sabato 26 settembre 2009

127 al volo


Prendere una treggia al volo non è cosa semplice, e quindi niente affatto di tutti i giorni. Quando poi la treggia in questione è una 127 (di "seconda generazione" ma pur sempre una 127), macchina cui sono storicamente e sentimentalmente legato, se ne fanno letteralmente di tutti i colori per cercare di ritrarla (oltre a sperare, ovviamente invano, che il conducente si fermi a parcheggiare). Nella fattispecie:

1) Le ho dato strada inchiodando ad un incrocio e rischiando di farmi tamponare;
2) Ho cavato fuori la Kodak guidando con una mano sola;
3) Ho fatto circa 15 tentativi a vuoto, fotografando ignari passanti, sportelli di altre macchine, coppiette che si sbaciucchiavano, cani al guinzaglio, tabelloni pubblicitari e altre cose che non sto a dirvi.

Finalmente, grazie a un provvidenziale rallentamento, sono riuscito a prendere una foto decente. Il risultato non è ovviamente eclatante, ma vuoi mettere l'impegno, l'ardimento e l'avventura perché questo blog potesse finalmente contare su un'autentica 127...

venerdì 25 settembre 2009

25 settembre: Scatta l'operazione Regalatemi una Treggia!


La notizia è questa: oggi, 25 settembre 2009, è il compleanno del vostro Treggista preferito. E sono state giornate intense, queste, come meglio avrete a vedere nei prossimi giorni. Davvero il Dio delle Tregge ha voluto farmi dei regali di gran lusso. Ma, mi sono detto, perché limitarsi a questo, sia pure molto importante? Frugando negli abissi della mia inenarrabile faccia tosta, ho dunque deciso di lanciare un'operazione assolutamente storica: L'Operazione Regalatemi una Treggia.

Insomma, come dire, va bene le fotografie e va bene tutto quanto; però non nascondo affatto, e non ho mai nascosto, che una bella treggia in chassis e motore, vale a dire vera, mi piacerebbe (e dimolto) avercela per girarci. "Beh, caro Venturi," -mi direte sicuramente- "il problema non sussiste: vai e còmpratela, ci sono in vendita tregge di tutti i tipi persino su eBay!". Ragionamento che, dal punto di vista della logica, non fa assolutamente una grinza.

Il problema, però, è che attualmente non ho il becco di un quattrino; sfruttando quindi nel modo più bieco possibile il mio compleanno, eccomi qui a voi con le mie modestissime richieste.

Avete una treggia da regalarmi? La mia preferenza va a una Fiat 600 degli anni compresi tra il '60 e il '64, e se fosse del '63, mio anno di nascita, sarebbe il massimo. Ma va bene qualsiasi cosa: una Prinz, una 127, una Trabant, un camioncino OM, quello che volete. E mi raccomando, non venite qui a dirmi cose del tipo: Ho un amico / cugino / parente / amante che ne ha una e la vende, per te sarebbe disposto a fare un prezzaccio. No no: me la dovete proprio regalare, avendone in cambio la mia eterna gratitudine e un post di encomio solenne a voi appositamente dedicato. La gloria, ricordatevi, non ha prezzo.

Ovviamente, per il resto, le mie esigenze sarebbero più che modeste: oltre al regalo della vettura in sé, essa dovrebbe obbedire alle seguenti caratteristiche:

- Essere perfettamente marciante;
- Recare la targa originale (a meno che la ritargatura non sia avvenuta entro il 1970);
- Avere il bollo e l'assicurazione perfettamente pagati;
- Poiché si tratta di un gentilissimo e sentito regalo, ovviamente dovreste provvedere anche al pagamento delle volture;
- Non vi azzardate a regalarmi una carcassa inservibile, perché ve la tirerei dietro.

Una volta ottemperate queste elementari pretese, vi assicuro che girerei con grande cura sulla Treggia da voi così generosamente donata, vi farei apporre il logo "Treggia's Blog" con la dicitura "Spontaneo dono di [...]" ; quanto alla mia perizia alla guida, sappiate che ho la patente da quasi trent'anni, ho guidato ogni sorta di catorci, mando autoambulanze di tutti i tipi da ventitré anni, so fare perfettamente la doppietta, so guidare un autoarticolato sebbene non abbia mai conseguito la relativa patente e una volta, sebbene nessuno ci creda, ho anche guidato abusivamente un treno da Figline Valdarno alla stazione del Campo di Marte. La Treggia da voi squisitamente regalata, quindi, sarebbe in ottime mani.

Contattatemi dunque numerosi (una cifra, immagino!). L'Operazione Regalatemi una Treggia non ha scadenza. Non ve ne frega un kaiser del mio compleanno? Non fa niente: potrete regalarmela anche per festeggiare quello di vostra zia, il vostro divorzio, i quindici anni di precariato di vostro figlio, la promozione della vostra squadra del cuore in 2a Categoria dilettanti, qualsiasi cosa. Unica eccezione: non regalatemela, vi prego, in occasione del vostro matrimonio. Sono un feroce nemico di matrimoni, lune di merda alle Maldive, formazioni di famigliuole, e quindi vi prego di soprassedere. Piuttosto inventate una scusa.

Regalatemi una Treggia! Non ve ne pentirete, e più che altro non me ne pentirò io. Mai.

Riccardo Venturi
via dell'Argingrosso 65/C, 50142 Firenze
telefono: 339 - 4723095
email: k.riccardo@gmail.com

mercoledì 23 settembre 2009

L'Orangista škattéusë




Per certi miei trascorsi, invero oramai remoti, che mi portarono ad occuparmi del dialetto pugliese di Trani (e, soprattutto, di una sua parlante), conosco il significato di un bell'aggettivo di quell'idioma, vale a dire škattéusë. Etimologicamente corrisponde, certo, all'italiano "scattoso", ma in tranese significa un'altra cosa: indica infatti qualcosa che "salta agli occhi" per il suo colore particolarmente vivo. Il famoso "cazzotto negli occhi", insomma; lo si può usare per un vestito particolarmente sgargiante, oppure, come in questo caso, per la verniciatura decisamente vistosa di un automezzo. Ed è oramai una parola che mi è entrata talmente dentro, che a volte la uso tuttora -a distanza di decenni- al pari di un'altra sempre tranese, špendrùezzë, che indica un terreno accidentato, pieno di sassolini, aghi di pino, cose che fanno male ai piedi eccetera.

Insomma, quando ho visto parcheggiato questo furgone VW (il cui tetto rialzato testimonia di un suo antico uso come protocamper), škattéusë è stata ovviamente la prima parola che mi è venuta a mente. Poi mi è venuto di chiamarlo l'Orangista, anche se probabilmente il proprietario del mezzo non ha nulla a che fare nè coi seguaci di Guglielmo d'Orange (o di Nassau: lo si ritrova persino nell'inno nazionale olandese, Willem van Nassouwe, ed è per questo che l'arancione è il colore della nazionale di calcio di quel paese), né con gli Unionisti nordirlandesi o con Shankhill Road. Insomma, fra noialtri Treggisti "funzia" a questo modo: vedi un'autovettura, e la mente parte per viaggi che vanno da Trani fino a Belfast. Ardite associazioni di idee, ricordi e quant'altro. Senza contare che, per motivi che magari un giorno racconterò, sono assai legato alla targa "FI 75..."; ma, per parlarne, dovrò prima trovare una 128. Ancora, purtroppo, non mi è riuscito; ma accadrà.
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Avvertenza Periodica (5)

In questo blog dedicato (con passione e un bel po' d'ironia) alle vecchie macchine che si vedono ancora in giro per Firenze e dintorni, le "protagoniste" sono presentate con la relativa targa, in bella mostra. La targa fa parte integrante e insostituibile della venerabile automobile, e come tale non può essere tralasciata. Ciononostante, sono assolutamente conscio che, per le (in gran parte) stupidissime "normative sulla privacy", ciò potrebbe costituire una violazione, tanto più che le foto sono state da me scattate in giro senza poter minimamente chiedere l'autorizzazione ai proprietari dei veicoli fotografati (e come potrei fare altrimenti, visto che risalire al proprietario da una targa dovrebbe essere prerogativa esclusiva del PRA e delle forze pubbliche?). Ciononostante, se qualche proprietario dovesse riconoscere la propria vettura e non desiderasse che la targa sia visualizzata, è pregato di comunicarmelo privatamente a questo indirizzo di posta elettronica: k.riccardo@gmail.com. La targa verrà quindi immediatamente oscurata. Chiunque tenga però presente che scopo di questo blog è un sincero omaggio a quelle macchine, e in definitiva anche ai proprietari stessi che non hanno voluto privarsene; cosa per la quale hanno tutta la mia sincera ammirazione e partecipazione. Nient'altro. Le foto sono scattate in modo da non rendere facilmente riconoscibile la zona della città; quando lo fosse, è perché non è stato possibile fare altrimenti.

Questo post verrà ripetuto periodicamente.

Se Maometto...





...non va alla montagna, è la Montagna che va da Maometto, dice il vecchio adagio. Lungi da me, ovviamente, entrare qui in diatribe islamiche; è soltanto un modo di dire. Però, l'altro giorno, mi dev'essere successa davvero una cosa del genere, sempre specificando a chiare lettere che il sottoscritto non è Maometto e neppure la montagna. Molto più semplicemente, durante un turno d'ambulanza durante il quale non sapevo letteralmente come ammazzare il tempo, il dio delle Tregge me ne ha parcheggiata una esattamente davanti alla sede. Qualcuno che era andato a comprare il giornale all'edicola al lato della strada, o a prendere un caffè al bar di fronte; insomma, una sosta di pochi minuti. E io sono uscito esattamente in quei pochi minuti. Insomma, esiste o non esiste il dio delle Tregge, anzi, dei Treggisti?

Una piccola osservazione sulle 126. Se anche il profano nota con facilità quante 500 esistono ancora in giro (letteralmente a centinaia, e questo nella sola Firenze), la 126 è meno "evidente". Forse, anche a distanza di decenni, paga ancora il prezzo di essere quella che "ha preso il posto" della 500, quella che viene dopo; eppure, a farci attenzione, cominciano a vedersene tante in giro anche di loro. Bisogna, però, diventare Treggista di professione perché l'occhio le colga; oppure attendere il destino. Come per questa, rossa, che curiosamente ha le prime due cifre della targa identiche a quelle della prima ambulanza dell'associazione di cui faccio parte, la mitica "CM1" oramai da tempo nel Paradiso delle Tregge ma viva nella memoria di chiunque l'abbia conosciuta e, soprattutto, guidata. Avercela ancora da fotografare!

martedì 22 settembre 2009

Agenzia de che?





Sarà bene che dica subito una cosa: a me, qualsiasi posto si chiami agenzia sta sul culo. Che sia un'agenzia di viaggi dove ti organizzano vacanze a bischero in posti idioti quando te ne puoi andare libero davvero a due semisconosciuti passi da casa tua, o che sia, come in questo caso, l'Agenzia delle Entrate. Insomma, quella che un tempo erano le Imposte Dirette o l'Ufficio IVA che dir si voglia. Con il massimo rispetto per chi vi si trova costretto a lavorare, è proprio un gran posto di merda.

Insomma, per farmici addirittura fermare in doppia fila davanti e sfidare gli sguardi interrogativi dei passanti che vedono uno coi pantaloni gialli fosforescenti mettersi a fotografare una macchina alle una e mezzo di un pomeriggio piovoso, ci voleva una meravigliosa meraviglia del genere. Probabilmente abbandonata. Avvistata giorni prima, con il proposito di cogliere l'attimo fuggente per treggiasbloggarla. Gialla limoncina come i pantaloni che avevo addosso. Firenze Ottantadue. Firenze Ottantadue vuol dire più o meno 1977. Vuol dire quell'anno là quando parecchi ch'erano giovanotti, ad un posto come l'Agenzia delle Entrate avrebbero dato volentieri fuoco come a qualsiasi cosa che puzzasse anche da lontano di Stato. Bei tempi. Avevo, allora, 14 o 15 anni ed ero figlio, pensate un po', di un impiegato statale. Tutto è assai buffo; mi arrivava persino, a gennaio, il pacco della Befana dello Stato.

Il fatto è che, non so se lo avete capito, che dalle macchine vecchie si estrapolano ogni volta ricordi e pensieri. Portano alla mente anni addietro, quando quelle che ora sono tregge da mettere in questo blog erano le macchine che si vedevano circolare normalmente. Non è una cosa facilmente spiegabile. Non saprei mai spiegarvi come mai, nei miei sogni a occhi aperti di bambino, mi vedevo meccanico in un'officina vicino al mercato centrale guidare macchine già vecchie allora. Ma che sto a dirvi, in fondo. Eccovi un'Alfa Romeo "Duetto" gialla limone, fotografata nel settembre del 2009 davanti all'Agenzia delle Entrate. Le ho fatto, letteralmente, una specie di carezza dopo averla ripresa; ché questo, a modo suo, è un blog di carezze, in ogni sua parola.

Agenzia de che? Delle "entrate", sì, ma di entrate che sono molto diverse. Non so come dirvi, ma io a volte entro in delle cose che sarebbe meglio non entrarci, e da ingressi reconditi.

Nota Bene. Questo è il post n° 100 di questo blog. Andava, probabilmente, detto. Ci faccio anche una speciale categoria, vah!

lunedì 21 settembre 2009

Gemelle





Ebbene sì, a prima vista sembrerebbe proprio la Caia Giulia Cesara fotografata esattamente il primo giorno di questo blog (l'oramai storico 1° giugno 2009), in un analogo giorno di pioggia e pure nello stesso quartiere; solo che l'occhio esperto ed allenato del Treggista non si lascia sfuggire nessun particolare e, più che altro, va subito a vedere la targa. Insomma, sono riuscito a stabilire che in quel dato quartiere di Firenze girano due Giulie gemelle, divise soltanto da qualche ammennicolo bene in vista, e da un solo numero iniziale della targa. Per il resto stesso modello, stesso colore, e stessa maestosità. E, lo immagino anche se ovviamente non lo ho sentito, anche lo stesso rombo Alfa Romeo.

Quando si metteva in moto un'Alfa Romeo qualsiasi, di quelle vere, potevi essere anche rinchiuso in una stanza senza finestre. Il proprietario montava sopra, girava la chiave e subito dicevi: Toh, qualcuno qui sotto ci ha un'Alfa. Inconfondibile. Il ruggito di un leone o di una pantera; e, quando lo sentivi, riuscivi persino a passar sopra il fatto che la Giulia una Pantera lo era sul serio, vale a dire quella della Polizia (diceva una perfida barzelletta di allora: "Qual è l'unico animale con due coglioni dentro invece che fuori? La pantera della Polizia..."). Altre vecchie immagini che scorrono, i film tipo Milano violenta, Torino criminale...la Polizia spara, le facce di Maurizio Merli o Fabio Testi, gli inseguimenti...insomma, l'Alfa Romeo Giulia. Ce l'avevano sì i poliziotti, ma anche i banditi. Ce l'aveva chiunque volesse o dovesse rombare via veloce. E veloce, se tanto mi dà tanto, ci deve andare ancora; sai quanta polvere farebbe mangiare a qualche sua nipote tutta turbi o sedicivàrvole...le andrebbe, tanto per restare in tema, indercùler!

Una trespa assai bellinaaaaaaaaaa...!!



Nulla da dire: come trespa è assolutamente perfetta, con l'aggiunta del colorino rosso che me la rende particolarmente cara. Durante una passeggiata per andare a un concertone, in quella che poi si sarebbe rivelata l'ultima serata d'estate vera, a una festa dove il rosso sarebbe giustappunto dovuto essere il colore clou...sapete, in uno di quegli hinterland fiorentini che, un tempo, facevano impallidire & sbiadire la gloriosa Unione Sovietica. Ora, invece, i superstiti si ritrovano alla spicciolata in uno spazio che era fatto per contenerne cinquanta volte tanti; si mangia sempre benissimo, però, con una rosticciana (ciò che altrove si chiamano "costine di maiale") autenticamente da sballo e un vinellino rosso per nulla male...

Ma parlavamo della trespa. Perfetta e rossa, certamente, e di periferia; ma ciò non basterebbe. Quel che la rende unica, anzi, bellinaaaaaaaaaa..!, è il signore che vi si è messo a sedere sopra:


Insomma, lui. L'unico, autentico, impareggiabile Bellinoooooooo...!!, vale a dire Daniele del CPA, che con questa sua immagine soave & artistica irrompe in questo blog con la forza di un TIR di Ceres. A dire il vero, si è prestato volentieri ad essere ritratto sopra l'ignara trespa, per aggiungere il tocco di unicità che le mancava; e di questo non potrò mai ringraziarlo abbastanza (anche perché gli voglio molto, molto bene); e poi la serata e la nottata son volate via tra musiche e casini, persino con una specie di amplesso con Trudy (che non è, no, la fidanzata di Pietro Gambadilegno, ma una basset hound con due orecchie da Guinness dei Primati la quale si è fatta fare davvero di tutto, compreso dei grattini sulla pancia distesa senza oramai più alcun ritegno). E così mòre l'estate; porca puttana. Mi mancherà. Speriamo ritorni presto.

mercoledì 16 settembre 2009

Parigi-Mantignano, e non ritorno





Avete presente la Parigi-Dakar, quella follia sulla quale il cantautore francese Renaud ha -assai opportunamente- scritto la canzone 5oo connards sur la ligne de départ ("500 stronzi sulla linea di partenza") e durante la quale, nel 1986, un altro cantautore francese, Daniel Balavoine, morì precipitando con un elicottero? Beh, questa vetusta BMW da cross (o similcross) si è fortunatamente fermata a Mantignano, senza andare a rompere i coglioni in Africa o altrove, e contentandosi di quei due magnifici borghi (Mantignano e Ugnano) salvatisi quasi per miracolo dallo scempio della piana di Scandicci. Persino la targa "MO" sembra di Mantignano, e sarebbe plausibile. In una sera davanti al mitico barrino del paese, un posto dove ancora si può fermarsi a fare due chiacchiere persino su una panchina sistemata appena fuori della porta. Un posto ancora con una casa del popolo, e tra le più belle che esistano. D'accordo, ora la Pro Loco di Mantignano e Ugnano mi verserà l'assegno pattuito; oh, s'ha da campà; però, se vi capita, fateci un giro al di fuori di tutti i paludati itinerari fiorentini. E anche il Treggista può trovarci qualcosa d'interessante!

martedì 15 settembre 2009

La Confraternita del Chianti





Sono, più o meno, un figlio degli anni '70 e, come tale, non posso non avere una predilezione per il furgone Volkswagen, in tutte le sue versioni e salse. Quando se ne vede uno, poi, ha sempre qualcosa di particolare; questo qui, per esempio. D'accordo, non sarà quello di Arlo Guthrie in Alice's Restaurant e neanche uno di quelli dei figli dei fiori, pitturati d'ogni sorta di cose; è un furgone di periferia, d'un bianco normalissimo, parcheggiato sotto casa. Ma è bastata un'occhiata al lunotto posteriore per innamorarmene: trovare su uno stesso vetro l'adesivo con la Ikurriña basca, quello "I love Fiorentina" e, soprattutto, l'emblema del Gallo Nero mi ha letteralmente commosso.

Ebbene sì: anche a Firenze, ohimé, a forza di pùbbi (singolare: un pùbbe, o anche un pàbbe / du' pàbbi) -specie nella più bieca variante dell'àirisc' pùbbe- ed altri localini varij, il Chianti sembra essere passato in secondo piano, specie presso le giovini generazioni. Tutti dediti alla birra, senza contare le restrizioni, le tabelline, gli etilometri e tutto il resto. Sia dunque lode a questo furgone VW che ostenta fieramente il Gallo Nero; e, a maggior lode, ho dato a questo post un titolo che ricorda decisamente il grande John Fante. Il furgone perfetto per la Confraternita del Chianti, e, mi piace immaginarlo, anche per Amici miei (anche se, va detto, nella celebre scena del "Servizio Torri" e del Signor Becchi, a Pisa, avevano una primitiva versione dell'Iveco Daily):



lunedì 14 settembre 2009

...e alla fine si torna a dir "Dea"






Inutile fare: di fronte a una DS, 19 o 21 (come questa) che dir si voglia, si ha sempre la stessa reazione, quella sapientemente instillata dai suoi ideatori che la chiamarono "DS" perché, in francese si pronuncia "dé-esse"; vale a dire "Dea". Non crediate, poi, che sia facile mandare avanti questo blog; a parte il reperimento in sé delle tregge, inventare per ognuna di esse un commento è, a volte, una fatica di Ercole. Scrivere delle parole sotto a delle fotografie di vecchie macchine non è, come dire, automatico.

Quando ho visto questa vettura, per di più nella rara versione capriolè (uso sempre la vecchia denominazione di mia nonna), oltre a rischiare di farmi arrotare per fotografarla mi sono detto: "Accidenti, Riccardino, per una macchina del genere bisognerà che tu studi un commento adeguato"; mi si sono poi affacciate confuse smoccolanze in olandese, dato che la targa che vedete è a sua volta una rarità, una targa olandese di vecchissima data, ancora nera e con i numeri e le lettere in rilievo. Alla fin fine, il momento di doverla inserire nel blog si avvicinava, e ancora non sapevo che cavolo scrivere.

Poi, alla fine, mi si è accesa la lampadina; che, come sempre, consta della cosa più semplice. In definitiva, perché voler essere sempre "originali" a tutti i costi? Ma sant'iddio, l'unico commento adeguato davanti a una macchina del genere è sempre e rimarrà sempre uno soltanto. E alla fine si torna a dir "Dea", e basta. Con tutte le implicazioni del caso. E sarà sempre così ogni qual volta ne troverò una, senza nessun timore di essere tacciato di banalità. Mi prenderò la taccia; è un sacrificio necessario e soave di fronte all'autentica divinità.

Une tache rouge




Ancora durante il turno notturno di ambulanza, sullo stesso piazzale, a notte fonda, e nella sua parte più buia. Une tache rouge, una macchia rossa che "buca" le tenebre, ed anche il solito e cupo SUV che le sta accanto. Sono proprio questi contrasti, generati dalla casualità dei parcheggi, che fanno risaltare ancora di più l'ironica bellezza, a base di sberleffi, di una 2CV e di qualsiasi altra treggia.

Appartenente all'ultimissima mandata della Dedeuche, quando pure lei non era scampata alla specialite imperante in quegli anni e nei precedenti. La specialite (francese spécialite, inglese specialitis, tedesco Spezialitis -ma alcuni puristi proposero il termine autoctono Besonderheitskrankheit) è una particolare malattia che colpì molti modelli di automobili tra il 1965 e il 1980, particolarmente quelli concepiti come assai spartani (come ad esempio la 2CV in questione, la Fiat 850 e in seguito la 127 e la 128...). La malattia si manifestava con vari sintomi, tipo calandre modificate in modo agghiacciante, aggiunta di fanalini per la retromarcia, gàggezz interni (come, tipicamente, l'aggiunta di un inutile contagiri), cerchioni in una non meglio precisata "lega" eccetera; seguiva poi una campagna pubblicitaria caratterizzata dallo spreco degli aggettivi esclusivo e personalizzato, un ritocco del prezzo verso l'alto e, in ultimo, la conclamazione della malattia: la targhetta con la dicitura "Special". Per fortuna che la malattia non riusciva quasi mai a erodere il carattere originario!

Sul quale carattere originario della Dedeuche sarà bene spendere due parole, per capire appieno di che cosa si trattasse. Lanciata nel 1939 come "TPV 2CV" (ove "TPV" stava per Toute Petite Voiture, ovvero "Automobile Piccolissima"), era stata progettata come "risposta francese" alla Topolino, vale a dire come primo tentativo di motorizzazione di massa. L'ingegnere capo della Michelin (che aveva acquisito da poco la Citroën), Jean Pierre Boulanger -e può esistere cognome più francese?-, basandosi su degli studi di forma dell'italiano Flaminio Bertoni, costruì la voiture su misura per la Francia rurale e profonda dell'epoca: spartana oltre ogni dire, con un solo faro anteriore montato a sinistra, in lamierone stile portaccia di magazzino, e con sedili rigorosamente in legno. La strumentazione si limitava a un rudimentale indicatore di velocità e all'ago della benzina; per l'olio e per l'acqua del radiatore ci si doveva arrangiare. Autentica poesia automobilistica sono le disposizioni di Boulanger per la progettazione; poesia e, al tempo stesso, rivoluzione nella Francia del Front Popu e delle prime ferie pagate:

"La nuova vettura, di concezione particolarmente economica, dovrà essere in grado di trasportare quattro passeggeri ed un sacco di patate a 60 chilometri all'ora con un consumo di tre litri per cento chilometri. Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle e la vettura deve essere concepita in modo semplice per permettere ai contadini di utilizzarla. Dovrà essere possibile entrare a bordo con il cappello in testa."



Così nasce un mito.

venerdì 11 settembre 2009

Il numero de' becchi




Nella particolare càbbala fiorentina, il numero 28 ha una fama piuttosto sinistra: è infatti noto come il numero de' becchi, vale a dire dei cornuti. Ignoro come mai tale numero sia stato associato a coloro la cui consorte, o fidanzata, o amante, s'ingegna di dilettarsi anche con altri nel jeu de la bête à deux dos; fatto sta che ritrovarsi un bel ventotto addosso, magari sulla targa della macchina, fornisce sempre occasioni per ammiccamenti, frizzi & lazzi. E ne so qualcosa: su una vecchia Fiat Uno che avevo, passatami peraltro da mio padre, ve n'erano ben due, di ventotti; era targata FI F42828. Ma erano in posizione mediana e finale.

Questo ventotto qui, invece, è in posizione iniziale; e un ventotto in posizione iniziale fa vecchia treggia, senza possibilità d'appello. Becchi o non becchi, siamo di fronte al più vecchio Cinquino qui ospitato finora. Ancora uno sgub durante il turno notturno di ambulanza, nel solito piazzale dove a certe ore è bene aggirarsi circospetti perché arcinota meta di congressi carnali clandestini e di tutti i generi. A pensarci bene, visto il luogo, poteva non esserci un ventotto? Quanti mariti vi saran fatti becchi ogni notte, magari anche con il loro consenso? Spinto da queste considerazioni, ed anche perché indossavo una divisa che sicuramente dà nell'occhio, ho deciso di svignarmela non appena espletato il mio dovere di coscienzioso treggista.

Camper nella notte





Oramai la Kodak me la porto dietro anche durante i turni notturni di ambulanza, confidando anche nel fatto che la sede è accanto ad un vasto piazzale che serve da parcheggio specialmente per quei mezzi che, altrove, troverebbero qualche difficoltà. Il camper è uno di questi, par excellence; e poiché il camper è da un lato un mezzo assai costoso, e dall'altro ci si affeziona ad esso come ad una casa vera e propria, spesso e volentieri è una treggia conclamata. Proprio per questo motivo, in questo blog i camper hanno un posto d'onore: il vero camperista della prima ora, quello che l'ha comprato venti o trent'anni fa, non se ne separerebbe mai. Ci attacca adesivi provenienti da mezzo mondo (a testimoniare, appunto, i luoghi dov'è stato) e gli fa assumere quella perfetta aria vissuta che lo rende davvero una casa, anche se rimane posteggiata in vasti spazi periferici per undici mesi all'anno. Poco male: ogni tanto si va a metterlo in moto, e può sempre servire per goduriosi incontri clandestini. Oppure, quando la consorte scopre la tresca, ci si può andare a stabilirsi provvisoriamente una volta buttati fuori di casa ed in attesa che la mamma risistemi la cameretta di ragazzo.

Non per niente il camper, in tutte le lingue del mondo, si chiama generalmente "casa mobile" (mobilhome, Mobilhaus ecc.) o, meglio, "casa automobile" (o "automobile-casa"); solo in italiano si chiama "campeggiatore". Ma siccome "campeggiatore" 'e un gli è ganzo, e poi è anche troppo lungo, ecco un altro fulgido esempio di inglese inventato dagli italiani, come il "body" o il "footing". Se dite a un anglofono: Hey guy, there's no problem for our holidays, I got a camper!, quello penserà che avete affittato o acquistato un campeggiatore-schiavo che vi trasporta in spalla.

Insomma, ecco il primo frutto dell'ultimo turno notturno di ambulanza. Fa la sua porca figura ancora adesso, e figuriamoci quand'era nuovo; anche se riconosco che, verso il vecchio furgone Mercedes che fa da base, ho un debole dovuto alla nostalgia. Proprio per motivi ambulanzistici, dato che fece da base anche alla prima ambulanza monstre che abbia mai guidato, la mitica "Milano 10"; fino ad allora era stato uno stillicidio di 238 decrepiti, furgoni Romeo rugginosi e Ducati che reggevano l'anima coi denti. Certo, averceli ora; bisognerebbe stabilire una categoria apposita per le tregge sanitarie, o Treggia's Ambulances. Ma ora che ci penso...


mercoledì 9 settembre 2009

Prinçesa




Quando gli spider erano spider, e non gli informi bozzoli futuribili di adesso, li si vedeva sfrecciare non soltanto per le strade, ma anche nei film: si pensi soltanto al Sorpasso di Dino Risi, in cui la macchina è protagonista al pari di Gassman e Trintignant. E fa, purtroppo, una pessima fine, rotolando giù per le scogliere del Romito a Livorno (dove, su un breve tratto dell'Aurelia originaria, è stata apposta addirittura una lapide a ricordo della cosa).

Questo spider qui, invece, si sta fortunatamente pregiando d'una lunga vita. Una vera MG del 1966 (che è del 1966 me l'ha detto il proprietario), ritargata nel 1972. Protagonista di un'altra mia epica inchiodata, di un giro per i negozi circostanti per trovarne il proprietario e chiedergli il permesso di fotografarla (cosa che fo ogni qual volta ce ne sono le possibilità) e, a modo suo, "iniziatrice" di un curioso episodio successivo.

Prinçesa. Principessa. Non vi può essere altro epiteto per una macchina del genere. Una vettura di lusso, sì, ma di un lusso garbato e misurato, totalmente avulso dalla volgarità. Quando c'erano ancora gli spider, e quando c'erano ancora le automobili di Sua Maestà Britannica. In una trafficatissima via fiorentina eccone una, superstite, indomita. Anche lei presente in non so quanti film; considerate quindi le tre foto qui presenti come tre fotogrammi.

Allonsanfàn de la Treggie




L'attività del Treggista può comportare alcuni rischi. In tempi di sihurezza, infatti, vedere un tizio alto un metro e novanta e passa che, con fare furtivo e una Kodak in mano, fotografa carcasse parcheggiate potrebbe rientrare senz'altro nel fare sospetto, sebbene nessuna legge -così almeno credo- vieti di fotografare macchine. Meglio comunque prendere delle elementari precauzioni: per esempio, preparare sempre la macchina fotografica prima di scendere, tenerla ben nascosta mentre si cammina verso l'obiettivo, andatura del tutto naturale, rapidità nel fotografare e una sigaretta accesa. La sigaretta accesa è fondamentale: se per caso, vicino alla treggia, c'è qualcuno e si deve aspettare un po', il fumo è una scusa che elimina ogni sospetto.

Questo particolarmente durante i TT notturni; avevo adocchiato questo stupefacente ammasso di ruggine secolare, perdipiù con targa francese. Impossibile lasciarselo sfuggire. Purtroppo era parcheggiato, ai limiti dell'arrovesciamento, in una strada assai frequentata. Ho dovuto ricorrere quindi a tutte le malizie del mestiere, ivi compresa la sigaretta perché proprio accanto alla macchina c'era una tizia che portava a passeggio il cane. Quando finalmente s'è levata da tre passi insieme al cane, ho proceduto. Zac, zac e zàc. Ed eccola qui in tutta la sua venerabile corrosione.

La simbologia di questa vettura è elevata. Non solo per le sue condizioni ed il suo aspetto di treggia globetrotter; non solo perché uno si chiede, e a ragione, come diavolo abbia fatto ad arrivare fino a Firenze dal dipartimento dell'Alto Reno, in Alsazia; viene, insomma, da Strasburgo. Tale dipartimento reca, come si può vedere, il n° 68; numero fatidico. Non c'è dubbio che la R4 riporta alle barricate del maggio; sembra costruita apposta sia per correre in una città in rivolta, con la gente raccattata e ficcata nel portellone, pronta a lanciare molotov, sia per far proprio parte delle barricate. Una barricata intera di R4 non sarebbe stata improbabile. Ci fosse stata, l'avrebbero adottata anche durante la Comune di Parigi. È stata la macchina più incendiata dai fascistelli per la sua connotazione proletaria, per non dire addirittura rivoluzionaria; ma è andata loro sempre nel culo, a giudicare da quante se ne vedono ancora in giro. Spesso in condizioni, come questa, che sembrano sfidare il cosiddetto buonsenso; ma la R4 è una macchina che ne è sempre stata, fortunatamente, del tutto priva. E, in un certo senso, questa è anche la migliore risposta alla domanda su come sia potuta arrivare fin qui dall'Alsazia. Alsazia? Qui sotto potete vedere una R4 con la vecchia targa artigianale "K 102" delle Isole Kerguélen. Altro che Alsazia.


Targhe francesi, poi. Che belle che erano. I numeri, le lettere progressive e il numero del dipartimento. Quando stavo in Francia, andando una volta nel dipartimento del Puy-de-Dôme, che ha il numero 63, ho cercato -purtroppo inutilmente- la targa 2509 RV 63: la mia data di nascita (25/09/63) e le mie iniziali. Con le date di nascita ce n'era per tutti i gusti: gli antiberlusconiani potevano cercare, ovviamente per distruggerla, la macchina targata 2909 SB 36 (dipartimento dell'Indre); i proberlusconiani avrebbero potuto vendicarsi riducendo ad un ammasso di lamiere la macchina targata 1910 DF 58 (dipartimento della Nièvre; il 19/10/58 è nato Dario Franceschini). Ora, tutto questo, non c'è più. Je pleure la mort de mes chères plaques.

Nota. E pensare che, se Napoleone avesse vinto, targhe come questa avrebbero potuto essere anche quelle di Firenze. In seguito alle conquiste del còrso, infatti, il 25 febbraio 1808 fu istituito il Département de l'Arno, di cui Firenze era la Prefettura, mentre Arezzo e Pistoia erano le sottoprefetture. Il Dipartimento dell'Arno aveva il numero 112. Una targa attuale fiorentina, senza Waterloo, sarebbe potuta essere, enunciando a caso, 398 ZK 112.