Alla Fiat Ritmo sono legato per più di un motivo. Prima di tutto perché ne ho avuta una, che mi prese fuoco letteralmente sotto il culo un lontano 11 settembre (insomma, anch'io ci ho avuto il mio piccolo undicisettembre...); poi perché mi ricorda un altro posto dove ho passato una marea di mesi. Posto, tra le altre cose, dove andavo proprio con la Ritmo che poi prese fuoco.
Era una postazione d'ambulanze della provincia, dove mi avevano spedito a fare il servizio civile. Proprio così. Non ho mai sparato un colpo con un'arma da fuoco, e i miei librini me li sono letti non a qualche "poligono di tiro" (sarà forse perché con la geometria non ho mai avuto un bel rapporto) ma aspettando di montare su un'ambulanza, principalmente di notte, per andare a raccattare gente che si sentiva male. E non me ne pento per nulla. Tutt'altro. Riaffermare certe cose di se stesso, in determinati periodi, fa davvero bene. Serve anche a allontanare definitivamente figure ed esempi che, in realtà, non mi sono mai appartenuti.
Fatta questa disquisizione ben poco "treggistica", bisogna dire che quel posto in provincia era frequentato da figure semplici e singolari al tempo stesso. Ne serbo un ricordo molto caro, anche perché non poche di esse sono passate a miglior vita. Ogni tanto, in servizio, mi capita ancora di incrociarne qualcuna, invecchiata d'oltre vent'anni; ma son sempre saluti e abbracci, conditi con il soprannome che mi avevano affibbiato, vale a dire "Penco". Ovviamente per la mia andatura eternamente pencolante. Ci furon mille episodi, e son tutti ancora nella mia testa: dai servizi a ore innominabili in certi boschi dove c'erano dei casolari, nel 1988, ancora privi della luce elettrica, alle partite di calciobalilla; dalla crudele punizione che inflissi a un tipo che voleva sempre un pezzo del mio panino, riempiendogielo di Tabasco fino a farlo scappare urlando sotto il rubinetto, alle vestiture de' morti. E poi c'era, anche lì, la Ritmo.
Anzi, no: la Rìttimo. Uno degli autisti dipendenti, di quelli che si sciroppavano tutti i giorni i servizi fissi (dialisi, cure fisiche, sociali), era solito scrivere così sul registro giornaliero: Domani essere alle sette a Borselli con la Rittimo a pigliare Cesello. Cesello. Si chiamava così per davvero. Era un vecchio che abitava nemmeno a Borselli, ma in una frazione in mezzo ai castagneti su per la Consuma. Sette abitanti in tutto. A volte, quando il dipendente non poteva, ci andavo io con una vecchia Fiat 125 ambulanzata, che averla fotografata allora ch'era già treggia, avrebbe avuto un posto d'onore qua dentro.
Storie di Rittimo, insomma. Quando ne vedo una, come questa qui nelle foto, passano i fotogrammi.
Era una postazione d'ambulanze della provincia, dove mi avevano spedito a fare il servizio civile. Proprio così. Non ho mai sparato un colpo con un'arma da fuoco, e i miei librini me li sono letti non a qualche "poligono di tiro" (sarà forse perché con la geometria non ho mai avuto un bel rapporto) ma aspettando di montare su un'ambulanza, principalmente di notte, per andare a raccattare gente che si sentiva male. E non me ne pento per nulla. Tutt'altro. Riaffermare certe cose di se stesso, in determinati periodi, fa davvero bene. Serve anche a allontanare definitivamente figure ed esempi che, in realtà, non mi sono mai appartenuti.
Fatta questa disquisizione ben poco "treggistica", bisogna dire che quel posto in provincia era frequentato da figure semplici e singolari al tempo stesso. Ne serbo un ricordo molto caro, anche perché non poche di esse sono passate a miglior vita. Ogni tanto, in servizio, mi capita ancora di incrociarne qualcuna, invecchiata d'oltre vent'anni; ma son sempre saluti e abbracci, conditi con il soprannome che mi avevano affibbiato, vale a dire "Penco". Ovviamente per la mia andatura eternamente pencolante. Ci furon mille episodi, e son tutti ancora nella mia testa: dai servizi a ore innominabili in certi boschi dove c'erano dei casolari, nel 1988, ancora privi della luce elettrica, alle partite di calciobalilla; dalla crudele punizione che inflissi a un tipo che voleva sempre un pezzo del mio panino, riempiendogielo di Tabasco fino a farlo scappare urlando sotto il rubinetto, alle vestiture de' morti. E poi c'era, anche lì, la Ritmo.
Anzi, no: la Rìttimo. Uno degli autisti dipendenti, di quelli che si sciroppavano tutti i giorni i servizi fissi (dialisi, cure fisiche, sociali), era solito scrivere così sul registro giornaliero: Domani essere alle sette a Borselli con la Rittimo a pigliare Cesello. Cesello. Si chiamava così per davvero. Era un vecchio che abitava nemmeno a Borselli, ma in una frazione in mezzo ai castagneti su per la Consuma. Sette abitanti in tutto. A volte, quando il dipendente non poteva, ci andavo io con una vecchia Fiat 125 ambulanzata, che averla fotografata allora ch'era già treggia, avrebbe avuto un posto d'onore qua dentro.
Storie di Rittimo, insomma. Quando ne vedo una, come questa qui nelle foto, passano i fotogrammi.