domenica 31 ottobre 2010

Morris Dance



Nei paesi di lingua anglosassone, la parola Morris ha una storia variopinta e decisamente affascinante; me ne fornisce l'occasione per parlarne un po' questa non facile performance di Iononstoconoriana. Sì, proprio lui, l'esperto in tregge transcaucasiche: ma stavolta non siamo in quelle lontane & desolate lande, bensì a 500 metri da casa mia, all'Isolotto in via dell'Argingrosso. Insomma, siamo in Translegnaia, o in Cisugnania: scegliete voi dove v'aggrada maggiormente situarvi.

Non fosse stato per il fatto che INSCO si trovava con me in macchina, questa impareggiabile Morris Minor 1000 (palesemente ritargata nel 1982: ebbe infatti un lunghissimo periodo di produzione, sostanzialmente invariata, dal 1948 fino al 1971) mi sarebbe sfuggita. Capita a volte anche al Treggista più inveterato di essersi dimenticato a casa la macchina fotografica: in questo caso importantissimi sono gli amici. E INSCO la macchina fotografica ce l'ha sempre dietro, perdipiù assai più profèscional della mia. Abituato com'è a catturare scatti nei paesi più impensabili, prendere al volo la Morris 1000 per lui è stato uno scherzetto; e lo ringrazio non poco.

Ma dicevo del Morris. Nei paesi anglosassoni è storicamente sia un nome che un cognome, entrambi assai diffusi. E non potrebbe essere altrimenti: è infatti l'autentica resa popolare del nome corrispondente al nostro Maurizio (latino: Mauritius, o Mauricius), e di rimando anche al cognome Maurizi. Le varianti sono innumerevoli: non solo Morris, ma anche Morrice, Maurrice, Morice e la variante più colta Maurice. Una delle più antiche ballate tradizionali anglosassoni (una Child Ballad, per intenderci) si chiama giustappunto Childe Maurice (o Morrice), laddove Childe mantiene il suo significato originale di "giovane nobile" (il significato di "bambino" e assai posteriore). In ultima analisi, il latino Mauritius deriva dal greco μαῦρος "moro, nero, negro" (significato che ha ancora comunemente in greco moderno, dove si pronuncia però màvros), ed è alla base anche del nome "Mauro". "Moro" altro non è che lo sviluppo popolare con la monottongazione in -o- del dittongo -au-.

In inglese, però, l'aggettivo morris significava anche "moresco": da qui il nome, ad esempio, della Morris Dance, la "danza moresca" che rappresenta una delle più antiche forme di danza tradizionale delle isole Britanniche. Se ne hanno notizie a partire da documenti del 1448! Insomma, come dire, guardate un po' dove si può andare a finire partendo da una fototreggia presa all'Isolotto: tout se tient, anche perché l'anziano guidatore della Morris 1000, accortosi che qualcuno lo stava proditoriamente fotografando inseguendolo, ha inscenato una vera e propria danza sul filo dei 100 all'ora, dimostrando che le antiche tregge proprio non muoiono mai. Altro che storie!

Autunno






Autunno del 2010, ma potrebbe essere benissimo quello del 1967, l'anno di immatricolazione di questa Fiat 1100 di ultima serie; dopo di essa, arrivò la 128. Una giornata triste, un colore triste (quel grigio azzurrato che avrebbe intristito anche un Cuorcontento de' Solaris) e feuilles mortes a profusione. Penso a quanto sia legato questo blog alle stagioni e al loro scorrere: una specie di calendario visivo e, a volte, di autentica nostalgija alla russa. Persino l'adesivo della Fiorentina che fa mostra di sé sul retro della 1100 riporta a tempi passati: il Giglio dell' "era Pontello", lo scudetto sfumato all'ultima giornata nel 1982, Antognoni, Daniel Bertoni, Ciccio Graziani... e se ne vedono oramai ancora davvero pochi appiccicati a qualche vetusta macchina, come una specie di treggia calcistica. Sì, c'è davvero tutto l'autunno in questa vettura e in queste foto. Quel senso di malinconia che non è frusta retorica, o che lo è fin quando non ti accorgi di provarlo davanti alla più banale delle cose. Macchine, foglie, un colore, un adesivo: tutto è sufficiente. E il sole che, senz'altro, tornerà, appare lontanissimo e quasi irraggiungibile.

sabato 30 ottobre 2010

Case Minime's cat-coupé




E sia: tornando dopo qualche giorno a postare "tregge personali", per una volta contravvengo all'imperativo di non indicare la zona di Firenze nella quale ho reperito l'esemplare in questione. Ma siccome voglio un gran bene alle Case Minime di Rovezzano, uno di quei posti in cui proprio nessuno va e che invece ospitano un'umanità irreperibile altrove, questo post vada inteso anche come una specie di atto d'amore nei confronti di quel quartiere. Il fatto di avere la "sua" treggia fa parte, appunto, di questo atto d'amore.

La Fiat 850 Coupé in versione "primigenia" è, peraltro, una treggia assolutamente degna di nota in qualsiasi quartiere o città se ne trovi una. Questa qui, targata Pistoia, è del 1966. E qui debbo iniziare una breve digressione: per me, l'850 coupé è in assoluto la macchina più felina che esista; e lo dice un gattofilo inveterato. Sembra un gatto. Assomiglia a un gatto come nessun'altra macchina. La guardi e sembra che faccia "miao". E ci ha pure i baffi, rappresentati dalle alette ai lati del marchio, sul frontale. Una gattomobile in piena regola!

venerdì 29 ottobre 2010

L'esordio di Elena, la Treggista Pischella


Una delle cose che mi dà più goduria treggistica, oltre che un moto di si-spera-legittimo orgoglio, è l'aver catalizzato in questo blog tutto il Treggismo cittadino e nazionale (o quasi). Addirittura si scoprono "nuove leve" del tutto impensabili, come ad esempio Elena C., una ragazza & concittadina di soli vent'anni che già si muove da treggista consumata, con veri e propri Treggia Tours. Le lascio quindi volentieri la parola, con la mail che mi ha spedito qualche giorno fa; e sono parole che vanno lette con attenzione:

Ciao! Mi chiamo Elena, ho scoperto da poco il tuo blog, e devo dire che sono rimasta molto sorpresa (positivamente!), poiché finalmente ho trovato qualcuno che condivide la mia passione per le auto vecchie, o "tregge" come le definisci tu! Purtroppo, vengo quotidianamente presa per grulla per questa mia passione-ossessione per le auto, causa la mia giovane età (sono ancora una pischella, ho vent'anni). I miei amici mi porterebbero volentieri da un dottore di molto bravo, ma non ci posso fare niente, mi piacciono le auto vecchie! Quando mi capita, anch'io vado a caccia di catorcini antichi, e qualche giorno fa, girando per Scandicci (sono di Firenze anch'io, ahimè! :) ), sono incappata in un oggetto di molto particolare. Tutto ciò mi inquieta un pochino, non tanto la macchina, una Renault 5 parisienne, ma gli oggetti che ci sono dentro! Curiosando da fuori si vedevano cuscini, bambolette, spade di plastica, una maschera di carnevale sul poggiatesta del passeggero, un busto d'argilla nel portabagagli ( ! ), e altre stranezze. Ciliegina sulla torta, un bell'adesivo della Municipale spiaccicato sul vetro posteriore. Spero non ti scocci se ti allego qualche foto!





Scocciarmi?!? Porca miseria, se mi "scocciasse" una cosa del genere potrei pure dare le dimissioni da Treggista! Non solo è fenomenale la Treggina in sé (la quale è, en passant, del 1982), ma Elena -ribadisco, da Treggista consumata e persino con notevolissime affinità con lo spirito dei Caporniani- si è concentrata sui particolari all'interno della vettura, particolari che costituiscono il vero Treggistengeist, lo "spirito Treggistico" che non si acquisisce: lo si ha dalla nascita, è qualcosa di insito. Treggisti si nasce, ed Elena, certamente, lo nacque. Purtroppo ho dovuto eliminare la foto con la maschera di carnevale, perché il riflesso del vetro impedisce di vedere alcunché; ma il resto dello strabyliante contenuto della R5 "Parisienne" perugina è ampiamente documentato e costituisce un patrimonio iniziale di tutto rispetto, cui il qui presente ha inteso dare il giusto risalto.

(Fra parentesi: l'avviso della Municipale, con la macchina sottoposta addirittura al Decreto Ambiente, è veramente una chicca fenomenale: la vera Treggia a rischio di smaltimento rifiuti. Qui, però, avrei da dire qualcosa; ma perché al Decreto Ambiente non sottopongono piuttosto gli stramaledetti SUV, che fanno ben più danni di una povera R5 di quasi trent'anni....?)

Che dire ad Elena? Ovviamente di continuare, con la certezza che il TB le pubblicherà tutto quanto con estremo piacere (fino a quando, ovviamente, non deciderà di aprirsi un TB tutto suo, cosa che raccomando sempre a tutti perché qui non vige per nulla il cosiddetto "regime concorrenziale" bensì quello della passione smodata per una data cosa); e poi anche di non curarsi delle sue amiche e dei suoi amici che la "pigliano per grulla". Grulli, casomai, saranno loro con le loro macchinine nuove nuove e sceme sceme. Il vero Treggista, cara Elena, ha sempre vent'anni! E li ha ben più dei ventenni che magari sbavano per le tronfie espressioni attuali della banalità automobilistica. Concludo con un grazie sesquipedale a Elena, e con la speranza di rivederla presto da queste parti!


mercoledì 27 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (5-fine): Sos Mezzosaccos &c.







E per finire la Settimana Meharistica (che, poi, è durata più di dieci giorni per vicissitudini varie), una bella panoramica sul raduno sardo dei Mezzisacchi storici. Certo che la nostra Cristina, oltre ad essere una ggrobbettròtte di vaglia, ci ha anche una discretissima buona stella: insomma, dico, quando il raduno dei Cinquini (& affini) lo becco io, mi piglio una domenica mattina infame di pioggia battente (con il conseguente raffreddore); quando invece lo becca lei, una giornata radiosa, sole a picco, caldo africano...ma si può?!? E sto scrivendo tutto questo, peraltro, nella prima serata veramente gelida dell'anno. Prima, non avendo nessunissima intenzione di cucinare, sono uscito a prendere un paio di panini col lampredotto dal trippaio in via Livorno, e m'è toccato scaldarmi le mani sfruttando il calore della piastra degli hamburger...

La panoramica finale della Settimana Meharistica ci propone peraltro dei pezzi davvero notevoli. Il posto d'onore l'ho riservato alla Fiat Abarth 1000 torinese del 1968, con tanto di cofano posteriore semiaperto e tetto a scacchi bianchi e rossi; ma favolosa anche la Rossina (una Bianchina rossa non può essere che una Rossina, no?...) e da applausi i Mezzisacchi uno in fila all'altro, con le loro brave targhe cagliaritane e Thattharesi. Ciò detto, continuo nella mia meticolosa opera di invidia, immaginando quelle carrozzerie talmente calde da poter friggerci sopra un par d'òva; ma giuro che il prossimo raduno di Mezzisacchi me lo andrò a scovare a metà luglio. Oppure, cosa ancor più opportuna, comincerò fin da ora a fare gli scongiuri affinché il mese di maggio del 2011 faccia il maggio, e non il novembre!

domenica 24 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (4): 5,7 periodico


Cristina stavolta si è spostata in Sardegna (che fa quindi il suo graditissimo esordio nel TB); come il sottoscritto qualche tempo fa, anche lei è incocciata in un raduno di Cinquini; ed è quasi giocoforza che un Mezzosacco abbia una di quelle belle targone da sballo, perdipiù attaccata a una versione decappottabile color ridente cielo fiammingo di novembre. La targa di Casteddu è peraltro di un anno di tutto rispetto, specialmente per il sottoscritto: il 1963. Quarantasette anni che si porta in giro il suo 5,7 periodico: mica male!

venerdì 22 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (4): København


La nostra Cristina Meharista (danese: Vores Meharistinde Kristina), come tutti sanno, è una giramondo assolutamente cosmica. Non mi stupirei di ritrovarla, prima o poi, a fotografare tregge intersiderali nella Guida galattica per autostoppisti. Nell'attesa che la Terra venga spianata per far posto a un'autostrada, e che la risposta a tutto sia 42, ella si limita -ad esempio- ad intrufolarsi ad un raduno di Treggia's Owners danesi e a skataklikkare come una forsennata tutte le meravigliose autovetture che vi prendono parte. Non solo la Fiat 1100 di cui sopra, ma anche:


Una Mercedes R121,

Un'Alfa Romeo Montréal,


Una serie di Ford,


Una miscellanea con un paio di Porsche 911,


e delle vetuste Volvo.

martedì 19 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (3): Er Ducato writerato


Fiat Ducato di vecchio modello, ritargato (eh beh...), parcheggiato in un qualcosa di sotterraneo. Anzi no: qui ci sta proprio meglio underground. E ancor meglio: andergràunde. Segni particolari: completamente sottoposto ad un'energica writerata, taggato (ma non nel senso facebucchiano), istoriato; qualche arcaicista potrebbe dire addirittura miniato. Non si sa, ovviamente, se a cura del proprietario stesso (cosa del tutto possibile, perché per fare affreschi metropolitani del genere immagino che si debbano portare tante bombolette spray di vernice da necessitare un furgone...), oppure da altri.

Non mi fraintendete: a me questo tipo di espressione artistica metropolitana piace parecchio. Sempre che non si esprima su monumenti o comunque in luoghi di altro interesse, è bella. Non ho niente in contrario se i writers si sbizzarriscono sui muri che fiancheggiano la ferrovia, dando letteralmente vita allo squallore. E neppure sui treni: credo che tutti preferirebbero, in Italia, dei treni funzionanti e writerati agli attuali sfaceli che, oltretutto, all'interno sono spesso un prodigio di sporcizia e sciatteria. E lo stesso può anche valere per un vecchio Ducato bianco, che così diventa qualcosa di assolutamente unico. Ovviamente, questo non è un invito a trattare così ogni autoveicolo, anche se su un bel po' di tronfi e banali SUV ci starebbe benissimo :-DDD

lunedì 18 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (2): Un Maggiolone in famija



Tutto X Casa, er macellaro...sì, da queste foto di Cristina trasuda veramente un'aria de famija. Una strada coi suoi negozi, la gente che passa, il mesticatore (*) che nell'insegna si serve delle abbreviazioni da messaggino SMS, e er Maggiolone der settantaquattro parcheggiato sereno, tranquillo, serafico, fotografabile, meharizzabile & treggiabblogghizzabile (ritengo che quest'ultimo, tra i miei neologismi, sia tra i più notevoli; me ne servirò spesso, in futuro). Il suo colore che si potrebbe definire piscio di ornitorinco oppure thè tibetano al burro rancido (cosa che farà, spero, piacere agli eventuali buddhisti appassionati di tregge) completa l'opera...

(*) Stonerà forse questa parola tipicamente fiorentina in un post assolutamente "romano de Roma", però non saprei mai come definire altrimenti il titolare di un emporio di articoli casalinghi (che a Firenze si chiama, appunto, Mesticheria).

domenica 17 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (1): Flavia


La Settimana Meharistica® comincia con questa bella Lancia Flavia berlina di ultima serie, risalente al 1974. Dico "targata", perché in realtà la produzione della Flavia era cessata tre anni prima, nel 1971; si tratta quindi di una reimmatricolazione.

La Flavia fa parte delle famose "Tre F" che rappresentarono la produzione della Lancia negli anni '60: oltre alla Flavia, anche la Fulvia e la Flaminia (che era quella che allora si chiamava l'Ammiraglia della casa). Tre effe assolutamente irripetibili, quando ancora la Lancia era una casa autonoma. Poi la Fiat, come avviene naturalmente in Fiatlandia, si fagocitò ogni cosa. Attualmente, in Italia, non è più possibile parlare di "case produttrici", ma semplicemente di marchi usati a proprio piacimento dalla Fiat. Da notare che nel 1969, anno in cui avvenne il suddetto fagocitamento con la cessione da parte della famiglia Pesenti, la Fiat inglobò anche l'Autobianchi e la Ferrari. Come dire: dalla Bianchina alle fuoriserie passando per le berline e per i coupé di prestigio.


venerdì 15 ottobre 2010

La Settimana Meharistica (Intro)

Che il sottoscritto, nonché vs. spett.le Treggista Preferito, sia da una vita intera appassionato di parole crociate, rebus eccetera (rigorosamente sulla Settimana Enigmistica, tengo a specificarlo e sottolinearlo), è un fatto; che il TB, da oggi, ospiti per una settimana intera tutto il numeroso materiale speditomi dall'impareggiabile Cristina la Meharista è un altro. E, come è lecito attendersi, non si tratta di robetta. Quando Cristina mette mano alla sua fotocamera da treggista chevronnée, gli occhietti si preparino immediatamente a deliziarsi. Doveroso l'omaggio che le faccio taroccando un po' in senso meharistico la mitica copertina della Settimana Enigmistica! E quindi, andiamo pure a incominciare.

martedì 12 ottobre 2010

Tubi, motorini e macchinette (FF/23)



A pensarci bene, non sarebbe giusto che la gloriosa Innocenti di Lambrate faccia soltanto oggi il suo ingresso nel TB. Anche perché, a rigore, di Innocenti ce ne sarebbero già diverse: dal 1965 al 1975, infatti, tutte le Mini Minor che si vedevano in Italia recavano il marchio Innocenti. A Lambrate venivano assemblate su licenza della British Motor Corporation, ma con scocche prodotte in Italia e con aggiornamenti e miglioramenti estetici e meccanici che l'originale inglese non aveva. Se qui ho preferito raccogliere nella categoria "Mini Minor", è perché vi sono vetture provenienti direttamente dall'Inghilterra e altre tipologie. Ancora prima, va da sé, la Innocenti era la produttrice della Lambretta; ma qui rimando a dei post che verranno, perché di Lambrette ne ho trovate qualcuna negli ultimi tempi (e quindi, questo, è un ghiotto annuncio in piena regola).

Quella che vediamo nelle foto è invece una vettura assai meno nota della gamma Innocenti: la Innocenti S, vale a dire un aggiornamento più potente di un piccolo spider (anch'esso di derivazione inglese: il modello originale britannico era la Austin-Healey Sprite) commercializzato come Innocenti 950 Spider ("S" sta comunque per "Spider"). La vettura, nelle sue varie versioni e motorizzazioni, rimase in produzione dal 1960 al 1969; questo esemplare è uno degli ultimissimi, risalendo proprio al 1969. Erano i tempi in cui, direi alquanto correttamente, il nome del modello rispecchiava la cilindrata; un'auto si chiamava "950" e aveva davvero una cilindrata di 950 cc (948 per l'esattezza). Uno spiderino dai costi abbastanza contenuti che voleva rivolgersi al consueto pubblico giovane; in effetti costava "solo" 1.150.000 lire. Il rovescio della medaglia era che non andava nemmeno a pigiarlo: il pubblico giovane, su un'auto del genere, desiderava andare forte e la Innocenti 950 raggiungeva a malapena i 140 kmh. Dal 1963 la cilindrata fu quindi aumentata a 1098 cc, e prese quindi il nome di Innocenti 1100 Spider. Poi venne la "S", con cilindrata invariata e piccole modifiche estetiche.

Ferdinando Innocenti era di queste parti: era nato, infatti, nel 1891 a Pescia, in provincia di Pistoia. Le sue officine meccaniche di Lambrate, ora demolite e trasformate in area edificabile per una serie di condomini, non cominciarono affatto con la produzione di veicoli, ma con quella dei famosi (e ancora utilizzatissimi) tubi per ponteggi, con le giunture inventate e brevettate dallo stesso Innocenti: insomma, quelli che ancora si chiamano e si chiameranno per sempre Tubi Innocenti. Ferdinando Innocenti, del resto, aveva fatto il mestiere di fabbro. Con la Lambretta e la Mini, la Innocenti ebbe un periodo di autentico boom; alla morte di Ferdinando, avvenuta nel 1966, il figlio smembrò la produzione. A titolo di curiosità, il marchio "Lambretta", pur non essendo più in produzione da anni e anni, è tuttora detenuto dalla SIL Scooters of India Limited, con sede a Lucknow, nello stato dell'Uttar Pradesh.


E accattatevill' !





Una Déesse fa sobbalzare ogni volta che la si vede. Questo è un assioma. Poi rossa col tetto bianco: qualcosa di assolutamente sublime, in una radiosa giornata d'ottobre. Del 1974, dato che oramai penso si sia capito che le macchine targate FI 74 sono tutte del '74; prometto che non lo dirò più. Poi, questa ha una caratteristica che ritengo interessante per tutti coloro che frequentano il TB: è in vendita. Basta cliccare sull'ultima foto in basso, e si legge chiaramente il numero da chiamare. Aggiungo che è quello di un'officina meccanica che è esattamente là davanti: quindi, una garanzia che è stata rimessa a puntino dalle sapienti mani del meccanico.

Di più ovviamente non posso dire, perché il TB non è un mercatino. Telefonate se siete interessati. E, se potete permettervelo, compratela perché avere sotto le chiappe una cosa del genere e andarci in giro deve far provare sensazioni che neppure io so; me le immagino e basta. Soltanto mettersi davanti a lei e farsi guardare da quegli occhiacci assassini di squalessa maliarda...

lunedì 11 ottobre 2010

Ronde del Tirreno (FF/22)



Ribadisco che la Porsche, a me, è una vettura che ho sempre avuto sul gozzo. Nulla contro le sue avanzatissime soluzioni tecniche, nulla contro la sua estetica (avrei ben poco da obiettare su quella di questo modello, una 356 del 1967), nulla contro di nulla; ma rimane una vettura troppo legata ad un certo "mondo", e a persone (come lo stesso ingegner Ferdinand Porsche) troppo colluse col nazismo, e che l'hanno fatta troppo franca in nome dell'industria. La stessa industria che il nazismo lo aveva creato e finanziato, del resto. E una macchina nazista per me rimane, anche se a bordo di una Porsche andò a morire James Dean.

Ciononostante, quando su questa vettura ho visto l'adesivo Ronde del Tirreno ho avuto un momento di sbandamento. Come? Addirittura una Porsche 356 per fare le famose ronde di cui si è tanto parlato nei mesi scorsi, e che poi si sono dissolte come neve al sole? Poi, ripresomi, mi dev'essere venuto a mente che era un francesismo, ronde nel senso di "giro, percorso a circuito", o roba del genere. Insomma, stavo già per partire con la solita Porsche nazi-leghista, e invece era soltanto un'innocua giratina di appassionati più o meno "paperoni" a bordo delle loro preziose vetture d'epoca. Sono stato ingiusto, almeno in questo caso. Mi ero già visto i rondaioli in Porsche a giro per la costa tirrenica.

Ad ogni modo, e con tutto ciò che ho da dire sulle Porsche, un torto spaventoso a questa vettura lo hanno fatto. Ma che si mette la targa anteriore fatta con le letterine adesive...?!? Alla targa originale si trova sempre un posto, magari sul parabrezza, magari di lato. Ma questa è una soluzione davvero orripilante. È pur sempre una vettura splendida, seppure algida come il film Olympia di Leni Riefenstahl. A proposito di nazisti...

Ci vuole i' golfino...



Ottobre, e l'autunno -ohimé- avanza. Le giornate si fanno più fresche, e le notti fredde, e ci vuole proprio un bel golfino. A dire il vero, ora che anche le Golf di II Serie si sono treggizzate definitivamente, questo bel Golfino d'ottobre ci può stare mentre è in fase di riparazione. La cosa dà anche occasione per una scena antica: il meccanico chino al lavoro, sul motore a cofano aperto. Con questa autovettura del 1985 siamo anche quasi al limite del "topic ufficiale" del TB, che si fermerebbe -escluse le eccezioni e le ritargature- all'ultima targa arancio-nera (FI E99999).

domenica 10 ottobre 2010

Dal Soviet di Furlè






Avete presente le Tregge della Transcaucasia, ed in particolare questa? Ebbene, qui non siamo in Iononstoconorianistan, bensì a Firenze in un dato punto della lunghissima via Pisana. Ma, per un momento, è sceso il gelo della steppa. La strada si è trasformata all'improvviso in Pisanka ulica. Sì, perché gli è inutile fare: la Fiat 124 e la Zhiguli sono la medesima cosa, in tutte le loro versioni. Stesso rigore sovietico. Stessa micidiale robustezza. Ignoro soltanto se nell'URSS vendessero le Zhiguli di questo impareggiabile colore, che si potrebbe chiamare cacca di cocorita o roba del genere; ma è probabile. Nel Soviet di Furlè (Форумливский совет), da dove proviene questa Fiat 124 Special 1400 del 1974, forse lo chiamavano vòmit ad milpièd o qualcosa del genere, ma la sostanza non cambia. Avanti nel nome del progresso e del socialismo, e in culo a tutto il resto!

R4 di demi-volée


Si ritorna a prendere al volo una treggia, nella figura di questa bella R4 dei primi di gennaio del 1984. Una presa al volo con tutti i cristi del caso, compreso il riflessone di qualcosa sul parabrezza dell'automezzo su cui mi trovavo...

La treggia del Coda







Il Coda è uno dei ragazzi che, tutti i giorni, porto avanti e 'ndrè da un istituto specializzato; si chiama Marco, è alto quasi quant'e me, sa suonare la chitarra e fa una corte spietata a una delle istitutrici. Aveva una gatta vecchissima, di vent'anni suonati, che chiamava Mao; un paio di mesi fa si è addormentata tranquilla. Di parole sa articolarne poche, ma di cose ne sa dire una marea. Io lo chiamo il Coda perché mi chiama così lui; dire Riccardo sarebbe troppo complicato, e allora ha fatto con me come con la gatta: la gatta faceva mao e io ho i capelli con la coda di cavallo. Quindi mi chiama Coda, che è molto più semplice; e, di rimando, io chiamo Coda lui. E gli voglio anche un sacco di bene.

Portandolo in giro tutti i giorni, il Coda non ha potuto di certo fare a meno che, spesso e volentieri, mi sono fermato a fotografare tregge incontrate per la strada. Siccome è un ragazzo molto intelligente, mi piglia naturalmente per il culo e mi fa a volte degli inequivocabili cenni mettendosi un dito alla tempia: insomma, per lui -e a ragione- sono un po' tocco. Ora, succede che abita a pochi metri da una certa carrozzeria che già è assurta agli onori del TB; pochi giorni fa, mentre io stavo per fare bel bello la curva che mette nella sua strada cantando una delle mie solite bizzarre canzoni e curandomi di non picchiare col pulmino all'incrocio, l'ho visto sbracciarsi e indicarmi qualcosa berciando Coda! Coda!

Si stava sbracciando perché aveva visto, lui, la vettura che vedete nelle foto. Dentro la carrozzeria. Non so come abbia fatto, perché lì davanti eravamo passati davvero per un picosecondo. Mi sono fermato per istinto credendo forse d'avere schiacciato un pensionato; e invece mi stava indicando questa Alfa Giulietta Spider del 1961 che il carrozziere stava revisionando. Eccola qui. E a Cesare quel che è di Cesare, anzi al Coda quel che è del Coda. questa treggia è tutta sua. Ed è un regalo che ha voluto farmi. Poi ci bestemmio sul lavoro che faccio, ma probabilmente non lo cambierei mai.