giovedì 30 agosto 2012

Carrelba '12 (8) - Ilva sine Mediis Saccis?




Ilva sine Mediis Saccis (vel: sine Quinquinis) sicut Roma sine Pontifice; gli antichi detti parlan chiaro. E, infatti, come ogni volta l'Isola fornisce la sua brava dose di Mezzisacchi belli freschi, il primo dei quali stabilisce un inconsueto legame storico. Un tempo, infatti, non era raro che i lavoratori stagionali provenienti dalle lontane plaghe settentrionali si radicassero all'Elba, ed è così che in famiglia, sia pure per via acquisita, ho avuto uno zio che era nato a Robbio Lomellina, esattamente in provincia di Pavia. Naturalmente era più elbano di tutta l'Elba, dato che sull'Isola era capitato alla tenerissima età di mesi due, coi genitori che avevan pensato bene di starsene in mezzo al mare invece che in qualche nebbiosa pianura; erano i famosi Lombardi, che così venivano chiamati anche se venivano dall'Emilia, dal Veneto o dal Piemonte. Nel caso specifico di mio zio, però, erano lombardi sul serio; e vedere al Poggio un Cinquino targato Pavia me lo ha un po' ricordato, dato che da qualche anno è tornato sì nelle pianure, ma in quelle verdi del grande Manitù. Particolare non secondario, il Cinquino pavese trovato al Poggio ha una targa di quelle davvero non male, e che confermano il legame indissolubile tra le 500 e le targhe degne di nota; risale al 1966, altra cosa per nulla malvagia.




Questo Cinquino de Roma proviene invece da Capoliveri e è dovuto all'occhio di lince della Piasintëina, che, sia pur dall'alto, lo ha individuato da una distanza veramente ragguardevole. Conoscete Capoliveri? Beh, diciamo che quell'ameno paesello non è propriamente in piano; così, per raggiungere il Mezzosacco romano si è dovuta fare prima una vertiginosa discesa seguita, a foto fatte, da un'affannosa risalita. Ne valeva la pena: una 500 completamente nera non è cosa di tutti i giorni (e, infatti, è la prima in assoluto che compare nel TB). Questo compensa un po' la delusione di constatare che reca una targa nera farlocca (si tratta evidentemente di una reimmatricolazione risalente in realtà, come numerazione, addirittura al 1993).

Carrelba '12 (7) - Teilhol e le Mehàridi




E il "turbo" è stato messo quasi subito. Siamo nella piazza di Marina di Campo dove, ogni mercoledì, in estate e in inverno, si tiene il mercato; negli altri giorni funge invece da parcheggio, incasinatissimo specialmente nel mese d'agosto; stavo, infatti, cercando inutilmente un posto dove ficcarmi, quando mi sono imbattuto in questa "cosa" del tutto sconosciuta, con una moderna targa francese che riporta al dipartimento alsaziano dell'Alto Reno (68).

A prima vista sembrava un incrocio tra una Mehari e una Renault 4; non ci ero andato lontano, visto anche il classico logo della Renault piazzato sulla calandra del radiatore. Però la targhetta del produttore recitava altrimenti, recando un nome a me del tutto incognito: Teilhol.


Agosto, Internet mia non ti conosco; così, per saperne qualcosa di più e per documentarmi un po', ho dovuto aspettare di tornare a casa; ed ecco quindi la storia di questo piccolo produttore francese (dal nome apparentemente catalano, però), specializzato in figlie della Mehari




Raoul Teilhol (morto nel 2008) fonda la sua casa produttrice a Parigi nel 1958; nel 1970, allo scopo di rivaleggiare con la Citroën Mehari, la spiaggina più famosa della storia, riesce a istituire un partenariato con la Renault (anch'essa, ovviamente, interessata a concorrere con la Citroën in questo particolare settore che, negli anni '70, "tirava" parecchio) e si mette a produrre delle Renault Rodéo. Renault, però, ad un certo punto rompe il partenariato; il fatto è che Teilhol si era messo a produrre delle vetture basate sì sulla Rodéo, ma con alcune modifiche non autorizzate e, per giunta, mantenendo il logo della Renault assieme a quello della propria casa produttrice. L'esemplare capitato sotto i miei occhi una rovente mattinata d'agosto del 2012 a Marina di Campo, Isola d'Elba, deve probabilmente appartenere proprio a quella tipologia. 


La Renault Rodéo era in effetti derivata dalla R4 (e come poteva essere altrimenti?); insomma, l'intuito del Treggista tradisce raramente anche di fronte a una vettura sconosciuta; l'interno, come si può vedere, è quello di una R4 del periodo e sa decisamente di qualche film con Louis de Funès. Terminato piuttosto burrascosamente il partenariato con la Renault, restò qualche centinaio di esemplari di questa vetturetta (ed averne beccato uno, credo, è una sorta di miracolo).

Ma non è finita qui. Il vulcanico Teilhol ha fatto buca con la Renault? Poco male, va dal suo diretto concorrente, Citroën. Firma un contratto per produrre il furgone C15 a passo allungato, nel 1985; ma ben presto gli ripiglia il "vizietto", e si mette a furgonare e allungare anche delle AX e dei C35, ovviamente senza nessuna autorizzazione. E poiché non era abbastanza, prende la Citroën BX e, stavolta, la accorcia trasformandola in utilitaria. La Citroën non la prende bene.

Finita qui? Neanche per sogno; Teilhol, a questo punto, si mette in proprio. La produzione della Mehari era cessata nel 1987, lasciando orfani parecchi appassionati in tutto il mondo; Raoul Teilhol, assieme al fratello Guy, realizzano allora un autentico "patchwork" che presentano al salone dell'automobile di Parigi nello stesso anno 1987. Prendono il pianale, il motore e il volante della 2CV 6; i fanali posteriori della Peugeot 205; le frecce e gli specchietti retrovisori del Renault Express; il cruscotto della 2CV Charleston; e, infine, le guarnizioni e il parabrezza del C15 già sfruttato a suo tempo. Da tutto questo assemblaggio, vera e propria antologia di tutta la produzione automobilista transalpina, nasce la Teilhol Tangara.

Senonché, nel 1990, Teilhol getta finalmente la spugna e un velo d'oblio sembra posarsi su questo fabbricante di puzzle automobilistici. Ma, nel 2006, la società 2CA si accorge che la Tangara è diventata una specie di "oggetto di culto" e riprende la produzione di tutti i pezzi di ricambio e il servizio post-vendita. Se ne capisce il perché: sono rimaste in circolazione non più di un centinaio di Tangara, e i collezionisti le pagano tanto oro quanto pesano. Teilhol fa in tempo a pigliarsi quest'ultima soddisfazione, seppur piccola, prima di andare a assemblare chissà cosa nell'Aldilà.


mercoledì 29 agosto 2012

Carrelba '12 (6) - All'Isola col Turbo



Ed eccoci, finalmente, all'Isola d'Elba. Quest'anno, le "vacanze grosse" hanno deciso di incominciare col Turbo; e, infatti, presso il classico benzinaio alle porte di Marina di Campo, ecco che si presenta questo bell'esemplare rosso di Fiat Uno Turbo del 1985, invero una delle ultime targhe arancio-bianconere della provincia livornese. La cosa è tanto più ragguardevole, quanto è nota la scarsa presenza all'Elba, specialmente in estate, di autovetture con targa "indigena"; è sempre stato così, e così sarà sempre in saecula saeculorum (oggi, lo riconosco, ho un che di ecumenico).

La Uno Turbo era, come dire, un'aberrazione sotto forma di macchina. Un'utilitaria, poiché la Uno era un'utilitaria e non ci giriamo tanto attorno, trasformata in bolide mediante un motore da 1301 cc alimentato a iniezione elettronica con turbocompressore IHI e il celeberrimo intercooler, che per la sua pronuncia inglese dette immediatamente luogo alle più fantasiose variazioni; naturalmente, a Livorno e provincia (ma non solo), passare a indercùlo fu tutt'uno, e credo che tuttora ben pochi non si siano lasciati tentare da questa labronica storpiatura (classiche le espressioni rivolta al guidatore della Volvo, del tipo "ma va a pigliàttelo in der cùler, dé!"). Tutte queste cose significarono 105 CV e una coppia massima di 16 kgm, che tradotto in soldoni vuol dire che la Uno Turbo andava a 200 all'ora, schizzando da 0 a 100 kmh in otto secondi. Va da sé che la Uno Turbo ha provocato una caterva di morti e feriti gravi, specialmente se messa in mano a giovincelli vari; una diretta concorrente, insomma, dell'altrettanto pericolosa Golf 16V. 

Anche per i suoi consumi non propriamente convenienti, però, è pressoché scomparsa dalla circolazione; e si capisce allora meglio perché l'Elba abbia davvero cominciato col Turbo. Nei giorni successivi, lo ha messo sul serio ma dal punto di vista treggistico. Vedrete!

Carrelba '12 (5) - Finalmente MS


Non so se avete notato una piccola cosa riguardo alle neonate "Tregge Carrarine": hanno tutte le targhe d'Italia, fuorché quella di Massa Carrara. Una è targata Perugia, un'altra Viterbo, due non hanno targa tout court e un'altra ancora è targata Chieti. Per avere finalmente una Carrarina DOC c'è voluta questa Vespetta celeste parcheggiata in centro, a due passi dalla famosa piazza Alberica, del 1982. Dipenderà, forse, anche dalla scarsità in sé di targhe MS, specialmente per quanto riguarda i motoveicoli: si tenga presente che nel 1982 si era ancora a MS 42206, e che l'ultima targa motociclistica MS, emessa nel 1994, è stata MS 54000! Dodici anni per avanzare di 12000 unità, insomma...

Carrelba '12 (4) - Misteri del Treggismo Militante




Le Volvotregge sono di per sé abbastanza rare; nonostante il mito di robustezza e di indistruttibilità che hanno le svedesone dal nome latino (Volvo significa "io rotolo" nella lingua dei Cesari, esattamente nel senso dell'etimologicamente derivato francese je roule), di vecchie e vecchiotte non se ne vedono più tante in giro. Questa Volvo 240 Turbo targata Chieti del 1984, però, è titolare di uno di quegli squisiti misteri che formano una delle anime più profonde del Treggismo Militante®. Ve lo spiego in due parole.

Questa vettura, io la vedo da anni. Una di quelle mai fotografate che sta sempre parcheggiata praticamente nello stesso posto, e che costantemente mi dico di decidermi a riprendere; una di quelle, in pratica, che prima o poi finiscono in una "smazzata", vale a dire in una serie di post dedicati alle tregge per le quali si è aspettato (quasi sempre inspiegabilmente) tanto tempo. Solo che questo accade a Firenze; alla fine l'ho fotografata, sì, ma perché me la sono ritrovata, incredibilmente, in pieno centro di Carrara. D'accordo che siamo sempre in Toscana, seppure ai confini estremi, ma le due città distano pur sempre una centocinquantina di chilometri; insomma, sembra quasi che la povera Volvona, per farsi finalmente mettere nel TB, abbia deciso di seguirmi in trasferta. Prova ne sia che, due giorni fa, l'ho rivista, tranquilla, nel suo solito posto a Firenze; ed è lei, non c'è ombra di dubbio. La targa la sapevo a memoria, e inoltre di macchine targate Chieti non se ne vedono certamente tante, in Toscana. 

Come lo potremmo chiamare? Il mistero della Treggia vagante? Non saprei; certo è che è il primo caso del genere che mi càpita, e sarà ben poco probabile che mi risucceda. E così una treggia che vedo da tempo immemore a due passi da casa di mia madre, a Firenze, entra nel TB come "treggia Carrarina". A volte il Dio de' Bivi alza un po' il gomito, si vede; ma, come ben si sa, il vino è la poppa dei vecchi.

martedì 28 agosto 2012

Carrelba '12 (3) - Valeva la pena rischiare



Ed eccoci, finalmente, alle porte della marmorea e anarchica città di Carrara. Proprio alle porte: siamo infatti sul viale XX Settembre, che va dalla Marina fino al centro pieno. I Carrarini tengono sempre a precisare che si tratta del più lungo viale d'Europa interamente percorso da un marciapiede sui due lati; e sicuramente dev'essere una bella scarpinata, visto che il viale è lungo sette chilometri e rotti. Per quel che mi riguarda, tengo invece a dire che, percorrendolo in direzione centro, l'unicità del viale è ben altra: in fondo ad esso, infatti, incombono le vette delle Apuane, bianchissime di marmo svenato, e quel che si vede non è unico in Europa per un viale cittadino, è unico al mondo. Mentre percorrevo il viale tornando verso la Marina, e retromeditando anche sulle cose incredibili che esistono ancora in questo stramaledetto paese, una pragmaticissima Piasintëina che mi sedeva accanto (una a caso...) mi tira una gentile botta su una spalla dicendomi. "Ehi, guarda là!"; e ho guardato là. Per scorgere la Fiat 500 C "Topolino" che vedete nelle foto. Piccolo particolare: stava percorrendo sì anch'essa il viale, ma in direzione opposta alla mia. Verso i monti, insomma. E il vialone scenografico ha nel mezzo una cosuccia da nulla che va sotto il nome di doppia striscia continua. 

Come tutti sanno, il vostro Treggista Preferito® è assai prudente alla guida, e specialmente quando ci son di mezzo le tregge. Il Treggismo Militante è un piacere, e non deve trasformarsi mai in una fissazione che mette a repentaglio l'incolumità propria e altrui; meglio rinunciare a una Treggia, anche la più bella, che rischiare di fare un incidente o, comunque, commettere una grave imprudenza. Confesso quindi con la massima sincerità che, stavolta, ho derogato pesantemente a questa che è una mia regola ferrea. Profittando biecamente del fatto che era un otto di agosto alle quattordici, di un piccolo rallentamento dovuto a un semaforo e del fatto che sul vialone non c'era praticamente nessuno, ho fatto, ebbene sì, una conversione a U di quelle che, se ci fosse stata una pattuglia, la patente non me la avrebbero ritirata ma ghigliottinata sul posto con tanto di rullo di tamburi e boia Sanson col cappuccio nero. E mi sono lanciato all'inseguimento:





Le foto dell'inseguimento, scattate da un'atterrita ma efficientissima Piasintëina, testimoniano anche del panorama che si vede in fondo al vialone; ma, soprattutto, testimoniano di questa vettura del 1951 targata Viterbo (e con delle rarissime quattro cifre...) che, chissà per quali capricci del destino, incrociava nel principale viale di Carrara sotto un sole implacabile (e menomale che m'avevano detto che Carrara sarebbe stata una "città fresca"; c'erano invece trentacinque gradi e s'andava via di cervello dal bollore). Poi è intervenuto il più prezioso alleato del Treggista: il semaforo rosso che si vede chiaramente nelle foto. E sono potuto scendere per immortalare la Topolino viterbese senza i riflessi del parabrezza e i consueti tergicristalli della foto al volo. Ne valeva la pena? Sì, certo. Ma non abbiate timore, perché non lo rifò più. Sono e rimango un Treggista, non un killer.

Carrelba '12 (2) - Su per l'àere


La strada che dall'Aurelia sale verso Fosdinovo, nell'ultima striscia di Toscana che s'incunea nella provincia della Spezia tagliandola in due, non è semplice da percorrere. È, prima di tutto, una salita terrificante che dal livello del mare sale su a 600 metri in pochi chilometri; poi, come è lecito attendersi, è un interminabile susseguirsi di tornanti di quelli luridi. Per tutto questo, però, c'è una ricompensa: il paesaggio che vi si gode è assolutamente unico, così come, una volta saliti, si entra in una plaga che lascia letteralmente sbalorditi. Passato Fosdinovo, che già merita una visita e dove pulsa ogni anno il cuore della Rivolta, provate ad esempio a proseguire per il paesino di Ponzanello: ottanta abitanti, fuori dal mondo, e finestre spalancate su una bellezza senza confini. Anche il Treggista può avere di che divertirsi; contrade del genere sono, chiaramente, miniere di tregge spesso più che insolite.

Sulla salita per Fosdinovo (la statale 446 Bis), ad esempio, abbiamo questo esempio assolutamente unico di trespe aeree. A dire il vero, di trespe vere e proprie non si tratta, dato che non sono Vespe della Piaggio; una di esse, anzi, sembra decisamente la sua storica concorrente, la Lambretta. Quel che le rende uniche, è che esse servono da ornamento per un ristorante-pizzeria, il quale ha cosparso l'ingresso del locale di vecchie ferraglie varie quasi a formare una sorta di composizione alla Tinguely che non sfigurerebbe affatto come "arte moderna"; anzi, se praticamente ogni cosa può essere arte, questa è senz'altro Tregg' Art. I vecchi scooter, convenientemente "artisticati", sono stati, come si può vedere, sistemati su per l'àere; e la foto, purtroppo, non può rendere bene la cosa perché il muro dove si trovano è veramente bello alto. Quei pazzi delle tregge volanti! E una vocina mi dice che soltanto nelle terre di Carrara e dintorni si poteva arrivare a tanto...

sabato 25 agosto 2012

Carrelba '12 (1) - Maggiolino perugino




Andando rigorosamente in ordine cronologico, come mi sono prefissato, si comincia con una treggia che, ad essere precisi, proprio "carrarina" non è; siamo qui, infatti, in quelle confusionarie ma estremamente affascinanti plaghe della costa apuana, tra la fine della Versilia e la città della Spezia, col mare da una parte e le montagne bianche di marmo dall'altra. Un luogo, devo dirlo, bellissimo e estremamente "a modo suo", che non si sa mai bene in quale provincia (almeno finché esisteranno...) e in quale regione si trovi tali e tanti sono gli accidenti confinari che si hanno laggiù. E così non saprei dire se qui siamo in Toscana o in Liguria, in provincia di Massa Carrara o della Spezia; probabilmente, per pochi metri siamo in quel "cuneo" carrarese che, col comune di Fosdinovo, si insinua per un un breve tratto nella provincia della Spezia. E a Fosdinovo, infatti, si stava andando per una cosa, un festival mezzo partigiano e mezzo musicale che per il sottoscritto e per la Piasintëina è un appuntamento fisso oramai da parecchi anni. Partigiani e musica, d'accordo; ma la treggia non viene mai, e sottolineo mai, trascurata.

Curioso che le "ferie treggistiche" siano cominciate con questo Maggiolino con targa d'una provincia che c'entra, francamente, assai poco sia con l'Apuania che con l'Isola d'Elba, sia con il marmo sia con il mare. Ma tant'è; così, con una specie di novità, ve la presento prima "di culo" con un paio di fotografie per le quali ho dovuto letteralmente rischiare la buccia, azzardandomi a attraversare a piedi l'Aurelia sotto un sole da far rincoglionire e all'ora del rientro dalle spiagge. Gli è che il Maggiolino Perugino, del 1971, era stato, come si suol dire, parcheggiato alla 'ioboia, in salita, dentro a un pertugio ricavato fortunosamente sul ciglio della Statale delle Statali, al km 390 per la precisione.

Carrelba '12 (Intro)



E' d'uopo che inizi questo post specificando subito che non sono morto. Oramai, ogniqualvolta sono assente per un po' di tempo da questo e dagli altri blog dell'Asocial Network, cominciano a arrivarmi telefonate e e-mail preoccupatissime, alle quali sto meditando di rispondere con cose del tipo "Qui Oltretomba", o "Ade in linea". Invece è successo tutt'altro: quest'anno sono riuscito a farmi qualche settimana di quella misteriosa cosa, oramai in procinto di scomparire dalla faccia della terra, che va sotto il nome di ferie.  E la cosa è stata per me talmente gradita, che proprio non se n'è parlato nemmeno di computer.

Di computer no, ma di tregge sì, eccome. E parecchio. Le tregge, credetemi, non vanno mai in ferie. Tanto più che, quest'anno, il ritorno in grande stile delle ferie è coinciso con una performance estiva di tutto rispetto, come vedrete bene nei prossimi post. Ebbene sì: dopo l'alluvione dello scorso novembre, e dopo il "prodromo" di pochi giorni nello scorso mese di luglio, l'Isola d'Elba si è dimostrata davvero in grande spolvero treggistico in questa estate. Preceduta da un'appendice in quel dell'anarchica città di Carrara alla quale è seguita anche una specie di postpendice, se così si può chiamarla.

Per salvaguardare l'unità delle ferie, ho deciso di chiamare questa serie di post "Carrelba". Suona bene, ed è un omaggio a una città che poco conoscevo sotto ogni punto di vista; si è dimostrata un gran bel posto. Mi è proprio piaciuta, devo dirla; lei e i suoi carrarini; da qui l'omaggio, rigorosamente in rosso e nero, che le faccio con la foto sotto il titolo di questo post. Ma anche treggisticamente parlando, Carrara e dintorni hanno fornito esemplari di tutto rispetto, uno dei quali ha comportato persino una manovra autenticamente da ritiro della patente. E' una cosa, e ci tengo a dirlo, per me oltremodo rara, per non dire unica; se c'è una cosa, anzi, di cui mi vanto è proprio quella di non aver mai messo a repentaglio, per fotografare una treggia, né la vita degli altri e né la mia. Piuttosto mi sono lasciato sfuggire, con i rigorosi mòccoli d'ordinanza, una treggia appetitosa; ma stavolta, approfittando dello scarso traffico, ho fatto un'eccezione. Quando vedrete la treggia ne capirete meglio il perché.

Seguirò, in questi post "treggistico-vacanzieri", un ordine assolutamente cronologico. Prima di andare all'Elba sono stato a Carrara, e cominciamo appunto con Carrara e le sue tregge (per le quali ho addirittura istituito una categoria apposita, tra samideanoj de la anarhio bisogna far così).


giovedì 2 agosto 2012

Cento Cinquecento




Squìllino le squillo e tròmbino le trombe! Con questo Mezzosacco, ebbene sí, la categoria "Fiat 500" raggiunge, prima nel TB a superare tale fatidico numero, il centesimo post. E non poteva essere altrimenti: il Treggia's Blog è cominciato con una 500, e coi Cinquini che ci sono ancora in giro se ne potrebbero riempire cinquanta, di blog. In realtà, poi, le 500 presenti nel blog sono assai più di cento, perlomeno il doppio: questo deriva, naturalmente, dalla pratica dei "post collettivi". Le 500 vanno, come si suol dire, a quintali.

Per il centesimo post "cinquecentesco", però, non ho scelto una 500 qualsiasi. A prima vista può sembrarla; ma questa vetturetta ha per me delle caratteristiche uniche.

Si trova parcheggiata fissa (ma in uso, perché la vedo sempre con lievi spostamenti) in un posto dove passo a dir poco quattro volte al giorno; non è, peraltro, un luogo molto trafficato (le stradine collinari di Firenze, strettissime e circondate da alti muri in pietra, non sono fatte per guidatori della domenica, SUV mostruosi, scooteristi eccetera), e proprio per questo me ne servo regolarmente. Ebbene, questa 500 è probabilmente l' "attesa" più lunga di tutto il TB; la vedo da almeno dieci anni, da quando esiste il blog mi son detto che dovevo fotografarla, sta persino parcheggiata in posti comodissimi per fermarsi, però.... niente. Il casò più clamoroso di oblomovismo treggistico, almeno per quel che mi riguarda: "ma sì...la fotografo domani". E questo domani è stato rimandato per anni e anni, finché un bel giorno non mi sono, finalmente, deciso sul serio. Logico che a questa povera derelitta dal perfido Treggista abbia voluto riservate l'onore di essere la Centesima; spero così di ripagarla di tutto il tempo che le ho fatto attendere!

Fra le altre cose, non sarebbe indifferente neppure dal punto di vista delle 500 fiorentine; guardate bene la targa. Con FI 785910, immatricolazione dell'estate del 1975, siamo veramente alle ultime 500 originali targate Firenze. La produzione della storica vetturetta cessò in quei giorni là. Le 500 con targhe oltre la serie FI 780000 sono, per i primissimi tempi, resti di concessionaria (ma andarono esauriti in un attimo); poi si tratta solo di reimmatricolazioni. Come dire: la fine di un'epoca. "Fine" si fa per dire, visto che nessuno ha buttato via la sua 500, e che hanno ancora un mercato che modelli usciti da due mesi vorrebbero avere. E resta la certezza che la Fiat, abbandonando quel prodigio, abbia fatto una delle sue (peraltro usuali) cazzate.

mercoledì 1 agosto 2012

Albori & Ginettaccio



Con questo Ford Transit del 1978 siamo agli albori del secondo modello del celebre furgone britannico. Il primo modello aveva fondato praticamente da solo tutta la genìa dei camper; e la tradizione continua imperterrita fino ai giorni nostri. Persino questo "protomodello" di seconda generazione è, in una certa qual misura, "camperizzato" anche se non lo si può definire una mobilhome vera e propria; però ci sono le tendine, e le tendine sono indice preciso di aspirazioni camperistiche.




Tra parentesi, per questo verdissimo Transit siamo in un parcheggio che già in passato ha svolto egregiamente le sue funzioni di treggiaja. Senza pretese, ma costante; uno di quei posti a cui è bene sempre dare un'occhiata per poi non essere costretti a dire gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare! E il riferimento al grande Ginettaccio Bartali non è casuale, visto che era nato e abitava a cinquanta metri da lì...