martedì 11 giugno 2013

La treggia nella Storia. (1) La fucilazione del questore Caruso



Con questo post, il Treggia's Blog compie una sorta di "salto di qualità" ed entra nella Storia, quella vera. La Storia del XX secolo è stata, necessariamente, fatta anche dalle automobili; è raro che un dato fatto non abbia avuto con sé una macchina di qualsiasi tipo. In migliaia di filmati storici, ora disponibili in Rete, è possibile cogliere automezzi che vi sono stati presenti; solo che, finora, ben pochi se ne sono occupati. E' anche del tutto comprensibile; solo che, in un blog di Treggismo Militante® come questo, è gioco forza mettersi dalla parte del mezzo meccanico, o meglio: è la Storia che resta e deve restare protagonista, ma con un occhio all'automezzo che vi ha preso parte. Si tratterà di fatti di ogni tipo, dai più tragici a quelli più "leggeri"; in questi post, lo avverto fin da ora, è possibile che siate messi di fronte a immagini e filmati molto forti.

Il 22 settembre 1944, in una Roma da poco liberata dall'occupazione tedesca e che aveva, nel marzo, vissuto l'attentato di via Rasella e l'eccidio delle Fosse Ardeatine il questore fascista Pietro Caruso, 45 anni, nativo di Maddaloni (CE), fu trasportato nel corte del Forte Bravetta e passato per le armi con fucilazione nella schiena. Da poco si era concluso il suo breve e drammatico processo.

Si legge nella pagina Wikipedia: "Dopo l'attentato di via Rasella [Pietro Caruso] fu chiamato da Herbert Kappler a redigere un elenco di 80 persone da giustiziare che fu ridotto, dopo le sue rimostranze, al numero di 50. Il Caruso ebbe a dichiarare, nell'udienza del 20 settembre 1944, che a tale ordine si oppose dicendo che non vi poteva incondizionatamente aderire e che ne avrebbe dovuto parlare con il Ministro degli Interni che sapeva essere a Roma. Sempre secondo le sue dichiarazioni rese durante il processo, Pietro Caruso il 24 marzo a mattina si sarebbe recato all'Hotel Excelsior di Roma per conferire con il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi al quale avrebbe detto «Io mi rimetto a voi», con la speranza che il Ministro avesse provveduto direttamente con Herbert Kappler. Il Ministro avrebbe tuttavia risposto «Che cosa posso fare? Bisogna che tu glieli dia se no chissà cosa succede. Sì, sì, dalli». Tali dichiarazioni trovano riscontro nella sentenza di condanna a morte pronunciata dall'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, dove si si legge «il Caruso che pur ebbe a sentire la repugnanza di quanto gli si chiedeva, ritenne di conferire nelle prime ore del giorno con il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, alloggiato all'Albergo Excelsior il quale, ancora a letto, gli avrebbe, a suo dire, dichiarato che non era possibile non ottemperare alle pretese tedesche». Sempre nell'udienza del 20 settembre 1944 il Caruso, durante la sua deposizione ebbe a dichiarare di non aver preparato lui direttamente la lista delle persone da giustiziare, lista peraltro in parte redatta da Pietro Koch e che per completarla dette incarico al Capo di Polizia Ferrara sostenendo di non conoscere nessuno dell'elenco a eccezione di Maurizio Giglio. Herbert Kappler, il comandante tedesco della Gestapo di Roma, organizzò l'eccidio delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, come ritorsione per l'attentato di via Rasella del giorno prima compiuto da partigiani comunisti dei GAP contro una colonna di soldati tedeschi. Alle Fosse Ardeatine i nazisti fucilarono 335 persone scelte tra ebrei, partigiani (molti dei quali appartenenti alla formazione "Bandiera Rossa") o semplici sospetti. Nella sua deposizione al processo, come teste dell'accusa, il Professore Attilio Ascarelli affermò che le salme esumate furono 336: la 336ma vittima fu trovata in una galleria diversa in atteggiamento diverso e caratteri cadaverici diversi. Il 4 giugno 1944, mentre gli anglo-americani si apprestavano a entrare in Roma Caruso, alla guida di una autocolonna, si dirigeva verso nord, con una Alfa Romeo carica d'oro, di gioielli, 5 orologi "a saponetta" da uomo, molte sterline e lire. La vettura di Caruso perse il contatto con la colonna a causa delle ripetute incursione aeree alleate, perdendosi nella zona del lago di Bracciano. Ritrovata la strada per Firenze, a seguito di nuovi mitragliamenti aerei, per evitare un'auto tedesca urtò contro un albero. Pietro Caruso (insieme a un milite) rimase ferito riportando una lussazione del femore. Un'ambulanza tedesca lo trasportò all'Ospedale di Viterbo dove Pietro Caruso, nonostante avesse un documento falso, fornì le sue vere generalità. Nessuno fece caso all'identità del ferito a eccezione di un avvocato romano, casualmente presente, che lo riconobbe. Dopo aver subito un intervento chirurgico, vanamente Pietro Caruso, anche offrendo denaro e gioielli, chiese di essere trasportato al nord. Lasciato solo, fu arrestato dai partigiani e fu tradotto, dopo una breve degenza presso l'Ospedale di Bagnoregio, a Regina Coeli."

Durante il processo, la folla tentò di linciare l'ex questore; non essendovi riuscita, se la prenderà con Donato Carretta, ex direttore del carcere di Regina Coeli, presente in aula come testimone per l'accusa, e che sarà gettato a morire nel Tevere e successivamente appesso a testa in giù all'entrata del carcere. Il processo a Pietro Caruso fu brevissimo (20 e 21 settembre 1944); l'imputato fu condannato a morte per fucilazione nella schiena.

L'intera esecuzione di Pietro Caruso fu filmata. La proponiamo qui, avvertendo ovviamente che si tratta di immagini molto crude. Non si tratta di una finzione scenica, ma di una vera esecuzione capitale, e delle più terribili. Non guardate questo video se non ne siete veramente sicuri.


Se avete guardato il video, avrete notato i numerosi automezzi presenti, a partire dal furgone cellulare in cui Pietro Caruso fu condotto alla fucilazione. Particolare risalto ha l'autofunebre con cui la salma del questore fu portata via; tra tutti gli automezzi del filmato, è l'unico di cui si può leggere chiaramente la targa. Ecco un altro fermo immagine dal filmato:


Siamo, lo ripetiamo, il 22 settembre 1944; l'autofunebre, non riconoscibile quanto a modello, è targato Roma 62048. L'automezzo risulta quindi immatricolato nel 1938.

Facendo un salto indietro, ecco un immagine chiara dell'ignoto furgone cellulare (probabilmente con immatricolazione militare) dal quale sta scendendo il condannato:


Questo è invece il momento in cui la bara contenente la salma del questore fascista viene infilata nel carro funebre con le portiere posteriori spalancate. Nella foto si intravede l'avanti di un'altra autovettura sconosciuta con una strana livrea a strisce bianche:


Qui, invece, l'autofunebre con di nuovo la targa del 1938 in evidenza, svolta nell'andare via accompagnata dai carabinieri del plotone di esecuzione e da altre persone:


Dell'esecuzione di Pietro Caruso esiste anche un altro filmato, volendo ancora più crudo, conservato presso gli archivi di Steven Spielberg. Da questo filmato, un'immagine del mezzo sul quale era sistemata l'attrezzatura per le riprese:


Dal medesimo filmato, un'immagine importante dal punto di vista automobilistico: si tratta dell'ingresso nel cortile di Forte Bravetta del furgone cellulare con sopra Caruso, che abbiamo visto poco sopra e che qui appare nella sua interezza seguito proprio dall'autofunebre, di cui si riesce così a stabilire l'avanti:

In conclusione, una serie di immagini veramente drammatiche, e che rendono appieno la cupa e tragica atmosfera di quei tempi durissimi. Anche con i loro automezzi. 

Si ringrazia David Mattacchioni per l'assistenza prestata nella redazione di questo post.