In attesa di un Cinquino rosso e nero che sancisca finalmente il trionfo dell'Anarchia (anche se, cospettone, ora come ora è assai più probabile che si tratti di un tifoso del Milan), debbo confessare che verso le cinquecento rosse ho una passione smodata. Figurarsi se, nella stessa strada, ne trovo ben due parcheggiate a pochi metri di distanza; e dico parcheggiate perché no, queste non pajono affatto abbandonate. Fortunatamente. Un delitto contro l'umanità è stato evitato. Sono sempre lì, infocate, pronte al ditone che aziona la levetta di avvio, pronte alla regolare doppietta per scalare di marcia; bei tempi quando le marce non erano sincronizzate. Quando, se volevi la patente, dovevi dimostrare di saper fare quella manovrina malefica, quella che quando mio padre me la insegnava mi berciava seuntullasafàre, untussaguidàre! Il problema, e grosso, gli era che, per fare la doppietta, bisogna lavorare bene e rapidamente coi pedali; cosa che i miei piedini non propriamente da Cenerentola mi ostacolavano abbastanza, provocando delle grattate terrificanti che si sentivano da Bologna.
Il cinquino rosso. Quello bardato con l'altoparlante che annunciava ai compagni la manifestazione, procedendo a quindici all'ora. Quello che si può ben passare sopra alla targa di Pisa, vedendone uno ancora. Trionfa sempre sul ciarpame da fighetti equipaggiato persino con l'aipòdde. Trionfa e trionferà. È ora, è ora, è ora di cambiare! Cinquino rosso e po-po-lare!
Il cinquino rosso. Quello bardato con l'altoparlante che annunciava ai compagni la manifestazione, procedendo a quindici all'ora. Quello che si può ben passare sopra alla targa di Pisa, vedendone uno ancora. Trionfa sempre sul ciarpame da fighetti equipaggiato persino con l'aipòdde. Trionfa e trionferà. È ora, è ora, è ora di cambiare! Cinquino rosso e po-po-lare!