venerdì 29 novembre 2013

Da i' trippajo


Da quando qualcuno ha definito il TB "l'unico vero blog di strada esistente", confesso di andare particolarmente fiero di questa definizione; tanto più che a questo qualcuno, con sacrifizio e abnegazione, riuscii a far prendere -molti anni fa- una patente di guida che poi, credo, non ha mai utilizzato. Era quindi nella natura delle cose che sul "blog di strada", prima o poi s'andasse a parlare del mangiare da strada. A Firenze e dintorni, cibo da strada significa i' trippaio; vale a dire i chioschi, sparsi un po' dovunque e sistemati ora in baracchini fissi, ora semoventi (questi ultimi, a loro volta, non di raro delle autentiche tregge; ma ne riparleremo!) dove si preparano e servono trippe e interiora varie della tradizione fiorentina, tra le quali il famosissimo lampredotto. I' panino co i' lampredotto fa parte del bagaglio inalienabile della fiorentinità: se non ti piace, puoi essere nato anche in San Frediano ma sei bergamasco inside, più o meno come essere nato a Firenze e tifare per la Juventus. Tradimenti dell'identità curturàle. Da i' trippajo, mangiando i' lampredotto, la poppa e i' centopelle, si chiacchiera, si beve i' gottino di vino (guai a mangiare 'sta roba con l'acqua o -orrore- con la birra!), si sparano cazzate e, qualche volta, càpita anche che arrivi e si fermi qualcuno, per esempio, con un Cinquino come questo, che è del 1967.


Siamo qui davanti a un apprezzato trippajo dalle parti di  Sesto Fiorentino, e vi garantisco che queste foto sono state prese con tanto di panino co i' lampredotto in mano. Avrete notato che ho sovvertito il consueto ordine di presentazione: qui sono partito dal retro, che sembra quello di una 500 bianca "normale", per passare poi alla fiancata destra, dove si avvertono i sintomi di una abarthizzazione in corso.

L'abarthizzazione (ingl. Abarthizing, ted. Abarthisierung) è uno dei principali fenomeni che colpì le 500 negli anni '60 e ''70; ma non bisogna credere che sia una malattia scomparsa. Tutt'altro: chi tutt'oggi si ritrova fra le mani un Cinquino, spesso non resiste alla voglia di "trasformàgnene". E, così, ecco che una 500 del '67 si ritrova, alla bella età di 46 anni, con le ruote "bombardate" e clamorose stuccature con quantità di materiale che ci avresti stuccato tutto un torpedone. L'apice si raggiunge qui sul davanti:


Qui non si sa bene cosa stia succedendo; il cofano nero cangiante, la stuccaturona giallognola sul muso...un vero e proprio delirio mentre, a pochi metri, si sente un deciso rumor di mascelle che addentano lampredotti & tryppe varie. Ach so. Da i' trippajo, comunque, questo ed altro. Ripeto: ne riparleremo, anche per sostenere la categoria duramente provata in questi giorni a Firenze: prima hanno dato foho a i' trippajo in piazza Giorgini, e poi quello -storico- di via Gioberti è stato centrato in pieno da un camion che lo ha distrutto. Sacrilegio!

mercoledì 27 novembre 2013

Triumpe, triumpe!



E ancora non si sono spenti gli echi di un Simone, che ne arriva subito un altro. In questa "staffetta simoniaca", chi può essere l'altro se non il Caporniano? Il quale, stavolta, si è veramente superato; lo si vede anche dai toni autenticamente trionfali con cui mi ha spedito questa ed altre foto: "Questa non l'avevi ancora mai "beccata"!  Avvistamento dinamico! La scarsa qualità delle foto dimostano la volontà di "beccarla a tutti i costi!!!", e così via. Un simile trionfo, beh, è giustificato non soltanto per le modalità della presa al volo "in corsa" (chiaramente in autostrada; e la presa al volo in autostrada equivale, per un Treggista Militante®, al famoso "10" di Nadia Comăneci alle olimpiadi del '76); lo è anche perché si tratta, ebbene sì, proprio di una Triumph.


La vettura è una Triumph Herald 1200 convertibile. Non si tratta della "cabrio" ristilizzata nel 1967 che ha posto qualche dubbio a Simone il Caporniano, ma, appunto, del modello "convertibile" (o meglio, convertible, seguendo la terminologia che allora era comune nel mondo anglosassone) che affiancò questo modello fin dai primi anni '60. Infatti, senza nessun "giochetto" ipotizzato dal Caporniàn Simone (detto così sembra quasi un capotribù armeno: Simon Kapornyan o roba del genere), questo esemplare è chiaramente del 1963 (e non del '62 come supposto da Simone):


Bella, vero? Ci sarebbe quasi da chiedersi come facesse una vettura inglese ad essere bella in quel periodo; ma è presto detto, e una volta tanto facciamo pure i naziunalìsti: la Triumph Herald (rimasta in produzione fino al 1971) era stata disegnata da un italiano, il torinese Giovanni Michelotti. Un autore di capolavori autentici nel campo automobilistico, dalla Panhard Dyna X86 alla Alpine A108 Cabriolet, dalla BMW 1500 del '62 alla Triumph più famosa in assoluto, la Spitfire.

Mi è venuta quindi la voglia, a mo' di dedica a Simone il Caporniano, di ritirare fuori per l'occasione nientepopodimeno che il Carmen Fratrum Arvalium. Visto che di "Triumph" si parla, tale antichissimo testo è la prima attestazione in assoluto del termine nella lingua latina (in ultima analisi, si tratta di una corruzione del greco θρίαμβος, di origine addirittura preindoeuropea). I Fratelli Arvali erano un collegio sacerdotale preposto alla fertilità dei campi; durante le cerimonie recitavano un carme in un latino talmente arcaico da non essere più compreso già ai tempi di Cicerone. Diceva così:

E nos lases iuuate
E nos lases iuuate
E nos lases iuuate

Neve lue rue Marmar sins incurrere in pleores
Neve lue rue Marmar sins incurrere in pleores
Neve lue rue Marmar sins incurrere in pleores

Satur fu fere Mars limen sali sta berber
Satur fu fere Mars limen sali sta berber
Satur fu fere Mars limen sali sta berber

Triumpe, triumpe!
Triumpe, triumpe!
Triumpe, triumpe!

Simone e la Matta



Da quando Simone B. e Alessandro S. sono comparsi sul TB, le "auto ignote" hanno vita parecchio dura. Non passa nemmeno una giornata, che già il riconoscimento avviene puntualmente. Così per l' "autoambulanza alluvionata" di Tavola (Prato) protagonista del post "Tutti in posa, c'è l'alluvione!"; Simone B. è intervenuto, e dopo praticamente poche ore ecco risolto il mistero (piuttosto facile per Simone, va detto onestamente a suo onore e a mio discapito; come "Treggista Militante", quale mi definisco, sarebbe meglio che mi studiassi un po' meglio la materia anche dal punto di vista teorico, anche se sono prevalentemente un "tipo da strada" per vocazione).

Il titolo del post, "Simone e la Matta", non si riferisce ad un'amica o a una conoscente di Simone dal cervello un po' barlaccio. Si riferisce invece all'automezzo dell'alluvione di Tavola del '66, e non semplicemente al modello: proprio a quell'automezzo. E' un Alfa Romeo AR 51 (ove "AR" sta per "Autovettura da Ricognizione": chiara la destinazione militare, e "51" per l'anno di inizio della produzione), più noto come "Matta". Qui "Matta" sta probabilmente per il "jolly" delle carte da gioco: buona per tutti gli usi, insomma. E sembra che lo sia stata davvero, dato che un'altra ipotesi sull'origine della denominazione -come mi scrive Simone- dice che andava ovunque, e anche in luoghi dove era da pazzi avventurarsi.

La Matta della foto in posa di Tavola, scattata nel novembre del 1966, appartiene alla Misericordia di Prato (che, evidentemente, a Tavola doveva avere una sezione); e si tratta di un mezzo veramente storico, perché risulta essere l'unica trasformazione in autoambulanza del modello. Talmente storico, che non solo esiste ancora, ma è ancora in servizio. Nella foto sopra la vedete com'è attualmente, addirittura con le livree della Protezione Civile della Misericordia pratese (la foto, fornitami da Simone, proviene da un raduno di "Mattisti": si svolgono ogni anno in varie località italiane). C'è quindi da immaginare cosa abbia passato questo automezzo veramente particolare nella sua lunghissima vita.

A proposito. Nella sua mail, Simone riporta che l'automezzo sarebbe del 1953, così come dichiarato  dai titolari; la sua targa, che nella foto sopra si legge chiaramente (FI 85679) è però della fine del 1955.. Se si presta fede all'anno dichiarato, saremmo quindi in presenza di un'antica reimmatricolazione, con tutta probabilità di un mezzo militare.

martedì 26 novembre 2013

Piazza Carlo Giuliani



Il venti di luglio, a Genova, io e la Piasintëina c'eravamo andati, come abbiamo fatto spesso, in una certa piazza. Nominalmente si chiama ancora Piazza Gaetano Alimonda; da una pessima giornata del 2001 parecchi la chiamano piazza Carlo Giuliani. Ragazzo. Mi fermo qui per ciò che riguarda delle cose che ho ancora addosso, dato che anche quel giorno oramai lontano ero a Genova, un giorno che per me e per tanti altri è stato uno spartiacque. 

Ci siamo arrivati un bel po' prima in quella piazza; in tempo perché il cielo si rannuvolasse all'improvviso e scaricasse un temporale d'estate. Qui c'era ancora il sole; è, a dire il vero, una strada immediatamente adiacente alla piazza; si chiama via Caffa. Via Caffa, via Teodosia, via Ilice...tutti nomi di quella maledetta giornata, tutte strade là intorno.


Succede allora in via Caffa qualcosa che ha dell'incredibile. Dal povero punto di vista "treggistico", certamente; ma chissà che ogni cosa, anche apparentemente banale o poco importante, non abbia il suo valore o comunque significhi qualcosa. Succede, appunto, che proprio in via Caffa becchi questa macchina; che già conoscevo bene. La "Old Bastard"; Fabrizio me la aveva mandata quasi tre anni prima, e la avevo messa nel blog il 4 gennaio 2011. Impossibile sbagliarsi, vista la targa. Non penso che in piena Genova girino molte vetture targate Agrigento.


E così, sullo sfondo di un "Maroni carogna" scritto però coi font fascisti inventati da Jack Marchal, il Treggista Militante® in piazza Carlo Giuliani e dintorni becca una macchina trasformata, riverniciata, forse snaturata. Non è più la "Old Bastard" che mi aveva mandato Fabrizio; l'hanno rifatta grigia. Era così, fino a qualche tempo fa:



Il bello è che Fabrizio, a un certo punto, me la aveva pure mandata nel suo nuovo aspetto; me ne ricordo chiaramente. In una mail o in un CD, accompagnata dalle sue puntualissime note. Mi dispiaceva però talmente che la Opel Manta siciliana del 1973 fosse stata riconciata in grigio dopo essere stata uno dei più fulgidi esemplari di Tamarr Car esistenti al mondo, che non volevo mettercela. Come avere una macchina pitturata da Bansky e darle una mano di vernice; a volte mi domando cosa passi nella testa della gente, fermo restando che ognuno può fare quel che vuole con le proprie cose.


Ora me la ritrovavo davanti ai miei occhi, a un metro da quella piazza e addossata a un muro con le scritte contro la "tessera del tifoso" vergate dagli ultras della Sampdoria. Cominciava già a riempirsi, piazza Carlo Giuliani; si preparava il temporale mentre ragionavo, di fronte a una macchina, di cose parecchio bizzarre.

Genova, luglio



Dov'eran finite le tregge genovesi? Qualcuno magari se lo sarà chiesto, in primis il povero Fabrizio, che me ne ha mandate letteralmente a centinaja con CD interi speditimi per posta. Non so che dire, sinceramente; non ci sono scuse e pretesti di sorta. Non seguo regole, nemmeno per le tregge; le regole mi hanno sempre fatto venire una forma non lieve di allergia, maggiore di quella che ho al pelo dei gatti siamesi. Così, una gelida notte di novembre, con l'ondata di freddo "Attila" alle porte, ecco che torno a Genova; in luglio, però. Il venti di luglio, per l'esattezza. Cosa ci facevo a Genova il venti di luglio ve lo dirò nel prossimo post, anche se forse si può intuire.

Per ricominciare con le Tregge genovesi, però, stavolta mi concedo un paio di "exploits" personali. Niente di paragonabile a quel che mi ha mandato Fabrizio, naturalmente; ripeterò sempre che con le sue Tregge genovesi si potrebbe riempire un altro blog, e non esagero. Però, se mi capita di venire a Genova, città treggistica come pochissime altre, sto sempre in campana. Infatti. Detto, fatto.


Nell'assolato pomeriggio genovese, che ben presto si sarebbe sciolto in un temporalone clamoroso, io e la Piasintëina ci aggiravamo per il quartiere della Foce cercando un genovese che ci districasse la vita in mezzo ai micidiali sensi unici della zona. Chi meglio di un benzinaio? Talmente meglio, che abbiamo ovviamente trovato un benzinaio macedone delle parti di Skopje, che conosceva Genova come io conosco Montevideo. In compenso, però, la regola del benzinajo non si è smentita neppure nella Superba: benzinaio che vai, treggia che trovi. Questa era una stazione IP, ed eccovi la "Treggia IP", vale a dire un'azzurrissima Toyota 4WD del 1980.


Si è trattato della mia prima treggia automobilistica genovese personale; vero è pur che a Genova ora non vo spesso, dopo averla frequentata a lungo in passato (e piccandomi sempre di saperla più o meno girare, cosa del tutto falsa!), ma fino a quel venti di luglio avevo "raccattato" soltanto una Vespa nel vico Palla. Esordisco ora ner màggico mondo delle tregge genovesi, e dove? Ma da un benzinaio, naturalmente. A Genova, in fondo, non ho mai cessato di sentirmi chez moi, è l'unico posto al di fuori dalla Toscana che mi fa quest'effetto, assieme un po' a Roma. E come dal famoso benzinaio delle Due Strade sulla Senese, per pigliare la foto di retro ho dovuto fare delle acrobazie botaniche; un giorno o l'altro, lo so, troverò una terribile pianta carnivora che mi sgranocchierà.

Notturno antagonista milanese



Come avrete intuito leggendo qualche post qua e là, quando il vostro Treggista Preferito® si ritrova a Milano, non lo trovate certo nelle piazzedeldòmm, alle bellemadunìne o ai sant'ambrœus "classici"; lo trovate in postacci bizzarri, quasi sempre dietro a antagonismi vari, centri sociali, spazi occupati, squat & compagnia bella. Insomma, non vi capiterà spesso che il bel blogghino delle màcchine che vi garbano tanto (e mi fa un sincero piacere, credetemi!) lo tenga un cinquantenne bell'e sonato che Repubblica non esiterebbe a definire un Black Bloc o qualcosa del genere. Siàtene coscienti, perché il TB non è e non sarà mai un "blog automobilistico" come tutti quegli altri. Ci tengo alla mia squysita peculiarità, by Jove.

Del motivo per cui, ad esempio, lo scorso marzo ero a Milano ho già parlato qui; non ci tornerò sopra, anche perché l'ora era molto tarda, i chilometri a piedi parecchi e il posto parecchio buio. Meglio non dire che cos'era. Naturalmente, in qualunque posto si trovi, il Treggista Militante® è sempre in azione; e così eccolo proporvi, stavolta, le foto più oscure di tutto il blog, direttamente da un notturno antagonista milanese:


Insomma, sì; si vede che è un camper con tanto di bicicletta al seguito (nemmeno nell'antagonismo più duro si rinuncia alla bici attaccata al camper e si segue la regola!), però dalla foto sopra si comincia a intuire ciò che segue:


Ecco qua: il vostro Treggista Militante®, mentre militava in un ambito apparentemente molto diverso, si è ritrovato nell'oscurità milanese un bel camperone biciclettato targato Firenze. In effetti, quel giorno là da Firenze s'era venuti in parecchi; però fa sempre quel porco piacere trovare un treggione fiorentino lontan da casa. E anche qualcuno che antagonizza con un camper del 1976, mica seghe!

Tutti in posa, c'è l'alluvione!



Di immagini straordinarie, certo, l'Alluvione del '66 ne ha prodotte tante; però questa, a mio parere, è tra le più incredibili. E non me ne vogliano i fiorentini se non proviene da Firenze, e nemmeno dall'Arno, bensì ancora una volta da Tavola, frazione di Prato, dove andò di fuori l'Ombrone Pistojese. Andarono di fuori tutti, i corsi d'acqua del bacino dell'Arno; nei paesini, evidentemente, la cosa fu vissuta un po' come un avvenimento di quelli che poi si raccontano ai nipoti. La guerra e l'alluvione, insomma; qualcosa che merita una fotografia tutti insieme, a futura memoria.

Nella piazza del paese, infatti, ecco tutti i tavolesi; con gli stivaloni e immersi nell'acqua dell'Ombrone che ha allagato il paese, ma qualcuno col vestito della domenica. Siamo, evidentemente, nella piazza della chiesa; in posa ci dev'essere tutta la Misericordia del posto, con tanto di gommone e autoambulanza con l'acqua a mezze ruote. Conosco troppo bene l'universo delle associazioni del volontariato toscane -Misericordie o Pubbliche Assistenze che siano- per non ritrovare in questa fotografia lontana un senso di passata familiarità.

Nel 1966, in una frazione, questo doveva essere tutto il "parco" dell'associazione. Un'ambulanza che era già vecchia allora (la targa non si legge, ma il mezzo sembra comunque degli anni '50; dalla calandra sembrerebbe un Romeo, ma anche qui sono costretto a ricorrere alle "auto ignote" e a fare appelli a dritta e a manca per un riconoscimento) e il gommone forse di proprietà, forse messo a disposizione da qualcuno che lo aveva (non siamo certo in riva al mare, qui, e il gommone non era allora un mezzo nautico molto diffuso). Tra le persone in posa, soltanto due (quelle in primo piano) hanno deciso di sfidare l'alluvione e di farsi riprendere "in acqua" con gli stivaloni, mentre le altre se ne stanno all'asciutto o sul sagrato della chiesa o sul gommone.

In fondo, in questa foto c'è tutto lo "spirito" del TB: un mezzo a motore e tutta un'umanità con la sua storia, o le sue storie. In generale lascio che sia il solo automezzo a raccontarle; in un'immagine come questa, invece, ogni particolare "dice". Si prenda, ad esempio, il "Faro", vale a dire il locale che si vede in alto a sinistra, dietro le persone. Piazza-chiesa-casadelpòpolo-Misericordia/Pubblica Assistenza = "Circolino". Un paese toscano senza il circolino non è un paese toscano, è un paese trentino o molisano qualsiasi; anzi, un vero paese toscano deve avere i circolini contrapposti. Quello dei "compagni" e quello dei "preti", per farla breve. I circolini hanno nomi tipici che si ripetono ovunque; ad esempio, per quelli dei preti il "Faro" è quasi un must (così come per quelli dei compagni si ha "La Pace" oppure una vasta scelta tra "Risorgimento", "Rinascita" e nomi di partigiani vari). In un contesto "acquoso" come quello di questa fotografia, il "Faro" suona tra l'altro discretamente ironico.

Arrivò l'Ombrone Pistojese, 47 anni fa, e andò di fuori allagando il paese. Si misero tutti in posa davanti alla chiesa. E sono cose, queste, che mi farebbero dire tante altre cose se ne avessi il tempo e la voglia e, forse, anche la capacità. 

Aggiornamento 27.11.2013

Si veda il post "Simone e la Matta".

domenica 24 novembre 2013

Dalla neve al solleone



Il 17 dicembre 2010, come tutti i fiorentini ricorderanno, la città si ritrovò sul groppone la più grossa nevicata dopo il 1985; una nevicata che esaltò le enormi capacità organizzative del nostro giòvine syndaco e che costrinse parecchia gente a improvvisarsi maratoneti per rientrare a casa dopo che tutto era andato in tilt. Il giorno dopo, avviandomi con fatica verso casa, sui lungarni innevati incocciai in questa Dune Buggy, fotografandola "al volo"; evidentemente, il proprietario non aveva resistito alla voglia di farsi un giro con la "spiaggina" in una cornice non propriamente balneare. Il tutto andò a finire nello "Speciale Neve" che il TB dedicò all'evento, con la specifica che era targata "Foggia 23  e qualcosa".


Passano due anni e mezzo, e nello scorso mese di luglio (quindi in una cornice climatica leggermente diversa), in pieno Isolotto o chi non mi ritrovo? Eccovela qua in tutto il suo splendore (e anche nella "sua" stagione!), la "spiaggina" Wolkswagen Hobbycar, naturalmente su meccanica Maggiolino (e prodotta solo per il mercato italiano), col suo proprietario stavolta scamiciato nonché anonimizzato perché gli avevo fatto un vero e proprio ritratto alla guida e, ogni tanto, qualche scrupolo di prìvaci mi prende. La "targa di Foggia" era sempre là, ed è comparsa persino in tutto il suo splendore (FG 230 233); che era del 1979 era già stato detto nel post sulla nevicatona. Insomma, il Treggista Militante® non si scorda di niente. Prima o poi, tanto, le ribecca.

Treggia natìa



A dire il vero, non è certo la prima che trovo esattamente nella strada dove sono venuto al mondo; si chiama, per la cronaca, via Federigo Tozzi, è dedicata a uno scrittore senese e, quando sono nato oramai oltre cinquant'anni fa in realtà non esisteva. Allora era un interno di via Gabriele d'Annunzio, indi per cui sono nato all'anagrafe come residente in via Gabriele d'Annunzio 96/E. Poi, qualche anno dopo, l'interno è diventato una strada a se stante; via Federigo Tozzi, appunto. In via Tozzi, ad esempio, ci ho già fotografato una stupefacente Fiat 127 (che c'è sempre!) e, soprattutto, il primo T1 del blog (nonché prima "targa particolare"), addirittura il primo giorno del TB (il mitico 1° giugno 2009). Insomma, via Tozzi ha un suo posto di rilievo nel blog, e non soltanto perché ci è nato il vostro Treggista Preferito®. Però questa foto "maggiolosa" è la prima in cui via Tozzi appare in "panoramica"; beh, insomma, non è che sia un gran ché come via, però dimostra che Coverciano non deve la sua fama solo alla nazionale di pallone...



A me, in fondo, piace rimandare la pubblicazione delle tregge estive; e qui siamo chiaramente in una rovente giornata della scorsa estate, ai tempi dell'appiedamento quando, dopo essere stato da mia madre (che ancora abita in quella strada, fedele ne' sèholi), mi avviavo a riprendere l'autobus. Mi piace perché è una cosa che un po' mi "riscalda" ora che siamo caduti inesorabilmente ne' rigori dell'inverno. Contribuisce senz'altro al ricaldamento anche il bel giallo canarino del Käfer trovato nella strada natìa, che ci riporta al 1981. Che è l'anno, peraltro, in cui ho preso la patente e nel quale, giustappunto, ho solcato per la prima volta in macchina via Tozzi. Il T1 del primo giorno del Treggia's Blog, quello lincato prima, sappiatelo, c'era già e me ne ricordo (è del fioraio all'angolo). Come dire: il TB esiste sì dal 1° giugno 2009 ma viene da molto, molto più lontano.

martedì 19 novembre 2013

Lo Snùpi



I T2, nelle loro varie versioni & evoluzioni, si dividono principalmente in due categorie: quelli "da appassionato" (tenuti alla perfezione, livree fantasiose spesso hippyeggianti o bucoliche ecc.) e quelli "da chiccilavòra". I T2 "chiccilavòra" si riconoscono non soltanto per lo sgarrupamento e i segni del tempo, ma anche per un particolare decisivo: il cerchio "VW" sulla parte anteriore non c'è più, il che fa assumere al Furgon de' Furgoni il tipico aspetto da tenera bestiolona stupefatta con gli occhioni. Non se ne vedono più, di macchine con la faccia espressiva; ora le son tutte uguali e somigliano generalmente soltanto a questi tempi idioti. Tempi da SUV. Li riproducono alla perfezione.


Si capirà quindi che, quando l'ho visto mentre camminavo sul marciapiede, ho riconosciuto subito che era un "chiccilavòra" (o comunque ci va, ci cammina, ci fa iccheglipàre ma quotidianamente). E' bastato andare di lato per apprezzare appieno il sublime stato da vera daily treggia di questo T2 del 1972, perdipiù munito di una targa niente male (una "scalata di tre", FI 645 642). Sparaurtato commilfò, e tanto a che serviranno mai i paraurti? Se ci andate a sbattere con una delle vostre macchinine fighettine, con la Minicazzo o roba del genere, peggio per voi!



Il vero Treggista Militante® tende sempre a dare un nome a ogni treggia che vede. Si tratta sia di una cosa che gli viene spontanea, per la familiarità che prova, sia di un ausilio alla memoria. Di quale memoria elefantiaca ci sia bisogno nel Treggismo Militante®, non ne avete forse un'idea; vi basti sapere che sono tranquillamente capace di ricordarmi se una delle 1500 e rotte vetture che stanno nel TB l'ho già fotografata, mi ricordo le targhe, tutti i particolari e dove l'ho vista la prima volta. Quando ne rivedo una mi dico: "Toh, la Polda! Guarda chi c'è, il Ranocchione!", e così via. Rivedere le tregge (e, a volte, persino rifotografarle!) è un piacere immenso per il Treggista Militante®: significa, in pratica, che non sono finite sotto una pressa. Anche se è molto improbabile che il titolare di una macchina di quarant'anni la faccia stiaccià; in tal caso, ci sarebbe da stiaccià lui, che non è nemmeno riciclabile.

Tutto questo per dirvi che il nome di questo T2 "chiccilavòra" è stato automatico quando ho visto l'incancrenita decalcomania dello Snoopy apposta sul retro; deve risalire, anch'essa, ai tempi di quando da pischelli si comprava Linus. Ho pensato che, nella malaugurata ipotesi di uno stiacciamento un brutto giorno, la decalcomania dev'essere talmente appiccata alla carrozzeria che l'eventuale oggetto fatto col metallo riciclato se la ritroverebbe tale e quale. Che so io, una bella lavastoviglie con lo Snoopy. Insomma, il T2 è diventato subito lo Snùpi. Così resterà. Quando lo rivedrò, mi dirò: "Ma guarda il vecchio Snùpi come fila ancora!"; non lo dirò mai, sappiatelo, della vostra Kia Sorento o della Qashqai (e non mi rialhzhài, 'iobécco).

Visione mattutina


Mark B.  è usualmente assai laconico nelle sue mail, quando mi manda le sue tregge (che sono tante, tante, tante: ancora oggi ne ho da pubblicare letteralmente a decine). Per questa Fiat 1100 del 1961 da lui colta in una bella magnana de noviembre con tanto di conducente a bordo, mi ha scritto soltanto: visione mattutina. I laconici sono così: in due parole sanno dire tutto quel che c'è da dire. Ci sarebbe forse da aggiungere altro, a parte il modo perfetto in cui è tenuta?...

domenica 17 novembre 2013

Aggiornamenti combinati tra Mantova e San Casciano! (1)



La vettura che vedete nella foto è una Hindustan Ambassador,  e può essere a buon diritto presa a "simbolo" di questo ennesimo post di aggiornamenti dovuto all'azione combinata di Alessandro S. e Simone B., i nuovi due Treggisti Militanti® e amici del TB. Il bello è che il primo sta a Mantova e il secondo a San Casciano in Val di Pesa, e che sicuramente mai avevano sentito parlare l'uno dell'altro; ebbene, nella medesima giornata di oggi, ognuno per conto proprio, mi hanno mandato una mail di aggiornamenti e correzioni alquanto esatta e gradita, e che mi affretto a pubblicare dopo il post "paperopolitano". 

Perché la Hindustan Ambassador? Perché Alessandro e Simone hanno individuato nientemeno che la prima "auto ignota" del TB, fotografatami a Parigi da Cristina la Meharista. Quella che lei aveva definito "mostruosa ma con le tendine". Ve la faccio rivedere:


Come vedete è proprio lei, identica fin nelle barbe. 

Di tale vettura, che un articolo di "Ruoteclassiche" (rivista che in mano mia si chiamerebbe "Treggespaventose", ndr) del 2003 definisce "Il sogno indiano" (e se era un sogno, mi sa che gli indiani dovevano avere mangiato parecchio pesante...), mi scrive prima Alessandro:

"N°1 - post del 17 Febbraio 2010: Si tratta di una Ambassador, della casa automobilistica Indiana Hindustan. Auto prodotta dal 1958 fino ai giorni nostri (con modelli aggiornati). Ti allego una risposta che la rivista Ruoteclassiche dette ad un lettore nell'Aprile del 2003, il quale si chiedeva che modello di auto fosse quello utilizzato nello spot pubblicitario della Peugeot 206 di quel periodo."

Alessandro si riferisce al famoso spot della Peugeot 206 in cui "un ragazzo indiano rimodella proprio un'Ambassador, facendola scontrare contro un muro, facendogli sedere sopra un elefante e martellando e risaldando ciò che ne rimaneva (la pubblicità la ricordo perfino io che nel 2003 avevo 11 anni, tanto venne trasmessa in modo assillante)."

Ve lo ricorderete tutti quello spot, come me ne ricordo anch'io che nel 2003 di anni ne avevo quaranta, ohimé. Fu realizzato da due autentici geni del settore, va riconosciuto, e vinse tutti i premi possibili e immaginabili della categoria. I due geni sono italiani: Giovanni Porro e Roberto Greco. Nello spot, la povera Ambassador veniva sottoposta a ogni sorta di vessazioni (compreso l'intervento di un elefante) per farla diventare una 206:




Orbene, sappiate pure che, però, la Hindustan Ambassador è ancora in produzione dal 1958, e con le stesse linee. Il modello fotografato da Cristina a Parigi potrebbe essere, qui, recente.

Precisa poi Simone, tracciando un po' la vera storia di questo modello:

"Altra auto ignota identificata:  Si tratta di una Morris Oxford terza serie. Qui è stata davvero dura. Trattandosi di un auto fotografata a Parigi pensavo fosse un auto francese ma dopo aver controllato i vari modelli degli anni '50 e '60 delle case automobilistiche transalpine non avevo trovato nulla. Così ho allargato la ricerca alle auto tedesche ma anche qui un buco nell'acqua. Infine, prima di dichiarare la resa, mi sono buttato sulle auto inglesi e già cercando tra le Austin mi ero reso conto di esserci andato vicino ma le linee erano ancora un pò diverse. Poi sono passato alla Morris ed eccola . Detto questo aggiunto che di questa auto non conosco assolutamente niente. Quando cerco informazioni su un auto non mi affido mai alla wikipedia italiana ma sopratutto a quella tedesca ed in seconda scelta alla versione inglese. Sono fatte meglio e ci sono più informazioni particolareggiate. Tra l'altro sulla versione tedesca c'è anche una foto della versione indiana di questa macchina ovvero la Hindustan Ambassador. " 

Insomma, in modo del tutto indipendente e con metodi diversi, Simone e Alessandro hanno entrambi individuato questa vettura. Per aggiungere qualcosa, la Morris Oxford di III serie, "clonata" per il mercato indiano dalla Hindustan Motors che ancora la fabbrica, fa parte di un modello che riporta quasi agli albori dell'automobile. La Morris Oxford di prima serie uscì infatti nel 1913, mentre l'ultima Oxford di III serie fu prodotta nel 1971. Cinquantotto anni di fabbricazione, che perdura ancora in India; la Oxford/Ambassador è quindi parte di una storia automobilista centenaria. Se ne riparlerà per la Peugeot 206 "fighetta"...

Ma il modello fotografato a Parigi da Cristina sarà una Oxford o una Ambassador? Appurato oramai che sono identiche, io voto per la Ambassador. Senz'altro più probabile, per questioni di età. Salomonicamente, però, nel post aggiornato la assegnerò ad entrambe; direi che se lo meritano!

(1 - continua)

I' Papero



Stamattina il nostro buon INSCO, prima di venire dal sottoscritto recando seco un par di bottiglie di buona poppa de' vecchi, è andato a paperi. Pensate che assieme al vino m'abbia portato un papero da mettere in pentola? Niente di tutto questo. INSCO, oramai treggista consumato che si permette di fare anche la più classica delle prese al volo, ha beccato sui Viali nientepopodimeno che un papero motociclista. Guardate bene infatti la targa della motocicletta, che qui sotto riproduco ingrandita:


In Itàglia, come in altri paesi, sarebbe (teoricamente) prevista la possibilità di apporre al proprio automezzo una cosiddetta targa personalizzata; in realtà, oltre a costare un occhio della testa e a dover sottostare a condizioni che rendono la personalizzazione alquanto labile, di siffatte targhe in Italia non se ne vede manco una o quasi. INSCO, quindi, oggi ha beccato uno di quei rarissimi "quasi". Il nostro amico motociclista, infatti, ha deciso di trasferirsi direttamente a Paperopoli, con una targa decisamente "disneyana": Papero 99.


In questa foto, pur contravvenendo ai principi della privacy (signore di tutti i maly), siamo in grado di rivelarvi l'identità del misterioso motociclista fotografato da INSCO sui viali.

La zona di Firenze e la Toscana tutta, tra l'altro, sembrano essere decisamente gemellate con Paperopoli & Paperi. Abbiamo già visto con una "treggia sanitaria" che nei pressi di una città dei dintorni, enclave della Repubblica Popolare Cinese, esiste una frazione che si chiama "Paperino" (i più credono che sia una trovata dei Giancattivi per un loro famoso film, ma il posto esiste davvero). Non basta; alla Piaggio, che come è noto ha sede a Pontedera (Pisa), nel lontano 1944 -quando l'azienda aveva ancora sede a Biella, in verità- fu progettato e realizzato un prototipo di scooter da cui fu poi sviluppata, dopo la guerra, la Vespa. Ebbene, tale prototipo si chiamava proprio così: Piaggio Paperino.


Senza contare che "Papero", e credo sia proprio il caso del motociclista sui Viali, è un soprannome abbastanza comune a Firenze; generalemente è riservato a coloro che hanno -come il sottoscritto- un'andatura, appunto, a "papero" (mia madre, con tipico wit elbano, la definisce ulteriormente "a papero scosciato"). Addirittura un vecchio giocatore della Fiorentina di anni molto lontani, Gazzarri, era stato soprannominato "I' Papero" per la sua tipica corsa in campo!

giovedì 14 novembre 2013

Milano vicina all'Uròpa, ma di più a Vicenza


Milano vicina all'Uròpa, cantava Lucio Dalla; e vabbè, certo, come no; però, visto che al sottoscritto l'Uròpa sta, come dire, un pochino sul kjülø -figuriamoci che mi sta invece simpatica la Grecia!-, preferisco pensare che Milano sia molto più vicina a Vicenza. Ogni tanto, a Milano, ci faccio una puntatina per vari motivi che la maggior parte di voi potrebbero giudicare un po' stravaganti; mica ci vo per lavoro (bleah!) o per altri disdicevoli motivi del genere. Al tempo di queste foto, ad esempio, (lo scorso mese di marzo), ci ero andato per prendere parte a una manifestazione antagonista per il decimo anniversario dell'assassinio di Davide "Dax" Cesare da parte di una squadraccia fascista (16 marzo 2003). E Dax mi piace, porco diavolo, ricordarlo anche qui; e proprio col manifesto di quella manifestazione:


"Treggista Militante®" non è, come dire, un appellativo che ho scelto così per celia.

Però Semper Traheistes eris; quindi, quando ho visto questa bella treggia vicentina (un Käfer del 1981) molto vicina a Milano e, anzi, immersa in una sua cugina tenebrarum di periferia, tirar fuori la Codacchina è stato tutt'uno e flash, flash.



Janeček & Wanderer





Nel 1979 si compravano, casomai le moto giapponesi; erano gli anni delle famose battutine sceme del tipo Cosa dice una moto giapponese in riva al mare? (Non fate l'honda) oppure Come si offende una moto giapponese? (La yamàha di to' ma'); bisognava averne, insomma, di fantasia, per andare a comprare una moto cecoslovacca. Le motociclette oltrecortina? Non si era sicuri, in fondo, nemmeno che esistessero; esistevano, invece. Eccome se esistevano.

Nel 1929, a Praga, il signor František Janeček, ad esempio, decise proprio di mettersi a costruire motociclette. Mise su uno stabilimento nel quartiere Pankrác (si pronuncia "pànrkraatz"), e la cosa garba parecchio al TB che ha S. Pancrazio come protettore; una volta presentatasi l'esigenza di dare un nome ai suoi prodotti, il signor Janeček scelse "JAWA" unendo le prime due lettere del suo cognome alle prime due di "Wanderer", un'azienda che gli forniva motori e componenti. Janeček & Wanderer, appunto. Jawa. Dal 1929 ancora in attività e con un nome pressoché immortale nel campo dello Speedway; da notare che, in tedesco, Wanderer significa "girellone, giramondo, viandante". Nomen, omen!

Il tutto, naturalmente, affinché uno sconosciuto fiorentino, nel 1979, decidesse di distinguersi dalla massa e girare, appunto, a bordo di una squisitamente cecoslovacca Jawa TS 350 munita persino di sidecar; e dev'esserne rimasto parecchio soddisfatto, visto che queste foto risalgono a nemmeno un mese fa e la Jawa sidecarizzata sembra ancor essere bella viva e lottare insieme a noi. E, presumo, valere anche una fratta di soldi dato che alzi la mano chi di voi ha mai visto una moto cecoslovacca. Qualche macchina sì, le vecchie Škoda di sicuro (ne aveva una persino l'ingegnere capo dell'ATAF, l'ing. Orsi), ma una moto?  Insomma, una sana iniezione di realismo socialista e materialismo dialettico alla vigilia degli anni '80. Altri tempi.


Jawa si pronuncia Iàva, e non "Giava" o qualcosa del genere. Credo di dover questa precisazione ai signori Janeček & Wanderer, che penso non si sarebbero mai immaginati che un loro modello si trovasse, più di ottant'anni dopo la fondazione dell'azienda, parcheggiato càcchio càcchio sotto le mura del viale Petrarca a Firenze. Così è, ed è un bel vedere.

Dall'autobus crumiro



Ai tempi (fortunatamente brevi) dell'appiedamento del Treggista lo avevo dichiarato solennemente: pur di continuare, sarei stato disposto a fotografare anche dall'autobus. E' andata a finire che un par di foto dall'autobus le ho fatte per davvero, ma già quando ero di nuovo motorizzato (e con che cosa io sia attualmente motorizzato, lo sapete). Non per questo ho smesso a volte di prendere l'autobus; così, qualche giorno fa in un piovoso pomeriggio, eccomi a bordo di un Diciassette (dovrei mettere questo post anche nella "Saga del 17"...?) per di più in una situazione particolare: era infatti il più tipico "autobus crumiro" in una giornata di sciopero. Ci sarebbe magari da ragionare sul fatto di come mai il vostro Treggista Preferito® decida di pigliare il bus proprio in una giornata in cui c'è sciopero, ma sapete bene che, sovente, quel che faccio sfugge in primis a me stesso...

Ad ogni modo, mentre ero scomodissimamente seduto in quell'autobus strabuzzante di gente, il Dio de' Bivi ha voluto darmi l'ennesima prova della sua esistenza: esattamente a una fermata (quindi con agio di scattare foto), eccomi di fronte a questa Land Rover patavina di un 1989 abbastanza insolito per il TB, ma con addosso una di quelle targònze che no, non possono essere tralasciate seppur bianche:


Così, dal finestrone dell'autobus imperlato di gocce di pioggia, ecco comparire questo delirio di novantine pari, non in ordine perfetto ma pazienza! Insomma, anche l'autobus ha voluto dire la sua e chissà che la cosa non abbia a ripetersi, magari senza aspettare il crumiro...

Aggiornamenti !



In questi ultimi giorni mi stanno scrivendo molti appassionati di tregge & dintorni, e la cosa mi rende alquanto felice. In primis perché si vede che il TB ha fatto...uscire allo scoperto parecchie persone che condividono il Treggismo Militante®; e se dico "militante", è perché non si tratta di semplici lettori o frequentatori del blog, ma di veri e propri treggisti, con tanto di centinaia di fotografie scattate. Insomma, il TB ha agito da autentico "catalizzatore" (non nel senso della truffaldina "marmitta catalitica"...per fortuna), e chissà che -prima o poi- non abbia il tanto agognato "blog gemello"...

Tra queste persone, mi ha scritto un...vicino di casa: si tratta di Simone B., che mi ha scritto da San Casciano in Val di Pesa (Firenze). San Casciano è un luogo già ampiamente presente nel TB; è, tra le altre cose, protagonista di quella che, forse, è la più bella foto di tutto il blog, quella del cielo di luglio che si specchiava nei finestrini del Fiat 238 in disfacimento. Insomma, San Casciano come locus treggisticus di prim'ordine, e dal quale non poteva che saltar fuori, prima o poi, un Treggista con la T majuscola. 

Simone B. mi ha scritto una mail dalla quale traspare una cosa fondamentale: che tutti noi Treggisti Militanti® proviamo le stesse cose e abbiamo le stesse reazioni (e gli stessi modi di pensare) di fronte ai vecchi automezzi che andiamo cercando e registrando prima che scompaiano. Magari a non tutti è venuta l'idea di cominciare a scriverci un blog intero sopra, ma i princìpi basilari sono identici. Per far venire allo scoperto tutti questi...sodali, come si vede, non c'è stato bisogno di nessun "Facebook".

Oltre a questo, Simone B., come tutti i Treggisti Militanti®, non si è certo contentato di comunicarmi le sue impressioni (ovviamente graditissime); si è anche...attivato per contribuire al blog, e lo ha fatto nel modo migliore esercitando le sue competenze. Non mi stancherò mai di dire che questa è la cosa migliore per il TB: il sottoscritto tutto si ritiene fuorché infallibile, e, anzi, spesso e volentieri piglia degli abbagli sesquipedali, oppure non ci cava un ragno dal buco di fronte a delle autovetture che non conosce. E' la famosa categoria delle "Auto Ignote", che in questi giorni, grazie a Simone B. e ad altri, in questi giorni è in via di delizioso sgretolamento (e non è finita qui!).

Grazie a Simone B., infatti, sono stato in grado in un caso di correggere una disattenzione, anche se scambiare una Bentley per una Rolls è facile; e, quel che più conta, due "auto ignote" sono state individuate: la bellissima Fiat 1100 Gioiello Ghia e un'altra per la quale attendo una conferma definitiva.

Simone, inoltre, si è dedicato anche all'aspetto storico, permettendo di...cambiare lettera greca all'autovettura sulla quale fu rapito e ucciso Giacomo Matteotti (era una Lancia Kappa e non una Lambda).

Insomma, aggiornamenti opportuni e di grande importanza; di quelli che fanno dire non soltanto un "grazie", ma soprattutto un "complimenti".

mercoledì 13 novembre 2013

Se prostrans atque genuflectens



Ci sono dei casi in cui ci si chiede: Ma cavolo, perché non ero là quel dato giorno a quella data ora...? Domanda del tutto inutile, naturalmente, anche se il Treggista Militante® ha per natura la tendenza a desiderare di essere ovunque come Sant'Antonio. Poiché non può, per fortuna che c'è Mark B.; il quale, tra i Treggisti che conosco, è quello che più si avvicina all'agognato dono dell'ubiquità. Ovunque ci sia una treggia, c'è lui; e menomale, perché altrimenti non si sarebbe probabilmente mai vista questa meraviglia. 

Intendiamoci: di 2CV, o Dédeuche, in questo blog ce ne sono parecchie; ma si tratta perlopiù di modelli più recenti, sia pure di rispettabilissima treggitudine. Autovetture che erano già diventate "alla moda" presso un certo pubblico e in un certo periodo, però; indi per cui, molti credono che la 2CV sia una specie di "simbolo" degli anni '70 e '80. Con questa vettura, invece, siamo alla 2CV nuda e cruda, quella vera, proveniente diritta (e con poche modifiche) dall'originale del 1939 col monofaro e i sedili in legno (quello che, secondo André Citroën, doveva essere capace di "portare su ogni strada due contadini con gli attrezzi agricoli e due balle di patate"). Altro che "alternativa", qui siamo ancora a degli anni in cui se ne vedevano poche poche, che suscitavano perplessità (tipo "ma che è quella cosa lì,,,?"); in Italia, naturalmente. In Francia sarà diverso.

Targa posteriore spostata sulla sinistra (che dava al retro della 2CV il tipico aspetto da "marinaio con la pipa: avete notato che ricorda Braccio di Ferro?); tetto-capote alzabile e parafangoni, dato che la concezione originale della vettura prevedeva l'uso su fangose strade di campagna. Semplicemente immortale; vederne ancora una così è rarissimo. 

Nel TB è la seconda di questo genere; la prima è addirittura anteriore (del 1958), ma era stata ritargata; questa qui invece è del 1964 con targa originale. Due cavalli e quasi cinquant'anni. Prostrarsi e genuflettersi, come dice il titolo, viene spontaneo...

5 su 3999


E siamo a 5 su 3999. A che cosa mi riferisco? Ma alle "FI 80" quadrate, perdiana! Stavolta grazie al sempre provvidenziale intervento di Mark B., il quale -come si vedrà nel prossimo post- ha anche "colpito" con una vettura da capogiro; ma tempo al tempo. 

Intanto ci si dedicherà a questa abarthina, naturalmente del 1975. Sarà utile, visto che è passato un po' di tempo dall'ultimo inserimento, ridire un po' la storia delle "FI 80" quadrate? Forse sì.

Le "FI 80" quadrate sono le ultime targhe quadrate bianche e nere fiorentine. Sono, in tutto, soltanto 3999: da FI 800000 a FI 803999. Con FI 804000 le storiche targhe in vigore dal 1932 (la numerazione e le sigle delle provincie erano in vigore sin dal 1927, ma erano di foggia diversa) andarono in pensione e furono sostituite dalle targhe "componibili" con la sigla arancione e il numero di immatricolazione in cifre (e lettere) bianche, su sfondo nero: le targhe arancio-bianconere. Era il gennaio del 1976.

Va da sé che esistono pochissime "FI 80 quadrate" ancora in circolazione: rappresentano, per il Treggista Militante® fiorentino, una specie di "Gronchi Rosa" (al pari delle poche "FI 80" aranciobianconere, 5999 in tutto). Le ultime di una storia e le prime di un'altra insomma. Naturalmente, questo fatto è valido per tutte le provincie italiane; a Firenze, forse, la cosa è più "roboante"che altrove perché avvenne in concomitanza con un numero "pieno" come l'ottanta.

Risolto il misterio dell'auto-simbolo dell'Alluvione!



Ve la ricorderete tutti, anche perché il post è solo di qualche giorno fa; e la grossa vettura americaneggiante, così la avevo chiamata, che sta per essere inghiottita dall'alluvione del 4 novembre 1966 in piazza dei Giudici. Una foto celeberrima, che avevo deciso di inserire proprio nell'anniversario di quel tragico evento, come simbolo di tutte le diecimila e rotte autovetture che l'Arno si portò via o ridusse a maschere di fango e nafta, accatastandole le une sulle altre. Una foto nella quale avevo sempre disperato di riconoscere l'autovettura in questione.

Bene: è bastato pubblicare la foto perché, in pochi giorni, un lettore e frequentatore del TB abbia risolto il mistero che mi sobbarcavo da decenni; evidentemente, e con sommo piacere, questo blog ha dei frequentatori non soltanto appassionati, ma estremamente competenti (in questo caso, ben più del vostro Treggista Preferito® stesso!). Il fatto è ancora più piacevole (e straordinario), dato che colui che ha risolto il mistero è un ragazzo di soli 21 anni. Non solo i giovani Treggisti crescono, ma superano il maestro; del resto, la frase "Tristo è quell'allievo che non supera 'l maestro" la scrisse tale Leonardo da Vinci, non so se mi spiego...

Mi scrive infatti Alessandro S., 21 anni, da Mantova:
Ciao Riccardo, mi chiamo Alessandro, ho 21 anni, scrivo da Mantova e seguo il Treggia's Blog da qualche anno. Avrei voluto contattarti altre volte, sempre per darti altre informazioni su alcuni veicoli riguardanti i tuoi avvistamenti (cosa che magari farò in futuro se ti può interessare). Questa è stata la volta che mi ha spinto a contattarti: l'auto misteriosa ed americaneggiante a cui hai fatto riferimento oggi è una Lancia Flaminia berlina. L'ho riconosciuta subito dalla modanatura cromata che percorre tutta la fiancata, unico particolare che mi ha colpito e che ne ha reso possibile il riconoscimento. Spero che sapere ciò ti abbia fatto piacere, continuerò a seguirti con entusiasmo. Ti saluto cordialmente, Alessandro.

Che dire? Anche al di là del riconoscimento della vettura, che mi risolve davvero un mistero annoso, quel che mi fa più piacere, lo ripeto, sono la competenza e la passione che traspaiono da queste poche righe. Mi tolgo il cappello (che mai ho portato, ma fa niente...): eppure una Flaminia berlina da qualche parte del TB ce l'ho, ma proprio non la avevo riconosciuta. Il modo in cui Alessandro non solo enuncia il riconoscimento, ma lo spiega compiutamente (la modanatura cromata), è indice preciso di Treggista già consumato e che si può -giustamente- permettere di dare dei punti al sottoscritto. Cosa che, ribadisco, mi fa soltanto un enorme piacere!

Naturalmente ogni intervento di Alessandro mi sarà sempre graditissimo; le informazioni e le precisazioni sono come il pane, qui dentro. Spero che Alessandro vorrà farsi vivo anche con qualche sua "trovaglia" mantovana; insomma, è la terra di Tazio Nuvolari, eh. Sembra di poter dire che ci dev'essere qualcosa nell'aria da quelle parti...