sabato 13 dicembre 2014

Monìcche d'i convento



Dubbio non ne puote sussistere alcuno: a parte l'aspetto tipicamente ecclesiastico del mezzo, a parte il fatto che, nella sua non breve storia, il Fiat 850 o 900  è stato il pulmino delle suore per eccellenza (qui in versione "900 E Panorama"), le foto sono state prese esattamente di fronte all'entrata di un convitto monacale. Direi che gli indizi sono talmente tanti da manifestare una certezza.


Qui siamo verso la fine della lunga e gloriosa storia del furgoncino/pulmino utilitario della Fiat; la versione "900" fu prodotta infatti dal 1976 al 1985, e questo esemplare è non molto posteriore al 16 giugno 1982, quando a Firenze fu raggiunta l'immatricolazione FID0000. Parentesi: le "FID0" sono tra le targhe parlanti più famose d'Italia, particolarmente predilette e ambite, come è ovvio, dai cinofili. È possibile, anzi probabile, che il titolare della targa FID00000 si sia sentito rivolgere spesso dei "BAUUUUU!!" al suo passaggio, facendo così il paio con l'ancor più celebre MIA00000 (7 aprile 1965). Peccato che l'avvento delle orribili & disprezzabili targhe alfanumeriche abbia impedito a Bari di raggiungere, prima o poi, la lettera U.


Come può e dev'essere, di colore, il pulmino delle monache? Bianco, va da sé. Le eccezioni sono poche, come il famosissimo T1 Microbus a 23 vetrature del 1953, il "FI 66618", che era talmente rosso fiammante da sembrare il furgone del Partito Comunista Coreano. Il nostro 900 E fa eccezione, casomai, per la rara e leggiadra colorazione pastellosa del tettino, delle bande laterali e dei paraurti: monache sì, ma con un tocco di civetteria!


Le monìcche d'i convento del titolo provengono da uno dei più noti canti di emigrazione toscani: Italia bella mostrati gentile. Ve lo faccio ascoltare, e dico poco, dalla voce della sua raccoglitrice, la grande Caterina Bueno:

316060 Oproštajni pozdrav



Tvoje su posljednje slike s jugoslovenskom zastavom i s crvenim zastavama na bojnom polju, protiv fašizma. Ova je bila tvoja istinska socijalna služba. Zbogom drugarica! 316060 km pustolovina, ljubvi i vrednosti.

Твоје су посљедње слике с југословенском заставом и с црвеним заставама на бојном пољу, против фашизма. Ова је била твоја истинска социјална служба. Збогом другарица! 316060 км пустоловима, љубви и вредности.

domenica 30 novembre 2014

Ma quand'arrìa i' bùsse, 'iobònooo.....!!?!



Scenetta di vita quotidiana alla fermata dell'autobus, nella Firenze degli anni '50; dal giovinotto con in mano l'enorme mazzo di fiori alle massaje e ai signori rigorosamente incappellati, che stanno per affollare l'autobus n° 2917 dell'ATAF, non si sa di quale linea. E, a dire il vero, sussiste qualche dubbio anche sul modello; secondo Mark B., che mi ha mandato la foto, potrebbe trattarsi di un Alfa Romeo 910 o 1000. Per ora, quindi, si effettua l'attribuzione all'Alfa Romeo, in attesa di migliori chiarimenti. Quel che è certo, a giudicare da un rapido calcolo, è che l'autobus urbano fiorentino dev'essere stato immatricolato tra gli ultimissimi giorni di novembre e i primi di dicembre del 1950; e che la scenetta dev'essere quasi sicuramente situata nei primi anni '50, dato che l'autobus appare seminuovo.

Il ritorno del T2



Fa giusto un anno che un T2 non metteva piede nel Treggia's Blog: l'ultimo atto era stato infatti nel novembre del 2013. E poiché di "atto" si parla, per rimettercene uno ho aspettato di trovare questa bellezza cromatica in una via dedicata a un tizio che si chiama proprio "Atto": via Atto Vannucci, per la precisione. Ignoro cosa possa avere indotto dei genitori a chiamare un figlio "Atto"; ma sicuramente deve avere avuto una vita operosa per meritarsi una strada, e tant'è. Quel che a noi interessa, è che nella "sua" via si trovino bellezze del genere, poi si poteva chiamare anche Genoveffo o Triccheballacche.


Lo stupendo T2 pescarese di via Atto Vannucci ci riporta a una delle più famose questioni "targologiche" italiane: "PE" è Pesaro o Pescara? Intere generazioni di automobilisti si sono posti questa domanda, e non solo automobilisti; è una domanda che ha accompagnato non si sa quante famigliuole in trasferimento estivo verso Rimini o Fregene, all'incrociare una macchina con quella targa. A Siena, stanchi che la sigla "SI" fosse presa per quella di Siracusa, inventarono anche un famoso autoadesivo che recitava. "SI....È SIENA!"; se ne vede ancora qualcuno in giro. Non mi risulta che a Pescara sia mai avvenuta qualcosa del genere, ma magari qualche Treggista pescarese mi smentirà.


Il nostro Typ 2 T2 dannunziano, con tanto di civettuola paglietta, risale, in mancanza di informazioni da parte dell'Agenzia delle Entrate e del Bollonet ACI, a qualcosa tra il 30 gennaio e il 1° ottobre 1970. A occhio e croce, vista la progressione delle targhe pescaresi di quell'anno, si dovrebbe situare verso gli ultimi di agosto o i primi di settembre.


E siete pronti ora?
Beh, il ritorno dopo così tanto tempo di un furgone Volkswagen sul TB, quale che sia la sua versione, merita di essere sottolineato. E come sottolinearlo meglio con una certa canzone tratta da un certo film in cui un furgone VW (era un T1, ma vabbé!) gioca un certo ruolo non secondario? Insomma, avrete capito tutti: state per (ri)ascoltare una non breve canzoncina di un tale Arlo Guthrie, dove si parla di un ristorante...




sabato 29 novembre 2014

I' sor Pezzatini, il '43 e la carbonella



E' praticamente tutto spiegato nell'abbondante (e leggibilissima) foto inviatami da Mark B.: e si può capire l'orgoglio del sor Pezzatini nell'avere ancora a disposizione una macchina in quell'anno cruciale e disgraziato. La macchina in questione, era stata immatricolata quasi di sicuro nel giugno 1927, come si evince dalla straordinaria targa FI 648. Come informa praticamente in real time Simone B. (tramite sms!), si tratta di una SPA - Società Piemontese Automobili; il logo è visibile abbastanza bene.


Sempre secondo quanto informa Simone, potrebbe trattarsi di un modello 23 S, che era carrozzato da Bertone.

Ossi di Seppia (2)



Quando sono andato a stare all'Isolotto, oramai parecchi anni fa, il TB non era ancora nato. C'era già di sicuro, però, l'officina specializzata di via Pio Fedi che, imperterrita, continua a sfornare tregge dopo tregge, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Basta aspettare solo un pochino, e il Treggista Militante® può stare certo che  l'officina delle auto d'epoca fa il suo dovere e te la serve su un piatto d'argento. E siccome stavamo già in tema, quello dell'Alfa Romeo Spider "Osso di Seppia", eccone un'altra fresca fresca.


Purtroppo o per fortuna, non ho perso l'abitudine dei giri a tardissima notte; per fortuna, perché di notte si può veramente scorrazzare liberi e senza assolutamente nessuno in giro, purtroppo perché la qualità delle foto al buio non è mai eccelsa. Specie quando la vettura, come questa, è incastrata in pertugi assurdi, che costringono alle consuete acrobazie per prendere una foto frontale. Pazienza, anche se il bellissimo turchese della Duetto "Osso di Seppia" non risalta come dovrebbe. Ci si consolerà con la targa originale, che ci riporta ad un'immatricolazione dell'8 novembre 1968.


Una delle rarità di queste foto, a parte la vettura in sé (sospetto che il numero di Duetto "Osso di Seppia" rimaste in circolazione sia alquanto ridotto...), è la capote alzata: siamo nel tardo autunno, ma queste sono macchine fatte per circolare scoperte con Mrs. Robinson a bordo.


Quanto alla canzone, ritengo che bisogni continuare ad attenersi a Simon & Garfunkel e fare un omaggio al silenzio della notte, amica del Treggista che vaga immerso ne' suoi pensieri. Visto che si trattava poi proprio di un mercoledì mattina verso le tre, come non ricorrere a una canzone, diciamo abbastanza nota, tratta da un album che si chiama Wednesday Morning 3AM....? Quando comanda il suono del silenzio...

domenica 23 novembre 2014

Ossi di seppia (1)



Occorre partire dal culo, stavolta. Sovvertire l'ordine consueto delle foto, perché le Alfa Romeo Spider, più note come "Duetto", sono state, nella loro evoluzione storica, suddivise proprio a partire dal posteriore. Finora, il TB ha ospitato soltanto Duetto "Coda Tronca", che poi sarebbe la seconda serie (prodotta dal 1969 al 1982) caratterizzata, appunto, dal retro "tagliato di netto"; è ora (finalmente, dico) di andare a dare un'occhiata alla prima serie, prodotta dal 1966 al 1969. La quale, a causa del retro morbidamente smussato, fu detta "Osso di Seppia". Ecco a voi un Duetto "Osso di Seppia" sotto il sole d'estate, sebbene la scorsa estate di giorni di sole ne abbia fatti ben pochi.


Mi dichiaro immediatamente e in modo non fraintendibile: secondo me, i Duetto "Osso di Seppia" sono insuperati e insuperabili. La "coda tronca" del modello successivo non regge il confronto sul piano dell'eleganza pura; non a caso, il successo planetario dell' "Osso di Seppia" fu decretato da un film tra i cinquanta più famosi della storia, "Il Laureato" con Dustin Hoffman; per la symbol car di quel film, non si ritenne di far viaggiare il grande Dustin su un troiaione americano, ma su una Duetto rossa 1600 del '66:




E fu così che la Duetto diventò un mito. La nostra, invece che girare per Santa Barbara, se ne stava in una ben più prosaica strada del Campo di Marte, via Fratelli BronzettiPeu importe; potrebbe stare anche in un letamajo, e il letamajo sarebbe toccato dalla bellezza.


Ritargata, eh sì. La nuova immatricolazione è del 1978. Il Bollonet ACI, però, rimette le cose a posto e, più che altro, nei veri anni di produzione dell'Osso di Seppia: esattamente al 1° gennaio 1968, accettando -come di consueto- quel "1° gennaio" come data fittizia a fini fiscali. L'anno è comunque quello.


Quanto alla canzone, beh, dopo aver nominato un certo film, va praticamente da sé -a cura di un altrettanto famoso Duetto. La traiamo qui da un piccolo concertino tra pochi intimi che i signori Simoni & Garfunchelli diedero in un non meglio precisato "Parco Centrale" di una insignificante cittadina americana:



venerdì 21 novembre 2014

Superfamiglia



Non è questione, qui, di modelli, immatricolazioni e nemmeno dell'automezzo in sé (che, certamente, non è una treggia e, anzi, è un furgone "minibus" qualsiasi nuovo di pacca). Quando l'ho visto, però, sono rimasto come folgorato: impossibile lasciarselo sfuggire. Da crearci appositamente la nuova categoria "Famigliole", in mancanza di un qualcosa dove inserirlo; e, a pensarci bene, forse mi si schiude un mondo. Quello degli autoveicoli con gli adesivi, ora diffusissimi, dei "pargoli a bordo": li avrete visti tutti, sicuramente. Gèssica a bordo, Matteo a Bordo, Chiara e Martina a bordo, Jonathan a bordo eccetera, con un profluvio dei nomi che attualmente vanno per la maggiore (sarà difficile trovare adesivi con Cesira a bordo o Oreste a bordo, anche se -chiaramente- tutto è possibile).

Questa qua, a dire il vero, dev'essere veramente una Superfamiglia; di quelle, appunto, che gni ci vòle direttamente i' furgone. Ammàzzate oh quanto si son dati da fare, qui, babbo e mamma! Il detto biblico Crescete e moltiplicatevi ha trovato in questo caso un'applicazione  letterale: si sono triplicati, e nel furgone, a dire il vero, c'è ancora posto.

Ho però come l'impressione di essermi ritrovato davanti (anzi, di dietro) a degli autentici Ultras della famiglia, qui. Ora, d'accordo il legittimo orgoglio per la nidiata, però questi qua non si sono accontentati dell'adesivo: hanno occupato militarmente tutto il lunotto posteriore. In modo peraltro abbastanza ambiguo: dalla megascritta con le lettere adesive, infatti, non si capisce bene se siano Mamma e Babbo che dicono occhio!!! perché hanno a bordo Lapo, Duccio e Emma (perfetta silloge di nomi pargolosi del XXI secolo), oppure se siano Lapo, Duccio e Emma che dicono di fare occhio!!! perché a bordo ci sono Mamma e Babbo. Ad ogni modo, come dire: se la Superfamiglia voleva farsi leggermente notare per la strada, ci è riuscita benissimo!

L'augurio, chiaramente, è che Mamma e Babbo, quando si trovano alla guida, siano sempre i primi a fare occhio!!!, visto il carico di virgulti che hanno a bordo del furgone; anche se, va detto, a me è sembrata un po' la riedizione in grande delle famose placchette magnetiche che imperversavano, negli anni '60 e '70, sulle 500 e sulle 600 delle famigliuole italiane in via di rapida motorizzazione (quelle, per intenderci, con la foto del bambino o della bambina vestiti da prima comunione, oppure di tutta la famiglia, e la scritta "NON CORRERE PAPA' "). E' giocoforza, quindi, riproporre qui il micidiale e esilarante spezzone tratto dal film di Renzo Arbore Il Pap'Occhio, anno Domini 1980. Quello con la canzoncina Non correre papà, per intenderci:

Al Canto: Bed, Breakfast & Tregge



Ieri pomeriggio, il Dio de' Bivi si è manifestato in un modo alquanto singolare: per l'occasione ha mutato specialità ed è diventato il Dio de' Portoni.

Ve la devo raccontare brevemente. Ero fermo nella parte forse più antica di una lunga strada della parte sud di Firenze; la si potrebbe chiamare veramente una miracolosa sopravvivenza, un angolo di bellezza rurale rimasto autenticamente sospeso nel tempo. Mentre svolgevo la mia incombenza, in un luogo che per me è più che consueto, ho notato con la coda dell'occhio che un portone che ho sempre visto rigorosamente chiuso, era socchiuso. Essendo un tipo curioso per natura, ho sbirciato dentro: e quel che mi è apparso è quel che vedete nella foto sopra.

Una 500 in una stanza. Sopra l'impiantito in piastrelle di cotto, accanto agli scaffali dei libri e, anzi, con un bel po' di libri appoggiati sul tettino. Il cagnolino nero che cagnolàva e, tanto per ribadire il concetto, la 500 di quelle commilfò, ammodino, grigia coi sedili rossi. Nella mia oramai lunga Militanza Treggistica® me ne sono capitate di tutte, ma sbirciare in un portone aperto e trovarci una macchina nella stanza d'ingresso ancora no. Ora non lo dico più.

Sono comparsi due simpatici ragazzi, che poi sono due fratelli: essendo mezzi fiorentini e mezzi canadesi, portano gli esotici nomi di Nicolas e Ryan (ebbene sì, c'è scappata anche l'ovvia battuta sul soldato Ryan, va da sé). I quali mi hanno spiegato che cos'è quel posto il cui portone vedevo sempre chiuso, e che un pomeriggio ho trovato aperto con tanto di 500, libri e cagnolino nero: un Bed & Breakfast. Si chiama "Al Canto", intendendo naturalmente "canto" nel senso di "angolo"; garantisco che agli ospiti non vengono date lezioni di musica lirica.


Insomma, ho scovato il primo Bed & Breakfast treggistico della città di Firenze e, se tanto mi dà tanto, anche del mondo. L'unico in cui si entra e si viene accolti da una 500 coi sedili rossi. La quale mi è stata presentata dai due ragazzi come del "1969"; e qui hanno dovuto subire il loro primo contatto con un Treggista Militante®, il quale ha fatto loro presente che si sbagliavano, perché la targa della vettura non è affatto del 1969 e l'occhio esperto lo vede subito. Ho riportato immediatamente l'immatricolazione al 1967, e non mi ingannavo: il Bollonet ACI ci dice infatti che la 500 del "Canto" è stata immatricolata il 2 febbraio 1967, giorno della Candelora. Qui la vediamo in faccia, col cagnolino, i libri e l'oramai famoso portone aperto che dà sulla strada.

Finita qui? Manco per sogno. Dando a quel punto un'occhiata al resto del Bed & Breakfast, guidato dai due ragazzi (di una gentilezza e di una disponibilità straordinarie, considerato anche il non trascurabile fatto che ero un perfetto sconosciuto...), e constatato che si tratta di un posto bellissimo, mi sono accorto che, nel cortiletto & giardino interno, continuavano a spuntar fuori dei veri e propri tesori, stavolta a due ruote:


Sempre rigorosamente sistemato su piastrelle in cotto, ecco a voi, siòre e siòri, nientepopodimeno che un Motom 48 C/D, con tutti i suoi pezzi originali. Autentico cavallo di battaglia della Motom, casa milanese attiva dal 1947 al 1970, il 48 C/D fu prodotto dal 1960 al 1970, e quindi non è esagerato situare questo esemplare alla metà degli anni '60.  A quel punto, io e due ragazzi del Bed & Breakfast s'era già cominciato a chiacchierare come se si fosse amici di lunga data; miracoli & delizie del Treggismo®!



Notando come il cagnolino non perdeva occasione, come è logico che sia, per mettersi in mostra, e dimostrando -come dicevano gli antichi anzi antichissimi- che est Motom in rebus, mi è bastato voltarmi per vedere quanto segue:


Voilà: uno scooter Iris 50 cc che, stavolta, Nicolas e Ryan all'unisono mi hanno garantito essere del 1969, senza se e senza ma. La Iris, che ora produce esclusivamente componenti (è specializzata in catene) è un'azienda fondata nel 1936 nel nord della Spagna, e dire "Spagna 1936" riporta a tempi bui e complicati; negli anni '60 e '70 ha prodotto però anche motorini "autarchici", prevalentemente riservati al mercato interno. Trovarne un esemplare in Italia fa gridare veramente alla rarità assoluta.


Per concludere: cari i miei Treggisti che risiedete altrove, se per caso vi capitasse di passare da Firenze, oppure vi pungesse vaghezza di farci una vacanziella, considerate veramente l'idea di passare dal "Canto", che troverete facilmente su Internet. Ci troverete non solo un bel posto tranquillissimo in una zona insolita di Firenze (ma ben collegata e a un quarto d'ora dal centro), non soltanto la gentilezza e la simpatia dei due ragazzi che lo gestiscono, non soltanto il bed (ronf, ronf) e il breakfast (ciomp, ciomp), ma anche di che rifarvi gli occhi dal punto di vista delle auto e motorini d'epoca. Vi par poco? A me no!

Non resta ora che l'abbinamento musicale. Considerando il fatto che si parla qui di Firenze e di viaggi, e che il "Canto" si trova a pochissima distanza sia dalla via intitolata a Odoardo Spadaro, sia dalla località di Compiobbi, quella immortalata dallo stesso Spadaro nel Micragna's Les Bains, è giocoforza stavolta ricorrere a un classico de' classici. Ma sì, la ci porti un bacione a Firenze, e anche due o tre treggioni!




mercoledì 29 ottobre 2014

Spot 2



La si era intravista anche nel post precedente: quella mattina di gennaio al Piazzale, come dire, si dovevano essere date appuntamento, queste sophisticated ladies di Giulie Spider 1600. Un concentrato di classicità: quella rossa fiammante e quella grigia (ma con gli interni rossi: l'accoppiata tra grigio e rosso è un simbolo degli anni '50 e '60, la si vedeva anche sulle utilitarie come la 500 e la 600 e fa ancora, va detto, un grosso effetto cromatico).


Se la Rossa ancora doveva fare, all'epoca, i suoi cinquant'anni, la Grigia li aveva invece già compiuti: è stata immatricolata il 1° aprile 1963. Ha qualche mese più di me, insomma, e difendo la categoria. Una signora della mia età in queste condizioni, come dire, fa letteralmente scomparire la povera pischellina del cavolo. Non c'è nulla da fare. Ne avete ancora di strada da fare, giovincelle.


"...et la petite pisseuse d'en face peut bien aller se rhabiller", cantava tonton Georges, vale a dire Georges Brassens, a proposito del suo amore d'una vita. Così, a commento di questo post, penso che Saturne ci stia proprio bene: Je sais par cœur toutes tes graces, et pour me le faire oublier, il faudra que Saturne en fasse de tour d'horloge, de sablier... E così, le macchinette di ora, pure le Giuliette marchionnate e computerizzate, ne avranno da macinarne di chilometri, di anni e di spottini pubblicitari del cavolo. Poerallòro!

Spot 1



In questi giorni la si rivede spesso in tivvù, la Giulia Spider 1600. La si rivede in uno spot pubblicitario della sua presunta bisnipote, che in realtà si chiama Giulietta e che pure andrebbe sotto il nome di Alfa Romeo; ma sarebbe bene non farsi ingannare troppo, sebbene la Giulietta bisnipote non sia, tra le macchine attuali, certamente quella più disprezzabile. Solo, non è un'Alfa Romeo. E' una Fiat, anzi una "FCA". Roba di Marchionne & Co. con sede in Olanda e CDA a Londra. Pussa vìa, insomma. Fate pure lo spot dove si vede la nuova Giulietta che procede su una strada panoramica (mai che gli spot di certe macchine li girino sulla Cristoforo Colombo all'ora di punta...) precedendo leggermente quella vecchia, che invece era un'Alfa Romeo per davvero. Di proprietà pubblica e impareggiabile. Questa qui, insomma.


Ogni tanto, lo confesso, ci vado anch'io al Piazzale Michelangiolo dove i proprietari di auto d'epoca vanno assai spesso a esibire i propri tesori. Nulla di sbagliato; solo che il Treggista Militante®, come sapete, ha parecchio in uggia la stessa definizione di auto d'epoca perché la sua epoca è il presente nel quale cerca auto del passato ancora circolanti nella quotidianità. Quella del Piazzale non è mai quotidianità: è una giratina fatta ogni tanto per far vedere il capolavoro al pòpolo che resta lì a ammirare bouche bée. Per il resto, queste macchine se ne restano ne' garagi e ne escono solo per qualche raduno; lo si vede anche dallo stato in cui si trovano. Sulla carrozzeria di questa macchina, un eventuale granello di polvere deve fare la stessa figura della famosa particella di sodio nell'acqua Lete ("....c'è nessunooooo....?")


Se passandoci mi ci ritrovo, però, è giocoforza fare un paio di foto. Comunque sia, queste sono macchine straordinarie (altro che "spot"...). La qui presente, rossa fiammante e coi due proprietari a bordo ben imbacuccati (le foto sono del gennaio scorso) è stata immatricolata il 27 febbraio 1964; all'epoca delle foto, insomma, le mancava poco più di un mese a compiere cinquant'anni, ma ora li ha fatti tutti quanti. Sul suo aspetto, cos'altro dire? 


Ne passeranno di marchiònni e di spottini pubblicitari prima che si torni a certi livelli; anzi, temo che il creativo che ha escogitato lo spot non si sia reso conto che, chi lo guarda, probabilmente si cura assai poco della Giulietta bisnipote e guarda invece nonna Giulia. Per forza.


Giunti al commento musicale, ho scelto stavolta un brano che, per strani accidenti del destino, rappresenta per il sottoscritto un ricordo, seppur oramai lontanissimo, del tutto particolare. Credo che comunque, al di là di che cosa mi riporta alla mente, si attagli pienamente a questa autovettura pressoché inarrivabile.

domenica 26 ottobre 2014

Primo soccorso dal 1346




All'annuale Festa Rossa, organizzata nel mese di agosto da quel che resta dell'estrema sinistra nel comune di Lari (Pisa), e con tanto di Renato Curcio che presenta un suo libro (peraltro parecchio bello), quantomeno ci si aspetterebbe che il presidio di pronto soccorso fosse affidato alla Pubblica Assistenza Giuseppe Stalin o all'Associazione Volontari del Soccorso Lokomotiv Stella Rossa; e invece no. Poiché siamo in quello strano posto che va da qualche tempo sotto il nome di "Toscana", ecco spuntare, in mezzo a falci & martelli, effigi del Che Guevara e scritti di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, la Misericordia di Lari. Amen. Fondata nel 1346, come tiene anche giustamente a dire; tant'è vero che, per il servizio di primo soccorso, alla Festa Rossa sembra appunto aver riservato una roulotte del XIV secolo o giù di lì, seppure in discretissime condizioni; all'improvviso, il Treggista Militante® si sente catapultato in uno di quei campeggi degli anni '60, pronto a vederla attaccata a una 850 beige munita di regolare famigliuola italiana del periodo, con i mutandoni ascellari del babbo, l'agghiacciante acconciatura a onda della mamma e i bambini lordi di Calippo Eldorado.


La realtà delle cose è, naturalmente, un po' diversa e serve a introdurci nel misterioso, e alquanto raro, mondo de' rimorchi e delle sue speciali targhette che avevano una numerazione tutta loro e che venivano apposte da qualche parte su detto rimorchio, dato che sul retro doveva essere riprodotta per legge la targa dell'automezzo trainante, producendo invariabilmente pastrocchi di targhe fatte col pennarello, con le lettere e i numeri adesivi, con cartonaccio ripreso da scatoloni, con ogni cosa che rendeva quella particolare targa un autentico capolavoro di art brut in nove casi su dieci.  La targhetta "Rimorchio" è, attualmente, diventata una delle rarità più ambite dal Treggista Militante® e dal Cacciatore di Targhe: eccovene una, la quale ci dice che no, non siamo nel 1346, ma in un ben più vicino e prosaico 1979.


Sorge a questo punto un dylemma con la musichina: attenersi all'ambiente, e proporre un classico del proletariato in marcia verso il sol dell'avvenir, o all'anno di fondazione della Misericordia di Lari rimorchiante, e proporre quindi un brano di musica medievale? Con tutto il rispetto per i compagni della provincia pisana, che ci mettono veramente l'anima, io scelgo il medioevo. Sono medievale inside, inutile negarlo; lo si era, forse, già capito.

venerdì 24 ottobre 2014

Un quarantotto del futuro



Vedendolo così, come lo ho preso da dietro, mi sembrava lì per lì che una specie di astronave fosse all'improvviso calata all'angolo tra il breve pezzo "cistranviano" di Via del Palazzo dei Diavoli e la terrificante, incasinatissima Piazza Batoni, al limitar dell'Isolotto. Anche senza avere ancora indagato bene, ho avuto subito l'impressione che il mezzo provenisse da quel periodo tra la fine della guerra e gli anni '50 in cui, con la fantascienza americana, gli ultracorpi baccellati, Ed Wood e i suoi dischi volanti e l'ossessione per il "futuro" (è interessantissimo andare a vedere com'era il futuro nel passato...), si sviluppavano linee -ad esempio per i veicoli- che parevano veramente di un altro pianeta. Splendide, va detto. Non aspettiamoci più il futuro, adesso; non va più di moda, e forse se lo è anche meritato. Per dare uno sguardo al futuro, quando c'era dopo la fine di una catastrofe senza pari, bisogna andare indietro di sessanta o settant'anni.


Così, sono stato ben lungi dallo stupirmi che la Moto Guzzi GTV 500 che avevo di fronte in quel puzzolente angolo di Firenze, con annesso sidecar che massimamente contribuisce alla sua futuribile astronavatura, risaliva al 1948 nonostante l'immatricolazione risalga al 1° aprile 1972. Altro che settantadue, anche senza il pataccone ASI si sarebbe capito al volo che, qui, gli anni '70 non c'entravano nulla. Un bel quarantotto nella città moderna "del futuro", e se il futuro è stato piazza Batoni ci sarebbe da riflettere non poco. 


A questo punto, però, non restava che guardarselo e fotografarlo, sempre nell'ottica del Treggista Militante® che sa bene di essere quasi sempre di fronte a dei momenti unici. Certo, gli capita spesso di rivedere automezzi già fotografati, ed è sempre un piacere; ma questa qui, eh, sarà difficile che la riveda in giro non frequentando i raduni. Nonostante la piazza Batoni di quella mattinata, non si va in giro tutti i giorni su un sidecar del 1948. Questo è un mezzo che può, da solo, costituire un buon pezzo di eredità per i successori del proprietario. Nel TB non si parla spesso del nudo valore economico di certi automezzi, ma è un aspetto che a volte va considerato; il Treggismo Militante® con la fotocamerina è roba da pòeri come me, il Treggismo vero e proprio è riservato ai ricchi. Ne conosco alcuni, che Iddio li abbia in gloria e li accolga nel suo garage. Poi certe volte capita, certo, che un miliardario o roba del genere abbia pure a transitare per piazza Batoni col culo sul futuro del quarantotto.


La foto sopra è paradigmatica. Dietro l'astronave discesa da un altro pianeta, la fila dei moderni scooter del cazzo, tutti uguali. Distinguereste un Kymco da un Piaggio qualsiasi, tutti col bauletto Gibi? Rischio di essere impietoso, lo so. Su quei motorini ci vanno magari i proletari a lavorare, e io sono di fronte al probabile balocco di un ricco. Ma non ci posso fare nulla, specie quando rimango a bocca aperta. Può darsi che, in fondo, in diverse cose io sia un conservatore. Del resto, sin dal primo giorno di questo blog, come recita l'intestazione, ho dichiarato di essere un "passatista automobilistico"; io, le macchine e le moto attuali, semplicemente non le considero. Non esistono. Stop. E vaffanculo alle centraline!


Belli 'sti due lati di strada invasi dal passato futuribile, no? Da un lato il quarantotto sidecarizzato, e dall'altro la Plog  ammarciapiedata. Poi siamo ripartiti tutti quanti, per chissà dove. L'attimo fuggente e il futuro che ci fa pensare di essere in un anno, il 2014, che non molto tempo fa era perfetto per ambientare viaggi interplanetari e nel quale saremmo tutti dovuti andare su meravigliose macchine volanti. Invece andiamo sulla Kia Sorento e sulla Smart munita di Facebook. Che culo!

La musica. Beh, in tutta quest'orgia di vecchio futuro che è stato questo post, occorre pur dire che ha avuto, nella testa del di me medesimo, una colonna sonora. Questa:


martedì 21 ottobre 2014

Il Parigino e l'Anarchia



Nella definizione di Treggismo Militante® che uso assai sovente, per non dire praticamente in ogni post, c'è sì una componente squisitamente riferita all'attività in sé, che ha tutti i cristi® della santa militanza, düra e püra. Però, sicuramente, c'è anche una componente assolutamente da prendersi nel senso più comune del termine, e che si riferisce specificamente al sottoscritto. Di Treggisti, Militanti o meno, non sono certamente (e fortunatamente) l'unico; ma penso, questo sì, di essere l'unico che fotografa le tregge in mezzo a manifestazioni di ogni genere, alcune delle quali non sono propriamente tranquille & pacifiche. Questa qua a Torino, lo scorso 10 maggio e del quale s'è già parlato, si è svolta però senza il minimo scontro; e ha riservato, durante lo svolgimento del corteo (assai lungo), la sorpresa di questa Lancia Beta Coupé "VolumeX" con targa parigina (75).


Beh, certamente l'amico e co-treggista Colonnello Kurtz, che a Parigi ci vive da anni, avrà molte più occasioni di me di fotografare tregge parigine; però non credo che gli sia mai capitato di chiapparne una (e non solo a lui) mentre sta sfilando uno spezzone Anarchico di un corteo, con tanto di vessilli rossi e neri e la A cerchiata. Rivendyco con forza la caratteristica che questo possa capitare soltanto a me, ebbene sì, e, e pensarci bene, il connubio tra Parigi e Anarchia è veramente ben azzeccato (anche se qui siamo a Torino, voglio ribardirlo).


Non son l'uno per cento ma, credetemi, esistono... accidenti, se esistono! E menomale, che esistono. Poiché di giri per le Questvre® ne ho fatti oramai troppi in vita mia, e mi sarei pure già divertito, interrompo qui il discorso; ma capirete bene che tengo molto a queste fotografie torinesi, scattate perdipiù in occasione di un corteo dove si manifestava in solidarietà a delle persone rinchiuse in galera. Sarà comunque bene che questo mio aspetto non sfugga mai a chiunque legga e frequenti il TB anche soltanto perché appassionato/a di vecchie automobili (e che è sempre e comunque il benvenuto).


Anarchia e Parigi. Vi sto per salutare con una canzone di uno che, a dire il vero, non era parigino; era, pensate un po', monegasco. Ma anarchico lo era di sicuro: Léo Ferré. Pensare a un anarchico del Principato di Monaco è, di per sé, uno sberleffo sublime; pensò bene di morire un quattordici di luglio, a Castellina in Chianti dove viveva da anni. La canzone è questa; il più bel plaidoyer contro la pena di morte che sia stato mai scritto, dove si dice che non c'è né Dio e né padrone: Ni Dieu, ni maître!

domenica 19 ottobre 2014

Salta un gatto nero



Il Treggismo Militante® comporta pur sempre qualche rischio; ad esempio, quello che la treggia si trovi bella parcheggiata sul lato sinistro del Viale Petrarca (una delle principali treggiaje fiorentine, peraltro) e il Treggista stia invece percorrendo il lato destro, diretto verso Porta Romana bèla. Bisogna quindi attraversare il viale, cosa che a certe ore può costare la vita visto che non ci sono strisce pedonali. Ma se non ci si piglia un po' di rischio per andare a fotografare una Lancia Beta immatricolata giusto quarant'anni fa, il 10 maggio 1974, mi dite cosa si vive a fare...?


L'attraversamento è andato bene; di sicuro, sennò, come dire, non ero qui a raccontarvi quel che è successo mentre io facevo clic, clic con la Fugina. Avendo infatti lasciato la macchina dall'altro lato del viale, munita delle Quattro Frecce del Treggista®  e coi finestrini aperti in questo ottobre dove, finalmente, sembra scoppiata l'estate che quest'anno non c'è praticamente stata, quando sono tornato ci ho trovato dentro un gattino nero che vi era allegramente saltato dentro.


Forse non avete nemmeno l'idea che cosa voglia dire ritrovarmi un gattino nero saltato dentro una data macchina. Sono gli spiriti diabolici dei miei gatti neri che mi vengono a trovare proprio mentre sto fotografando una macchina bianca. Mi vengono a trovare e mi dicono che ci sono sempre, che non se ne andranno mai via; e che le famose sette vite dei gatti si manifestano così. Chiunque ami i gatti lo sa; ma lo scrivo per chi non ci abbia troppa dimestichezza.


Néstor Lunar.

Redelnoir.

Questo gattino nero qua, no, non l'ho potuto tenere. Ci sarebbe anche venuto con me, chissà. Saltato in macchina, magari faceva parte di quella genìa di gatti neri automobilistici, piccolo treggista miagolante che ne avrebbe combinate chissà quante. Ma aveva il suo cortile e il suo mondo, dove l'ho riportato. E magari anche qualcheduno che ci avrebbe sofferto, e parecchio, non vedendolo più. E così, resta quel salto nella macchina mentre fotografavo la Beta bianca. Dedichiamogli allora il vecchio Aristide Bruant, una canzone del 1884 interpretata qui da Jean-Roger Caussimon. Miao.