venerdì 9 ottobre 2009

Requiem Anglicam dona eis




Le macchine inglesi non esistono più. Sono rimasti alcuni marchi, certamente, ma la produzione di automobili autoctone, in Gran Bretagna, è virtualmente cessata da tempo; persino la Rolls Royce fa parte da anni del gruppo BMW (sigla da alcuni perfidi interpretata come Bumms Mal Wieder, ovvero "fàtti un'altra scopatina"; sicuramente l'estrema comodità dei modelli della Bayerische Motoren Werke deve aver contribuito all'acronimo alternativo).

Ma si diceva delle macchine inglesi, con quelle loro linee irripetibilmente fuori da ogni moda, serie, improbabili, so terribly British; somigliavano immancabilmente a delle bombette, e quasi ti saresti aspettato di vederle uscire con l'ombrello, come il classico impiegato della City, eppure sono riuscite a diventare delle icone. Perché una linea, inconfondibile, la avevano; e assieme a quella avevano un carattere, un grain de folie, e la tendenza di chiunque ne possedesse una a trasformarla in modo da stravolgerne l'immutabile compostezza. Oltre, va da sé, ad una meccanica rigorosa.

E quei nomi che erano sinonimo di Sua Maestà Britannica su 4 ruote: Vauxhall, Austin, Morris...coi telefilm tipo Attenti a quei due, dove gli inseguimenti avvenivano finalmente non con le solite supermaggiorate americane lunghe sette metri. Davvero la fine di un'epoca, e di uno stile. Da molti ritenuto improponibile, o addirittura triste; ma era uno stile riconoscibile e, comunque, particolare. Guardare per credere: questa Mini Morris "Vanette" ne è forse tra gli ultimissimi esempi. Dietro sembra una normale Mini familiare, davanti invece ha il classico muso da ranocchia delle piccole britanniche (e dire che gli inglesi chiamano frogs i francesi!). Racchiude in sé tutto il mistero delle auto britanniche, almeno di quelle non di superlusso: orrende, e simpatiche. Serie, e un po' folli. Mi mancano, lo confesso, da morire.