lunedì 29 novembre 2010

Evviva lo sport!







Le Fiat tra gli anni '60 e '70 (con qualche puntatina anche negli anni '80) avevano come una procedura fissa: ogni modello aveva la sua versione normale (la berlina), e poi c'erano la Special (sempre berlina, ma con qualche modifica esteriore e qualche piccola miglioria tecnica) e la Coupé, o Sport. La Coupé e la Sport si confondevano: nel caso della 124, ad esempio, la trafila completa fu rispettata. Ci fu la 124 berlina (la vera vettura italo-sovietica!), poi la 124 special (ancor più sovietica, se si vuole), la 124 coupé e, infine, la 124 Sport. Classica macchinazza da farci le corse (questa dev'essere degli ultimissimi giorni del 1982 o dei primissimi del 1983). Sport che, fra l'altro, non era del tutto fatto per captare le voglie corsaiole dell'italiano più o meno medio: tali modelli venivano davvero messi in pista, ancorché stramodificati, e iscritti ai famosi campionati di categoria (o roba del genere), oppure mandati allegramente a sderenarsi nei rallies. Anzi, le versioni sportive della 124 erano macchine fatte apposta per i rallies, e non di rado con risultatoni. Erano però, al tempo stesso, vetture alla portata dell'appassionato che, fattele modificare e preparare dalla premiata officina Guidobaldo Montauti di Portoferrajo, si lanciava a velocità smodata per il Colle Reciso (quand'ancora era il Colle Reciso quello vero, non la comoda carrozzabile asfatata di ora...) arrovesciandosi in un fosso tra il Monumento e Lacona, oppure sulla discesa infernale su Nisporto e Nisportino. Sto parlando, ovviamente, del Rally dell'Elba; un tempo era una corsa importante, ora è ridotta a una specie di autoraduno. Ma negli anni '70 se ne vedevano delle belle, e anche di centoventiquattri a gallina o spiaccicati dentro un pollaio.

venerdì 26 novembre 2010

Famiglie






Tuttora persiste la refrattarietà del sottoscritto a trovare una 128 berlina, standard o "special": gli esemplari presenti nel TB sono tutti dovuti a collaboratori. Qualche sera fa credevo finalmente di avercela fatta: il muso era quello, e sono sceso a fotografare baldanzoso. Non c'è voluto molto per accorgermi che si trattava invece di una 128 familiare (del 1975). Naturalmente non c'è stata alcuna delusione: la 128 formato famiglia è anche più rara della berlina, e trovarne una è stato davvero un colpo gobbo, persino con l'aggiunta dei fendinebbia (Firenze è notoriamente una città in preda al più fitto nebbione, un po' come Londra è costantemente in preda al sole più implacabile).

Famiglie. Nell'era precedente agli staziòn vagoni esistevano le vetture in versione familiare: praticamente ogni modello ne aveva una. Non che le famiglie non ci entrassero nelle berline; però, metti caso che il numero dei rampolli superasse i due (daje de tacco e daje de punta...), e allora il capofamiglia aveva a disposizione la macchina dove sistemare tutto quanto, specialmente per le partenze estive o per le visite dai nonni. Moglie, figli, cane, pacchi, damigiane dell'olio, regali di Natale, la spesa del sabato, gli attrezzi per l'orto...insomma, un po' di tutto. E la 128, va detto, era particolarmente spaziosa (una sua versione leggermente modificata fornì agli ex jugoslavi una delle loro auto standard, la Zastava 1100). Tutto sommato, e pur essendo il sottoscritto un ferocissimo nemico dell'istituzione-famiglia, eran tempi assai migliori; e non soltanto per le macchine. Certo, saranno state famiglie piccolo-borghesi con tutti i loro ammennicoli, ma perlomeno c'era ancora un po' di quell'aria alla carlona che presupponeva umanità. La 128 era un po' il simbolo della normalità piccoloborghese, superata la motorizzazione di massa a base di 500 e 600; una normalità piccoloborghese che ebbe un brusco stop quando proprio una 128 familiare con targa falsa del Corpo Diplomatico bloccò, la mattina del 16 marzo 1978, un'Alfetta con a bordo Aldo Moro. Anni e anni fa.

giovedì 25 novembre 2010

Da Salerno con furore (FF/24)






Non molto da dire, in fondo, su questa bella Lancia Fulvia coupé salernitana del 1969, bardata sportiva e rosso torno infuriato. Siamo di nuovo all'interminabile "Firenze-Fiesole" del 14 marzo 2010, poco prima della corsa storica vera e propria: un momento di relax che, a dire il vero, non corrisponde molto al "furore" del titolo. Poi il proprietario è tornato dal bar dov'era andato a prendere un caffè, e l'ha messa in moto: roarrrr. Se non fosse che questa macchina (e non per sua "colpa", certamente) è legata ad un ricordo non eccelso per il sottoscritto, non mi spiacerebbe certamente poterla guidare (ammesso e non concesso che ci entri dentro); forse, chissà, mi ci riconcilierei definitivamente. Ad ogni modo, è sempre un bel vedere. Una di quelle cose che si facevano in un paese chiamato "Italia", quando esisteva o perlomeno cercava di esistere.

martedì 23 novembre 2010

Treggia da sciùri



Adriana la Marmottoska è una figura storica del TB: è stata la prima collaboratrice esterna con la sua Mitica, addirittura il primo giorno del blog (e che tale primo giorno sia il 1° giugno 2009 tutti dovrebbero saperlo, o no?). Stavolta si rifà viva con una treggia assai diversa: una vera e propria treggia da sciùri, che sulle rive del Lago Maggiore, sembra, abbondano. Ed è da sciùri sul serio, questa cosa qui: è una Lancia Aurelia Convertibile B24. Siamo attorno al 1956/57, nonostante la perniciosa ritargatura (i proprietari di vetture del genere dovrebbero sapere che la mancanza della targa originale fa perdere non poco valore alla macchina; ma, tanto, in generale chi ha una macchina del genere è un milionario e quindi può anche fregarsene altamente). Insomma, Adriana stavolta si è lanciata nel bel mondo e nel jet ott (che è anche superiore al jet set); e per una treggia del genere le perdóno volentieri anche la targa bianca!

lunedì 22 novembre 2010

Is1 Raider





A prima vista, anche se un po' da lontano e già calate le ombre della sera, sembrava il famoso Maggiolino arancionero dell'Isolotto; anche perché ero proprio sulla strada di casa e la cosa sarebbe stata del tutto logica. L'Isolotto's Orange è una macchina che non passa inosservata in questo quartiere. Poi, avvicinandomi, mi sono invece reso conto d'essere di fronte praticamente a un suo sosia, ma con la targa che vedete.

Di macchine con la targa di Isernia è probabile che, oramai, ne esistano pochissime persino a Isernia. Fu creata provincia nel 1970, e si sa con precisione la targa IS 0001 fu emessa il 7 settembre di quell'anno. Sempre dalla medesima tabella, si può evincere addirittura la data precisa di emissione di questa targa: il 20 febbraio 1975. In tutto furono emesse 84000 targhe "IS", ed è curioso che l'ultima (IS 84000, appunto) sia stata attribuita il 5 settembre 1994, vale a dire quasi esattamente il 24° anniversario della prima.

Insomma, vederne una, nera e quadrata, non a Isernia ma a Firenze sul Lungarno del Pignone, equivale un po' a trovare un igloo in Africa Equatoriale, o un bosco di mangrovie in Islanda. Una cosa che ha il sapore dell'impossibile; ma mi sto convincendo, oramai, che niente o quasi sia impossibile per il TB... :-)

De tu querida presencia...


Ok, va bene, certo; anzi, seguro. Il solito Cinquino, pure celestino. Vecchiotto d'ordinanza (è del 1967) e con una targa che potrebbe essere anche particolare. Ma, per il resto, non dissimile dalle decine già presenti nel TB, penserete. Sicuri? Anzi, seguros? Andiamo a vederne l'interno:


Ok, d'accordo. Anche questo un solito bell'interno da mezzosacco, i sedili e i copriportiera rossi, l'impareggiabile spartanità del cruscotto...ma riuscite a vedere cosa c'è sulla destra? Ve lo faccio vedere meglio:


Ecco che cosa c'è in questo Mediosaco Senés, che ha catturato immediatamente l'attenzione di Simone il Caporniano (Simón el Capornio), che ha fotografato il tutto e che lo ha inviato al TB oramai da qualche mese. Ma il TB non dimentica mai, e per ogni cosa arriva il suo turno.

Siena o Santa Clara? Le campagne fra Colle e Poggibonsi o Cayo Largo? Per il proprietario o la proprietaria de este Mediosaco revolucionario deve fare, opportunamente, poca differenza. Viaggiare col Che, di questi tempi assai grami, vorrà pur significare qualcosa (assieme al rifiuto delle bruttissime macchine attuali, ed al tenersi una 500 del '67). A proposito del 1967: il 9 ottobre di quell'anno, in Bolivia...e chissà che la cosa non c'entri precisamente. Ché anche con una cosa del genere si capisce che quella del dottor Ernesto Guevara de la Serna non cessa affatto di essere una querida presencia. In tasca a tutto e a tutti.



domenica 21 novembre 2010

Another place, another time. Elba in novembre (6-fine).


Come sempre al termine di ogni "mandata elbana", l'ultimo post della serie è riservato al pezzo forte. Il simbolo dell'Elba, come tutti sanno, sono tre api (e sembra che tale simbolo sia stato suggerito da Napoleone in persona); e la cosa sembra tramandarsi nella presenza massiccia di Api Piaggio che da sempre contraddistingue l'isola. L'Ape è il vero mezzo di trasporto dell'Elba; di trasporto e da lavoro. Rigorosamente cassonata, che porti uva da pigiare o attrezzi, mobili o motori per barche, l'Ape te la ritrovi dappertutto e in ogni condizione. Come questa, sul ciglio dirupato dell'Anello Occidentale (SP 25) fra Pomonte e Chiessi, il mare sullo sfondo e un giovane leccio alle spalle. Non importa, in questo caso, nemmeno pigliare la targa o altro: questa è l'Elba e la sua treggia. Senza tempo. Stuccata: quando la vernice se ne va, inutile stare a perdere tempo da un carrozziere. Mani di stucco e via. Quando lo stucco se ne va, altro stucco (che, peraltro, resiste meglio alla salsedine e al vento). E non le ferma nessuno. Te le ritrovi davanti, le Api, su per delle pènte da far paura, a dodici allora, impossibili da bloccare e da superare. Ti devi rassegnare e procedere, forse sanamente, alla loro lentezza; certo che un bel giorno troverai un SUV fermo per un guasto ad una delle sue centraline di merda, mentre l'Ape elbano continuerà implacabile a andar su. E questa, se mi permettete, è poesia. La quale è più facilmente coglibile in un novembre solitario, che forma l'oggetto, di passione e d'amore, di tutti questi post che qui vanno a conclusione.

sabato 20 novembre 2010

Another place, another time. Elba in novembre (5).





Cronologicamente, questa sarebbe dovuta essere la prima treggia di questa mandata elbana; zàc, appena sceso dal draghetto, una deviazione per dei lavori stradali sul viale Elba (eh sì, il primo viale di Portoferraio si chiama proprio così, con squisita fantasia), ed eccola subito. Una Renault 5 gnùda e crùda, di primo modello, blé scuro da battaglia, e con regolare targa non della provincia. Eh sì, perchè l'Elba fuori stagione rivela le sue vere tregge, quelle autoctone, quelle degli elbani; e, sovente, gli elbani hanno vetture con targhe foreste. Capitate là chissà come, acquisti d'auto strausate, oppure gente che a un certo punto ha lasciato la città natale, magari vessata dalle nebbie padane, per stabilirsi nel sole. E sole c'era; immancabile, a lottare strenuamente con la nuvolaglia novembrina, e riuscendo a vincerla. Inutile, a questo punto, fornire le consuete indicazioni, l'anno di immatricolazione e tutto il resto. Meglio godersi i riflessi abbacinante del sole sulla carrozzeria della R5. Del set di foto prese su questa vettura, m'è toccato buttarne via tre perché davano dei riflessi troppo forti. E questo è tutto. Magari da voi pioveva.

Another place, another time. Elba in novembre (4).




Posto meno "veneziano" del Poggio e della provinciale panoramica che ivi mena da Marciana Alta, non credo ne potrebbe esistere. Un monte con un paese abbarbicato, e sullo sfondo il mare (quello vero, e non la pozzanghera che va sotto il nome di Laguna Veneta). Insomma, ad un certo punto eo Mezosaco venexiano deve essersi stufato di Mestre, di Marghera e di tutto l'entroterra lagunare (nella Venezia propriamente detta dubito che avrebbe potuto circolare...), e aver deciso che era meglio cambiare aria. Anche perché c'è una certa differenza tra l'aria del Poggio, di Marciana Alta, del Capanne e del Perone, e quella -mefitica- dei complessi petrolchimici e delle altre industrie che sorgono alle spalle della Serenissima. Come dargli torto, a questo Cinquino del 1970, che ora si gode l'Isola in uno dei suoi angoli più belli. Per fare altrettanto, sarei quasi disposto a farmi targare Venezia anch'io!

Another place, another time. Elba in novembre (3).




Ebbene sì, lo ammetto: quando vedo una R4 sono disposto a derogare dalla regola & principio fondante del TB, vale a dire le targhe bianconere o arancionere. Con una R4 come questa, seppur già dotata di targa bianca, non era possibile far finta di niente. Siamo ancora a Marciana Marina, in via Ervino Pocar traduttore (e, a questo punto, anche Treggista alla memoria); e non è un caso perché all'Elba le R4 sono ancora assai numerose. La morfologia e il territorio dell'Elba si adattano bene alla R4 e ad altre tregge consimilari: robustezza, stradacce, bagagliaio alla contadina, consumi limitati, menefreghismo assoluto per la carrozzeria. E così ecco questo stupefacente esemplare cui le foto, forse, non rendono completa giustizia. Per esempio, dalle immagini risalta poco il fatto che la vettura sembra essere stata pitturata con della vernice da muri (cosa invero non improbabile). Non si può fare a meno di notare le differenti tonalità di blé (celestino, turchesaccio...?) seguendo il principio artistico della chiazzatura a caso: Basquiat avrebbe approvato. Soleva infatti dire: "Non ascolto ciò che dicono i critici d'arte. Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico per capire cos'è l'arte." E questa, signore e signori, che lo vogliate o meno, è arte. Pop-art nel suo senso autentico (arte popolare). Arte errequattrica.

giovedì 18 novembre 2010

Another place, another time. Elba in novembre (2).




Da un po' il traduttore, almeno a livello professionale (meglio lasciar perdere...) non lo faccio più; però mi è rimasto dentro un rimasuglio di esprit de corps, e ogni volta che mi capita di passare per Via Ervino Pocar traduttore, a Marciana Marina, mi scappa sempre un sorriso e un moto di gratitudine. Un comune elbano che dedica una via a un traduttore, e un traduttore con la T maiuscola, è una cosa che fa davvero un gran piacere.

Via Ervino Pocar traduttore, stavolta, è stata anche prodiga di belle cose. In primis il meraviglioso gattone peloso che fa bella mostra di sé sul blog sorello di Pampalea; ed è in fondo proprio al gattone che devo questa (assai felina) 2CV nera. È stato infatti mentre fotogravafo il gatto che mi sono accorto che, da un parcheggio, stava uscendo questa rara meraviglia. Dico "rara" perché una 2CV nera è davvero poco comune. Questa è di proprietà di una gentilissima ragazza la quale, accortasi che uno strano tizio vestito in giallo e verde la stava fotografando, si è fermata permettendomi di fare tutto il piccolo reportage.


mercoledì 17 novembre 2010

Another place, another time. Elba in novembre (1).




Arrivi all'isola d'Elba, in un cosiddetto fuori stagione che, invece, è la sua stagione vera. Ma, forse, della cosa è più agevole rendersi conto da un altro post foto-asociale pubblicato sul blog della nostra amica Pampalea. Un altro luogo e un altro tempo, anche atmosferico; il regno della luce. Vento forte, colori violenti, l'autunno che è una gloria sfavillante. Mentre il continente annega nei suoi grigiami malumoranti, l'Isola splende; e, all'improvviso, torno a ritenermi un uomo fortunato. Prendere un automezzo e andare, senza nessuna meta. Lentamente. Slow life, come mi diceva opportunamente, al telefono, la Piasintëina; e questo post vorrebbe anche essere un trasporto, in tutte le accezioni di questo termine.

Ed è proprio in questo novembre elbano che le tregge si rivelano nel loro fulgore; ancor di più che nella bella stagione. Era un po' di tempo, sacripant'iddìo, che la categoria delle Tregge elbane non andava avanti; quest'estate non ci sono andato, mi è toccato di lavorare in mezzo alle ernie cervicali, e quando finalmente ho potuto rimetterci piede, me ne sono come riappropriato. Nella solitudine, nel vento, nella luce, sì; e anche in diverse tregge libere finalmente dalle masse vocianti del turismo balneare estivo. Tregge native. Tregge elbane per davvero, stanziali.

E come non cominciare (con due dediche speciali: una a Dora e l'altra a Cristina la Meharista) proprio con questa Meharina vivogialla, in livrea invernale con la capote tirata su e, perdipiù, con una targa da applauso che la rende anche un po' auto di Paperino? Siamo all'ultimo chilometro dell'Anello Occidentale, in quel di Procchio; una Signorina degli Anelli, insomma. La Mehari, porca miseria, incute giovinezza. Ultimamente, debbo dirlo, mi stanno pigliando addosso un po' di lampacci d'età avanzata; un'elbata inghiottita al giusto momento contribuisce a fugare quei lampi. E anche la Meharina gialla, e i salti da ragazzino quando l'ho vista, e un giorno di novembre che spedisce in un'altra dimensione.

sabato 13 novembre 2010

Borderline





Ultimamente, con il termine Borderline si intende qualcosa di non propriamente piacevole: si intende, infatti, qualcheduno le cui condizioni psichiche sono sulla linea di confine tra la cosiddetta "normalità" e la grullaia (follia, pazzia, disordine mentale eccetera). Insomma, un esempio di come con l'inglese si può coprire ogni cosa. A Firenze e dintorni, un tempo si diceva: 'e gli è mezzo grullo, e bastava.

Siccome, però, a me piace molto utilizzare i termini in senso proprio, ho intitolato Borderline questo post perché questa esimia Land Rover del 1976 è stata colta esattamente sulla linea di confine tra i comuni di Firenze e Fiesole. Proprio della serie: il muso a Firenze e il culo a Fiesole. Una situazione un po' particolare, certo non paragonabile a quella di Baarle-Hertog e nemmeno a quella da me descritta in un vecchio e storico post; però, comunque, sempre un piccolo confine con una treggia sopra. Se c'è stato il buco con la menta intorno, ci può stare anche questo!

Il topo di campagna






Tutti conoscono la fiaba del topo di campagna e il topo di città. E poiché i vecchi Tipi 1 (quelli vecchi sul serio, dico: questo è del 1964) hanno un aspetto decisamente...topesco, la cosa ci sta notevolmente bene. Topesco non solo per l'aspetto, ma anche per il colore: e non v'ha dubbio alcuno che siamo in campagna sul serio.

Un parcheggino (privato, che ho ovviamente e impunemente violato) che si è rivelato un vero e proprio accumulo di tregge: succede non di rado nelle campagne toscane, che del resto sono il luogo di origine delle tregge vere e proprie. Tant'è vero, che nel post si scorge anche un Mezzosacco, e ce n'erano diversi altri assieme ad altre vetture e vetturette non disprezzabili.

Nella foto sotto, il Topo di Campagna è ritratto meglio assieme al suo Mezzosacco di compagnia (con tanto di targa felsinea):


Potessi liberamente andare in giro per le campagne, chissà quant'altri tesori del genere troverei. Intanto pigliamoci questo, pure con la sua bella targotta a scarto di 200 (262 062).