domenica 19 febbraio 2012

Tuscia



Almeno fino a non molto tempo fa, e debbo dire non di rado anche ora, di targhe di Viterbo se ne vedevano sempre parecchie in giro, e in tutta Italia. Vocazione dei viterbesi e dei maremmani meridionali al girovagare? Macché; il fatto era che Viterbo e provincia presentavano le tariffe assicurative più basse d'Italia, e quindi interi autoparchi vi erano immatricolati contribuendo a "rialzare" la numerazione a delle cifre che, forse, la provincia da sola non avrebbe mai raggiunto (l'ultima targa VT, emessa il 31 dicembre 1996, non era comunque "eccelsa": VT 435748). Questa càndida R4 è invece del 1984 e, sicuramente, non fa parte di nessun autoparco. Un pezzo di Tuscia trasferitosi definitivamente a Firenze.

Polivalenza


S'ignora, e continuerà ad ignorarsi, chi sia il simpatico signore che, in abbigliamento estivo e vacanziero si legge tranquillo il suo giornale appoggiato al cofano posteriore di questa Fiat 1100 verde acqua del 1962 e dalla targa assai particolare, con il "doppio doppio" delle prime due cifre. Un esempio di polivalenza automobilistica, con la vettura a fungere da comodo...supporto di lettura e, in definitiva, di relax. Un'immagine che Mark B. offre decisamente "fuori stagione" e che ci fa ancor più desiderare che l'inverno, una buona volta, faccia come il Baglioni...

Bobòtto e l'Abarth




Bobòtto, a cui una "targa bianca" bolognese vagamente parlante dà il simpatico nome, abartheggia da un po' di tempo in una delle più famose treggiaie fiorentine, una strada rivierasca che da sempre si è rivelata come una delle principali "miniere" di questa città (e ce ne sono sempre di nuove!). Qui siamo nel 1987, veramente al limite sia della treggia che dell'Abarth: ma una Ritmo conciata a questa maniera non può non essere presa in considerazione. La Ritmo Abarth 2000 aveva una curiosa particolarità: seppure la "berlina di base" fosse già alla seconda generazione, la versione Abarth, concepita per la prima, continuava ad essere prodotta nelle forme primitive e con un motore da 2000 cc di cilindrata che la rendeva un'autentica mina vagante, ed in senso assolutamente proprio. Il fatto è che la Ritmo era universalmente nota, ad esempio, per la tenuta di strada agghiacciante anche con motorizzazioni più "tranquille"; figurarsi con una bomba da due litri impiantata su un modello che, lo ricordiamo, fu il successore della 128. Ne venne fuori questo indimenticabile purpurrì, rombante e bizzarro. Bobòtto, appunto: la Ritmo che fa il botto!

sabato 18 febbraio 2012

['pɔɐʃə]


Mi sono detto: forse a qualcuno garberebbe sapere come si pronunci davvero il nome Porsche, visto che, in Italia, esso ha catalizzato (come spesso avviene) ogni tipo di fantasiosa pronuncia e possibile (da Porsc' a Pòrrrsce, da Pòarsh persino a Pòrche). L'autentica pronuncia figurata, con tanto di resa nell'alfabeto fonetico internazionale, è nel titolo; quel che nel titolo non può stare è invece l'immagine, raccolta da Mark B., di una mitica Porsche 356 del 1963. La macchina con cui si ammazzano, padre e figlio, i Sequestrati di Altona di Jean-Paul Sartre. La prima vettura prodotta in serie dalla Porsche. E un sacco di altre cose; fu prodotta ininterrottamente dal 1948 al 1966 in circa 76.000 esemplari.

Il motoscafo di terra






Per renderla un coupé sportivo aggressivo, effettivamente, ce l'aveva messa tutta il signor Piero Castagnero, designer della Lancia che la progettò nel 1965. Pur derivando nominalmente dalla Fulvia berlina (uno dei capisaldi del TB, a partire dal suo primo giorno...), di essa non aveva presso che nulla; il suo aspetto era decisamente "nautico", una caratteristica di non pochi coupé (si veda, ad esempio, la Fiat Barchetta, che era "marina" anche nel nome). Il fatto non deve stupire: per le sue linee, Castagnero si era ispirato al motoscafo Riva.

Un motoscafo Riva con a bordo Brigitte Bardot. E dico poco!

Aggressiva e elegantissima al tempo stesso: la Lancia Fulvia Coupé, di cui vediamo qui un esemplare "tardo" (del 1974) è stata senz'altro uno dei vertici della bellezza automobilistica italiana, e forse anche quello più "accessibile" dato che aveva costi relativamente contenuti (che ne decretarono il grande successo). Un vero e proprio motoscafo di terra che non fu sportivo soltanto come aspetto, avendo mietuto fior d'allori in ogni competizione (specialmente nei rallies) dove si presentava. Una vettura che ha fatto la storia dell'automobile italiana.

mercoledì 15 febbraio 2012

Sportbourgeoisie


Nel 1963, sicuramente, di BMW non se ne vedevano circolare molte in italia. La casa bavarese si stava riprendendo da una crisi che ne aveva a dir poco fatto paventare la chiusura; fu proprio a partire dal 1961, con la cosiddetta Neue Klasse (o Projekt E-115) che le Bayerische Motorenwerke ricominciarono a guadagnare mercato, grazie a un formidabile "team" composto dall'ingegnere (e direttore di progettazione) Wilhelm Hofmeister e dai designer Giovanni Michelotti (italiano, eh sí), Georg Bertram e Manfred Rennen.

Questo esemplare, davvero raro (e, di conseguenza, ripreso e fornitoci da Mark B.) è appunto del 1963, l' "anno mio". Si tratta di una 1602 Coupé Karmann, lo stesso Karmann che abbiamo visto all'opera anche in proprio col suo nodello Ghia Käfer-entstanden. Erano cominciate, da un lato, le grosse berline BMW (la 1500, la 1800) e, dall'altro, i modelli sportivi derivati; anche le BMW sportive avevano però un aspetto abbastanza tranquillo, borghese, rassicurante. Comunque la si voglia vedere, fu ciò che ne decretò il successo.

lunedì 13 febbraio 2012

Le avventure di Giannocchio




C'era una volta...
- La solita Cinquecento!-, diranno i miei piccoli lettori.
Esatto! C'era una volta, sí, la solita Cinquecento, ma che faceva finta di essere una Giannini.
Sí, perché questo Halbsack dal colore fantasmagorico (quello, no, non glielo leva nessuno!), del 1969, è un autentico Pinocchio della treggia; o meglio, un Giannocchio visto che, sul davanti, qualcuno ha pensato bene di appiccicargli la calandretta di una Giannini. La quale, d'accordo, modificava le 500; però una Giannini è una Giannini, e quantomeno ci dovrebbe avere (come le Abarth) il cofano posteriore rialzato!
Col colore che ci ha, le si perdona tutto. E, in fondo, anche un clamoroso tentativo di falso come questo è specchio ben preciso di un'epoca e di certe mode...

domenica 12 febbraio 2012

...eppur bisogna andar




Quando, fuori del classico barrino, ho visto questa Vespa 150 Primavera nelle condizioni da "TDP" (Treggia Dura e Pura) che le tre foto riescono forse a mostrare solo in parte, mi è venuta immediatamente in testa la famosa canzone partigiana, Fischia il vento. Si dice o no che un mezzo in certe particolari condizioni d'uso ha fatto la guerra...? Ebbene, questa qui la deve aver fatta sul serio, ivi compresa quella di Liberazione (anche se la targa è "solo" del 1977). Così, visto che la Vespa è pure rossa, mi sono permesso di riadattarle un pochino la famosa canzone:

Fischia il vento, infuria la bufera,
freni rotti eppur bisogna andar
a bordo di questa rossa Primavera
acquistata a saldo per due lir,
a bordo di questa rosa Primavera
acquistata a saldo per due lir.

Se ci monti, ci rischi la pelle,
metti in moto e trattieni il respir.
Pigli una buca e ci vedi le stelle,
il tuo culo ti vuol maledir!
Pigli una buca e ci vedi le stelle,
il tuo culo ti vuol maledir!

Se poi ci porti della spesa le sporte
sull'asfalto ti si spiaccicheràn
tutte le uova, il Dash ed il panforte,
il presciutto e il Ciappi per il can!
Tutte le uova, il Dash ed il panforte,
il presciutto e il Ciappi per il can!

Cessa il vento, si calma la bufera,
sei arrivato, parcheggi e scendi giù.
E gli è proprio come andare in galera,
su 'sta Vespa 'un ci rimonto più!
E gli è proprio come andare in galera,
su 'sta Vespa 'un ci rimonto più.

Dal Granducato



Gli adesivi del Granducato di Toscana furoreggiarono, specialmente appiccicati alle macchine, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. Si trattava in realtà di un negozio di abbigliamento, o qualcosa del genere, che pensò bene di mettere in circolazione migliaia di questi stickers senza nessuna ulteriore specificazione: fu una mossa contraddittoria. Da un lato, la cosa spopolò sfruttando con tutta probabilità l'inizio di certa moda politica "localistica"; tutti, inveendo contro lo stato italiano, si scoprivano "nostalgici" di Canapone, dei Medici, dei Lorena e della Toscana granducale. Dall'altro lato, nessuno ovviamente attaccava l'adesivo pensando al negozio di abbigliamento, il quale scomparve dopo poco senza lasciare traccia alcuna. Tracce, invece, ne hanno lasciate i famosi adesivi, che si vedono ancora oggi su certe vetture un po' attempate della cui carrozzeria fanno oramai incancrenita parte. E' il caso di questo Maggiolino del 1969, "preso al volo" comodamente al classico semaforo rosso che dura una vita.

MIA0000!


Il TB non pubblica usualmente immagini riprese da fonti indirette: ogni vettura che vi è presente è ripresa direttamente per le strade, da me o da altri. Però, per quest'immagine inviatami da Mark B. è doverosa un'eccezione.

Della targa MI A00000, la prima contenente una lettera mai emessa in Italia, si è già parlato. E', sicuramente, anche la targa parlante italiana più famosa di tutti i tempi: fu emessa il 7 aprile 1965, ed assegnata ad un'Alfa Romeo Giulia TI 1300 di colore nero. Credevo che di essa non rimanesse che la foto della targa, che infatti avevo giù pubblicato; ma non avevo fatto i conti con Mark B. e con il suo autentico Museo della Treggia. Mark B. ha tutto, ivi compresa la foto intera della Giulia nera targata MI A00000. Una foto assolutamente indimenticabile, come si vede: la felinità della targa deve aver colpito immediatamente anche il proprietario (e come sarebbe stato possibile altrimenti?), tanto da riprenderne un'immagine con sopra una bellissima gatta bianca (dico io che è una gatta, ma lo dev'essere per forza e poi è un sentito e grazioso omaggio all'amica Pampalea).

Si tratta veramente di una foto storica, non mi riesce definirla in altro modo. Le "targhe parlanti" sono consegnate al ricordo. Immaginiamoci, socchiudendo gli occhi, di vedere la vettura targata NA N00000 con a bordo Berlusconi...

Gens Iulia


Tra tutte le "attività" del TB, quella dei titoli è una delle più difficili. Dare un titolo a un post significa presentare succintamente qualcosa, che sia la vettura raffigurata o una sua caratteristica, un episodio che vi è legato o chissà che altro. Va da sé che, a volte, ci penso a lungo e, sovente, ho cambiato titolo "in corso d'opera" (a volte persino con il post già pubblicato). Stavolta, però, la titolatura è stata rapidissima e senza alcun dubbio. Per questa Alfa Romeo Giulia TI 1300 che Mark B. ha beccato sui viali di circonvallazione, a Firenze, il 14 marzo 2008, ci voleva qualcosa che avesse a che fare decisamente con l'antichità, e i miei trascorsi latineggianti mi hanno aiutato immediatamente. Certo, non si risale ai tempi di Giulio Cesare e men che mai al mitico Iulo (altro nome di Ascanio, il figlio di Enea cui Virgilio fece furbescamente risalire la gens Iulia nel suo poema), ma dal punto di vista automobilistico siamo lì: questa Giulia, immatricolata il 21 maggio 1963 (dato anch'esso proveniente da Mark B.) è infatti la più vecchia ancora in circolazione targata Firenze. E dico poco, visto altresí che Firenze fu fondata, nel 59 d.C., proprio da dei veterani di Giulio Cesare...che magari è pure il nome del cane la cui sagoma si vede chiaramente all'interno della venerabile Alfa Romeo! E si noti come la macchina non abbia perso un milligrammo della sua favolosa e moderna bellezza, a quasi cinquant'anni di distanza. Persisto nel dire che, tra cinquant'anni, non so se si potrà dire lo stesso della maggior parte delle macchine standardizzate e tondeggianti di ora. Non lo so, e neppure lo credo.

La sostituzione





Gli occhi attenti del TB-Freund avranno forse riconosciuto il luogo: è una delle treggiaie storiche (o accumuli) di questo blog, fin dal primo giorno. Quella che magari doveva essere un'isola pedonale, ma che si è trasformata in parcheggio fin dalla preistoria o giù di lì. E, infatti, il 1° giugno 2009 ci andai sul sicuro: già da anni ci vedevo parcheggiata, fissa, una Campagnola che fu tra le primissime tregge fotografate (nonché la prima in assoluto della categoria "Fuoristrada"). Il posto deve essere propizio per i fuoristrada: il 29 ottobre 2009 ecco infatti che vi sostava una Land Rover milanese. Ma non solo: ci avevo beccato, il 28 luglio dello stesso anno, anche una Mini Moke. E altre ancora, compresa una congrua dose di Cinquecento. Un fazzoletto di terreno che non la smette di stupire; e visto che ci passo davanti non so quante volte al giorno (è vicinissimo al luogo di lavoro), un'occhiata ce la do sempre. Fruttuosa, spesso; ora sta avvenendo un cambiamento epocale, però, La Campagnola "storica", che c'era veramente da anni, non la vedo più da mesi. Al suo posto c'è, sempre fissa, questa Land Rover delle Maremme e dal color verde militare, immatricolata nel 1980 (per la cronaca, la Campagnola "primitiva" era invece del 1978). Insomma, sembra essere avvenuta una vera e propria sostituzione di treggia e ho come il sospetto che, in zona, abiti un cultore di vecchi fuoristrada "classici" che li sistema, tranquilli, in quel comodo parcheggio spostandosi normalmente con qualche altra autovettura.

venerdì 10 febbraio 2012

Teuthonentreggien (2)




Erano incominciate poco prima della "grande crisi di novembre", le Teuthonentreggien fotografate e spedite dall'amico Mauro V., italiano abitante in Germania nonché grande tifoso del Genoa. Purtroppo, sono state subito "inghiottite" dal lungo silenzio spezzatosi solo all'inizio di quest'anno; sarà quindi d'uopo dedicarcisi un po', dato che Mauro ci si era messo davvero di buzzo buono e che aveva scovato degli esemplari davvero notevoli per le strade della sua città (non vi dirò qual è, ma la intuirete bene dalle foto a venire).

Questa è una Mercedes W110 (190D) dall'aspetto per natura cardinalizio o presidenziale. Una vettura che, inutile negarlo, incute ancora soggezione; probabilmente non vi s'immagina a bordo tanto il cardinale Hans von Kinderfreund o roba del genere, ma qualche alto finanziere di quelli pesantemente compromessi col nazismo (ora, magari, la vettura è di proprietà di un simpatico ragioniere o di un innocuo pizzicagnolo di Amburgo). Tenuta teutonicamente in condizioni perfette di carrozzeria, non ha raggiunto minimamente la famosa Umanizzazione delle Mercedes (ted. Mercedes-Vermenschlichung) di cui peraltro proprio questo vecchio modello è un caposaldo, specialmente nei paesi Balcanici. No: questa è rimasta com'era. Tanto per orientarsi nella selva delle sigle automobilistiche (Kfz-Kennzeichen) tedesche, questa reca una targa del Rheinisch-Bergischer Kreis (la sigla viene dal capoluogo, Bergisch Gladbach).

La 180D fu prodotta dal 1954 al 1962: vettura "classica" dei film di spie e del solito tedesco arrogante e stronzo, faceva parte del "Progetto W120" e ne costituì il primo elemento in ordine di tempo.

La Farlocchèide




Da qualche tempo si sono accorti che, su certi modelli di autovetture (non necessariamente "tregge" in senso proprio), ci stanno parecchio bene le care, vecchie targhe bianconere quadrate; così, con qualche decreto ministeriale o roba del genere, ne hanno di nuovo autorizzato la produzione e l'installazione, ovviamente con precise limitazioni e a totale volontà e spesa del proprietario. In pratica, chi si ritrova un'auto d'epoca reimmatricolata con una targa successiva al 1975 (vale a dire dei tipi arancio-bianco-nero, con sfondo bianco e alfanumerica attuale), può richiedere, per motivi estetico-storici, che l'immatricolazione corrente sia riprodotta su un supporto "tradizionale", vale a dire la targa quadrata. La cosa ha anche, sembra, un valore economico: un modello ritargato con i supporti più recenti può perdere parecchio del suo valore commerciale, dato che il posteriore era adattato alla targa quadrata e un diverso tipo ne rovina l'aspetto. E' il caso di questa Alfa Romeo GT 1300 Spider, la cui (re)immatricolazione è in realtà del 1987; e una cosa che salta immediatamente all'occhio è la mancanza, tra la sigla e la prima cifra, dell'emblema della Repubblica Italiana. Le targhe quadrate "replicanti" sono autorizzate, ma sono di produzione privata e quindi non posso fregiarsi dell'emblema dello stato. Insomma, inutile girarci attorno: sono farlocche, e farlocche resteranno. Ma se ne comincia a vedere un bel po' (ne abbiamo diversi altri esempi anche nel TB).

giovedì 9 febbraio 2012

Il ritorno dell'Ami 8






A una Citroën Ami 8 (berlina) è legato un episodio importante del TB; si capirà quindi perché mi fa sempre molto piacere ribeccarne una, e non soltanto perché ha fatto parte delle "mie" autovetture personali. Questa qui, familiare, è del 1970. Nel modello familiare si apprezza ancor di più, secondo me, l'autentica stranezza del suo aspetto esteriore: è il look, inconfondibile, delle "francesi profonde". Qui non ci sono mezzi termini: le francesi o le si amano, o le si odiano. Amour ou haine. Io, ad esempio, le ho sempre amate profondamente, sia perché avevano un carattere, sia perché detestavo (e detesto tuttora) l'italico nazionalismino in fatto di "auto dalla bella linea"; inoltre, probabilmente, c'erano componenti "extra-automobilistiche" delle quali non è il caso di parlare qui. Peu importe; il fatto è che proprio le auto francesi più bislacche (si pensi non solo alla R4 o alla 2CV, ma anche alla Dauphine, alla R6, alla Simca 1000...) hanno fatto la storia e sono diventate dei miti automobilistici. Ça sent si bon, la France, anche quando l'odore non era quello del pane fresco alla domenica mattina, ma quello delle barricate d'un certo maggio. Non mi riesce immaginarmele, quelle barricate, a bordo di una 1100 (citazione non a caso).

mercoledì 8 febbraio 2012

Le avvventure di INSCO a Milano



Sulle trasferte del nostro amatissimo & biondissimo INSCO si potrebbero scrivere parecchi libri, sicuramente più di successo -che so io- dell'autobiografia del pallonaro De Canio o delle ultime ricette di Antonella Clerici. Dove lo trovate uno che, in piena Teheran e coi suoi biondi e lunghi capelli all'aria, viene scambiato per una donna senza chador e rischia d'essere arrestato e, forse, fucilato sul posto dai simpatici bassigi, o pasdarân, o che diavolo sarân in quel cazzo d'Irân? E dove uno che, nello stesso Iran (paese nel quale, secondo la sua stessa testimonianza, l'omosessualità si taglia a fette), viene concupito a ripetizione per farsi foto assieme a bei ragazzi del posto (foto vestite, sia ben chiaro!). Bah! Comunque sia, le trasferte INSCO non le fa solo in Iran, nell'Assurdistan e nella Transnerchia del Sudovest; a volte, perlopiù per lavoro, si reca anche in posti più selvaggi di quelli, tipo ad esempio Milano. E poiché oramai da alcun tempo INSCO s'è scoperto treggista (e, debbo dire, con la sua bravura fotografica sarebbe un treggista di prim'ordine se vi si dedicasse in pianta stabile), soltanto lui poteva scovare a Milano una Fiat 1100 TV degli ultimi anni '50 (o dei primi anni '60) targata Palemmo. O meglio: ritargata Palermo, ohimé. Malefiche reimmatricolazioni!

Il 13 settembre 1946


Mark B. è un ragazzo preciso, ma conciso assai. Mentre il qui presente tende spesso a...romanzare (e questa, però, è una caratteristica ben precisa del TB; forse la sua principale, perché abbinare da quasi tre anni una storia qualsiasi a un'autovettura non è, credetemi, per nulla semplice!), Mark si attiene, nelle sue poche righe, alle notizie essenziali. Ciò non toglie che tali notizie essenziali non la facciano comunque immaginare, una storia; e che storia. Prendiamo ad esempio questa Balilla e lasciamo la parola al diretto interessato:

"La cercavo da 20 anni e cioè da quando la intravidi in un garage di via Ghibellina. Era tutta polverosa ma anche rosa dalla ruggine. Ritrovarla oggi in piena forma .... non ha prezzo. Per la cronaca , la macchina è del 37 ( è stata targata targa GE e poi AR) , la targa attuale è del 13 Settembre 1946."

Ecco, immaginatevi uno che intravede una macchina vent'anni fa in un garage, e la cerca per ogni dove. Vent'anni di occhi all'erta, dovunque si passi, e mentre la vita scorre con tutti i suoi fatti, le sue persone, le sue cose; i treggisti mica sono alieni o pazzi, sono persone normalissime con una data passionaccia, un po' bislacca (senz'altro) ma una passione vera ha da essere bizzarra, son buoni tutti a fare il solito bricolage del cavolo. Alla fine la trova, esercitando peraltro una pazienza e una speranza quotidiana assolutamente incrollabili. Ne so qualcosa, ad esempio da quando ho intravisto da un benzinaio in via Aretina una vettura del genere (forse una Fiat 509) targata FI 28... e qualcosa (a cinque cifre, eh!) e che non ho potuto fotografare perché ero lanciato a sirena con un trasporto urgente di sangue; è successo oltre due anni fa, e da due anni non smetto di cercarla. Me ne mancano diciotto, ma la ribeccherò da qualche parte. Sta scritto nel Tao-te-Tregg'. Intanto, il 13 settembre 1946, vale a dire quasi 66 anni fa, veniva emessa questa "ritarga", che Mark ha fotografato anche nel dettaglio:


E arrivederci, chissà, tra un'altra ventina d'anni!

Mi s'era congelato il blog




Prosegue imperterrita l'ondata di gelo siberiano, e non accenna anzi a passare. Dovrà pur farlo; nell'attesa, il vostro Treggista Preferito® constata un po' con piacere e un po' con divertita sufficienza che anche un "gran giornalone" come Repubblica ha scoperto le 500 innevate, pubblicando un copioso "reportage" fotografico scattato ovviamente dopo la gran nevicata romano-alemannica. Tse', arrivata seconda; e chissà che...mah! Non dico altro.

Ma poiché, a noi, di Repubblica ce ne importa il giusto (cioè poco poco), proseguiamo con le tregge ghiacciate di questi infausti giorni di febbraio, proponendo questa Alfa Romeo Giulia Super 1300 del 1975, bella nonostante il colore altrettanto infausto del clima (lillà chiaro?). Siamo nell'ultima fase della Giulia, quella coi doppi fari anteriori e la mascherina nera; la produzione cesserà definitivamente nel 1977. Come curiosità si può ricordare che la prima targa dotata di lettera in Italia, ovvero la mitica MI A00000 (la targa preferita dai gatti di tutto il mondo!) fu attribuita, il 7 aprile 1965, proprio a una Giulia (per l'esattezza, una Giulia TI di colore nero). Ne è rimasta un'immagine, purtroppo della sola targa (non visibile, cioè, sull'interezza del corpo della vettura):


sabato 4 febbraio 2012

Roma chiama, Firenze risponde



Oh, aspettate! Però un Mezzosacco innevato, seppur con una spruzzata rispetto al quasi seppellimento romano, ce lo avevo anch'io! Beh, con tutti questi innevamenti treggistici ci starà comunque bene, considerata anche la sua curiosa targa savonese (del 1969). Colgo l'occasione: se qualcun altro ha, in questi giorni, occasione di fotografare tregge colpite da candida intemperie, non esiti a mandarmele. La nevicata del '12 su macchine sí pure del '12, ma del secolo scorso!

La nevicata del '12


A Roma si ricordano ancora della famosa nevicata del '56, che ha fornito anche lo spunto per una canzone di Francesco De Gregori. Ma quella di ieri, 3 febbraio 2012, rischia non dico di eclissarla ma perlomeno di pareggiarla. Se ne parlerà, credo, a lungo; e, poi, diciamo francamente che gli anni d'inizio secolo, declinati con le ultime due cifre, hanno un fascino sonoro particolare. Dire "la nevicata del '12", per chi l'ha vista e vissuta, sarà un modo per stabilire una specie di mito nei lontani anni a venire, quelli degli immancabili nipoti.

Il TB è, fondamentalmente, un registratore di stagioni, un diario condotto attraverso vecchie automobili; e anche Cristina la Meharista lo sa benissimo e ha capito alla perfezione il Wettergeist che ne è alla base. Lo spirito del tempo, sí, ma del tempo atmosferico, del variare delle condizioni, degli anticipi e delle ricadute. Confesso che, sin dall'inizio del blog, uno dei miei intenti era proprio questo; ma, del resto, è qualcosa che si intuisce ben facilmente frequentandolo. Usualmente la Treggia sta all'aperto, e le sue stesse condizioni dipendono in gran parte dal tempo che fa; d'inverno ce ne sono di meno, di primavera rispuntano come i fiori e le foglie, d'estate rigogliano e d'autunno s'incamminano meste verso la brutta stagione. Impossibile separare le Tregge dal tempo che fa, che peraltro è un argomento bellissimo e complesso di cui parlare e disquisire. Gl'inglesi ne sono maestri, e in questo caso hanno pienamente ragione.

Dunque, poteva Cristina non documentare immediatamente la nevicata che si è abbattuta poco fa sull'Vrbe? Documentarla treggisticamente, dato che è già storica? O non vorrete mica che sul TB ci dedichiamo a cose volgari come Gianni Alemanno, no? La nevicata del '12 è colta da Cristina con questa poetica foto che rappresenta una 500, il prediletto Mezzosacco, innevata a puntino. Dorme il gatto alla grossa, sul letto; anche qui minaccia di nuovo neve e la primavera non danza affatto. Ma queste sono le stagioni, e questa la vita.