martedì 15 ottobre 2013

Sant'Ilario, Anarchisti e Vespe


Stavolta, come vedete, sono stato di parola. Avevo promesso un rapido ritorno al TB dopo qualche giorno sull'Isola, ed eccomi qua con tante, tante cose negli occhi e nella mente, e anche con qualche piccola treggia. Non bisogna aspettarsi granché, d'ottobre all'Elba è grassa se ci sono gli abitanti; ma qualcosa s'è rimediato, e anche qualcosa di pressoché strabiliante come questa qui.

Il paese di Sant'Ilario. nome completo Sant'Ilario in Campo, se ne sta arroccato su balze di granito accanto al suo "fratello di pietra", San Piero (in Campo anche lui, come Rinaldo), alle pendici del Monte Perone prima, e del Capanne poi. Se qualcuno crede che la qualifica di "monte" sia un po' troppo per delle alture che superano di poco i mille metri, provi a partire la mattina e andare su, in cima, a piedi; certo, non saranno le vette himalayane e nemmeno quelle alpine, ma arrivare lassù non è nemmeno uno scherzetto da ragazzi.  A differenza dell'Himalaya e delle cime alpine, poi, una volta in cima si vede un mondo di mare, di isole e di coste; mi spiace molto per le sacre vette del Pamir, dove peraltro non sono mai stato e dove non metterò mai piede, ma io non farei a cambio con la Pianosa, con Giannutri, con la Capraia e anche con la Corsica. A ciascuno il suo, e il mio è questo qua.

Sant'Ilario e San Piero sono stati paesi di cavatori di granito, e sembra che tra il cavar pietre e l'Anarchia ci sia sempre stata una certa qual corresponsione; Carrara docet. Fatto sta che Sant'Ilario, che peraltro (al pari di San Piero) è un paese di stupefacente bellezza, si è ritrovato non dico a far nascere, ma a fabbricar la materia prima e ad accogliere sovente una delle principali figure dell'Anarchismo italiano: Pietro Gori.


A chi, meschin'egli, non conoscesse il nome di Pietro Gori, gioverebbe forse ricordare che è l'autore di Addio Lugano bella, il cui manoscritto è conservato proprio all'Elba, presso l'archivio del Comune di Portoferrajo; e, del resto, l'avvocato libertario la cui intera vita fu al servizio degli Umili e de' Diseredati, e che per questo ebbe a patire galere e esìli, era di famiglia elbana, e giusto di Sant'Ilario in Campo, nonostante fosse nato per isbaglio a Messina nelle Sicilie. All'Elba e a Sant'Ilario sempre fu legato a doppio filo, rimanendo una figura quasi sacra per gli elbani anche in tempi di mia memoria; e a Portoferrajo partì da questo mondo il giorno otto di gennajo del mille e novecentoundici, a soli quarantasei anni. L'Elba si riempì di lapidi, monumenti e strade dedicate a Pietro Gori, che -come si legge in questa, "il fascismo violò" e che furono "riconsacrate dal popolo".


Indissolubile, quindi, il nodo tra Pietro Gori e Sant'Ilario di pietra; e, a ribadirlo, oltre al Pietro suo, Sant'Ilario è nota per aver dato i natali anche ad un noto musicista, il compositore di operette Giuseppe Pietri (l'autore dell'Acqua Cheta). Pietre, Pietro, Pietri; tutto sembra tornare. Ivi compresa la Vespa di partenza, ve la ricordate?, che sembra essersi un po' persa in tutto questo gran divagare. Eppure, anche lei partecipa dell'immenso uman pietrame che siamo andati cavando stasera.


Dentro Sant'Ilario non si entra con le macchine. Non servono divieti perché il paese di vieta da solo: praticamente è fatto tutto a scale e gradini. Per qualche viuzza o angiporto, però, un Vespino può passare; e ci può esser sempre bisogno di portare un pacco d'acqua, un pentolon di zuppa o un mezzo cignale marinato a casa. Indi per cui, un Vespino come questo "Primavera 50" d'un anno imprecisato perché nascosto dal moderno targhino del càppero, ma sicuramente non vicino, è un mezzo che a Sant'Ilario ci sta a meraviglia.


A Sant'Ilario, ovviamente, non si va tanto per il sottile. Il salmastro scrosta le vernici, e a un certo punto c'è bisogno di dare una bella riverniciatina: alle persiane, ai muri e alle Vespe. Allo stesso modo e anche con lo stesso colore delle persiane: si piglia una pennellessa, e via. Se è avanzato un barattolo di vernice, perché sprecarlo? Dalle foto non so se appare chiaro a quale razza di riverniciatura sia stato sottoposto il Vespino; ma vi posso assicurare che, dal vivo, faceva un effetto quasi di allegria!