mercoledì 3 giugno 2009

Via per Treggiaia (4-fine): La TREGGIA.




Per uno come me, assai parco nell'uso delle tutte maiuscole, usarle significa realmente essere di fronte a qualcosa di straordinario. E questa cosa qui, sinceramente, lo è. Dico "questa cosa", perché non saprei come esprimermi a dovere: sì, d'accordo, è un trattorino Fiat del 1712 circa, chissà come targato Bologna, l'anello di congiunzione fra la Draisina e l'automobile, un putifarre di pistoni, bielle e alberi a camme, gli è lì fermo che sta mettendo i germogli e quant'altro; ma, soprattutto, è la TREGGIA. In tutte maiuscole, appunto. La vera e diretta discendente della treggia antica (D'in sul seggiolino della treggia antica, trattor solitario alla campagna scatarrando vai, come cantava il grande poeta Giacomo Pascoli, o Giosuè Leopardi, non mi ricordo). Lavoro ne' campi. Sudore fin dalle quattro di mattina. Mòccoli e calci in culo al figliolo più grande che ha sbagliato a dare il ramato. La zuppa e il fiasco del vino, e poi riborda a lavorà fino a sera. Si rimonta sopra e via a casa dove la Giuseppa ha preparato il desinare, e poi a letto a dormire, magari dopo una bella zompatina sulla Giuseppa in questione. E dio gnudo colle mani in tasca*, s'avrà pure a godere qualcosa di questa vita!

Non poteva, a questo punto lo si può dire, che essere in via per Treggiaia. Con una làgrima agli occhi, so oramai che questa strada avrà per me (e per questo blog) un carattere pressoché sacrale. Accingendomi a far riposare le mie stanche quattr'ossa sul duro giaciglio dell'IKEA, do un ultimo sguardo a questi capolavori e vi do appuntamento a nuove, mirabolanti tregge. La resistenza è iniziata. La marcia degli euro zero sarà inarrestabile.

*Mòccolo comunicatomi di persona, telefonicamente, da Pardo Fornaciari. Lo ringrazio oltremodo per questa meraviglia verbale.