L'assassino, come si sa, torna sempre sul luogo del delitto; e anche il Treggista Militante®, se sente di avere qualche piccolo conto in sospeso. Ve ne ricordate di questa betoniera abbandonata in un campo vicinissimo a casa mia? Ho la fortuna di abitare in un quartiere mezzo di città e mezzo di campagna, a un metro dal fiume; e non vorrò mai abbastanza bene all'Isolotto, anche per la quantità e per la qualità delle tregge che ammannisce. Insomma, era il 25 marzo 2012, a primavera appena iniziata, e durante un giro per la parte campagnola del quartiere, ecco questo stupefacente mezzo da lavoro in mezzo al suo campo, ma semisommerso dalla sterpaglia invernale del tutto secca. La quale, ovviamente, copriva la targa.
Stavolta, invece, ci sono tornato a fine aprile. Con la tenera erbetta verde, la natura che si è risvegliata e tutto il resto; soprattutto, senza la sterpaglia copritarga. Purtroppo, nessuna questione d'entrare nel campo recintato; anche se fossi riuscito a scavalcare, c'è un fosso piuttosto profondo che lo separa dalla strada. Però la targa, stavolta, si vedeva; la prima volta non mi ero accorto neppure che la avesse ancora. Teleobiettivo al massimo, ed ecco questa interessantissima cosa che è venuta fuori. Ho provveduto, naturalmente, ad un ulteriore ingrandimento:
Si riesce ora a vedere meglio? Insomma, ve lo dico io. La betoniera abbandonata è targata FI 93[000] e qualcosa; il che la riporta nientepopodimeno che al 1956.
Si fa sempre bene ad essere un po' assassini, e a tornare sul luogo del delitto treggistico; si scopre, ad esempio, che in un campo a un passo da casa giace un mezzo da lavoro di cinquantasette anni fa. Ad alcuni verrebbe in mette, chissà, la famosa archeologia industriale; perché è senz'altro facile trovare auto d'epoca persino quasi secolari e portarle ai raduni, ma provateci un po' con una betoniera. Gli automezzi da lavoro d'epoca (a parte, forse, i trattori) non hanno storia; hanno lavorato, e possono pure tranquillamente finire a disfarsi in mezzo a un campo di periferia, divenendo parte del paesaggio. Perché, non me ne vogliano gli ecologisti, non mi riuscirebbe vedere quel campo senza la sua betoniera. E' un po' come gli alpinisti morti durante la scalata all'Everest nel 1912: giusto lasciarli lì, nella loro maestosa tomba. Questo non è l'Everest, e fortunatamente non è morto nessuno; solo un vecchio macchinario che ha impastato cemento e costruito case. Chissà (e le probabilità sono parecchie, secondo me) che non abbia addirittura contribuito a costruire l'Isolotto (le prime case furono consegnate dal sindaco La Pira nel 1954); sarebbe, quindi, un pezzetto di storia di questo quartiere. Dove riposa per sempre tra l'erba e il mutar delle stagioni.
Con piacere, quindi, ridedico questa cosa a Fabrizio di Genova, amante indefesso delle tregge in mezzo a' campi. E ogni tanto tornerò a ricontrollare; ho come "adottato" la betoniera, e chissà che un giorno o l'altro non mi decida a munirmi di stivaloni di gomma, pantalonacci da lavoro e guanti, e non decida di tentare l'avventura in quel campo quasi proibitivo.