giovedì 26 aprile 2012

Il destino del Treggista


Ehm, no. Quella "cosa" che vedete nella foto, non l'ho fotografata io e neanche Mark B., o Fabrizio di Genova, o i Caporniani. Sarebbe un po' difficile vederla in giro, perché sta dentro un museo e non si muove da lì. Gli appassionati l'avranno senz'altro riconosciuta: è la prototreggia in assoluto. Il famoso carro di Cugnot del 1771. Insomma, la quadrisnonna o quinquisnonna di qualsiasi veicolo semovente.

Copiando da Wikipedia: "Si trattava di un veicolo a vapore ed è universalmente riconosciuto come l'invenzione che ha gettato il seme poi sviluppatosi nell'industria automobilistica, oltre un secolo dopo. Tale mezzo consisteva in un veicolo a tre ruote, la cui ossatura era un telaio in legno. La ruota anteriore era quella motrice e la vettura era anche in grado di sterzare, sempre tramite la ruota anteriore. Il motore di questo mezzo era a vapore ed non era che una grossa caldaia sistemata anteriormente, la quale andava a muovere due cilindri verticali di 325 mm di alesaggio e 387 mm di corsa, per una cilindrata totale di circa 62.000 cm³. Cugnot aveva studiato il modo per far muovere il veicolo, ma tralasciò il sistema frenante, così durante uno dei primi esperimenti il carro a vapore finì addosso ad un muro del quartiere dove Cugnot conduceva i suoi esperimenti. L'impianto frenante non era infatti in grado di frenare una massa di 4/5 tonnellate. Questo è stato descritto da molti come il primo incidente automobilistico della storia, ma in realtà non si poteva certo ancora parlare di automobili. In ogni caso, Cugnot perfezionò l'impianto frenante in un secondo modello risalente al 1771. Le prestazioni non erano di certo paragonabili a quelle di una delle prime automobili, che già erano molto più prestanti. In ogni caso, questo grosso mezzo di trasporto (era lungo 7.25 m e largo 2.19 m) poteva trasportare 4 persone a 4 km/h di velocità."

Stasera ho scoperto una cosa, che getta forse luce sul mio destino. Io sono nato, infatti, il 25 settembre di un dato anno (il 1963, per la precisione). Il signor Joseph Nicolas Cugnot, inventore e costruttore della prima treggia della storia, nacque il 25 settembre di un altro dato anno (il 1725). A Void-Vacon, nel dipartimento della Meuse, in Lorena. Insomma, per farla breve: il vostro folle Treggista Preferito® condivide giorno e mese di nascita con l'inventore della prima automobile. Quando si dice il destino? Chi lo sa; solo che, da stasera, sono ancor più contento di essere nato in quel giorno che già condividevo con Sandro Pertini.

Chissà che un giorno, da qualche parte del cosmo, non mi riesca a fare un giro assieme a Cugnot e a Pertini sul carro a vapore. Naturalmente ve lo farò sapere dal Treggia's Blog. Contateci pure!

Mantua me genuit


Se tutte le tregge, grandi e piccole, passassero dall'incrocio in cui ho preso questa foto, mi sa che nessuna mi sfuggirebbe. Il fatto è che quel certo incrocio ha uno dei semafori in assoluto più lunghi della città; quando scatta il rosso, si potrebbe tranquillamente andare al bar vicino a prendersi un caffè, certi che il verde non sia ancora tornato. Verrebbe davvero la voglia di istituire un treggiodotto per convogliarle tutte a quell'incrocio, ad appostarsi; ma poiché questo provocherebbe senz'altro qualche piccola rimostranza da parte degli altri automobilisti e motociclisti, sarà meglio soprassedere e aspettare con fiducia quel che manda il Dio de' Bivi (che, ultimamente, sta facendo un po' il cattivo). Qualche tempo fa, ancora in periodo di gran freddo (come si vede dall'abbigliamento), mi ha mandato ad esempio questa Vespa mantovana del 1976, ferma appunto a quel famoso incrocio. Con tutto il comodo del mondo me la sono fotografata senza neanche scendere dalla macchina (il rischio, concreto, sarebbe quello di morire per asfissia da gas di scarico!). E, così, ecco che si può ritirar fuori l'epitaffio Virgiliano per questa Vespa capitata a Firenze per le solite insonsabili vie traverse: Mantua me genuit....et Florentiae me photographavit Treggista apud bivium maleficum.

martedì 24 aprile 2012

La Memoria


E' la foto di un gatto nero sotto un automezzo, questa. Di un gatto nero e di un'ombra. Il gatto è del tutto simile al mio, anche se i gatti sono tutti unici e differenti; il mio, in questo momento, mentre sto scrivendo, dorme sul letto. E mi piace guardarlo. L'automezzo non è una "treggia", è un furgone moderno. Siamo dentro una stazione ferroviaria, in un'area che, normalmente, è vietata all'accesso. Casualmente, qualche domenica fa, avevano lasciato il cancello aperto.


La Memoria sembra essere come una ferrovia, ci si viaggia sopra e, a volte, ci si deraglia. Ci sono poi i mezzi ferroviari che servono a posare le traversine, come questo qua. Non ne avevo mai visto uno da vicino, fermo. Spesso lavorano di notte, e nessuno li vede proprio. Per un momento ci sono rimasto come incantato; mio nonno era un ferroviere, e per i treni ho una passione smodata. A bassa velocità, certo; ma mi sono sentito un bambino, davanti a quel mostro giallo. Con la voglia di mandarlo io; e sí, che una volta, mi è riuscito per davvero di guidarlo per davvero, un treno. Lo so che nessuno ci crederà, ma la cosa non rappresenta un problema.


Non ha targa. Potrebbe essere stato costruito pochi mesi fa come chissà quanti decenni or sono. Pianta binari e traversine, e piantate dentro abbiamo delle storie, le storie della nostra vita. Ieri, in un post qualsiasi, me n'è venuta da raccontare una, dolorosa. Un ricordo lontano, deragliato. Poi qualcuno mi ha mandato delle cose, delle quali non intendo parlare più; il deragliamento aveva fatto sí che avessi sbagliato una data per un paio di giorni, e dimenticato alcuni particolari. E il mostro giallo, ora, si porta via ogni cosa. Ho usato parole dure. Le userei ancora. Ma è bene, sí, che si porti via ogni cosa.


Non so se ce ne saranno ancora, nel TB, di "tregge ferroviarie". E nemmeno se ci saranno altre storie non legate direttamente alle autovetture. Oppure chissà; non so nemmeno dove mi stia portando quel che sto scrivendo, e forse è meglio così. Sul posatraversine non saprei dire altro, a parte invitare a guardare queste fotografie che, come la Memoria, portano verso un nonsisaddove. Non ha tempo. Non ha termine, e va oltre il buio. 


E resta un gatto con gli occhi lucenti.

La Fortuna



Quelle poche volte che torno alle Cave di Maiano, è difficile che non mi torni a mente quel che successe là un giorno molto lontano. Era il 24 giugno 1973, per la precisione. Trentanove anni fa.

Successe che, essendo un giorno di festa, mio padre aveva portato a fare una giratina nei dintorni tutta la famiglia. Sulla 850 Special beige (targata FI 449929) che avevamo allora. Io, mia madre e mio fratello maggiore. Erano più delle otto la sera, c'era ancora il sole (sono, quelle, le giornate più lunghe dell'anno) e stavamo tornando a casa, a Coverciano, quando a mio fratello venne all'improvviso in mente di non essere mai stato alle cave di Maiano. Mio padre, che allora non ci stava a pensare su tanto, disse: "Vabbè, ti ci porto"; e si andò tutti là.

Si scese, e s'andò sul prato proprio davanti alle cave. C'era una persona. Mio padre cominciò a guardarla insistentemente, come se la conoscesse; poi si avvicinò e le disse: "Ma lei è il Rossi!"; e quello: "No". Mio padre: "No...il Grassi!". Era sí il Grassi; un suo vecchio collega d'ufficio che non vedeva da vent'anni. Cominciarono a parlare e si vedeva che mio padre era contento d'aver ritrovato per puro caso uno che conosceva; quello, però, non sembrava tanto preso dalla cosa. Io ero rimasto indietro; c'erano le vespe che ronzavano sul prato, e allora ne avevo una paura folle. Potevo però sentire la conversazione; il tipo là, il Grassi, sembrava essere stranamente interessato a dei lavori che si svolgevano nell'area. A un certo punto chiese: "Ma qui ci saranno dei lavori?"; e mio fratello gli rispose: "Sí, di sicuro, laggiù c'è una ruspa..."

E fu così. Poco dopo quello andò via, si salutò con mio padre e ce ne tornammo a casa.

Due giorni dopo, il 26 giugno, mio padre tornò a casa per pranzo, verso le due del pomeriggio (usciva alle una e mezzo dall'ufficio dove lavorava), terreo in volto. Aveva una copia della "Nazione" in mano. Mia madre si preoccupò subito, e lui mise sul tavolo il giornale. Nella cronaca di Firenze, ma anche in quella nazionale, c'era la notizia di un gravissimo fatto di sangue. Proprio a Firenze, un uomo aveva prima ucciso la moglie, poi aveva preso il figlio di 10 anni e lo aveva portato via con sé. In Secchieta aveva ammazzato anche il bambino (aveva la mia stessa età di allora) e due operai che lavoravano, che avevano avuto la sfortuna di trovarsi in mezzo alla strage familiare. Infine si era suicidato. C'era la foto del tizio e mia madre cacciò un urlo e si mise a piangere. Il nome: Grassi e qualcosa. Esattamente la persona che due sere prima avevamo incontrato per caso alle Cave di Maiano. Il vecchio collega di mio padre che era stato tanto contento di avere rivisto.

Evidentemente era alle cave di Maiano perché cercava un posto per fare quel che aveva in mente. Le domande sui lavori le faceva perché voleva sapere se ci potevano essere estranei presenti, come purtroppo successe con quei due poveri operai in Secchieta. In pratica, stava cercando il posto adatto per ammazzare suo figlio. La risposta di mio fratello sulla ruspa lo spostò in Secchieta. C'è da chiedersi cosa sarebbe successo se mio fratello fosse stato zitto. Forse due operai sarebbero sopravvissuti, e forse quello lì avrebbe sparato a tutti quanti noi. E' una questione che ogni tanto continuiamo a chiederci io, mia madre e mio fratello; per questo, tuttora, non vado molto volentieri alle Cave di Maiano. Ci sono stato, in quasi quarant'anni, sí e no cinque altre volte. L'ultima poche settimane fa, con la Piasintëina, la Dora e INSCO. La classica passeggiata della domenica pomeriggio che facciamo spesso tutti assieme. E siccome a me le tregge mi vengono incontro, ecco questo bel camper Fiat 242 targato Siena, con tanto di ferro di cavallo. Un portafortuna. La Dora sicuramente apprezzerà per un motivo tutto suo e ben chiaro, ma che non posso dire qui.

La Fortuna, appunto. Fortuna volle che, in quel giorno lontano, il Grassi non abbia tirato fuori l'arma e anticipato la strage. Non c'era assolutamente nessuno, e avrebbe potuto tranquillamentre ammazzarci tutti per poi fare tranquillamente anche quel che aveva nella sua testa di stronzo. Verso gli ometti di merda autori delle stragi familiari non ho alcuna forma di giustificazione e di "pietà", e nessuno mi venga a rompere i coglioni. Anche perché le loro vittime sono sempre le stesse: donne e bambini. E a volte qualche altro innocente che ha la sventura di incrociarli. Mi fa schifo l'indulgenza che i giornali e le televisioni hanno sempre nei confronti di questi assassini vigliacchi. E con questo ho detto tutto. Ci ho trovato la bella treggia, alle Cave; e, ancora una volta, ho raccontato questa storia a chi mi stava vicino. E il pensiero corre sempre a quel giorno lontanissimo, e a quella povera donna, a quel povero bambino, a quei poveri operai. E a tutte le migliaia di donne, di bambini e di altre persone che hanno perduto la vita a causa di merdosi per i quali io, ateo, spero che esista l'inferno.

lunedì 23 aprile 2012

A me la Dea!



Questa Déesse milanarda presa al volo al più classico de' semafori rossi (e che siano benedetti in eterno!), del 1969, esprime nella sua targa un pio desiderio. Talmente pio, che bisogna ricorrere al latino: come alcuni si ricorderanno da' loro lontani studij al Regio Ginnasio "Giosuè Pascoli" (o Giovanni Carducci, non mi ricordo), MIHI è il caso dativo del pronome di 1a persona singolare, e significa quindi "a me". A me la Dea! Magari. A lui, invece, che se la tiene ben stretta e se la fa ammirare dal Treggista Militante che, per fotografarla, sarebbe disposto anche ad un periglioso inseguimento. Per fortuna non ce n'è stato alcun bisogno: ci ha pensato un pròvvido feu rouge.

venerdì 20 aprile 2012

Ricominciare


Senz'altro difficile ricominciare con la normalità treggistica del TB dopo gli sconvorgènti post sugli Illenisti; però il nostro dovere lo abbiamo compiuto, l'umanità è avvertita e la normalità è anche un preciso segnale di resistenza, di non cedimento. Quindi, meglio ricominciare subito. Gli eventi ci troveranno saldi ai nostri posti.

E che cosa c'è di meglio, per ricominciare, che ricorrere immediatamente a Mark B. e alla sua inesauribile Treggioteca? Qui siamo in pieno centro di Firenze, addirittura vicino all'Arno (la spalletta del Lungarno si vede sullo sfondo della foto, in alto a destra). La cosa deve essere messa in risalto: oramai, tra zone blé, traffici limitati, pedonalizzazioni e quant'altro il centro storico è terra bruciata per le automobili in genere, figurarsi poi per le tregge. E devo confessare una cosa: dopo un periodo in cui sono stato favorevole anch'io alle limitazioni del traffico veicolare in centro, ora sono un suo oppositore feroce. E' tutto quanto fumo negli occhi, nient'altro che la solita stronzata in salsa italiana. Prima di tutto, fra permessi e permessini, il traffico è "limitato" solo per modo di dire. Inutile poi "limitare" se si permette ancora di entrare liberamente in centro a caterve di motorini, scooter, scuteroni e quant'altro che inquinano più della Forrestal e creano un traffico spaventoso: a Firenze il traffico delle cosiddette "due ruote" è tentacolare, e fanno quello che vogliono. Inoltre, come è ovvio, le finte limitazioni del traffico nel centro (soltanto un multificio e un sistema per fare cassa) hanno come risultato l'intasamento perenne di tutto il resto della città. Che le nostre antiche città non siano fatte per sopportare un volume di traffico come quello attuale lo vede anche un cieco, ma allora che si prenda una decisione chiudendo davvero il centro. Zàc. Così è soltanto una presa per i fondelli. Si fanno le "zone limitate" e "pedonalizzate" e poi si privatizzano i mezzi pubblici, previo taglio di non so quante linee oramai. Oppure lo si riapra totalmente, smettendola con questa farsa. L' "ambiente", credo, ne guadagnerebbe ben più che con questa scemenza generalizzata.

Detto questo, trovare una treggia nel centro storico di Firenze è rarissimo. Io stesso, che con il particolare mezzo che ho in uso posso circolare più o meno liberamente in centro, non ci vo quasi mai a tentare dei Treggia Tour; se sicuramente ce n'è ancora qualcuna, è perlopiù nascosta in garages privati o commerciali, dai quali non esce mai. Per fare un Treggia Tour in centro occorrerebbe suonare campanelli. All'aria aperta, una treggia in piena regola è una trovaglia da applauso e anche una botta di culo più che notevole: come questa che il buon Mark B. ha scovato in Oltrarno, in una piazza il cui nome ci ricorda più una lavatrice che un'antico spazio cittadino (no, comunque non è né Piazza della CentrifugaPiazza del Dash). Oltretutto, è una treggia coi controfiocchi: una Fiat 1100 Familiare del 1961 che si fa notare per uno splendido bicolorismo (carrozzeria bianca, tetto turchese) del tutto in contrasto con i colori Fiat, storicamente orribili. Bellissima, nulla da dire. E', tra l'altro, la seconda 1100 Familiare che mi ricordo di avere visto con coscienza treggistica. La prima sarebbe stata una principesca Treggia Elbana: nel 2008 sulla piazzetta di Capoliveri, targata LI 7... e qualcosa (quindi circa del 1965), bianca. Purtroppo, allora, il Treggia's Blog era di là dal venire. Ma un'indagine a Capoliveri, quest'estate, è in programma...

Illenisti. L'universo del Marco Polo (7 - fine)


34. Libretto di circolazione

RIASSUNTO DELLE PARTI PRECEDENTI. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo? Le cose sembrano apparire sempre più chiare. Tra profonde considerazioni filosofiche, gli Illenisti cominciano col mostrare la loro superiore tecnologia proponendo ciò che sembra un sistema di frenatura e segnalazione di manovra; ma il mistero più fitto aleggia su quell'angolo di Genova occupato dal "Marco Polo". Comincia agghiacciantemente a diradarsi un po' coi precisi riferimenti alla pratica del "quipu" incaico e, soprattutto, con la fusione del motore che prefigura un guasto avvenuto ad un mezzo intersiderale di alieni ostili, che hanno così stabilito a Genova una testa di ponte: la somiglianza decisa degli Illenisti con gli esseri del ciclo di Cthulhu lovecraftiano pone scenari più che inquietanti. Gli Illenisti, bloccati sul pianeta Terra, propugnano la costruzione di un avveniristico ponte sullo stretto di Messina per servirsene come base per la futura invasione; messaggi di avvertimento ai capi di stato mondiali, al presidente Obama e a Silvio Berlusconi. Dopo un accorato appello al rispetto del giuramento di Socrate da parte di medici, giudici e avvocati, gli Illenisti svelano finalmente da dove partirà l'invasione aliena del pianeta Terra: si tratta della località siciliana di Vallelunga Pratameno (CL), vera e propria "porta d'ingresso" cosmica a misteri che non si possono dire. Tra Scilla e Cariddi si preparano tempi molto, ma molto duri? Può darsi, ma la passione dichiarata degli Illenisti per il vino e l'uva fragola apre scenari diversi: potremmo trovarci di fronti a dei semplici briachi fradici, oppure, volendo, a degli alieni che hanno constatato come sulla terra invadenda non tutto sia proprio da buttare.

Giunti quasi alla fine di questa inquietante cavalcata nell'universo alieno-illenista del "Marco Polo", che ha tenuto occupato il TB per diverso tempo, non possiamo fare a meno di dire che le ipotesi che si affacciano agli occhi dell'umanità sono molteplici, e tutte non rassicuranti. Che cosa veramente si nasconderà in quell'automezzo parcheggiato da chissà quanto tempo in una strada genovese? Gli abitanti della zona sono veramente consci del pericolo? Sembra che gli Illenisti abbiano intuito queste preoccupazioni del vicinato, affiggendo sul MP nientepopodimento che l'intero libretto di circolazione, con tanto di nomi, cognomi e indirizzi. A che cosa serva un "libretto di circolazione" per un automezzo che sta fermo, Dio (o Cthulhu) solo lo sa; ma tant'è. E così veniamo a sapere che i funzionari della motorizzazione civile sbagliano tranquillamente i luoghi di nascita, confondendo allegramente Genova con Capodistria (tanto il mare c'è lo stesso...) e tirandoci sopra un bel tratto di penna assai hi-tech e computerizzato. Di fronte a queste cose, seppur banali, si capisce come mai gli Alieni ci stiano per invadere da Vallelunga Pratameno. E' il minimo che possiamo aspettarci. Ma il libretto ci riserva un'altra cosa ben più allarmante.

Si viene infatti a sapere che il proprietario attuale è tale signora Costa Carmela (è pur vero che la mitologia di Cthulhu e degli "Old Ones" di HPL non contempla figure femminili -insomma, non c'è nessuna Cthulhuessa o nessuna Yogga Sothotha), ma questo non significa poi molto. Pur essendosi sposato, Lovecraft era un noto misogino (e misantropo, in generale), e quindi l'esclusione del femminile dal suo "universo" non deve stupire più di tanto. I nostri Illenisti, invece, sembrano regolarmente ammogliati; e, guarda caso, uno di loro deve avere sposato una Costa. E, all'improvviso, la terribile verità si fa strada:


35. Altro che Schettino!

Insomma, avrete visto tutti. Ebbene sí: sul "Marco Polo" degli Illenisti è, da tempo forse immemorabile, presente un'immagine della Costa Concordia, assieme alla sua "gemella" Costa Serena!

I polsi del treggista tremano nel vergare queste righe finali, e a nulla vale l'avviso Illenista che intenderebbe rassicurare la popolazione con presunte "video sorveglianze". Il misterioso veicolo, di proprietà di tale Costa, reca una precisa immagine della sventurata nave incagliatasi il 13 gennaio scorso davanti all'Isola del Giglio (che, notoriamente, si trova sulla direttrice che unisce Rennes-les-Châteaux a Tenochtitlán passando per la piramide di Cheope e Stonehenge). Altro che comandante Schettino, altro che bella ballerina moldava, altro che torni a bordo cazzo! Il naufragio della Costa Concordia è stato un avvertimento degli Illenisti all'umanità, già presente da anni appiccicato sul Marco Polo. Il destino della povera nave e dei suoi disgraziati passeggeri era segnato, e nulla è valso persino l'intervento di Padre Pio! Il segnale era d'altronde chiarissimo: l'immagine è sistemata proprio sotto il "sistema di frenatura" sotto le diciture RALLENTO - STOP. E uno stop definitivo è stato dato al transatlantico!

Con questa addiacciante notizia chiudo questo lungo reportage treggio-illenista. Il "Marco Polo" è ancora là. Quali e quanti segreti nasconderà ancora? Che cosa dobbiamo davvero aspettarci? Fabrizio, sicuramente, sprezzante del pericolo non mancherà di aggiornarci. Nel frattempo chiudiamo in preda sí a una compensibile angoscia, ma anche fiduciosi che il genere umano saprà premunirsi. Gli Illenisti sembrano invincibili, ma siamo soltanto agli inizi!

(Fine)

martedì 17 aprile 2012

Illenisti. L'universo del Marco Polo (6)


29. Altra veduta laterale del Marco Polo

RIASSUNTO DELLE PARTI PRECEDENTI. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo? Le cose sembrano apparire sempre più chiare. Tra profonde considerazioni filosofiche, gli Illenisti cominciano col mostrare la loro superiore tecnologia proponendo ciò che sembra un sistema di frenatura e segnalazione di manovra; ma il mistero più fitto aleggia su quell'angolo di Genova occupato dal "Marco Polo". Comincia agghiacciantemente a diradarsi un po' coi precisi riferimenti alla pratica del "quipu" incaico e, soprattutto, con la fusione del motore che prefigura un guasto avvenuto ad un mezzo intersiderale di alieni ostili, che hanno così stabilito a Genova una testa di ponte: la somiglianza decisa degli Illenisti con gli esseri del ciclo di Cthulhu lovecraftiano pone scenari più che inquietanti. Gli Illenisti, bloccati sul pianeta Terra, propugnano la costruzione di un avveniristico ponte sullo stretto di Messina per servirsene come base per la futura invasione; messaggi di avvertimento ai capi di stato mondiali, al presidente Obama e a Silvio Berlusconi. Dopo un accorato appello al rispetto del giuramento di Socrate da parte di medici, giudici e avvocati, gli Illenisti svelano finalmente da dove partirà l'invasione aliena del pianeta Terra: si tratta della località siciliana di Vallelunga Pratameno (CL), vera e propria "porta d'ingresso" cosmica a misteri che non si possono dire. Tra Scilla e Cariddi si preparano tempi molto, ma molto duri.

Questi i fatti; ma restano da fare ancora alcune considerazioni rilevanti da fare. La prima è che gli Illenisti, comunque la si veda e qualunque sia lo spaventoso pericolo per l'umanità che essi incarnano, sono dotati di una ben precisa coscienza ecologista:


30. Recupero plastica e geometri

Come si può vedere da quest'ennesima invenzione degli Illenisti, anche gli Alieni si devono essere accorti che il pianeta Terra è in condizioni spaventose. L'ingegnoso sistema di recupero della plastica da essi proposto ci conforta assai; un po' meno quello dei geometri. Sono d'accordo che ce ne siano un po' troppi (ivi compreso mio fratello, debbo dire), ma sottoporli addirittura a smaltimento mediante appoggio di pannelli isolanti mi sembra un po' troppo. La coscienza ecologista degli Illenisti, comunque, è senz'altro degna di lode:


31. Tutto il mondo è un'immensa Scarpino

Con questa comunicazione (invero estremamente chiara) degli Illenisti, apprendiamo che da Scarpino vien giù d'ogni cosa, specialmente di fronte al demolitore "Da Bruno" (che, mi permetto di aggiungere, potrebbe essere un'ottima fonte di tregge). In attesa che tutto il mondo, particolarmente a Borzoli, sia costretto a bere i troiai che produce, veniamo a sapere che le discariche del pianeta Terra sono diventate oramai una sorta di ristorante zoologico. Inutile dire che, stavolta, gli Illenisti hanno pienamente ragione. Vi è però qualcosa che, ohimé, mina alla base tutti i ragionamenti che abbiamo fatto sinora:


32. Le strade del vino

Ordunque, qui le cose si complicano parecchio. Tra rivelazioni, macchinari futuribili, ponti di Messina e sistemi di smaltimento della plastica e dei geometri, ci eravamo quasi convinti che si trattasse di un gigantesco complotto interplanetario ordito da mostruosi esseri venuti da misteriosi accidenti del tempo e dello spazio. Con questa cosa, però, si insinua il sospetto che ci troviamo di fronte a dei comunissimi, anche se più rassicuranti, briachi. Il fatto che su un articolo che parla di strade del vino sia stata pure apposta la consueta effigie degli Illenisti, ci fa nutrire più di un dubbio; dubbio confermato anche da quest'altra comunicazione affissa sul Marco Polo:


33. Uva fragola

Potrebbe decisamente essere che gli Illenisti non siano affascinati soltanto dall'uva fragola (dalla quale si ricava sí il fragolino, una cosa che non è nemmeno classificata come vino), ma da ogni tipo di uva, anche e soprattutto quella che viene utilizzata per produrre il bacchico nettare. Gli Illenisti dimostrano di conoscere bene la storia enologica; si apprende peraltro che il feudo del conte Tascadal dev'essere parecchio singolare, se comprende vigne e una stazione ferroviaria. A far da contraltare a questa loro passione per il succo d'uva fermentato (si vede che il vino deve avere affascinato anche degli alieni: non tutto di questo orrendo e malsano pianeta è da buttare, insomma), gli Illenisti si preoccupano però anche dell'acqua proponendo un'altra loro invenzione che sfrutta le gomme delle automobili per l'irrigazione. Una ne fanno e cento ne pensano!

(6 - continua)

giovedì 12 aprile 2012

Illenisti. L'universo del Marco Polo (5)



22. e 23. Altre vedute d'insieme del Marco Polo.

RIASSUNTO DELLE PARTI PRECEDENTI. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo? Le cose sembrano apparire sempre più chiare. Tra profonde considerazioni filosofiche, gli Illenisti cominciano col mostrare la loro superiore tecnologia proponendo ciò che sembra un sistema di frenatura e segnalazione di manovra; ma il mistero più fitto aleggia su quell'angolo di Genova occupato dal "Marco Polo". Comincia agghiacciantemente a diradarsi un po' coi precisi riferimenti alla pratica del "quipu" incaico e, soprattutto, con la fusione del motore che prefigura un guasto avvenuto ad un mezzo intersiderale di alieni ostili, che hanno così stabilito a Genova una testa di ponte: la somiglianza decisa degli Illenisti con gli esseri del ciclo di Cthulhu lovecraftiano pone scenari più che inquietanti. Gli Illenisti, bloccati sul pianeta Terra, propugnano la costruzione di un avveniristico ponte sullo stretto di Messina per servirsene come base per la futura invasione; messaggi di avvertimento ai capi di stato mondiali, al presidente Obama e a Silvio Berlusconi.


24. Giuramento di Socrate.

Prima di proseguire, è opportuno tornare un momento indietro per segnalare una cosa che, evidentemente, ci era sfuggita. Nell'avviso ai capi di stato affisso sul Marco Polo è infatti contenuta quella che, apparentemente, sembra una svista e che, invece, può contenere dei risvolti filosofici ben precisi. Quando gli Illenisti dicono che i medici si sono dimenticati del Giuramento di Socrate (come evidenziato nella foto), non necessariamente ciò deve essere inteso come un clamoroso sfondone per il giuramento di Ippocrate; il riferimento a Socrate, anzi, è segno di oscuri legami con la più profonda mistica dell'antica Ellade (non scordiamo che Socrate era iniziato ai misteri Eleusini), legami che in gran parte ci sfuggono e che gli Illenisti invece, probabilmente, conoscono. Il fatto poi che il giuramento sia esteso anche ai giudici e agli avvocati mostra ancor di più il preciso riferimento a Socrate, che accettò di bere la cicuta e di non fuggire pur di non contravvenire alle leggi ateniesi che, pure, gli avevano imposto la morte. Non a caso il compianto calciatore brasiliano Sócrates era laureato in medicina!

Ma torniamo a ciò che, in fondo, più ci preme e ci interessa: la futura invasione aliena che gli Illenisti stanno approntando con il progetto per il ponte sullo Stretto di Messina. Come detto nella parte precedente, lo sbarco degli alieni avverrà probabilmente in Sicilia, e non è certo un caso che i Cannata-Illenisti si dichiarino nativi di quella terra. In particolare, è possibile ipotizzare con precisione che il luogo esatto dello sbarco alieno sia una località in provincia di Caltanissetta che gli Illenisti ostentano a più riprese, sul Marco Polo, come nativa. E' possibile che l'umanità, nel prossimo futuro, impari a conoscere bene Vallelunga Pratameno:


25. Vallelunga Pratameno (CL): vedute sul Marco Polo.


26. Vallelunga Pratameno (CL): la stazione ferroviaria.

L'enunciazione di tale luogo inizia con delle normali vedute da cartolina, un po' sbiadite dal tempo; sembra di assistere un po' a Una gita a... della Settimana Enigmistica, ma il successivo particolare della stazione ferroviaria ci parla invece di trasporti, fulcro della logistica in caso di invasione. Resta da vedere come se la caveranno gli alieni con le disastrate ferrovie italiane, naturalmente con la speranza che si portino via l'amministratore delegato Moretti e lo sistemino a qualche decina di anni luce di distanza dalla Terra; in questo caso, ben vengano gli alieni. Vallelunga Pratameno, a dire il vero, si trova assai più vicino a Palermo che a Messina; i motivi per i quali gli alieni debbono averlo scelto per l'invasione ci sfuggono, ma dalle successive foto appare oramai chiaro che è proprio quello il luogo prescelto:


27. Preghiera e sogno dell'emigrante. Mappa logistica.


28. Scilla e Cariddi. Ponti, mostri e vortici.

Quale sarà la vera natura degli Illenisti? È lecito chiederselo, leggendo queste due comunicazioni affisse sul Marco Polo. La località di Vallelunga Pratameno, senza che noi niente ne sapessimo, deve rivestire un ruolo particolare nella civiltà cosmica, sorta di "porta d'ingresso" rimasta celata per tutto lo svolgersi della vicenda umana. Logico che verso di essa gli Illenisti sentano particolare nostalgia, rivelando così in loro dei sentimenti che si esprimono nella commovente preghiera e nel ricordo dell'emigrante. Parole dalle quali, però, traspare un'emigrazione ben più distante di quella dalla Sicilia. I sentimenti, però, sono accompagnati da una bella mappa del territorio: si desidera prova più convicente di quali siano le reali intenzioni degli Illenisti? Intenzioni che sono definitivamente confermate nella seconda foto, dalla quale la tattica si appalesa senza più alcuna ombra di dubbio. Da una parte la captatio mediante il testo "filosofico", e dall'altra un profluvio di ponti, di mostri, di vortici. Quasi gli Illenisti volessero mettere una firma. Scilla, terra di mostri: e la mitologia del grande Cthulhu torna ai nostri occhi (grazie anche, va detto, alle continue effigi degli Illenisti infilate in ogni dove). Cariddi, vortice per l'affondamento delle navi: la fine riservata a chiunque tenterà di opporsi. L'umanità di prepari a una dura battaglia!

(5 - continua)

mercoledì 11 aprile 2012

Illenisti. L'universo del Marco Polo (4)



15. e 16. Cabina di guida del "Marco Polo".

RIASSUNTO DELLE PARTI PRECEDENTI. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo? Le cose sembrano apparire sempre più chiare. Tra profonde considerazioni filosofiche, gli Illenisti cominciano col mostrare la loro superiore tecnologia proponendo ciò che sembra un sistema di frenatura e segnalazione di manovra; ma il mistero più fitto aleggia su quell'angolo di Genova occupato dal "Marco Polo". Comincia agghiacciantemente a diradarsi un po' coi precisi riferimenti alla pratica del "quipu" incaico e, soprattutto, con la fusione del motore che prefigura un guasto avvenuto ad un mezzo intersiderale di alieni ostili, che hanno così stabilito a Genova una testa di ponte: la somiglianza decisa degli Illenisti con gli esseri del ciclo di Cthulhu lovecraftiano pone scenari più che inquietanti.

Dimostrando notevole sprezzo del pericolo, il nostro Fabrizio è arrivato a fotografare anche la cabina di guida del MP, dalla quale appare esattamente ciò che ci si aspettava: il caos cosmico. Mozziconi di matite, cadaveri di penne a sfera, cestini della carta straccia, rotoli di cerotto, barattoli, corde e ogni sorta di rumenta (*): sono i segni tangibili sia di un lunghissimo viaggio che di una lunghissima sosta. Fabrizio mi ha spedito una lunga mail contenente alcune interessanti precisazioni che confermano l'ipotesi degli alieni bloccati a Genova da tempo immemore: sembra che tutto, all'interno, sia stato rimosso trasformando il mezzo in un vero e proprio magazzino su quattro ruote. Ma la notizia veramente bomba è che Fabrizio ha addirittura avuto una conversazione con il Protoillenista, Cannata Salvatore: particolarmente interessante il fatto che, alla domanda rivoltagli da Fabrizio su quanti posti del vasto mondo avesse visitato con quell'automezzo, egli ha risposto seccamente: "Nessuno, è sempre stato fermo qui!". Lo confermano antichi documenti medievali genovesi, tra i quali il Codex Mysteriorum quae occurrerunt atque occurrunt in praeclara civitate Ianuense, del XII secolo, che parlano di un misterioso currus ignivomus avvistato già allora in città e che aveva terrorizzato quei lontanissimi avi. Insomma, il Marco Polo è parcheggiato là da secoli e non si è mai mosso. Giacobbooooo....!!!

Ma è ora il momento di parlare del "fulcro" dell'attività degli Illenisti, vale a dire il Ponte di Messina.


17. Il ponte sullo stretto di Messina.

Il ponte di Messina rappresenta il vero e proprio "cavallo di battaglia" degli Illenisti. Le implicazioni sono chiarissime: con il pretesto dell'utile invenzione (perché, seppur non esplicitato, appare palese che il progetto lo hanno concepito gli Illenisti) e del benessere dell'umanità, il ponte, così come progettato, altro non è che uno strumento di invasione aliena. Come si vedrà meglio in seguito, gli alieni (o entità cthulhuiane) sbarcheranno infatti proprio in Sicilia, recando probabilmente ai nostri Illenisti anche l'agognato motore Iveco Daily che li trarrà dal lunghissimo e forzato esilio genovese.

Il progetto è ardito, e non poteva essere altrimenti. Ingrandendo la foto, si può infatti notare che all'articolo di giornale è allegato un disegno tecnico che illustra come esso sarà realizzato, e che ne chiarisce le vere finalità. Che bisogno ci sarebbe, infatti, di concepire un ponte rialzabile i cui due elementi mobili, data la lunghezza dello stretto, dovrebbero essere di oltre due chilometri l'uno? Immaginiamo gli enormi mezzi con cui l'invasione aliena sarà realizzata, nonché le dimensioni degli alieni stessi (solo il grande Cthulhu sarà almeno un cinque o sei chilometri di larghezza...per non pensare a Yog-Shototh e a Shub-Niggurath, il capro dai mille cuccioli). Immaginiamo anche i poderosi meccanismi necessari per sollevare due chilometri di ponte di qui, e due chilometri di là; capirete che gli Illenisti abbiano bisogno di un pochino di aiuto. Per questo si rivolgono direttamente ai capi di stato (non senza qualche giusta considerazione):


18. A tutti i capi di stato

e, poi, direttamente al presidente Ohbama:



19. e 20. Al presidente degli Stati Uniti Ohbama.

Infine, diremmo in rigoroso ordine gerarchico, gli Illenisti si rivolgono al nostro ex-premier, che fra una Noemi e una Ruby Rubacuori avrebbe anche potuto dar loro un po' di ascolto:


21. Al presidente del consiglio Silvio Berlusconi.

(*) Nota linguistica. Amo molto questa parola, perché il genovese la condivide con l'elbano occidentale (che è la mia "lingua materna", in quanto mia madre è, appunto, nativa di Marina di Campo). Non è peraltro l'unica parola genovese che è presente nei dialetti dell'Isola d'Elba. Fra le altre cose, esattamente come a Genova nell'Elba occidentale il termine è anche un comune insulto personale, e se ne fa in questo caso il plurale ("rumente").

(4 - continua)

martedì 10 aprile 2012

Illenisti. L'universo del Marco Polo (3)


12. Paraurti anteriore e cordicelle "quipu"

RIASSUNTO DELLE PARTI PRECEDENTI. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo? Le cose sembrano apparire sempre più chiare. Tra profonde considerazioni filosofiche, gli Illenisti cominciano col mostrare la loro superiore tecnologia proponendo ciò che sembra un sistema di frenatura e segnalazione di manovra; ma il mistero più fitto aleggia su quell'angolo di Genova occupato dal "Marco Polo".

L'universo marcopoliano-Illenista, lo avrete già capito tutti, merita quantomeno una visitina da parte di una troupe di "Voyager"; perdiana, se Giacobbo s'è smosso per andare a seguire le scie astro-templar-olmeco-druidiche fino in capo al mondo, potrà pure fare un viaggetto a Genova. Tanto più che, sul MP, di misteri ce ne sono a quintalate. Prendiamo ad esempio il paraurti anteriore: apparentemente (e solo apparentemente!) sembra tenuto attaccato alla carrozzeria per mezzo di volgarissimi spaghi, o cordicelle, come si vede nella fotografia. E invece c'è ben altro. Forse qualcuno di voi avrà sentito parlare del quipu, l'ingegnoso e ultramisterioso sistema di cordicelle annodate che serviva agli antichi Incas per effettuare calcoli matematici e astronomici, e anche per descrivere sommariamente avvenimenti politici e economici. Il fatto è che, allo stato attuale, i quipu non sono stati ancora pienamente decifrati e interpretati; quali indicibili profezie nasconderanno? Quali calcoli per gli accessi intersiderali? Sul paraurti del Marco Polo ne abbiamo degli inquietanti esempi; per confermarlo, basterà confrontare i suoi spaghi con un autentico quipu inca:

Un vero e proprio "paraurti-quipu", insomma, che si serve dell'antico e indecifrabile sistema incaico, la cui arte è forse stata tramandata soltanto agli Illenisti. Gli scenari che si aprono sono agghiaccianti! E gli incauti che si ostinano ad accanirsi contro il Marco Polo non possono neanche dire di non essere chiaramente avvertiti:


13. Il tuo nome è ignoto.

Insomma, qui il concetto è chiaro: "Io sono morto". Gli Illenisti devono essere entità sospese tra la vita e la morte, sorta di Nosferatu siculo-liguri al cui contatto, lo si legge esplicitamente, si muore. Si assiste qui anche al rovesciamento di un concetto consolidato: colui che si comporta malamente nei confronti del Marco Polo (sfidando inconsapevole forze che potrebbero condurlo rapidamente a una fine atroce), non è un mafioso. Le implicazioni culturali sono notevoli; l'incontro tra i quipu e l'antica cultura sicula produce effetti devastanti.

Effetti devastanti, però, che non devono aver risparmiato neppure il motore del MP. Nonostante la sua oramai evidente natura di avamposto cosmico e di porta d'ingresso a chissà quali interruzioni del continuum, il Marco Polo ha pur sempre l'aspetto esteriore di un mezzo di locomozione, e quindi deve essere dotato di un motore. Stupisce quindi un po' (ma potrebbe essere un inganno ordito ad arte!) questo annuncio:


14. Videosorveglianza e fusione del motore.

Sappiamo dunque che il MP, come si evince dal foglio a destra nella foto, ha fuso il motore. Gli Illenisti ne ricercano quindi uno analogo, ed alla cosa deve essere posta parecchia attenzione in quanto strettamente collegata alla sorveglianza video comunicata nel foglio a sinistra. Gli Illenisti, è oramai palese, provengono da una civiltà aliena. La somiglianza precisa degli Illenisti con le entità del ciclo di Cthulhu lovecraftiano è del resto evidente:

Gli Illenisti appaiono sempre di più come viaggiatori di civiltà estranee e antichissime, perdutisi nello spazio-tempo e approdati chissà come a Genova; trovandosi nella necessità di camuffare il loro mezzo, hanno pensato bene di fargli prendere le sembianze di un Fiat Daily dell' '85, mentre loro assumevano sembianze vagamente umane. Ma un giorno o l'altro dovranno pur riprendere il viaggio, e cercano un motore; da inventori e ricercatori quali dichiarano di essere non avranno difficoltà a lanciarsi di nuovo nel loro vagare senza meta per il cosmo e per il tempo. Appare qui più chiara anche la qualifica di costruttori di città: come non pensare alle tenebrose città morte, a R'lyeh dove il morto Cthulhu attende sognando ("io sono morto", dichiarano gli Illenisti...) e alla mostruosità antartica delle Montagne della Follia? Ancora una volta il vecchio, caro HPL ci svela la verità...

(3 - continua)

lunedì 9 aprile 2012

Illenisti. L'universo del Marco Polo (2)



7. e 8. Vedute di posteriore e di profilo del Marco Polo. Ingresso a indicibili misteri?

RIASSUNTO DELLA 1A PARTE. Il "Marco Polo" è un furgone Fiat Iveco Daily del 1985 parcheggiato in una strada di Genova. I suoi proprietari, i signori Cannata Salvatore e Franco (inventori e ricercatori, costruttori di città e Illenisti), sottoposti a continue minacce e vessazioni da parte del vicinato e costretti a loro volta a forme estreme di autodifesa, vi tengono in realtà oscuri e sfuggenti rituali magico-sciamanici. Il "Marco Polo" come porta d'ingresso a un universo parallelo?


9. Storico e culturale. Brevetti immortali.

I signori Cannata, pur nell'inquietante quantità di misteri che avvolgono il MP, dimostrano comunque un lodevole rispetto della Legge: da questo avviso presente sull'automezzo (nel quale dichiarano ulteriormente le loro attività compresa quella, fondamentale, di Illenisti), si evince infatti che le loro invenzioni (o creazioni) sono state regolarmente brevettate, e la cosa - come si vedrà meglio più sotto- ha dei risvolti non indifferenti. E' giunto il momento di addentrarci in tali invenzioni, partendo subito da una apparentemente "minore", ma che già fa perlomeno intuire in che cosa consista l'Illenismo applicato: il sistema di frenatura e segnalazione del "Marco Polo".


10. Varie. Il sistema di frenatura e segnalazione (veduta generale).

In questa immagine generale, la descrizione accurata del sistema di frenatura e segnalazione inventato dagli Illenisti (con relativo schema di funzionamento, applicato però a un camion) si trova appiccicata sulla parte destra del finestrino (si prega di cliccare sull'immagine per una migliore visualizzazione). Tralasciando per ora le comunicazioni affisse sulla parte sinistra (tra le quali, comunque, una riflessione filosofica sull'amore e l'odio che, tra le altre cose, ci fa sapere che degli Illenisti si dev'essere occupato anche l'importante e diffuso periodico Cronaca Vera), si può vedere come l'ingegnoso meccanismo creato dai signori Cannata possa applicarsi anche a degli scooter. Naturalmente, anche qui si sono verificati per i nostri Illenisti alcuni spiacevoli contrattempi con le autorità: in particolare con due vigili urbani genovesi (dei quali vengono declinati nominativi e matricole con precisione). Secondo il principio universale ubi maior, minor cessat, però, ci hanno pensato i Carabinieri a rimettere a posto i due agenti municipali, senza contare che gli Illenisti hanno pensato bene, per tutelarsi ancor più nei confronti delle cieche e sorde autorità cittadine, di rivolgersi, nell'ordine: 1) al Capo dello Stato; 2) all'Antitrast; 3) al Ministro di Giustizia. Da elogiare sicuramente questo comportamento consono alle Leggi, che senz'altro -come espressamente dichiarato nella comunicazione- evitato una rivolta. E a Genova, fin dai tempi del famoso Giovan Battista Perasso (5 dicembre 1746), di rivolte sono senz'altro esperti. Ma vediamo adesso nel dettaglio come funziona il sistema brevettato di frenatura e segnalazione del MP, applicabile ad ogni mezzo di locomozione:


11. Brevetto.

Secondo tale sistema, premendo fino in fondo il pedale del freno, si accendono le segnalazioni "rallento" e gli "stop"; premendolo invece leggermente si accende soltanto "rallento" mentre, con la retromarcia inserita, si accende "manovra". Il tutto è collegato a un interruttore centrale in cabina: nella foto in alto, sotto il titolo, si vede chiaramente (sopra i portelloni posteriori) l'intero ambaradàn.

(2 - continua)

Illenisti. L'universo del Marco Polo. (1)




1. e 2. Vedute generali.

Con questa serie di post, tutti dovuti alla magica fotocamera di Fabrizio di Genova, il Treggia's Blog s'imbarca forse nella sua più incredibile avventura. Questo automezzo non è, infatti, una semplice "treggia": è un universo a sé stante. Lo stesso Fabrizio, da intenditore sopraffino qual è, se ne deve essere accorto immediatamente: e ha scattato trentacinque foto di questo automezzo, in ogni suo particolare. E' oramai un bel po' che Fabrizio me le ha mandate, e vi posso assicurare che tutte, dalla prima all'ultima, meritano di essere viste. Il TB, penso, vi ha abituati sovente a uscire dall'ordinario automobilistico; ma qui siamo tout court fuori dall'ordinario in senso generale.

Si capirà bene che gestire trentacinque foto di un solo automezzo comporta qualche problema; chiaramente non si può fare un solo post di dimensioni mostruose. Tutto il materiale è stato quindi suddiviso in diversi post, raggruppati in una nuova categoria apposita sovrapposta alle due già esistenti per il Fiat Daily e le Tregge Genovesi. Andiamo quindi a incominciare, con una necessaria precisazione. Nei post compariranno nomi, cognomi e altri dati personali, dato che i proprietari del mezzo li hanno affissi in ogni dove sull'automezzo stesso, che è fermo sulla pubblica via a Genova. Credo sia comunque opportuno specificarlo prima di procedere.


3. Identificazione del mezzo

L'automezzo è un Fiat Daily del 1985, si trova come detto parcheggiato in una data zona di Genova e ha un nome ben preciso: si chiama "Marco Polo" (che, nel prosieguo dei post, sarà abbreviato costantemente in "MP"). Questo è il nome che gli ha dato il proprietario, di chiara origine siciliana: il signor Salvatore Cannata, che dichiara le sue generalità sullo sportello anteriore sinistro (lato guida), assieme a due dei suoi pressanti interessi: il Ponte di Messina e Scilla e Cariddi. Vedremo meglio in seguito quanta importanza abbiano queste due cose nell'Universo MP.

Il signor Cannata sono in realtà due (probabilmente fratelli, o padre e figlio). Nell'Universo MP uno e bino (bino è l'aggettivo numerale per "due" corrispondente al trino biblico) questo apparirà del tutto normale. La binità marcopoliana si compone infatti del signor Salvatore Cannata e del signor Franco Cannata. Costoro ricoprono le importantissime funzioni di inventori e ricercatori, costruttori di città e, soprattutto, di Illenisti:


4. Inventori e ricercatori, costruttori di città, Illenisti.

Quel che appare dal "collage" riportato sopra (che ci presenta peraltro anche il signor Salvatore Cannata affacciato alla finestra della sua abitazione) ci introduce più a fondo nei misteri dell'universo marcopoliano. Le prime due attività dei signori Cannata sono infatti chiarissime: essi ricercano e inventano, e costruiscono città. La terza attività, invece, attiene evidentemente ad un universo parallelo che non ci è noto, e del quale il MP costituisce forse l'ingresso: l'Universo Illenista. Come il sottoscritto, cerchereste inutilmente su Google qualche riferimento: non ce n'è. Scervellandomi per penetrare in questo arcano, sono arrivato a ipotizzare un qualche collegamento con l'Ellenismo, ma sul MP non è presente neppure una lettera dell'alfabeto greco. Che cosa saranno, dunque, gli Illenisti? L'umanità attende una risposta. Qualche indicazione, forse, riusciranno a darla i numerosi messaggi in codice presenti sull'automezzo, tra i quali questo ci sembra particolarmente interessante:


5. Buttala dendro

Appare probabile che il mistero degli Illenisti risieda all'interno del MP, cui purtroppo Fabrizio non ha potuto o voluto avere accesso: conscio forse di trovarsi davanti all'ignoto, ha preferito limitarsi a fotografare quel che si vedeva alla luce del sole. Le implicazioni magico-sciamaniche sono palesi: quel dendro del messaggio, infatti, non può che essere ricollegato al greco δένδρον (si legge dèndron) "albero", e l'albero, come si sa, ha connotazioni rituali e druidico-mistiche che ci fanno pensare realmente all'impensabile. L'invito a "buttarla dendro" sarà dunque rivolto all'albero magico, come il mitico frassino Yggdrasill della mitologia nordica? Buttare, poi, che cosa?

L'inquietudine aumenta leggendo questi ulteriori avvertimenti presenti sul MP:



6. Il quartiere stanco. Intimidazione a Genova.

Viviamo sicuramente in un'epoca violenta. Anche gli Illenisti devono fare i conti con la cattiveria del mondo, in questa continua Götterdämmerung che non ha rispetto neppure per il soprannaturale. Apprediamo così che il MP, baluardo di sacralità (oltre che di ricerca e invenzione, e di urbanistica applicata), deve lottare, assieme al suo dendro, contro cose assai volgari e terrene come i danneggiamenti alle autovetture, per gli autori dei quali si prospettano pene terribili. Pene che, però, anche la binità Illenista deve purtroppo subire: ma è possibile che anche le entità divine debbano avere a che fare con la proprietà privata, sorbendosi minacce, incendi e recisioni di gomme? Gli Illenisti, quindi, hanno dovuto confrontarsi con questo malvagio universo: la decisione di dotarsi di un'arma da fuoco contro chi, novello Bernardo Provenzano, lascia i pizzini sul parabrezza e danneggia il MP, non lascia adito a dubbi.

(1 - continua)

domenica 8 aprile 2012

La suvva e la Bianchina


Poichè oggi gli è Pasqua e Cristo è risotto (per i milanesi) oppure è risolto (per gli appassionati di cruciverba), bisognerà pur festeggiare questo importante avvenimento con un'immagine un po' speciale; e ce l'ha mandata, qualche mese fa, Mark B, detto "Uno-A-Caso".

Questa Bianchina Panoramica ne avrebbe di banane anche se fosse stata fotografata "in solitaria": di gran lunga è la più vecchia targata Firenze inserita finora nel TB, risalendo come risale al 1961. Ma quel che rende davvero speciale questa fotografia è il contrasto con il SUV che sta proprio accanto alla Bianchina, che poi è un Fiat di dimensioni nemmeno esagerate rispetto ad altri che si vedono in giro, veri e propri Costa Concordia delle strade (e spesso guidati da autentici comandanti Schettino, come quello che giusto iersera ho mandato pesantemente in culo sul lungarno Ferrucci).

Ora, naturalmente, non vorrei infierire. Però le dimensioni non riusciranno mai a far torreggiare uno di quei tronfi e inutili autoveicoli su una Bianchina del '61. E' lei che torreggia, coi suoi cinquantun anni portati come se niente fosse. Come fosse Sofia Loren accanto a una "velina" o roba del genere: la gente si girerebbe per guardare la quasi ottantenne signora, non la ragazzotta taglia 42. Non che io voglia paragonare Sophia Loren a una Bianchina, ci mancherebbe; ma il concetto è quello.

E insomma, comunque la si voglia mettere, bonapàsqua e pasquate con serenità. Ché, detto da un miscredente incallito come il sottoscritto, deve pur avere un suo valore!