martedì 25 settembre 2012

Carrelba '12 (16) - Ariecco "The Thing"




Il TB ha alcune sentite tradizioni; una di esse è attribuire le Mini Moke, che pure hanno una loro categoria specifica, anche alla categoria delle "Cose". E "Cose", in effetti, lo sono; non potrebbe essere definita altrimenti questa venerabile spiaggina basata sulla Mini, che sembra sortire direttamente da Paperopoli o da Topolinia. Dico "veberabile" perché ha avuto un periodo di produzione lunghissimo, forse il più lungo in assoluto per una vettura del genere: dal 1964 al 1993. Ventinove anni di Minischerzo, dato che moke (dal francese moquer) significa proprio "scherzo, burla" in inglese. Uno scherzetto da oltre 40.000 esemplari venduti, che per una "cosa" del genere sono davvero parecchi.

Questo è un esemplare abbastanza tardo: è, infatti, del 1984. Chiaramente una vettura tipicamente estiva: sarebbe ben difficile trovarne una in gennaio,  almeno nell'emisfero nord. Tant'è vero che il TB viaggia stabilmente sul ritmo di una Moke all'anno, a partire da maggio quando viene tirata fuori dai garage dov'è stata in letargo. E non è la prima volta che ne trovo una all'Elba, il che non è ovviamente strano. In un'Elba che, per ora, aveva "prodotto" poco: siamo infatti al Viticcio, che non è mai stata una zona granché prolifica di tregge. Si rifà ora con questa "cosa" che inserisco nel blog già sconfinato nell'autunno; ci rivedremo con gli "scherzi" alla prossima estate.

lunedì 24 settembre 2012

Carrelba '12 (15) - Il Lega Buggy



Il Dune Buggy è la macchina simpatica per eccellenza; nata per essere "giovane" e "sbarazzina", ha avuto -come è facile immaginare- il suo grande momento di gloria negli anni '70. Questo esemplare bresciano è però del 1980, ed è tra i più classici: il Dune Buggy "Hobbycar" Volkswagen su meccanica, indovinate un po', del Maggiolino (su meccanica del Maggiolino sembra che siano stati prodotti mezzi che vanno dal carrarmato al triciclo). A dire la verità, l'idea nacque oltreoceano; fu infatti un progettista californiano di scafi in vetroresina, tale Bruce Meyers, a iniziarne la produzione e la vendita in kit. Ebbene sì: il Dune Buggy era venduto originariamente in scatolone di montaggio. O si aveva un'officina in casa, insomma, o bisognava portare lo scatolone da un meccanico e farselo assemblare pezzo per pezzo. Fatto sta che l'idea ebbe un successo clamoroso.

L'immagine del Dune Buggy (tutti, più o meno, sanno che si pronuncia danbàgghi ma sarà meglio ricordare che l'espressione significa, alla lettera, "moscerino della duna", o come diremmo meglio, "delle dune") non è separabile da quella degli anni '70; questo fiammante esemplare reperito in quel di Chiessi in un torrido pomeriggio attorno a Ferragosto ne ha tutte le caratteristiche, compresa la grafica e l'iconografia da "figli dei fiori". Tutto a posto? Può darsi. C'è però un piccolo particolare di cui è necessario tenere conto, che qualcuno avrà già notato sulla targa: il bollino della Lega Nord (cliccare sull'immagine sotto per ingrandirla):


Naturalmente, lungi da me ostracizzare una treggia del genere per un bollino di una formazione politica che non riscuote propriamente le mie simpatie; potrei fare un'eccezione solamente se recasse simboli dichiaratamente nazifascisti. Però, come dire, tutti 'sti anni '70 e tutto il figliodeifiorame stonano un po' con Borghezio (anche se Maroni, come tutti sanno, iniziò la sua carriera politica nelle file di Democrazia Proletaria). Vabbè, vorrà dire che a Chiessi ho scovato il primo Lega Buggy della storia, anche se di dune all'Elba ce ne sono ben poche a meno di non andare a sterminare famigliuole scorrazzando sulla spiaggia di Marina di Campo.

mercoledì 19 settembre 2012

Carrelba '12 (14) - A Moto Guzzi in the sun





Sarà forse perché oggi è il primo rainy day autunnale vero e proprio, anche se all'inizio dell'autunno mancano ancora due giorni; ma qualche foto scattata nel sole feroce dell'estate piena, con le ombre lunghe del declinare verso il tramonto agostano sull'elba, fanno parecchio bene e aiutano a affrontare meglio la lunghissima traversata verso una nuova estate. 

Qui si va verso la costa occidentale dell'Elba, la sua zona più bella e anche quella che, se proprio non ci potrò essere, vorrei comunque avere negli occhi quando giungerà la fatal ora. Intanto becchiamoci negli occhi, facendo i debiti scongiuri, questa fiammante Moto Guzzi con una targa "indigena" sí del 1975, ma palesemente degli anni '50 andanti. Cosa che mi è stata, del resto, confermata dal proprietario in persona, un simpatico pan-meccanico che ben conosco da anni e anni e che si è occupato più volte delle mie personali, di tregge (compreso constatare, una disgraziata volta, che avevo grippato e completamente fuso la testata di una vecchia Fiat Uno che avevo). 

Il pan-meccanico è una figura abbastanza consueta all'Elba e, direi, su ogni isola; si occupa di meccanica, elettricità e, volendo, anche di carrozzeria; mette le mani su automobili, motociclette, motorini, trattori, autobus e motori nautici; in pratica, è il vero aggiustatutto. Quando poi si muove inforcando una motocicletta del genere, ti verrebbe da baciarlo; e quando poi, ancora, il tutto avviene in un sole che chissà quando lo rivedrai a quella maniera (direi circa fra un anno, comunque...), si chiude gli occhi e si ricomincia a sognare. 

martedì 18 settembre 2012

Carrelba '12 (13) - La ferrarese del Pradarighetto




Per l'amico Fabrizio di Genova le 128 sono all'ordine del giorno; Genova, come si sa, è una vera e propria Centoventòzia. Per me, invece, le 128 sono sempre una gran bella trovaglia; e, quest'estate, l'Elba ha voluto regalarmene una davvero speciale. E' la prima 128 di prima generazione che inserisco di persona sul TB e, comunque sia, penso che si tratti comunque di una cosa non propriamente comune data l'oramai remota antichità di tale autovettura. Eccovi dunque questa "ferrarese" del 1970.




Ora, naturalmente, bisognerebbe riuscire almeno un po' a sapere che diavolo ci faccia una 128 del 1970, targata Ferrara, nelle campagne di Marina di Campo (ed un posto che si chiama "Campo", comunque, ha buone probabilità di avere discreti pezzi di campagna). Più esattamente, siamo in un luogo detto il Pradarighetto, vale a dire il "Prato di Arrighetto" (all'Elba sarebbe più facile trovare un vichingo con le corna che qualcuno che pronunci una doppia "r"); si chiama così da sempre, persino la mia bisnonna Dini Giuseppa (nata nel 1888 e morta nel 1968) lo chiamava così e se ne evince che l'Arrighetto che aveva il prato in quel posto sia campato qualche secolo fa; e così sia. Ci passo però spesso quando sono a Campo, dal Pradarighetto, perché è una delle famose scorciatoie che tagliano verso casa mia. Solo che è una stradina che parcheggiarci una macchina è, come dire, un po' problematico; buon per il ferrarese che vi è riuscito, e soprattutto buon per me che ci sono passato al momento giusto. Perché questa macchina, in cinquant'anni di Marina di Campo, proprio non ce la avevo mai vista e significa quindi che è venuta davvero da Ferrara o dintorni per approdare in un posto poco conosciuto persino dagli indigeni. Misteri e meraviglie del Treggismo Militante®, e uno dei più classici interventi del Dio de' Bivi!

mercoledì 5 settembre 2012

Carrelba '12 (12) - Gli zoccoli duri


Facciamo subito un passo indietro. Io e la Piasintëina eravamo seduti a un tavolo del bar-baracchino di fronte al molo di attracco della Corsica Ferries, a Portoferraio, aspettando l'arrivo di un amico. Il traghetto è arrivato, e a un certo punto mi hanno visto partire come un razzo con la Kodak in mano, e andare proprio verso la nave che ancora stava vomitando automobili (era il 13 agosto scorso, quindi vi potrete immaginare). Era perché stava uscendo la cosa che vedete nella foto, oramai sbarcata; un pezzo di anni '70, di hippy happy family (visto che si trattava proprio di una giovane famiglia), di isola di Wight scesa giù dalle valli cuneesi verso un'altra isola:


Gli Zoccoli Duri. 2CV rossa a strisce bianche del 1976, con targa torinese che, manco a farlo apposta, è un "TOPO", vale a dire una delle più belle targhe parlanti che esistano (ma con indicazione, fatta ovviamente a mano e del tutto fuorilegge, della provincia granda cuneese); cadreghino portabagagli a rimorchio e, sul retro, uno spettacolare baule di legno stile diligenza del Far West con tanto di passeggino sopra per una (splendida) bimba bionda; infine, una serie di adesivi, scritte e altri gadgets degna degli Illenisti. Da baciarli seduta stante, tutti quanti, treggisticamente e umanamente. Mi brillavano gli occhi.


Di fronte a una cosa del genere, sono capace di diventare una belva. Così, quando ho sentito uno degli ormeggiatori che faceva pesanti apprezzamenti sulla vettura, dicendo che sarebbe occorso non farla nemmeno sbarcare ed altre cose del genere (evidentemente a lui piacciono i suvvoni di merda che, peraltro, sul traghetto erano presenti in abbondanza), mi sono sentito di urlargli sul muso che di macchine non ne capirebbe veramente una sega nemmeno se rinascesse quindici volte; e deve avere funzionato, perché ha taciuto immediatamente. Atto dovuto; di fronte avevo una specie di fratelli. Gli Zoccoli duri, come recita una delle scritte sul lunotto posteriore. Consiglio di cliccare sulla prima foto, quella sotto il titolo, per vedere meglio il baule in legno, la targa torinese-cuneese e, soprattutto, una cosa che mi ha letteralmente commosso. Sul baule, infatti, è presente un adesivo che recita:

Io non sono su Feisbuk.

Tutti oramai sapranno della mia estrema e particolare avversione nei confronti del Social Network, espressa a chiare lettere anche nei paraphernalia di questo blog (e di tutto l'Asocial Network); trovare qualcuno che condivide talmente questa cosa da portarla in giro sulla Dedeuche degli Zoccoli Duri è per me motivo di giubilo, letizia e goduria. Che il Dio de' Bivi protegga sempre sulle strade del mondo questi giovani con la loro bambina, e che possano riuscire un giorno a sapere che qualcuno li ama molto.

martedì 4 settembre 2012

Carrelba '12 (11) - Ilva sine Apibus?




Se però, all'Elba, c'è qualcosa di esclusivamente e assolutamente "indigeno", altro non può essere che la galassia di Api e Apini che hanno sempre rappresentato un mezzo di trasporto e di lavoro privilegiato sull'Isola. Qui non è questione di turisti o di Vespe esotiche ficcate una volta all'anno su un traghetto con targhe milanesi o romane; le Api sono esclusivamente elbane. Del resto, sembra che la cosa fosse stata già prevista da Napoleone il Grande, quando, sembra di persona, tracciò quella che da allora è la bandiera dell'Isola d'Elba, con le tre Api:


Io che non sono Napoleone, però, di Api me ne son contentato di due, trovate sotto un piccolo tunnel che dà sul lungomare di Rio Marina. E non è cosa da poco, comunque: due autentiche Ape 50 in condizioni tipiche da Apino, una gialla e una verde. Sulle "condizioni tipiche da Apino", naturalmente, ci sarebbe da discutere; l'Apecar 50 è ancora in produzione, vive e lotta insieme a noi, e soprattutto contribuisce (sia nelle città che nelle campagne) alla più grossa quantità di offese alla Divinità (bestemmie, mòccoli, cristi) che si possa immaginare, tanto da far meditare alle autorità ecclesiastiche di proporne la scomunica. Chi non s'è ritrovato davanti un Apino stracarico che va a dieci all'ora creando, dietro, code di qualche chilometro e non spostandosi nemmeno in presenza di un carro armato...? Così è; però, per "condizioni tipiche da Apino" s'intende generalmente quel mix di ruggine, pezze di stucco, sverniciature, cassonature fantasiose, fitte, polvere  e fanghiglia che è ben esemplificato dai due Apini riomarinesi. Manca soltanto un particolare decisivo: l'ottantaseienne alla guida. Ma è sicuramente da immaginare.


Quest'Ape, invece, è targato anche se, purtroppo, per le condizioni di luce il numero non si legge bene. Dirò quindi che è targato qualcosa che inizia con LI 9... ed è quindi del 1982 o 1983. Esemplifica un altro tipo di Ape assai diffuso all'Elba: la cosiddetta Ape delle légne. Nei dialetti elbani, il plurale dei nomi è spesso "regolarizzato"; in particolare, gli antichi plurali neutri in "-a" (legna, uova, ginocchia, dita...) sono ricondotti ai plurali "normali" (légne, óvi, ginocchi, diti). All'Elba non c'è la rete del gas; per il riscaldamento e la cucina, o si fa con le bombole, o si fa con le légne (e, spesso, con tutte e due le cose; a casa mia, ad esempio, la cucina ha la bombola e il riscaldamento è con la stufa a legna). Va da sé che il commercio del legname è ancora assai diffuso. E cosa c'è meglio dell'Ape, per portare le légne...?



Concludiamo con l'Ape più "classica", risalente al 1982. Siamo sempre a Rio Marina, ed esemplifica un altro tipo di Ape assai tipico: quella col cassone pieno di cianfrusaglie varie. L'Ape è stato, è e sempre sarà il ricettacolo di ogni sorta di carabattole!

Carrelba '12 (10) - Ilva sine Vespis?



Proseguendo coi nostri "sine", poteva forse mancare una congrua dose di Trespe nell'estate elbana? Nei mesi estivi, parecchi si fanno un punto d'onore nel tirar fuori dai loro garagi di Abbiategrasso o di Casalpalocco delle avite motorette per andare a far finta d'essere ancora al mare negli anni '60 o '70; inoltre, senza ombra di dubbio, l'Elba e la Vespa son fatte per stare assieme. Tant'è vero che se ne trova anche qualcuna "indigena", come questa che faceva bella mostra di sé sul lungomare di Marina di Campo. La quale è del 1974.



Un po' di gloria anche per il classicissimo Vespino, vale a dire la Vespa 50 Primavera. C'è, ebbene sì, chi s'è tenuto il suo cinquantino per cinquant'anni o giù di lì, appunto; e qui devo fare un'osservazione necessaria. Sapete tutti quanto siano importanti le targhe originali per il Treggista Militante®, spregiatore e nemico mortale di tutte le cazzate sulla privacy e irrisore di coloro che presentano autovetture e motoveicoli con le targhe cancellate o comunque rese irriconoscibili. Ma, in questo caso, l'originalità sarebbe senza targa; il caro, vecchio motorino, il terrore di ogni famiglia quando il rampollo si avvicinava ai 14 anni. Invece, ora, anche un vecchio Vespino tocca sorbirselo con la targhetta "X" e qualcosa, e zitti.



Infine, er Vespone romano ripreso per le strade di una località elbana che non ho mai frequentato spesso, anche per la sua estrema lontananza (in termini elbani, naturalmente) dalla mia porzione dell'Isola: Rio Marina. Se la "mia" Elba occidentale è in faccia alla Corsica, quella di Rio Marina è un'Elba in faccia al continente, a Piombino, a Punta Ala; se dalle mie parti è terra di pietraie e di granito, da quelle è invece di ferro. A Rio Marina, le case più vecchie brillano ancora del materiale ferroso impastato assieme all'intonaco, e così l'asfaltatura delle strade. E brilla, senz'altro, anche questo Vespone che, finalmente, tra quelli non "indigeni" rappresenta finalmente Roma al posto della solita Milano (la Vespa milanese all'Elba è veramente il classico de' classici). E' del 1978.

lunedì 3 settembre 2012

Carrelba '12 (9) - Ilva sine Meharinis?





Ed eccoci, direi naturalmente, alla consueta silloge di Meharine elbane. Tra l'isola d'Elba (e le isole in generale) e la Citroën Mehari, immagino per la gioja della Cristina, esiste un feeling indissolubile; sarà, chissà, anche per il loro deciso aspetto da barchette. Aspetto che, a capotta rimossa totalmente, risalta ancora di più; ditemi voi, ad esempio, se questo esemplare "scoperchiato" trovato una sonnacchiosa mattina d'agosto in pieno centro a Marina di Campo, non starebbe bene in mare con un bell'Evinrude attaccato sul retro, a scorrazzare per il golfo. E non escludo che, da qualche parte del mondo, qualche intrepido non abbia fatto per davvero una cosa del genere. Oh, hanno trasformato in barche dei Maggiolini, ci si potrà pur trasformare una Mehari che già di per sé è una specie di natante su strada. Quest'anno, peraltro, le targhe "indigene" livornesi si son viste eccome all'Elba, e questo ne è un altro esempio; il mezzo è del 1982.




Ancora a Marina di Campo, che quest'anno ha fatto veramente la parte del leone. Qui la Meharina, ripresa durante una passeggiata notturna, è pienamente cappottata (nel senso di "munita di capotta", non, fortunatamente, di "ribaltata"...), ma direi che il suo barchettismo non cessa affatto di esistere. Diciamo che il/la torinese che vi si è recato/a all'Elba ha deciso di venirci con un cabinato, vah. E' del 1984, sapete, quell'anno in cui il Grande Fratello...




Sempre di notte, e sempre "cabinato", ma qui stavolta siamo a Capoliveri, con tanto di ennesimo proprietario che ha cercato seduta stante di vendermela. E' un fatto che ritorna spesso, questo, e che ogni aspirante Treggista Militante® deve prima o poi aspettarsi mentre fotografa: il tentativo di sbolognarti la Treggia su due piedi, a prezzi vari. Molto gettonati sono i "quattromila euro"; non so come mai, ma a tale cifra mi sono stati offerti i mezzi più disparati, dalla Mehari alla Rover 2500, dalla 600 del '61 alla Bianchina di Fantozzi. Disgraziatamente, non ho attualmente tali immediate disponibilità di denaro; ma la storia si è ripetuta a Capoliveri, con la classica trattativa abortita dal finestrino. Non sto qui, stavolta, a fare un link con l'anno dell'autovettura; i seguaci del TB dovrebbero ormai essere edotti che, a Firenze, le targhe arancio-bianconere sono andate in pensione nel giugno 1985 con FI E99999; e qui siamo evidentemente poco prima. Anche un esemplare di Mehari nel suo ultimo aspetto originale.