mercoledì 29 ottobre 2014

Spot 2



La si era intravista anche nel post precedente: quella mattina di gennaio al Piazzale, come dire, si dovevano essere date appuntamento, queste sophisticated ladies di Giulie Spider 1600. Un concentrato di classicità: quella rossa fiammante e quella grigia (ma con gli interni rossi: l'accoppiata tra grigio e rosso è un simbolo degli anni '50 e '60, la si vedeva anche sulle utilitarie come la 500 e la 600 e fa ancora, va detto, un grosso effetto cromatico).


Se la Rossa ancora doveva fare, all'epoca, i suoi cinquant'anni, la Grigia li aveva invece già compiuti: è stata immatricolata il 1° aprile 1963. Ha qualche mese più di me, insomma, e difendo la categoria. Una signora della mia età in queste condizioni, come dire, fa letteralmente scomparire la povera pischellina del cavolo. Non c'è nulla da fare. Ne avete ancora di strada da fare, giovincelle.


"...et la petite pisseuse d'en face peut bien aller se rhabiller", cantava tonton Georges, vale a dire Georges Brassens, a proposito del suo amore d'una vita. Così, a commento di questo post, penso che Saturne ci stia proprio bene: Je sais par cœur toutes tes graces, et pour me le faire oublier, il faudra que Saturne en fasse de tour d'horloge, de sablier... E così, le macchinette di ora, pure le Giuliette marchionnate e computerizzate, ne avranno da macinarne di chilometri, di anni e di spottini pubblicitari del cavolo. Poerallòro!

Spot 1



In questi giorni la si rivede spesso in tivvù, la Giulia Spider 1600. La si rivede in uno spot pubblicitario della sua presunta bisnipote, che in realtà si chiama Giulietta e che pure andrebbe sotto il nome di Alfa Romeo; ma sarebbe bene non farsi ingannare troppo, sebbene la Giulietta bisnipote non sia, tra le macchine attuali, certamente quella più disprezzabile. Solo, non è un'Alfa Romeo. E' una Fiat, anzi una "FCA". Roba di Marchionne & Co. con sede in Olanda e CDA a Londra. Pussa vìa, insomma. Fate pure lo spot dove si vede la nuova Giulietta che procede su una strada panoramica (mai che gli spot di certe macchine li girino sulla Cristoforo Colombo all'ora di punta...) precedendo leggermente quella vecchia, che invece era un'Alfa Romeo per davvero. Di proprietà pubblica e impareggiabile. Questa qui, insomma.


Ogni tanto, lo confesso, ci vado anch'io al Piazzale Michelangiolo dove i proprietari di auto d'epoca vanno assai spesso a esibire i propri tesori. Nulla di sbagliato; solo che il Treggista Militante®, come sapete, ha parecchio in uggia la stessa definizione di auto d'epoca perché la sua epoca è il presente nel quale cerca auto del passato ancora circolanti nella quotidianità. Quella del Piazzale non è mai quotidianità: è una giratina fatta ogni tanto per far vedere il capolavoro al pòpolo che resta lì a ammirare bouche bée. Per il resto, queste macchine se ne restano ne' garagi e ne escono solo per qualche raduno; lo si vede anche dallo stato in cui si trovano. Sulla carrozzeria di questa macchina, un eventuale granello di polvere deve fare la stessa figura della famosa particella di sodio nell'acqua Lete ("....c'è nessunooooo....?")


Se passandoci mi ci ritrovo, però, è giocoforza fare un paio di foto. Comunque sia, queste sono macchine straordinarie (altro che "spot"...). La qui presente, rossa fiammante e coi due proprietari a bordo ben imbacuccati (le foto sono del gennaio scorso) è stata immatricolata il 27 febbraio 1964; all'epoca delle foto, insomma, le mancava poco più di un mese a compiere cinquant'anni, ma ora li ha fatti tutti quanti. Sul suo aspetto, cos'altro dire? 


Ne passeranno di marchiònni e di spottini pubblicitari prima che si torni a certi livelli; anzi, temo che il creativo che ha escogitato lo spot non si sia reso conto che, chi lo guarda, probabilmente si cura assai poco della Giulietta bisnipote e guarda invece nonna Giulia. Per forza.


Giunti al commento musicale, ho scelto stavolta un brano che, per strani accidenti del destino, rappresenta per il sottoscritto un ricordo, seppur oramai lontanissimo, del tutto particolare. Credo che comunque, al di là di che cosa mi riporta alla mente, si attagli pienamente a questa autovettura pressoché inarrivabile.

domenica 26 ottobre 2014

Primo soccorso dal 1346




All'annuale Festa Rossa, organizzata nel mese di agosto da quel che resta dell'estrema sinistra nel comune di Lari (Pisa), e con tanto di Renato Curcio che presenta un suo libro (peraltro parecchio bello), quantomeno ci si aspetterebbe che il presidio di pronto soccorso fosse affidato alla Pubblica Assistenza Giuseppe Stalin o all'Associazione Volontari del Soccorso Lokomotiv Stella Rossa; e invece no. Poiché siamo in quello strano posto che va da qualche tempo sotto il nome di "Toscana", ecco spuntare, in mezzo a falci & martelli, effigi del Che Guevara e scritti di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, la Misericordia di Lari. Amen. Fondata nel 1346, come tiene anche giustamente a dire; tant'è vero che, per il servizio di primo soccorso, alla Festa Rossa sembra appunto aver riservato una roulotte del XIV secolo o giù di lì, seppure in discretissime condizioni; all'improvviso, il Treggista Militante® si sente catapultato in uno di quei campeggi degli anni '60, pronto a vederla attaccata a una 850 beige munita di regolare famigliuola italiana del periodo, con i mutandoni ascellari del babbo, l'agghiacciante acconciatura a onda della mamma e i bambini lordi di Calippo Eldorado.


La realtà delle cose è, naturalmente, un po' diversa e serve a introdurci nel misterioso, e alquanto raro, mondo de' rimorchi e delle sue speciali targhette che avevano una numerazione tutta loro e che venivano apposte da qualche parte su detto rimorchio, dato che sul retro doveva essere riprodotta per legge la targa dell'automezzo trainante, producendo invariabilmente pastrocchi di targhe fatte col pennarello, con le lettere e i numeri adesivi, con cartonaccio ripreso da scatoloni, con ogni cosa che rendeva quella particolare targa un autentico capolavoro di art brut in nove casi su dieci.  La targhetta "Rimorchio" è, attualmente, diventata una delle rarità più ambite dal Treggista Militante® e dal Cacciatore di Targhe: eccovene una, la quale ci dice che no, non siamo nel 1346, ma in un ben più vicino e prosaico 1979.


Sorge a questo punto un dylemma con la musichina: attenersi all'ambiente, e proporre un classico del proletariato in marcia verso il sol dell'avvenir, o all'anno di fondazione della Misericordia di Lari rimorchiante, e proporre quindi un brano di musica medievale? Con tutto il rispetto per i compagni della provincia pisana, che ci mettono veramente l'anima, io scelgo il medioevo. Sono medievale inside, inutile negarlo; lo si era, forse, già capito.

venerdì 24 ottobre 2014

Un quarantotto del futuro



Vedendolo così, come lo ho preso da dietro, mi sembrava lì per lì che una specie di astronave fosse all'improvviso calata all'angolo tra il breve pezzo "cistranviano" di Via del Palazzo dei Diavoli e la terrificante, incasinatissima Piazza Batoni, al limitar dell'Isolotto. Anche senza avere ancora indagato bene, ho avuto subito l'impressione che il mezzo provenisse da quel periodo tra la fine della guerra e gli anni '50 in cui, con la fantascienza americana, gli ultracorpi baccellati, Ed Wood e i suoi dischi volanti e l'ossessione per il "futuro" (è interessantissimo andare a vedere com'era il futuro nel passato...), si sviluppavano linee -ad esempio per i veicoli- che parevano veramente di un altro pianeta. Splendide, va detto. Non aspettiamoci più il futuro, adesso; non va più di moda, e forse se lo è anche meritato. Per dare uno sguardo al futuro, quando c'era dopo la fine di una catastrofe senza pari, bisogna andare indietro di sessanta o settant'anni.


Così, sono stato ben lungi dallo stupirmi che la Moto Guzzi GTV 500 che avevo di fronte in quel puzzolente angolo di Firenze, con annesso sidecar che massimamente contribuisce alla sua futuribile astronavatura, risaliva al 1948 nonostante l'immatricolazione risalga al 1° aprile 1972. Altro che settantadue, anche senza il pataccone ASI si sarebbe capito al volo che, qui, gli anni '70 non c'entravano nulla. Un bel quarantotto nella città moderna "del futuro", e se il futuro è stato piazza Batoni ci sarebbe da riflettere non poco. 


A questo punto, però, non restava che guardarselo e fotografarlo, sempre nell'ottica del Treggista Militante® che sa bene di essere quasi sempre di fronte a dei momenti unici. Certo, gli capita spesso di rivedere automezzi già fotografati, ed è sempre un piacere; ma questa qui, eh, sarà difficile che la riveda in giro non frequentando i raduni. Nonostante la piazza Batoni di quella mattinata, non si va in giro tutti i giorni su un sidecar del 1948. Questo è un mezzo che può, da solo, costituire un buon pezzo di eredità per i successori del proprietario. Nel TB non si parla spesso del nudo valore economico di certi automezzi, ma è un aspetto che a volte va considerato; il Treggismo Militante® con la fotocamerina è roba da pòeri come me, il Treggismo vero e proprio è riservato ai ricchi. Ne conosco alcuni, che Iddio li abbia in gloria e li accolga nel suo garage. Poi certe volte capita, certo, che un miliardario o roba del genere abbia pure a transitare per piazza Batoni col culo sul futuro del quarantotto.


La foto sopra è paradigmatica. Dietro l'astronave discesa da un altro pianeta, la fila dei moderni scooter del cazzo, tutti uguali. Distinguereste un Kymco da un Piaggio qualsiasi, tutti col bauletto Gibi? Rischio di essere impietoso, lo so. Su quei motorini ci vanno magari i proletari a lavorare, e io sono di fronte al probabile balocco di un ricco. Ma non ci posso fare nulla, specie quando rimango a bocca aperta. Può darsi che, in fondo, in diverse cose io sia un conservatore. Del resto, sin dal primo giorno di questo blog, come recita l'intestazione, ho dichiarato di essere un "passatista automobilistico"; io, le macchine e le moto attuali, semplicemente non le considero. Non esistono. Stop. E vaffanculo alle centraline!


Belli 'sti due lati di strada invasi dal passato futuribile, no? Da un lato il quarantotto sidecarizzato, e dall'altro la Plog  ammarciapiedata. Poi siamo ripartiti tutti quanti, per chissà dove. L'attimo fuggente e il futuro che ci fa pensare di essere in un anno, il 2014, che non molto tempo fa era perfetto per ambientare viaggi interplanetari e nel quale saremmo tutti dovuti andare su meravigliose macchine volanti. Invece andiamo sulla Kia Sorento e sulla Smart munita di Facebook. Che culo!

La musica. Beh, in tutta quest'orgia di vecchio futuro che è stato questo post, occorre pur dire che ha avuto, nella testa del di me medesimo, una colonna sonora. Questa:


martedì 21 ottobre 2014

Il Parigino e l'Anarchia



Nella definizione di Treggismo Militante® che uso assai sovente, per non dire praticamente in ogni post, c'è sì una componente squisitamente riferita all'attività in sé, che ha tutti i cristi® della santa militanza, düra e püra. Però, sicuramente, c'è anche una componente assolutamente da prendersi nel senso più comune del termine, e che si riferisce specificamente al sottoscritto. Di Treggisti, Militanti o meno, non sono certamente (e fortunatamente) l'unico; ma penso, questo sì, di essere l'unico che fotografa le tregge in mezzo a manifestazioni di ogni genere, alcune delle quali non sono propriamente tranquille & pacifiche. Questa qua a Torino, lo scorso 10 maggio e del quale s'è già parlato, si è svolta però senza il minimo scontro; e ha riservato, durante lo svolgimento del corteo (assai lungo), la sorpresa di questa Lancia Beta Coupé "VolumeX" con targa parigina (75).


Beh, certamente l'amico e co-treggista Colonnello Kurtz, che a Parigi ci vive da anni, avrà molte più occasioni di me di fotografare tregge parigine; però non credo che gli sia mai capitato di chiapparne una (e non solo a lui) mentre sta sfilando uno spezzone Anarchico di un corteo, con tanto di vessilli rossi e neri e la A cerchiata. Rivendyco con forza la caratteristica che questo possa capitare soltanto a me, ebbene sì, e, e pensarci bene, il connubio tra Parigi e Anarchia è veramente ben azzeccato (anche se qui siamo a Torino, voglio ribardirlo).


Non son l'uno per cento ma, credetemi, esistono... accidenti, se esistono! E menomale, che esistono. Poiché di giri per le Questvre® ne ho fatti oramai troppi in vita mia, e mi sarei pure già divertito, interrompo qui il discorso; ma capirete bene che tengo molto a queste fotografie torinesi, scattate perdipiù in occasione di un corteo dove si manifestava in solidarietà a delle persone rinchiuse in galera. Sarà comunque bene che questo mio aspetto non sfugga mai a chiunque legga e frequenti il TB anche soltanto perché appassionato/a di vecchie automobili (e che è sempre e comunque il benvenuto).


Anarchia e Parigi. Vi sto per salutare con una canzone di uno che, a dire il vero, non era parigino; era, pensate un po', monegasco. Ma anarchico lo era di sicuro: Léo Ferré. Pensare a un anarchico del Principato di Monaco è, di per sé, uno sberleffo sublime; pensò bene di morire un quattordici di luglio, a Castellina in Chianti dove viveva da anni. La canzone è questa; il più bel plaidoyer contro la pena di morte che sia stato mai scritto, dove si dice che non c'è né Dio e né padrone: Ni Dieu, ni maître!

domenica 19 ottobre 2014

Salta un gatto nero



Il Treggismo Militante® comporta pur sempre qualche rischio; ad esempio, quello che la treggia si trovi bella parcheggiata sul lato sinistro del Viale Petrarca (una delle principali treggiaje fiorentine, peraltro) e il Treggista stia invece percorrendo il lato destro, diretto verso Porta Romana bèla. Bisogna quindi attraversare il viale, cosa che a certe ore può costare la vita visto che non ci sono strisce pedonali. Ma se non ci si piglia un po' di rischio per andare a fotografare una Lancia Beta immatricolata giusto quarant'anni fa, il 10 maggio 1974, mi dite cosa si vive a fare...?


L'attraversamento è andato bene; di sicuro, sennò, come dire, non ero qui a raccontarvi quel che è successo mentre io facevo clic, clic con la Fugina. Avendo infatti lasciato la macchina dall'altro lato del viale, munita delle Quattro Frecce del Treggista®  e coi finestrini aperti in questo ottobre dove, finalmente, sembra scoppiata l'estate che quest'anno non c'è praticamente stata, quando sono tornato ci ho trovato dentro un gattino nero che vi era allegramente saltato dentro.


Forse non avete nemmeno l'idea che cosa voglia dire ritrovarmi un gattino nero saltato dentro una data macchina. Sono gli spiriti diabolici dei miei gatti neri che mi vengono a trovare proprio mentre sto fotografando una macchina bianca. Mi vengono a trovare e mi dicono che ci sono sempre, che non se ne andranno mai via; e che le famose sette vite dei gatti si manifestano così. Chiunque ami i gatti lo sa; ma lo scrivo per chi non ci abbia troppa dimestichezza.


Néstor Lunar.

Redelnoir.

Questo gattino nero qua, no, non l'ho potuto tenere. Ci sarebbe anche venuto con me, chissà. Saltato in macchina, magari faceva parte di quella genìa di gatti neri automobilistici, piccolo treggista miagolante che ne avrebbe combinate chissà quante. Ma aveva il suo cortile e il suo mondo, dove l'ho riportato. E magari anche qualcheduno che ci avrebbe sofferto, e parecchio, non vedendolo più. E così, resta quel salto nella macchina mentre fotografavo la Beta bianca. Dedichiamogli allora il vecchio Aristide Bruant, una canzone del 1884 interpretata qui da Jean-Roger Caussimon. Miao.

sabato 18 ottobre 2014

Ode al deflettore



Dal suo Autolesionistяa, che sarebbe un "tumblr blog" o come diavolo si chiama, il blogger richiede il mio intervento a proposito di un argomento treggistico che mi sta parecchio a cuore quore: il deflettore (la bella foto è tratta proprio dal "tumblr blog" in questione). In effetti, con il suo post testè lincato (voce del verbo lincare: io linco, tu linchi, egli linca), il blogger rivela un animo treggistico assolutamente compiuto, arrivando persino ad evocare la 128 del nonno. E' per questo che, prima di proseguire, gli dedico con partecipazione (al posto della foto presa da Wikipedia e con la perniciosa targa oscurata), un'autentica 128 ripresa da questo blog e trovata, a suo tempo, a poche centinaia di metri da casa mia all'Isola d'Elba, località Prà d'Arighetto, in carne, ossa, maniglie, calandra e targa come si deve :





Effettuato questo doveroso omaggio al nonno del blogger, passo a quanto mi è stato richiesto. Si tratta nientemeno che di una ode al deflettore, nella quale, invero, anche il blogger stesso si era cimentato -secondo me con ottima vena. Avrebbe dovuto proseguire, a mio parere. Però, come non ottemperare ad una rìchiesta del genere? Pòle un Treggista Militante® esimersi da un'invocazione come questa? No, non pòle. Ecco dunque quanto ho composto, con un saluto caloroso al blogger e, naturalmente, anche a suo nonno.

ODE AL DEFLETTORE

Quel refolo soave che incantava
quando, sull'Ottocencinquanta
del babbo per le strade si filava
sul finir de' ruggenti anni sessanta;
sovente si guastava la maniglia
del finestrin vigliacco e traditore;
e allora si capiva a meraviglia
quant'era benedetto il deflettore.
Con il suo snodo ed il suo pulsantino
si rimetteva l'aere a circolare
nella vettura, e un zèfiro argentino
tinniva e si poteva respirare;
niuna vettura, deh!, ne era priva,
la magica levetta era di regola
e, putacaso, dessa non s'apriva
piombàvati sul capo dura tegola:
“Fedora, forza, apri il deflettore!”
“Armido, 'un s'apre! E gli è un vero guajo!”
“Ahinoi! Ci tocca stare per du' ore
Col finestrino aperto di gennajo!”
Allor magicamente si sbloccava,
Il giubilo inondava la vettura;
Piacevol brezza tosto ritornava,
Scampata era sì quella iattura.
Ora, con le moderne, tristi e rie
vetture con total finestratura
rimpiangi i tempi fausti delle zie
andando in 500 alla ventura;
pigiati dentro, sì, come sardine
ma ben aerati e lieti dentr' al core!
Ad ogni ora, sere e poi mattine
muniti dell'amico deflettore.
Oh, tempi andati! Senza centraline,
senza il navigator, ché mi distraggo;
senza compiùter che fa le vocine,
senza li bocchettoni e né l'airbaggo.
O gioventude mia! Neopatentato,
nell'impeto possente dell'amore,
gridai sovente alquanto disperato:
“Cesira, non hai chiuso il deflettore!”
E lei: “Sennò si soffoca, tesoro!”
“Sì, ma ci senton fino da Bologna!”
Ella indi esclamossi con decoro:
“Pasquale avea di te meno vergogna!”

La Vagabonda



Per fotografarla, è stata una delle (per fortuna rare) volte che m'è toccato quasi fa' a manahe; non con il proprietario -che fra l'altro non c'era e l'aveva piantata allegramente in mezzo di strada all'angolo fra via de' Serragli e via Sant'Agostino-, bensì con una tizia alla quale avevo chiesto gentilmente di spostarsi trenta secondi, e che invece ha avuto da ridire. E mal gliene incolse. Esaurita qui la scenetta tipicamente oltrarnesca, perché siamo pur sempre in Santo Spirito, passiamo all'autovettura, ché sarà parecchio meglio. E qui tocca per forza passare a uno stile very British.


Confesso di avere un gran debole per le vetture inglesi classicone, che più classiche 'un si pole; e beccare in Oltrarno una Rover P4 della serie 100 non è roba di tutti i giorni, e nemmeno di tutti i mesi e di tutti gli anni. Con la sua brava targa di His Royal Highness, delle condizioni che ci devono aver passato il Politreggia sopra per quindici giorni di fila, e quel senso di agiata Middle Class che è l'esatto contrario di quel che sono, ma che a volte mi diverto a farmi piacere per il mio innato spirito di contraddizione.


La Rover P4 nelle sue varie serie fu prodotta dal 1949 al 1962. Questo qui, ergo, potrebbe essere con tutta probabilità un esemplare degli anni '50. Dalle targhe inglesi non si è mai ricavato nulla; avranno probabilmente una loro logica, ma non solo non ci ho mai capito nulla, ma mi sono sempre rifiutato di capirci qualcosa e le ho sempre considerate accozzaglie di numeri e di lettere messe a caso.



Giunti a questo punto della narrazïone, vi potreste forse chiedere il perché del titolo di questo post; l'autovettura, in effetti, ha tutto fuorché l'aria di una vagabonda. Il fatto è che tale è l'esatto significato di Rover: "Vagabondo, giramondo". Trattasi di sostantivo deverbale dal verbo to rove "vagare, errare"; indi per cui Land Rover, ad esempio, significa "colui che vaga per le campagne". Ritengo opportuno che il Treggista Militante® si chieda sempre il significato dei nomi delle autovetture, dato che sono spesso evocativi. Ci sono poi le interessanti coincidenze, come nel caso della Škoda: è sì il cognome del primo fabbricante, ma in ceco škoda vuol dire anche "danno", cosa che ben sapevano tutti i possessori del vecchio modello stile realismo socialista e che si ritrovavano, appunto, un danno su quattro ruote. Però costava poco e si diceva che "era robusta". Fine dell'excursus.


Terminando quindi con la nostra Vagabonda, che effettivamente deve aver vagato parecchio per ritrovarsi sulle strisce pedonali in via de' Serragli (vorrei vedere se lo facesse in Regent Street...), non si può non appiopparle qualcosa che parla di vagabondi errabondi. State quindi pronti ad ascoltare qualcosa di speciale, perché vi sto per ammannire nientepopodimeno che una poesia di Lord Byron intitolata, appunto, So We'll Go No More a-Roving ("E così non andrem più errando", scritta dal grande poeta il 28 febbraio 1817) e in seguito, ma parecchio in seguito, messa in musica e interpretata da Joan Baez:


Naturalmente non è questo l'augurio che formuliamo alla nostra British Treggia; che continui, anzi, a errare, a vagabondare e a girare il mondo facendo pernacchie alle Smart, ai SUV, alle finte Mini modajuole e alle ancor più finte 500 di Marchionne.

venerdì 17 ottobre 2014

Stanze di vita quotidiana



I volumi fotografici di Firenze com'era editi dalla casa editrice Pendragon sono, e sarà bene dirlo subito, un'autentica miniera di tregge; se ne avrà a riparlare piuttosto spesso, come sarà bene che, prima o poi, mi compri uno scanner. Per questo primo "contatto" con quei volumi, mi sono arrangiato fotografando le pagine; il problema è che, essendo stampati su carta patinata riflettente, le foto non sono gran ché. Questa è quella che è venuta meglio, e mi sembra sufficientemente chiara ad illustrare una perfetta scena di vita qualsiasi nel centro di Firenze ancora libero allo scarso traffico.

L'Alfa Romeo Giulietta che si vede procedere a diritto sembra nuova di pacca, e altro non si può dire di lei che è stata immatricolata tra il 1° gennaio e il 17 luglio 1957. (Il 17 luglio: vi dice nulla questa data? Sembra essere la data-feticcio delle tregge fiorentine, dato che il 17 luglio 1957 fu emessa la targa FI 100000 e il 17 luglio 1979 la FI A00000). Quindi, a giudicare dall'abbigliamento del pedone e dalla lucentezza della vettura, credo non sia di fuori situare questa scena di vita quotidiana fiorentina al tardo autunno del 1957. Traffico "congestionato" di 57 anni fa all'incrocio tra Via Tornabuoni, via della Spada (dove si dirige la Giulietta), e via della Vigna Nuova, da dove proviene l'autobus della linea 6 "Via Villari-Legnaia", e del quale purtroppo non si legge la targa. Per ora, comunque, sembra essere l'autobus dell'ATAF più vecchio colto dal TB, e magari qualche lettore scafato mi saprà dire pure il modello.

Le fotografie parlano; mi sostiene parecchio il pensiero che, tra cinquant'anni quando sarò stracatamorto, il materiale del TB potrà servire come testimonianza della vita quotidiana a Firenze (e non solo) di tempi remoti, con tregge di cento e rotti anni prima. A volte, inutile negarlo, mi sento una sorta di fermatempo; come lo è stato chi, nel '57 o giù di lì, ha ritratto, chissà per quale motivo, questa scena apparentemente banale. Una macchina e un autobus che passa: sarà stato un treggista ante-litteram? Me lo immagino quasi munito di macchina fotografica dell'epoca e di album, e allora non sarà stato difficile trovare nemmeno le targhe FI a quattro cifre, i fantasmi di qualsiasi treggista fiorentino...

In via della Vigna Nuova sta svoltando (la si vede sull'estrema sinistra della foto, accanto all'autobus) anche quella che ha tutta l'aria di essere una Fiat 1100. La foto ci dice anche che, a quell'epoca, il 6 faceva capolinea in via Pasquale Villari, nella zona di Piazza Alberti dove tuttora ha una fermata (in via Scipione Ammirato quasi all'angolo proprio con via Villari). Ancora non si poteva parlare di Via Novelli dove fa capolinea ora, davanti alla scuola media Mazzanti dove, peraltro, sono andato pure io; via Novelli non c'era. Tutta campagna, come si suol dire. C'era probabilmente solo il 10 che saliva a Settignano passando per una Coverciano che doveva essere ancora non dissimile da quell' Ager Corbicianus, o Corficianus del Medioevo, vale a dire la "campagna della famiglia Corbizzi". Io sono nato lì, quando la campagna si stava facendo città.

Questo post ha, e aridaje, un titolo "gucciniano", e di quelli a palla. Ma visto l'andazzo che ha preso, e anche considerando che l'omonima canzone di Guccini potrebbe facilmente indurre al suicidio gli animi più sensibili, ricorro ad un evergreen. E quale potrebbe essere, se non...?



Aggiornamento 18/10. Interviene Mark B., che, con la sua consueta e ferrea precisione specifica che l'autobus sarebbe un Lancia Esatau. Ma Mark non si contenta di questo, e precisa anche che "dovrebbe appartenere a una serie tra FI 57900 e FI 57950". Saremmo quindi, come immatricolazione, tra il 7 marzo e il 10 aprile 1952. Mi ci voglio immaginare sopra mio zio Dino, che faceva il bigliettajo dell'ATAF.

giovedì 16 ottobre 2014

Pizzamobile



Nella mia oramai non breve "carriera" di Treggista Militante®, oramai, ne ho viste più o meno di tutte; ma quel che ho visto il 10 maggio scorso a Torino, durante una grossa manifestazione NO-TAV in sostegno ad alcuni arrestati del movimento, supera ogni immaginazione (ed è questo il motivo per cui questo post viene inserito tra le "Tregge della Valsusa", perché dalla Valsusa proviene e lì è stato concepito).


Quello che vedete, infatti, montato su un camioncino che già di per sé potrebbe figurare come prossima treggia "autonoma", è un autentico forno a legna mobile per pizze; e la legna, infatti, la si vede correttamente stipata nel cassone. Nella piazza torinese scelta per il concentramento del corteo, gli attivisti NO-TAV avevano pensato bene di offrire delle belle pizze appena sfornate a tutti i manifestanti in quella caldissima giornata di maggio che si sarebbe conclusa, a sera, con pioggia, vento e un freddo da pelare. Sui monti il tempo cambia alla svelta.


E come si fa, dunque, a preparare le pizze in piazza? E' semplice, per i NO TAV valsusini: basta smontare il forno a legna del presidio di Venaus, perfettamente funzionante e interamente ottenuto con materiali di risulta, e rimontarlo su un camioncino col quale si va a manifestare a Torino. Facile a dirsi! Anche perché il forno mobile non dev'essere propriamente leggerino; ma figurarsi se una cosa del genere spaventa chi lotta da più di vent'anni, e finisce in galera per criminali attività terroristiche come smontare un compressore.


Le pizze, va da sé, erano buonissime. Magari non saranno state quelle della pizzeria napoletana famosa nel mondo, ma non erano nemmeno quelle del "Pizza Express". Speriamo solo che il loro profumo sia arrivato a chi sta in galera; è questo l'augurio che mi sono fatto quel giorno, e che mi faccio anche oggi visto che in galera ci sono ancora.

domenica 12 ottobre 2014

La E-Type e la rumenta



Intanto, bisognerà lasciare perdere ogni discorso relativo all'immatricolazione; al cospetto di una Jaguar E-Type, del resto, può essere un particolare di secondaria importanza. Di targa non ne ha, o meglio ne ha addirittura due che non contano un accidente:


Ecco qua: una targa di prova e una, bianca e imprecisata, di Bergamo. Certo, ammetto che, per una vettura del genere, la location accanto a due cassonetti della rumenta sul Ponte del Pino non è delle migliori, anche se vi si può vedere pure la Plog ferma. Tutto ciò è ben lungi dal ricordare il jet-set internazionale, gli agenti segretissimi al servizio di Sua Maestà, le belle signore in abito da sera, la promenade di Cannes e quant'altro; sta passando pure un autobus dell'ATAF, è tutto questo dà peraltro la perfetta misura del Treggia's Blog. Nessuna finzione, qui anche le supercàrre vengono colte nella loro quotidianità. Oh, anche Geims Bond sarà pur passato accanto alla spazzatura e mentre c'era i' tranvài, qualche volta.


D'accordo, ammetto comunque che le ambientazioni parigine del Colonnello Kurtz saranno più consone; però questo propone Firenze. Prendere o lasciare. Sul Ponte del Pino, uno dei più incasinati snodi del traffico fiorentino, già trovare uno slarghetto per bloccare la vettura e fotografarla è stato un miracolo.


La E-Type, o XKE, è stata prodotta dal 1961 al 1975 ed è una vettura che è rimasta, e rimarrà, nell'immaginario collettivo. Tra l'altro, era una specie di "utilitaria" delle supercar, dato il suo prezzo incredibilmente contenuto (relativamente alla sua categoria, va da sé) che ne fece vendere e produrre oltre settantamila esemplari nelle sue non poche versioni. Era stata disegnata da Malcolm Sayer; nel 2004, la rivista Sports Cars International le attribuì il primo posto tra le Top sport cars degli anni '60. E, a mio modesto parere, aveva pienamente ragione. La E-Type è bellezza pura, anche se ripresa accanto a due cassonetti della rumenta. E si cercherà di farci perdonare il modo in cui è stata trattata qui con la cara vecchia Shirley Bassey che canta Goldfinger (anche se Geims Bond ci aveva la Aston Martin, a pensarci bene; ma di Aston Martin al Ponte del Pino, ancora non ne ho trovate).

sabato 11 ottobre 2014

Genova



In questi giorni abbiamo appurato tutta una serie di cose imprevedibili.

Tipo che a Genova, più o meno ogni anno a ridosso e durante il mese di ottobre, c'è l'alluvione e vanno di fuori il Bisagno, il Rio Fereggiano e altri corsi d'acqua, facendo morti, danni incalcolabili e trasformando interi quartieri della città in paludi e fangaie. Dico: ogni anno.

Poi abbiamo imparato che la gestione territoriale della città di Genova e del suo entroterra è stata, ed è, qualcosa di più che criminale. Altra cosa del tutto imprevedibile: e così, oltre alle annuali alluvioni d'acqua e fango, i genovesi si devono sorbire quotidiane alluvioni di bla bla bla.

Abbiamo infine imparato che, nel 2014, c'è il boom dei meteo che sono talmente imprevedibili da prevedere ogni cosa, tranne quando ci sarebbe da prevederla per evitare catastrofi. Bravissimi a affibbiare nomi truculenti alle ondate di caldo e di freddo, ma del tutto incapaci di emettere comunicati quando si avvicina qualcosa di grave per davvero. E così diventa tutto imprevedibile: la tempesta del 19 settembre a Firenze, l'ennesima alluvione di Genova. 


In questo blog, Genova è una città importante.

Lo è soprattutto per le tante e tante foto mandatemi nel corso degli anni dall'amico Fabrizio, che la percorre in lungo e in largo, nei suoi angoli più riposti e segreti, per scovare vecchie automobili. Un viaggio per cortili, stradine, parchi, discariche, luoghi spesso abbandonati; è uno sguardo, il suo, che mostra Genova in tutta la sua bellezza quotidiana, popolare, dimenticata.

Un viaggio fatto di vecchie carcasse di 500, come questa (del 1967) ripresa in via del Costo a Sestri, che sembra avere addosso fango di chissà quante alluvioni. Stratificazioni. Avrà fatto in tempo a beccarsi addosso anche quella dell'ottobre del 1970, quella dei 44 morti, quella del non accadrà mai più.

E non so più, davvero, che cosa dire. Come canzone, ci metto quella più logica visto che è ambientata proprio durante l'alluvione genovese del '70: Dolcenera di Fabrizio De André. Ma non è proprio questione di canzoni. Sarebbe questione di ben altro.

Canonica (in Re maggiore)



Nulla che autorizzi a pensare che, alla guida, ci sia effettivamente un monsignore. Magari c'è una bella ragazza di venticinqu'anni, voless'iddìo (giustappunto). Però non c'è nulla da fare: emana, questa Fiat 1100, un'aura ecclesiastica, canonica, da fare paura. Suggestione del colore, forse, e anche dalle condizioni realmente immacolate in cui si trova.


Secondo il Bollonet ACI, è stata immatricolata il 1° gennaio 1955. Per il 1955, tutto ok; ma il "primo gennaio" è, spesso e volentieri, una data fiscale di comodo riservata a autovetture il cui libretto di circolazione originario si è perso nelle nebbie del tempo. L'immatricolazione attuale è del 1985 e riporta a Salerno, di cui deve comunque rappresentare tra le prime targhe bianche:


Siamo a due passi dallo stadio "Artemio Franchi", in via Michele Amari.  Se le tregge potessero parlare, chissà quali storie racconterebbero e, magari, spiegherebbero come mai si sono andate a far reimmatricolare a Salerno (l'auto è residente a Firenze). In questi casi, di solito faccio un giochino very Treggistic e provo a immaginare come potesse essere la targa originaria. Beh, accettando la data del 1° gennaio 1955, se la vettura fosse stata immatricolata a Firenze sarebbe stata qualcosa dopo FI 76006 (ultima targa del 1954); se lo fosse stata a Salerno, invece, sarebbe stata qualcosa dopo SA 21031.


Una bellezza composta, comunque. Dignitosa e pia. Tra tutte le tante 1100, questo è stato il modello sicuramente più bello, quello con la calandra a tre sbarre; canonico. Questo aggettivo viene talmente naturale da giustificare, senz'ombra di dubbio, il Canone e Giga in Re maggiore per tre violini e basso continuo di Pachelbel come brano musicale più adatto; e vi saluto, fratelli carissimi nel Dio de' Bivi, con queste note immortali eseguite dalla London Symphony Orchestra. A pensarci bene, il sommo Johann Christoph Pachelbel non avrebbe disdegnato affatto di girare con questa autovettura, no?...


giovedì 9 ottobre 2014

Waffen SS-Treggen, oder Die INSCO-Zeitmaschine



INSCO, il nostro caro amico e fedele collaboratore, è -come è noto a tutti- un instancabile viaggiatore che ha percorso il globo terraqueo da un capo all'altro. Qualche mese fa, però, stava facendo una passeggiata domenicale nel vecchio centro di Firenze, quando nel sontuoso androne di un palazzo ha notato l'autovettura che vedete sopra, e all'improvviso ha creduto di essersi trasformato in un viaggiatore sì, ma nel tempo. Quella che stava nell'androne, infatti, era una vera, inconfondibile VW Typ 82, o Kübelwagen, l'automobile militare all-purpose della Wehrmacht.

A Firenze se ne erano perse le tracce nel 1948, delle Kübelwagen; ed è ben comprensibile. Non erano certo vetture che suscitavano piacevoli ricordi, e girarci poteva anche comportare il rischio di beccarsi qualche fucilata. Ma la Kübelwagen del '48 aveva comunque un'immatricolazione fiorentina; INSCO si trovava davanti, invece, a una clamorosa targa della Wehrmacht e, più che altro, ad una certa bandierina munita di un certo simbolo. E ha pensato, INSCO: "Toh! Stai a vedere che ora spuntano pure le SS!" Detto, fatto. Sono spuntate pure le SS.


A questo punto, INSCO è stato colto, a suo preciso dire, da sudorini freddi. Anche perché c'erano dei tizi che parlavano in tedesco, e regolarmente armati. Per sua fortuna, INSCO è biondissimo e sicuramente lo avrebbero subito considerato di pura razza ariana nonostante il suo aspetto da Edelweisspirate; però, come dire, la situazione non era comunque delle più rassicuranti dato che, mettiamola così, fotografare impunemente un mezzo delle SS -almeno a suo tempo- non doveva essere un'attività tanto salutare.

Naturalmente, è subentrata la logica. Che cosa vi direbbe la logica in un caso come questo? Beh, che stanno girando un film. La logica è fatta così, e bisogna pigliarla com'è; in questa circostanza, poi, non è che spoetizzi più di tanto. Anche avendo a disposizione un viaggio nel tempo, uno solo nella vita, credo che pochi sarebbero contenti di ritrovarsi verso il '43 in una città sotto occupazione nazista. Quindi ben venga la logica ferrea: c'era effettivamente una pedissequa troupe cinematografica, si stava girando chissà quale film o fìcscion (tipo "Elisa di Vallombrosa sposa il nipote di Goebbels [che la tradisce con un giovane Franco Zeffirelli, ndr]" o "Amore e guerra a Florenz") e il rassicurato INSCO, da buon treggista, si è avviato a fotografare il retro della Kübelwagen, speranzoso di trovare o la finta targa posteriore della Wehrmacht, o una targa fiorentina (o quantomeno italiana) parecchio remota. Ahimé, ecco quello che ha trovato:


Una banale e mostruosa targa alfanumerica della serie "ZA" rettangolare, e un'ìmmatricolazione che risale a un accasciante 15 ottobre 2002. Però, almeno, il proprietärien della Kübelwagen requisita per il film (e si capisce che gliela ingaggino: non ce ne devono essere a bizzeffe ancora in giro...) ha pensato bene di utilizzare al meglio il tondino dell'immatricolazione, e ci ha messo quella originale:


Mi è toccato fare un ingrandimento monstre della targa, ma credo che il "43" nel tondino si legga bene. E, nel 1943, è indubbio che avesse una targa della Wehrmacht, e che fosse vera.

E così INSCO, felice e contento della trovaglia, si è allontanato fischiettando lo "Horst Wessel-Lied" "Papaveri e papere", e noi gli rispondiamo da pari con Strùmpete und N'Dranghete, vale a dire l'unico & impareggiabile inno delle Sturmtruppen: