sabato 31 marzo 2012

I' furgone d'i'macellajo




L'Antica Macelleria Falorni di Greve in Chianti è un tempio. Chiunque voglia, almeno per una volta nella vita, vedere sul serio che cosa si intenda per bistecca a Firenze e dintorni, deve andare dal Falorni e guardare quel che ha sul bancone, e poi farsene tagliare una anche "media". Un macellaio milanese, con una bistecca "media" del Falorni ci taglierebbe fettine per due giorni e mezzo; oppure, quella che è una "bistecca" per un macellaio napoletano farebbe prendere al Falorni una crisi micidiale di risate convulsive. Unicuique suum; ai milanesi i risotti e gli ossibuchi, a' partenopei la pizza e la pasticceria, ma per le bistecche siete vivamente pregati di lasciare stare i fiorentini e di tenervi le vostre solette da scarpe "ben cotte". Dal Falorni ci sono stato qualche volta, non solo per le bistecche ma anche per i suoi notevoli salumi; oltretutto, si trova proprio in piazza di Greve, e la piazza di Greve meriterebbe comunque una visita anche se non ci fosse il Falorni. Qualche volta; e lasciandoci, questo va detto, delle cifre immonde, da collasso cardiocircolatorio. Però si vive una volta sola, e morire senza avere assaggiato almeno una volta la chianina del Falorni vuol dire non aver vissuto. Purtroppo, in queste mie rade visite all'antica macelleria, non mi ero mai accorto di che razza di furgone fosse dotato quel mirabile esercizio commerciale; e se non me ne sono accorto io, potete star certi che invece se n'è accorto Mark B., il quale mi manda queste foto. Il Falorni, insomma, per trasportare bistecche, presciutti toscani, buristo e quant'altro, si serve di questo Fiat 1100T a Muso Lungo del 1953.


Con questo post, viene uguagliato il record mensile di post (51) che resisteva dall'aprile del 2010. Lunga vita al Treggia's Blog!


Il triangolo no!


Dovrebbe essere questo, almeno per quel che mi riguarda, il primo camper che sembra un furgone dell'ANAS o, comunque, qualcosa che ha a che fare con la manutenzione delle strade. Agghindato elegantemente da asfaltatura in corso, questo stupefacente protocamper veronese di colore incognito, montato su un Fiat 238 del 1981, ci ricorda da vicino una vecchia e famosa canzone di Renato Zero: evidentemente rifiutato all'interno, già occupato da ogni sorta di cose, il povero triangolo è stato sistemato all'esterno, sul retro. Si immagina quasi la scena: "Cara, il triangolo lo metto qui fra le scatole di ceci, le bombolette del Ferox e il ritratto della zia Astianatta..." "No! Lo metti fuori! Il triangolo no, io non lo avevo considerato!" E, viste le apparenti condizioni dell'automezzo, mi sa tanto che quell'utile accessorio non deve essere adoperato di rado. Comunque sia, dopo avere incrociato il camper triangolato per la strada, in un grigio pomeriggio d'inverno, mi è capitato di ritrovarlo comodamente parcheggiato da un'altra parte (in una delle solite treggiaie secolari), e ve lo propongo quindi in tutta la sua smagliante trigonometria:




Le tregge di Amici Miei (3): La defecatio hysterica


Qui siamo passati all'Atto II di Amici Miei ma, per quanto riguarda le tregge, la musica non cambia. Anzi, direi, migliora addirittura. In questa famosissima scena, ai mostri sacri del cinema italiano se ne aggiunge un altro, che lo è stato anche del teatro: Paolo Stoppa. Romano de Roma com'era è un po' a malpartito con l'accento fiorentino, anche se faceva del suo meglio; ma ovviamente a un Paolo Stoppa si perdona tutto. La scena, lo avranno capito tutti i cultori di Amici Miei, è quella della "Defecatio Hysterica", il terribile tiro mancino giocato ai danni dell'usuraio. Siamo nelle campagne attorno a Firenze e, quel che più conta, tutta la banda è a bordo della sbuffante macchina del Mascetti:




Orbene, se nel Primo Atto il Mascetti girava su una presupposta "Oldsmobile del '59" (in realtà una Ford Thunderbird), nel secondo è passato a una vettura che dev'essere, a mio parere, unica in Italia (e chissà dove andarono a scovarla per girare il film). Si tratta infatti di una Mercury Montclair di cui, verso la fine della scena, si riesce a leggere benissimo anche la targa: PT 20447. Ciò permette di stabilire che la vettura è del 1958.

La Mercury Division faceva parte della Ford Motor Company e produsse la Montclair dal 1955 al 1960 e poi, di nuovo, dal 1964 al 1968. Non risulta che sia mai stata importata in Italia, e quindi l'esemplare usato per girare il film (e che Tognazzi guida di persona) sarà sicuramente stato fatto arrivare da un collezionista o roba del genere. Unica anche perché difficilmente su altre avrà posato il culo dentro una compagnia recitante di un tale livello. Se quella vettura esiste ancora (cosa che auspico), ne serberà memoria eterna.

venerdì 30 marzo 2012

Fiorin Fiorello


E' particolarmente raro, per non dire unico, che la prima foto di un post del TB rappresenti un particolare presente su un dato automezzo. La prima foto è usualmente quella frontale, la "faccia" di una macchina; ma stavolta faccio un'eccezione. Un po', sicuramente, perché si tratta di un camper. Treggisticamente parlando, non ho un'eccessiva simpatia per i camper (T1 a parte): sono automezzi spesso ripetitivi e privi di caratteristiche salienti (a parte quelli "pitturati", ma si fanno sempre più rari). I modelli-base sono sempre quelli (Transit, 238, Ducato, T2...). D'altro canto, presentano spesso targhe "esotiche" per Firenze e, come in questo caso, piccoli particolari che catturano l'attenzione. Il "fiorellone" che campeggia sulla fiancata di questo Ford Transit mi ha come intenerito, diciamo. Ma non c'è solo questo.




"Fiorin Fiorello", il camper in questione, eccolo qua. Un comune Ford Transit del 1984, letteralmente riempito di fiorelloni (specialmente sul cofano anteriore). Un camper è automezzo su cui si vanno a fare vacanze all'aria aperta, vita sana, paesaggi ameni e happy family, e quindi gli addobbi un po' hippeschi o vivalanatùra sono abbastanza frequenti. C'è da dire che questo camper completa un po' la "smazzata" di tregge di qualche tempo fa: lo vedo infatti da anni sempre nella stessa strada, e più o meno anche nello stesso posto. Quasi ovvio per un camper: è un automezzo che, di solito, viene smosso per venti giorni all'anno, e per gli altri 345 resta parcheggiato in strade larghe, spiazzi, parcheggi di ipermercati e roba del genere. Non mi ero mai deciso a scendere a fotografarlo, per una delle più gravi sindromi del Treggista: quella del "Tantostasemprelì". Poi va a finire che il bel giorno in cui ti decidi, zàc, non c'è più. Meglio forzarsi una buona volta!

Tanto più che ha una targa che merita qualche considerazione. Non tanto per la sua consistenza, ma perché è di Aosta. Una targa aostana è particolare di per sé. Prima di tutto per la presenza, unica per le targhe italiane fino al 1994, dello stemma regionale: la provincia di Aosta corrisponde all'intera regione a statuto speciale della Val d'Aosta, e lo stemma sulle targhe rappresentava esattamente questo "status" peculiare. Anche dal punto di vista assicurativo: le tariffe erano molto inferiori rispetto a quelle di altre regioni italiane, e una parte non indifferenze dei mezzi immatricolati nella provincia/regione era costituita da vasti parchi auto (tipo della vecchia SIP: qualcuno si ricorderà che, ad esempio anche a Firenze, le Pande furgonate della compagnia telefonica erano quasi tutte targate Aosta).

Le targhe aostane presentano anche un'altra curiosa particolarità, non a tutti nota. La loro numerazione cominciò regolarmente nel 1927 (il 27 novembre 1927 fu emessa, ad esempio, la targa 882 AO). Nel 1948, però, fu istituito lo statuto speciale (in origine solo per la provincia, poi dal 1970 anche per la regione) e, caso unico in Italia, la numerazione delle targhe ricominciò da 1 con l'introduzione dello stemma (la targa "AO 1" con lo stemma fu emessa il 1° ottobre 1948). Le targhe precedenti (dette "AO vecchia serie") furono tutte sostituite senza tenere conto della numerazione originale: anche questo un caso unico in Italia. Nonostante i parchi auto, le targhe AO sono sempre rimaste rade, se non rare. L'ultima, AO 232500, fu emessa il 21 luglio 1994.


Targa AO senza stemma del novembre 1932.


La prima targa (AO 1) con stemma emessa il 1° ottobre 1948.


Targa AO con stemma del 1973.


Targa motociclistica AO con stemma del 1984.

Vedete insomma che il Fiorin Fiorello camperello aostano ce ne ha date comunque, di cose interessanti da dire!

giovedì 29 marzo 2012

Naturalmente!


Una scommessa del genere, i bookmakers londinesi non la piglierebbero nemmeno in considerazione da quant'è facile. Scommettiamo che Mark B., dopo che ieri (anzi, stanotte) avevo nominato l'introvabile Autobianchi A111, me ne spedisce immediatamente una? Non c'è storia. Eccola qua, a Arezzo, "sul ciglio della strada ma in qualche modo circolante" nonostante la notevole rincalcata nel didietro che ha ricevuto. E' del 1970.

Prodotta per soli 4 anni, dal 1968 al 1972, la A111 derivava da un progetto abbandonato dalla Fiat, il Progetto 123. La Fiat 123 non nacque mai, anche perché non dico che fosse la copia conforme della 128, ma quasi. Le due vetture, comunque, si somigliavano parecchio; un treggista ancora non allenato perbene potrebbe confonderle, perlomeno sul retro. Di linee parecchio squadrate, sembra che fosse una macchinetta per niente male; ma ebbe poco successo. Questo spiega la sua attuale, estrema rarità.

Le tregge di Amici Miei (2): Il Mascetti, la Titti e la sfilata delle tregge


Come già detto in un lontano post precedente (nel TB a volte passano lunghi intervalli, ma niente viene scordato), il film Amici Miei atto I è importante non soltanto per la storia del cinema italiano, ma anche per quella delle tregge fiorentine. Girato nel 1975, presenta molte scene esterne riprese direttamente nella Firenze di 37 anni fa, in giornate qualsiasi, col traffico che scorreva normalmente. E, soprattutto, con quelle che ora sono "tregge", ma che allora erano macchine di tutti i giorni: nuove, seminuove, vecchie.

La famosa scena del conte Mascetti che prova a dare l'addio alla Titti, l'amante liceale interpretata da Silvia Dionisio (che di anni, allora, non ne aveva 18 ma 24, essendo nata nel 1951), è, da questo punto di vista, esemplare. Girata con Tognazzi e la Dionisio che passeggiano tra via della Colonna (dove, peraltro, io ho fatto il liceo; ma non avevo la Titti in classe, sebbene così fosse chiamata la sorella maggiore della pischellina che avevo all'epoca), il Lungarno della Zecca Vecchia e il viale Antonio Gramsci, è anche un'autentica sfilata di tregge di tutti i tipi. Come avere la macchina sí, ma del tempo, e tornare indietro a quando le macchine che vedete tutti i giorni sul TB erano, a volte, bambine. E mi si lasci dire che anche questa è una parte, seppur piccola e strana, della bellezza del cinema.

Avete guardato il filmato della scena? Bene, ora state a vedere un po' di fermi immagine.


Siamo poco dopo l'inizio della scena. Il Mascetti ha appena cominciato il suo "discorso serio" alla Titti, quando alle loro spalle passa una Fiat 128 bianca, di primo modello. Di quelle che farebbero sobbalzare, ora, il sottoscritto, Mark B. e tutti i treggisti militanti. Siamo ancora di qua d'Arno, più o meno di fronte alla Biblioteca Nazionale.

Qui, invece, il Mascetti e la Titti sono passati nel viale Gramsci (un giro assurdo!), e mentre passeggiano sta parcheggiato, sullo sfondo, un autentico delirio di tregge. Da sinistra: una Renault 5 di primo modello, una 500, una Peugeot 504, una Citroën Dyane di primo modello, una Citroën Ami 8 e una Fiat 127. Vederle tutte insieme, ora, potrebbe provocare un collasso cardiocircolatorio al Treggista Militante® (non a me, però: ho già dato).


Poco dopo passa una Autobianchi A112...


...e subito dopo una Lancia Fulvia berlina e una Bianchina Panoramica, mentre la scena si allarga e compare, parcheggiata, anche una Fiat 1100 (sull'estrema sinistra).


Si restringe il campo, e col grande Tognazzi e con la bella Dionisio in primo piano, ecco uno dei clou treggistici di tutta la scena: si riesce infatti a leggere le targhe della 500 grigia e della Dyane. La 500 è targata FI 386455 ed è quindi del 1967 (aveva allora solo 8 anni); la Dyane è targata FI 532822 ed è del 1970 (e di anni ne aveva cinque).


Nel frattempo erano passate una 500 grigia (con chissà quale cartello sulla fiancata, tipo trombaio o falegname...) e una Fiat 124 blé scura, mentre si rivedono la 500 grigia, la R5 e l'Ami 8.


Poco dopo, un altro dei clou treggistici della scena: passa infatti un autobus dell'ATAF, di quelli verdi, storici. E soprattutto ancora ben lontani dall'essere privatizzati da Matteo Renzi; ma allora il sindaco di Firenze si chiamava Elio Gabbuggiani, e non vorrei dire altro; da questo punto di vista non sono passati 37 anni, ma tre secoli. Disgraziatamente. L'autobus, vista l'ambientazione della scena, è molto probabilmente della linea 8, che vi passa ancora; chissà chi era l'autista che si scorge alla guida...ombre del passato...


Altro restringimento di campo, e oplà: si riesce a leggere anche la targa della R5. E' FI 667221, e la vettura è quindi del gennaio 1973. Aveva due anni all'epoca.

La passeggiata e il "discorso serio" del Mascetti proseguono, ed ecco comparire una Ford Escort di primo modello, con uno dei suoi famosi colorini che riuscivano a declinare tutte le sfumature della funerea depressione (poco dopo si vedrà anche il retro della vettura, ma purtroppo senza poter leggere la targa);


Infine, quasi alla fine della scena, ecco parcheggiate una Mini Minor bianca e una Simca 1000 lilla che assomiglia terribilmente a questa. Peccato non leggere la targa: se fosse proprio quella, sarei disposto a qualche pazzia.

A dire il vero, di tregge in questa scena ne passano diverse altre (tra le quali una vecchia Mercedes che purtroppo è coperta dai due). E non è certo finita con Amici Miei: siamo solo all'atto II!

Nota: Le esatte "location" di Amici Miei si trovano a questa pagina del "Davinotti". Da notare che il "liceo" di via della Colonna è in realtà il Museo Archeologico, e che la scena si conclude "a casa della Titti" che è in realtà a Roma, in via Calboli!

L'unico modo per resistere alle tentazioni...


...è cedervi, dice il famosissimo adagio attribuito a Oscar Wilde. Chissà se è autentico, o se è della stessa famiglia di certi detti "volterriani" o "machiavellici"; fatto sta che, comunque, la ritengo una profonda verità. Ad esempio, dopo aver inserito nel TB la Dauphine valsusina, come resistere a non inserire immediatamente questo paio di Dauphine fiorentine inviatemi con prontezza da Mark B.? Come si suol dire: chiama e rispondi...!

La prima Dauphine gigliata (e si noti che siamo, ancora una volta, al Piazzale Michelangiolo!) dev'essere dei primi giorni del 1960; dalle tabelle si nota infatti che il 1959 terminò a Firenze con la targa FI 125658, e questa la supera soltanto di poco più di 200 unità. Semplicemente bellissima (e si noti che, essendo anteriore al 1961, questo esemplare non è ancora prodotto e commercializzato dall'Alfa Romeo: questa è ancora una Renault di importazione). Faccio a Caronte richiesta ufficiale, arrivata l'ora fatale, di trasportarmi all'inferno su una Dauphine; un ultimo piacere a un'anima dannata non sarà negato!


La seconda Dauphine...beh, forse qui sarà bene lasciare la parola direttamente a Mark B., che spiega doviziosamente tutto quanto, e paventa persino l'esistenza di una terza Dauphine fiorentina:

"FI143334 , anche se non si vede, se ti fidi, questa è un'altra Dauphine targata FI del 1961. Purtroppo penso che abbia fatto una brutta fine , circa 10 anni fa la 'scovai' abbandonata ed arrugginita presso una specie di sfasciacarrozze tra San Francesco a Pelago e Rufina. A quei tempi le fotocamere dei cellulari avevano una definizione ridotta e dovetti fare un primo piano per poter riuscire a leggere la targa sacrificando il resto. In ogni caso l'auto era grigio topo. Da qualche anno lo sfasciacarrozze non c'è più e non ho mai avuto il coraggio di indagare sul destino della Dauphine ( oltre a qualche 500 una 1100 103 etc..). Rimane la soddisfazione di averla immortalata in tempo in modo da poterla tramandare ai posteri. A proposito di Dauphine, circa 15 anni ( non ero ancora attrezzato per fotografare) ne trovai una di colore grigio scuro a Lastra a Signa ( a pochi metri dalla Trattoria Sanesi) targata FI182....; da allora la sto rintracciando senza risultato alcuno , era in ottime condizioni per cui penso sia ancora in vita, magari tu sarai più fortunato di me."

Naturalmente, di Mark B. ci si può fidare ciecamente. Aggiungo soltanto che, fino almeno ai primi anni '80, una Dauphine celeste stazionava molto spesso nel viale Verga, a Coverciano dove sono nato; ma allora io, al massimo, avevo un album da disegno con le matite colorate...

Sarebbe finita qui...se non fosse per un'altra foto inviatami stavolta tempo fa sempre da Mark. Come forse sapete, Mark B., a differenza del sottoscritto, raccoglie anche iconografia. Vale a dire: non si è limitato a fotografare migliaia di autovetture, ma ha anche raccolto immagini ovunque ha potuto (da siti internet, libri, riviste, giornali ecc.). Guardate quindi un po' la foto che segue, che raffigura una piazza della città di Prato (allora ancora in provincia di Firenze, quindi con le macchine targate rigorosamente FI) mi sembra sotto la neve:


La foto è del 1961, e ci spingiamo quindi, qui, direttamente in un tempo in cui le tregge di adesso erano...macchine nuove. Questa foto è la quintessenza del Treggismo: vi si vedono (oltre al camion), tre Fiat 600, un Maggiolino e, giustappunto, due Dauphine. Di quella in primo piano si legge bene anche la targa: FI 151420 (che sarebbe quasi una targa particolare). La Dauphine in questione, quindi, era nuova di pacca.

Che dire? Come si può vedere, non fo in tempo a infilare nel TB una macchina cercata da tempo (e che sono andato a scovare a 500 km di distanza da Firenze...), che subito Mark si attiva. Il testimone delle vetture più ricercate del TB passa a questo punto a due Autobianchi: la Primula e la A111. Le sto cercando dovunque. Sicuramente, domani, Mark me ne manderà una decina! :-)


mercoledì 28 marzo 2012

Le tregge NO TAV della Valsusa (3): DAL (Dauphine a Alta Lucidità)





Ci speravo sai da quanto, di trovare una Renault Dauphine in lamiera e ossa; son dovuto salire a protestare in Valsusa, per trovarne finalmente una. E quale una! Un capolavoro di Dofìn, proveniente dalla Milano del 1964 e finita chissà come sulla statale della Valsusa. Per questa vettura ci avevo una vera e propria fissazione anche da piccolo, anche perché la mia macchinina preferita era proprio una Dauphine beige della Norev, che potevo "alluvionare" liberamente in vasca da bagno perché era di plastica (e con targa 75 di Parigi). Non mi ricordo nemmeno più da quanto tempo non ne vedevo una per la strada; la Dauphine era una di quelle macchine che l'italiano medio, tutto tronfio di "stile nazionale", usualmente schifava o snobbava. Invece io la trovavo, e la trovo ancora, stupenda. Insolita, particolare, non da tutti. Sarà stato che anche allora avevo un debole per le francesi, che ancora non è certo terminato. E così, la Valsusa e le sue complicate vicende mi riservano questo lucidissimo modello, pure coi cerchioni rossi sul grigio (un accostamento cromatico che adoro). La joie au cœur!

Nota. Forse qualcuno avrà notato, ingrandendo le foto, che sul retro della vettura è presente la placca "Dauphine Alfa Romeo". Alfa Romeo? Ebbene sí. Dal 1961 al 1964, grazie a un accordo tra la Renault e l'Alfa Romeo, la Dauphine fu prodotta anche in Italia, negli stabilimenti Alfa di Portello. Si legga a tale riguardo l'articolo Wikipedia. A rigore, quindi, questa vettura sarebbe da inserire tra le varie categorie dedicate all'Alfa Romeo, ma si tratta comunque di un modello Renault.

martedì 27 marzo 2012

Le tregge NO TAV della Valsusa (2): CAC (Charleston a Alta Coloratezza)




Come potete vedere dai titoli, le tregge Valsusine hanno tutte quante una "sigla" che, ovviamente, vuole prendere per le mele la TAV. Sono profondamente convinto che una lotta abbia bisogno anche della necessaria dose di ironia, e anche di colore. Il colore spezza la grigia unanimità dei signori detentori, dei seri & sobri e di tutta una nutrita dose di cupi figuri che, sicuramente, non si spostano con le 2CV Charleston ma nemmeno col trenone devastatore (che serve loro soltanto per fare soldi, soldi, soldi). A proposito di Charleston, eccone una che già si scorgeva nelle foto precedenti, nella frazione martire di San Giuliano. I colori sono quelli tipici, che già abbiamo visto tante volte nel TB; ma, lasciatemelo dire, tutto qui assume una colorazione un po' diversa e più intensa. La 2CV Charleston in questione è del 1982, e quindi neanche tanto decrepita; ma in posti come la Valsusa l'intreggimento delle vetture dev'essere precoce. Ho visto, ad esempio, delle Pande di ultimo (ora penultimo) modello che già sono in condizioni da treggia. La prossima volta che vo in Valsusa ve ne fo vedere una, cascasse il mondo su un pero; intanto che si goda questa CAC!

Le tregge NO TAV della Valsusa (1): ABV (Autotreno a Bassa Velocità)





E per mostrare subito di che pasta son fatti la Valsusa e i valsusini, anche dal punto di vista treggistico, portiamoci immediatamente nella frazione San Giuliano, tra Bussoleno e Susa, detta la "frazione martire". Questo perché proprio qui il progetto prevede una mega-stazione TAV, e la frazione, come dire, dovrà pressoché scomparire. Niente di meno. Ma poiché gli abitanti non hanno proprio nessuna intenzione di scomparire, e vivono e lottano insieme a noi, hanno deciso di spostarsi non con il treno "veloce" per Lione, ma direttamente con l'autotreno. Un autotreno sicuramente a bassa velocità, questa Ford Taunus Station Wagon del 1973. Station Wagon, certo, si dice ora (con varie pronunce e fantasiose: stèscion uègon, stesciouègo, ho sentito anche stèscion vègon eccetera); a suo tempo si diceva familiare, intendendo in questo caso, evidentemente, la cosiddetta "famiglia allargata" comprendente nonni, cugini, il cane, il gatto e l'amante storico della moglie. Le dimensioni della Ford Taunus SW erano adatte a trasportare non una famiglia, ma una stirpe intera. Ci si potevano agevolmente fare dei traslochi. Mi piace pensare che, convenientemente attrezzata, possa tuttora fungere da carro armato fatto in casa nella lotta valsusina; sembra che, una volta messa in moto, dica "pecorella! pecorella!". Vabbè, non divaghiamo troppo: direi che come treggia-simbolo della Valsusa possa andare più che bene (anche perché, nella terza foto dall'alto, si scorge già un'altra treggia che sarà opportunamente trattata).

Le tregge NO TAV (intro)


Sicuramente, e tutti me ne daranno atto, non ho mai fatto mistero su come io la pensi su certe cose, diciamo. Del resto, il Treggia's Blog fa pienamente parte dell'Asocial Network, e a chiunque sia punta vaghezza di andare a sbirciare qualche volta sul "fratello maggiore" del TB, l' 'Εκβλόγγηθι Σεαυτόν Asocial Network giustappunto, si sarà accorto che il vostro "Treggista Preferito®" ha un ben preciso orientamento militante che, peraltro, non di rado fa capolino anche nel TB. Non ci sarà quindi da stupirsi, quindi, che il sottoscritto aderisca in modo fattivo al movimento NO TAV, e che tale adesione si esprima anche partecipando ad ogni possibile iniziativa e manifestazione. Anche e soprattutto in Valsusa. Naturalmente è possibile che qualche frequentatore del TB la pensi in modo diametralmente opposto, e che desideri ardentemente che siano costruiti tunnel ferroviari finanche sotto casa sua; come si suol dire, buon pro gli faccia. Ad ogni modo, lo scorso 25 febbraio (una giornata quasi estiva) il sottoscritto era in Valsusa per l'enorme manifestazione NO TAV che ha preceduto lo sgombero forzato del "non-cantiere" alla Baita Clarea, e si è con la massima indifferenza sciroppato otto chilometri a piedi con una specie di zaino affardellato sulle spalle, con tanto di Maddalena Venaus, la marmotta NO-TAV che mi è stata regalata di persona e nientemeno che dalla titolare della Mitica, e dico poco (ricordo che la Mitica fa parte delle "tregge del primo giorno" del TB).


Insomma, tutto questo per ribadire una cosa fondamentale. Se putacaso il Treggia's Blog vi piace, dovete beccarvi "in toto" anche chi lo scrive, in tutti i suoi aspetti. Nulla può essere separato da nulla, e il NO TAV è, come dire, parente stretto anche del NO SUV.

La domanda (legittima) è: ma insomma, in Valsusa, caro il mio "Treggista Preferito", ci sei andato forse senza la Kodak? D'accordo la militanza antagonista, ma le tregge?... Beh, la risposta è contenuta nei post che, a varia cadenza, iniziano da oggi. Ovunque io vada, e per qualsiasi motivo, le tregge ci sono sempre; anche perché quelle che ho fotografato in Valsusa le ho trovate tutte quante sul percorso della manifestazione. Sono quindi, a pieno diritto, "tregge NO TAV" e sono ben lieto di raccoglierle in una categoria apposita; tra le altre cose, proprio tra Bussoleno e Susa, come si vedrà meglio in seguito, ho scovato un'officina meccanica che è una delle più eccezionali treggiaie che abbia mai visto. Sarà stato il destino? Chi lo sa. Certo è che, di fronte al cosiddetto progresso tecnologico tanto strombazzato, i valsusini mostrano una decisa tendenza per le tregge: sarà mica che su per quelle montagne vanno meglio del treno a alta velocità, oppure che è molto meglio la bassa velocità? Ai post l'ardua sentenza!


lunedì 26 marzo 2012

Non si scorda mai





D'accordo le ripetizioni, ma questa qui, ve ne sarete già accorti, rischia di essere la treggia più ripetuta di tutto il TB. Non soltanto me l'avevano spedita i mitologici Caporniani il 12 aprile 2010 (con una foto, peraltro, del 10 luglio 2006!), ma, pochi giorni fa, anche Mark B. ci ha rinocato. Con una novità, però. Dovete sapere che, in generale, i Treggisti Militanti® sono molto, ma molto parchi nel dare indicazioni esatte sui luoghi dei ritrovamenti. Non è per una sorta di gelosia, ma perché tra Treggisti c'è un certo qual tacito accordo nel non rivelare mai troppo le ubicazioni delle tregge. Ciò toglierebbe il gusto di ritrovarsele da soli, e specifico fin da subito che sono perfettamente d'accordo. Però, stavolta, Mark B. ha fornito delle scarne ma esatte coordinate, e poiché la famosissima Fiat 1800 del 1960 deve "svernare" in quel dato posto oramai da decenni, non ho resistito a andarmela a fotografare anche per conto mio. Legittima debolezza, anche per vedere come sta resistendo al tempo e alle intemperie.

E resiste bene, direi; talmente bene da far domandarmi, legittimamente, come mai nessuno si sia ancora deciso a pigliarsela e a rimettersela in sesto. Una vettura del genere, semplicemente, non può essere lasciata a disfarsi (tanto più che non si disfa affatto). Certo, a distanza di sei anni dalla foto precedente si può notare qualche cambiamento in peggio; per farle sostenere l'inclinazione dovuta allo sgonfiamento delle ruote anteriori, ad esempio, è stato provveduto a metterle sotto un bancale di legno. Per il resto, però, è sempre lì a sfidare lo sfidabile; le indicazioni di Mark B. valevano la pena di una giratina, con tanto di camminata. E chi lo ha detto che il Treggista deve andare sempre in macchina?

Fin qui la storia dal punto di vista squisitamente automobilistico. Sarebbe già tanto. Senonché. Chi frequenta il TB con media assiduità conosce oramai la sua "filosofia": il mondo e la realtà si possono raccontare partendo da qualsiasi punto, e qui si parte da vecchie carrette più o meno scassate. Portano storie, e a volte succede che portino pure la tua senza nemmeno che tu lo sappia, in partenza. Fatto sta che, girando attorno alla Fiat 1800 e scattando fotografie su fotografie, continuavo a dirmi: "ma io, 'sto posto, come mai mi sembra d'esserci già stato?". Poi, all'improvviso, mi sono girato e ho visto, dall'altra parte della strada, un portone. E allora mi sono ricordato tutto. C'ero stato eccome, in quel posto; e, magari, quando c'ero stato quella macchina era già là, forse ancora marciante.

Anche perché era molto più giovane, allora. Aveva "soltanto" 18 anni, verso il '78; e io non ne avevo nemmeno quindici. Un disastro su due zampe. Il monumento alla sgràzia adolescenziale. Non che da questo punto di vista sia granché migliorato, ma allora ero davvero qualcosa di indescrivibile; e, naturalmente, giusto a quell'età mi presi la prima cotta devastante. Per una graziosissima compagna di classe la quale -ovviamente- aveva ben altro da fare che accorgersi dei miei primi spàsimi amorosi; o forse, chissà, se n'era accorta benissimo ma aveva saggiamente deciso di glissare. Col senno di poi, non saprei certo darle torto; attorno le ronzavano i più bei ragazzi della scuola, e, lo avrete capito, io non ero certamente fra costoro.

Una domenica pomeriggio, però, mi decisi al gran passo. Da casa mia, che allora era lontanissima, presi due autobus (i quali, beninteso, ora sarebbero tregge meravigliose) risoluto a andarle a suonare al campanello, proporle un giretto e confessarle eterno amore (e se non è eterno a quindici anni, quando lo deve essere...?). Nel lungo tragitto mi ero ripassato tutto il discorso, finalmente in procinto di dichiararmi; naturalmente, anche allora ero abbastanza conscio che la figliuola mi avrebbe dato un due di picche semiautomatico. Però dovevo andarci. Il fallait le faire. Insomma, ripassa che ti ripassa, eccomi davanti al suo portone in quella lontana domenica pomeriggio autunnale; esattamente il portone che mi stava davanti pochi giorni fa, davanti alla treggia più ripetuta del blog. Ma guarda te le coincidenze; uno va a fotografare una macchina, e si ritrova davanti al proprio passato. Ma passato sul serio.

In pratica, avrete già capito di come andò a finire: stetti tutta la domenica pomeriggio a girare attorno a quel portone, senza minimamente decidermi a suonare quel benedetto campanello. Magari la fanciulla non era nemmeno in casa; e se c'era e non mi apriva? E se c'era e mi apriva? E che cosa mi avrebbe detto, se c'era e mi apriva? E se non c'era e non mi apriva, che cosa avrei fatto? Tutte domande che sono rimaste senza risposta; il risultato massimo fu appoggiare un dito sul campanello, senza però suonare. Dopo tre ore di giri da farci il solco, me ne andai a riprendere l'autobus; il giorno dopo, a scuola, muto come un pesce. E finì lì. E l'altro giorno, trentacinqu'anni dopo o giù di lì, a chiedermi di che cosa ne sarà stato; o meglio, di me lo so. Ma di lei, proprio no; e, come è noto, in questo non sono minimamente soccorso dalla fede in Facebook.

In Facebook no; però, tornato a casa, un po' di curiosità m'è comunque presa e sono andato a cercare qualche notizia. Trovandola. E persino, immaginate un po', un video YouTube che la ritrae mentre fa una cosa discretamente bella. Ma guarda un po' te, la ******, passati sono gli anni, sposata con figli, le classiche cose. Sliding doors. Forse sarebbe stato altro, chissà; quel che c'era, sempre là, era una vecchia macchina che, forse, mi aveva pian piano chiamato da quelle parti per ricordarmi che non si scorda mai.