mercoledì 3 giugno 2009

Pure a Shakespeare





Lei si chiama Giulietta, e ha decisamente a che fare con Romeo. Il fatto che il suo Romeo sia pure Alfa, vabbè, è del tutto secondario. L'avessero avuta i due omonimi ragazzi veronesi! Magari, lasciando con un palmo di naso anche quel famoso barbaro non privo d'ingegno, più noto come Guglielmo Shakespeare, avrebbero fatto una sgommata e salutato tutti quanti per andare a godersela lontano lontano. Insomma, avremmo avuto un capolavoro della letteratura in meno, e un amore felice in più; da ultimo romantico in città (vabbè, ok, facciamo pure penultimo o terzultimo), sono propenso a scegliere la seconda cosa.


Ma di un capolavoro qui sempre si parla. Questa macchina qui, parcheggiata alla bell'e meglio nello spazio di un benzinaio, con due gomme a terra ma per il resto ben tenuta. Una macchina che vale un'inchiodata, lo schizzare fuori come un ossesso, qualche “eureka!” berciato senza nemmeno rendersene conto e una serie di fotogrammi indefiniti e indefinibili. Perché la Giulietta è anche un'auto da film, in bianco e nero, lunghi filari di pini in un'Italia un po' meno massacrata, e velocità rombante. Una di quelle macchine che mi piacerebbe mandare almeno una volta prima di crepare. Non mi riuscirà ovviamente mai, ché già è un colpo di fortuna poterne vedere una, in un posto qualsiasi, lontana dai raduni di auto storiche (che in questo blog saranno evitati accuratamente: suo scopo precipuo è quello di fotografare le oldies nella vita quotidiana di una città). Pazienza. Farò come da bambino, quando se ne vedevano ancora abbastanza spesso a giro: tiro fuori la lingua, faccio brum brum e mi immagino. Anche che sarebbe piaciuta, e non poco, pure a Shakespeare.

N.B. Questa stupenda autovettura è ottimo pane anche per il cacciatore di targhe, attività oramai uccisa dalle targhe moderne e dalle loro orrende combinazioni alfanumeriche. Si noti infatti la sequenza: FI 18 - 19 - 20.