tregge di Amici Miei: (6) L'ospedale di Pescia
La scena, oltre ad essere famosissima, è decisiva nelle vicende di Amici Miei: è il momento in cui i primitivi quattro amici (Tognazzi, Noiret, Del Prete e Moschin) incontrano il quinto, Adolfo Celi, vale a dire il professor Alfeo Sassaroli. Di ritorno da una "zingarata" particolarmente movimentata, i quattro, a bordo di una autovettura ridotta in condizioni terrificanti al pari degli occupanti, si recano al pronto soccorso dell' "Ospedale di Pescia"; e qui comincia la nostra storia parallela fatta di tregge.
L'autovettura semidistrutta è una Mercedes W120. Ora, forse nel '75 la si poteva anche distruggere per esigenze cinematografiche; ora come ora sfido a trovare il regista che, pur con un budget adeguato, oserebbe sfasciare una macchina del genere. In questo storico fotogramma si vedono il Mascetti, il Melandri, il Perozzi e il Necchi proprio mentre arrivano al pronto soccorso; per la cronaca, l' "ospedale di Pescia" era in vece la Villa del Salviatino, a Firenze, allora in fase di deterioramento e che fu utilizzata per le riprese "ospedaliere". In effetti, la costruzione del primo '900 aveva un aspetto "sanitario", e fino a non molti anni fa ospitò in effetti alcune strutture come addirittura il SERT. Di recente è stata venduta e totalmente ristrutturata, nonché adibita a residenza privata "di prestigio"; se da un lato è stata riportata veramente ad un livello di splendore, dall'altro è diventata un altro pezzo di Firenze precluso ai più. Dice che, ora, funziona così se si vuole evitare che vada ogni cosa in rovina. Si trova esattamente davanti a Villa Montalto, dove i GAP di Fanciullacci ammazzarono il 15 aprile 1944 il filosofo fascista Giovanni Gentile, e anche a diretto contatto con la storica treggiaja di via del Salviatino, che è stata del tutto eliminata.
Ma l'interesse non finisce qui. Si tratta anche di uno dei più classici esempi di targa finta applicata ad una vettura usata per riprese cinematografiche. Non è l'unico caso in Amici Miei, come vedremo in seguito; per il resto, tuttavia, il film utilizzava anche parecchie vetture con targhe autentiche (allora non c'erano ancora, comunque, tutte le boiate sulla privacy). Ad ogni modo, in questo caso la targa finta rispetta quantomeno la cronologia: presenta infatti una numerazione del 1972 che è in linea col film, girato nel 1975 (sarebbe comunque una "ritargatura" per un modello del genere: la W120, con le sue suddivisioni, fu prodotta dal 1953 al 1962). Nell'altro caso, vedremo invece che non è così, con una tipica "targa del futuro" che è uno dei più tipici procedimenti treggio-cinematografici.
Novantanove
Queste foto potrebbero anche "passare alla storia" come le ultime, gloriose prese al volo del TB prima dell'appiedatura del vs. Treggista Preferito®. Risalgono infatti allo scorso 4 aprile e, per la cronaca, sono state scattate proprio all'incrocio dove si trova la famosa "isola pedonale" vicino allo Stadio la quale, più che da isola pedonale, funge da tempo immemore da treggiaja, e delle maggiori (e presente nel TB fin dal primo giorno). Come addio alle prese al volo (o arrivederci? Chi lo sa...) non poteva però essere delle migliori: un'antica Renault 5 è sempre un bel vedere. Detto questo, l'interesse di questa vettura va al di là del semplice modello; la sua targa, FI 998895, è infatti una delle ultime fiorentine senza la lettera. Stava per compiersi un cammino iniziato nel 1927, e non è cosa da poco; inutile mettere il link alle tabelle delle immatricolazioni, perché oramai tutti dovrebbero sapere che siamo qui a pochi giorni dal fatidico 17 luglio 1979, quando fu emessa la targa FI A00000. Mi ricordo bene quei giorni in cui scrutavo qualsiasi targa alla ricerca della prima targa con la "A" che faceva entrare Firenze in una "élite" ristrettissima che, fino ad allora, comprendeva soltanto Milano, Roma, Torino e Napoli. La soddisfazione enorme d'aver lasciato ampiamente alle spalle città come Bologna, Genova o Palermo; quasi come essere entrati in Coppa Uefa!
mercoledì 8 maggio 2013
La piazza
La piazza che si vede nella foto è Piazza Cesare Beccaria, nei giorni successivi al 4 novembre 1966.
Dei delitti e delle pene; ma qui c'è soltanto il delitto dell'alluvione. La grande piazza di Porta alla Croce è sempre stata una sorta di "parcheggio naturale"; la vicinanza al centro storico, alla sede del giornale "La Nazione", al vecchio carcere delle Murate, alle caserme del Lungarno Pecori Giraldi e alla Pia Casa di Lavoro di Montedomini l'hanno sempre riempita di macchine, piazza Beccaria. Ad un'altra vicinanza, quella all'Arno, si deve la desolazione che si vede qua sopra.
Di macchine lordate dal fango e dalla nafta se ne riconoscono diverse (un Maggiolino in alto a sinistra, una 500C "Belvedere" all'estrema destra); in primo piano, invece, una Lancia Appia e una Fiat 600.
La Lancia Appia è dei primi mesi del 1960 e fa saltare a pie' pari le "Tregge alluvionate" nella categoria delle Targhe Particolari. E che targa aveva, la disgraziata Appia! FI 128 128, probabilmente una delle "targacce" più antiche dell'intero TB; diventa anche una candidata d'obbligo al prossimo "logo" del blog, dato che ho intenzione di dedicarlo proprio alle migliaia di autovetture fiorentine distrutte durante l'alluvione.
La 600, invece, ci riporta veramente alla preistoria del modello. E', infatti, del suo stesso anno di presentazione: il 1955. All'epoca aveva quindi già un'età "matura", undici anni. Ricordo che il TB, grazie a Mark B., ospita anche quella che è probabilmente la più vecchia 600 immatricolata a Firenze (FI 78397); ma questa qui, FI 81251, è di poco posteriore.
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martedì 7 maggio 2013
La più ambita
Per questo superbo esemplare "portuale" (il porto è quello di Genova, e se è di Genova non può esserci di mezzo che Fabrizio) di Lancia Flaminia del 1968, stavolta si parte dal posteriore. Per forza: bisogna mostrare ammodino la targa. Carissimi e carissime aficionados/as del TB, siamo qui di fronte, infatti, alla più ambita "targa parlante" di tutto il panorama italiano: la mitica "MI FOTTO".
E' una combinazione unica: impossibili, infatti, tutte le altre combinazioni. TI FOTTO, LO FOTTO e LA FOTTO per sigle inesistenti, VI FOTTO e LI FOTTO perché Vicenza e Livorno sono rimaste ben lontane dalle lettere. Quindi c'è solo MI FOTTO, quelle 9999 autovetture milanarde del 1968 che hanno regalato a non pochi italiani una discreta dose di risatine ad ogni incontro. Certo, qui si tratta di risatine almeno in parte stemperate dalla spaventosa bellezza, o meglio dalla maestosità di questa autovettura:
Qui la vediamo in posa anteriore, con rigoroso sfondo di yacht di lusso e una notevole collezione di patacconi "autodèpoca" sulla griglia del radiatore. Ne prendo atto, nonostante la mia ben nota avversione nei confronti dei "registri delle auto storiche" e compagnia bella. La musealità non mi è mai garbata, né mi garberà mai; ma qui siamo, evidentemente, a un raduno (con tanto di "prova slalom" che qualcuno ha voluto far passare vicino a un imprudentissimo palo della luce...)
Dalla foto si nota che, al raduno, la nostra Flaminia Mi Fotto reca il numero 28. Particolarmente "in linea" con la targa, dato che, nella smorfia toscana, il ventotto è il "numero de' becchi" !
domenica 5 maggio 2013
I misteri del Cinque Maggio
Oggi è il cinque maggio, e in tale data s'ha bisogno di qualcosa di autenticamente Napoleonico. Così viene in soccorso questo automezzo, che di soccorso se ne intende parecchio; l'OM Iveco che vedete, infatti, è adibito al soccorso stradale. E di soccorsi stradali ne deve senz'altro aver fatti parecchi, dal 1977 quando è stato immatricolato. Fanno trentasei anni a tirar su e giù roba dal pianalone ribaltabile; e, date le dimensioni, sospetto fortemente che il compito di questo tròschi sia stato (e sia tuttora) proprio quello di soccorrere altri tròschi.
Napoleonico, dicevo. Senz'altro; ma anche titolare di uno di quegli irrisolvibili misteri che solo le Tregge sanno proporre. Se avete occhi attenti, avrete probabilmente riconosciuto qualcosa: siamo, infatti, esattamente nello stesso posto di un altro tròschi di pochi giorni fa. Un viale nemmeno poi così importante, e inoltre privo di qualsiasi cosa che possa giustificare la presenza di due vecchi mezzi pesanti (della stessa casa, poi); aggiungiamo a tutto questo la ben nota rarità di grossi mezzi da lavoro ancora in circolazione a quest'età, e soprattutto ancora in piena funzione. Non "camion storici" da raduni, ma camion di imprese edili e del soccorso stradale.
Mistero che, ovviamente, resterà tale. Il viale poco importante in questione è, tra le altre cose, uno dei luoghi dove regolarmente si trovano tregge; siamo già, sul TB, alla sesta o settima nei suoi duecento metri scarsi in leggera pendenza. Eccovelo, ad esempio, già all'opera il 13 ottobre 2009, e per ben due volte nella stessa data. Oppure, ancora, l'11 novembre 2009. E così via. Una treggiaia? Ci sono tutti gli elementi per considerarla tale. Sarà vera gloria, poi? Ai post l'ardua sentenza.
sabato 4 maggio 2013
INSCO & Dora Inc., Ltd., Lsd., Werew.
COLEI che vedete china a rimirar l'avita Centoventisette verde stuccata con targa milanarda, è, cari aficionados del TB, nientepopodimeno che la mitica Dora. Proprio lei: la più antica collaboratora del Treggia's Blog, infaticabile segnalatrice a' tempi preistorici del blog; se la metto qua dentro in effigie è, ovviamente, perché si trova in una posizione che la rende non riconoscibile (a parte la bella e folta chioma). Posizione, peraltro, tipica del Treggista inveterato; vale a dire, quella in cui si ammira l'annoso cruscotto della treggia, cercando di leggere il contachilometri (cosa non più possibile con gli attuali cruscotti che, oramai, sembrano postazioni di comando di un cacciabombardiere).
Da qualche tempo la nostra Dora, udita la Santa Messa, si diletta -mettiamola così- di fare delle passeggiate domenicali assieme a un'altra nostra vecchia conoscenza: l'altrettanto mitico INSCO, specialista in tregge esotiche (balcaniche, centroasiatiche e -come presto vedremo- anche portoghesi e sudamericane). Capirete che una coppia del genere altro non può produrre che tregge degne di nota; e, infatti, eccoci qui -seppure, stavolta, in luoghi assai vicini e familiari (nonostante la targa della vettura, no, non siamo a Melàno).
La 127 in questione, vero e proprio prodigio di stuccature alla 'ioboja, è del 1971. Vale a dire, appartiene all'anno stesso di lancio della fortunata vettura (meno fortunato fu il suo designer, vale a dire Pio Manzù, figlio dello scultore Giacomo Manzù, che era morto due anni prima in un incidente stradale a bordo di una 500). Insomma, grazie alla Dora e a INSCO siamo di fronte davvero a una delle prime 127. Da dire anche che avevo visto in giro questa macchina diverse volte (e quasi sempre nella zona dove poi è stata fotografata); una delle famose tregge perdute che, alla fine, hanno incontrato le persone giuste.
venerdì 3 maggio 2013
Posizioni
In questi giorni sto visionando a bandello tutti i video possibili e immaginabili sull'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 messi su YouTube. Ce ne hanno veramente messi di tutti i tipi, riversando sul mezzo digitale, probabilmente, vecchissimi filmati girati con la cinepresa; riprese dalle finestre, riprese nella città devastata dopo il deflusso dell'Arno, cose davvero mai viste.
La foto sopra, però, non proviene da un filmato. E' una foto, che mostra, in una via del centro, una delle oltre diecimila autovetture distrutte nell'Alluvione; è una Fiat 1100 dei primissimi mesi del 1962; ne consegue che, allora, aveva poco più di quattro anni di vita.
La troviamo qui totalmente rovesciata. Le posizioni delle automobili portate via dall'alluvione, una volta ritiratesi le acque, sarebbero state in parecchi casi assolutamente comiche se non ci fosse stata di mezzo una tragedia di una simile portata; e se non si vuole adoperare l'appellativo di "comiche", cosa che capirei benissimo, si può tranquillamente dire "bizzarre". Questa qua della 1100 non è fra queste; che una vettura fosse rovesciata da un fiume intero che scorreva per la città a sessanta all'ora e distruggeva ogni cosa, era la triste normalità.
Che cosa sia stata l'alluvione di Firenze, lo si può capire meglio dal filmato che segue; uno dei tanti. Un filmato letteralmente pieno di automobili; comincia, del resto, con una Bianchina in mezzo a una via allagata (anche se moderatamente: si tratta, per la cronaca, di via Giovan Battista Niccolini all'immissione in piazza d'Azeglio). E vi si vede anche una (ora rarissima) Autobianchi Primula.
Lo avete visto? Avete constatato di che colorino fosse la mistura d'acqua, fango e nafta che scorreva per le strade di Firenze? Bene. Forse, allora, vi sarete accorti di un particolare:
Nel filmato, girato a colori, ad un certo punto c'è la stessa Fiat 1100; solo che qualcuno la ha raddirizzata. E non è l'unica "sorpresina" del genere che mi attendo dalla visione dei filmati. Forse, chissà, qualcuno potrebbe giudicare frivolo questo mio concentrarmi sulle automobili nel mezzo di una catastrofe come l'alluvione di Firenze, la quale, sarebbe bene non dimenticarlo, fece anche una quarantina di morti, oltre alla distruzione di un intero patrimonio artistico e scientifico, e di tutto quanto un tessuto commerciale che non è stato mai più recuperato, disumanizzando il centro storico e rendendolo quel che è in gran parte ora: una Disneyland. Ma, forse, queste foto vogliono proprio mostrare anche questo: l'atto finale di quel che fu Firenze. La portata, anche sociale, di quell'evento, la sentiamo ancora oggi; io la guardo attraverso vecchie automobili accartocciate e smerdate.
L'assassino (Ridedicato a Fabrizio)
L'assassino, come si sa, torna sempre sul luogo del delitto; e anche il Treggista Militante®, se sente di avere qualche piccolo conto in sospeso. Ve ne ricordate di questa betoniera abbandonata in un campo vicinissimo a casa mia? Ho la fortuna di abitare in un quartiere mezzo di città e mezzo di campagna, a un metro dal fiume; e non vorrò mai abbastanza bene all'Isolotto, anche per la quantità e per la qualità delle tregge che ammannisce. Insomma, era il 25 marzo 2012, a primavera appena iniziata, e durante un giro per la parte campagnola del quartiere, ecco questo stupefacente mezzo da lavoro in mezzo al suo campo, ma semisommerso dalla sterpaglia invernale del tutto secca. La quale, ovviamente, copriva la targa.
Stavolta, invece, ci sono tornato a fine aprile. Con la tenera erbetta verde, la natura che si è risvegliata e tutto il resto; soprattutto, senza la sterpaglia copritarga. Purtroppo, nessuna questione d'entrare nel campo recintato; anche se fossi riuscito a scavalcare, c'è un fosso piuttosto profondo che lo separa dalla strada. Però la targa, stavolta, si vedeva; la prima volta non mi ero accorto neppure che la avesse ancora. Teleobiettivo al massimo, ed ecco questa interessantissima cosa che è venuta fuori. Ho provveduto, naturalmente, ad un ulteriore ingrandimento:
Si riesce ora a vedere meglio? Insomma, ve lo dico io. La betoniera abbandonata è targata FI 93[000] e qualcosa; il che la riporta nientepopodimeno che al 1956.
Si fa sempre bene ad essere un po' assassini, e a tornare sul luogo del delitto treggistico; si scopre, ad esempio, che in un campo a un passo da casa giace un mezzo da lavoro di cinquantasette anni fa. Ad alcuni verrebbe in mette, chissà, la famosa archeologia industriale; perché è senz'altro facile trovare auto d'epoca persino quasi secolari e portarle ai raduni, ma provateci un po' con una betoniera. Gli automezzi da lavoro d'epoca (a parte, forse, i trattori) non hanno storia; hanno lavorato, e possono pure tranquillamente finire a disfarsi in mezzo a un campo di periferia, divenendo parte del paesaggio. Perché, non me ne vogliano gli ecologisti, non mi riuscirebbe vedere quel campo senza la sua betoniera. E' un po' come gli alpinisti morti durante la scalata all'Everest nel 1912: giusto lasciarli lì, nella loro maestosa tomba. Questo non è l'Everest, e fortunatamente non è morto nessuno; solo un vecchio macchinario che ha impastato cemento e costruito case. Chissà (e le probabilità sono parecchie, secondo me) che non abbia addirittura contribuito a costruire l'Isolotto (le prime case furono consegnate dal sindaco La Pira nel 1954); sarebbe, quindi, un pezzetto di storia di questo quartiere. Dove riposa per sempre tra l'erba e il mutar delle stagioni.
Con piacere, quindi, ridedico questa cosa a Fabrizio di Genova, amante indefesso delle tregge in mezzo a' campi. E ogni tanto tornerò a ricontrollare; ho come "adottato" la betoniera, e chissà che un giorno o l'altro non mi decida a munirmi di stivaloni di gomma, pantalonacci da lavoro e guanti, e non decida di tentare l'avventura in quel campo quasi proibitivo.
giovedì 2 maggio 2013
Passeggiata notturna (senza il cane ma con la treggia)
Il vs. Treggista Preferito Appiedato®, come sapete, è sempre stato, è e resterà un gattofilo. Sto scrivendo in questo momento col micione nero Redelnoir che se la dorme spaparanzato sul suo letto (che benevolmente mi concede per la notte); quindi mi capirete se vi dico che le mie passeggiate notturne, specie ora che è arrivata una pur bizzarra primavera, sono improntate rigorosamente alla gatterìa. Vale a dire: io da una parte (con la mia stazza non propriamente felina...) e il gatto dall'altra, per i suoi percorsi che a noialtri umani non è dato sapere. Niente cani al guinzaglio, insomma; al guinzaglio non m'è mai garbato metterci proprio nessuno, né m'è mai garbato che qualcuno lo mettesse a me. La cosa più bella durante le passeggiate notturne, poi, sono giustappunto gli incontri coi gatti; te ne vai assorto ne' tu' pensamenti, magari canticchiando una canzone, ed ecco la riverenza: bonasera, signor gatto! Un garbato inchino nel silenzio, prima che lui s'infili sotto una macchina parcheggiata. Appunto: la macchina parcheggiata. Perché durante le passeggiate a notte fonda, ché quando dico "notturne" non dico delle volgari dieci della sera, ma le tre di notte abbondanti ché quelle son l'ore mie sul serio, ho pigliato l'abitudine di portarmi la Codacchina. Non si sa mai, visto il soccorso che ultimamente mi presta l'amatissimo Isolotto; detto, fatto. Il gatto di turno (un sorianone grigio e peloso che ben conosco: si chiama Egidio e è il gatto del parroco della chiesa vicina, San Qualcosa del Lanciacristi vista la forma a rampa di lancio del campanile...), si è andato a infilare proprio sotto questa clamorosa Fiat 127 calabra del 1974. Io ve lo avevo detto che un Treggista Militante® non si lascia certamente abbattere da una volgare appiedatura; figuriamoci. Affina le arti dell'ingegno, si munisce di buone scarpe e va, contando poi sull'aiuto dei suoi sodali gatti. Ne passerà del tempo e del tempaccio, prima d'arrendersi.
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