mercoledì 3 giugno 2009

Via per Treggiaia (2): La 126


La saga di via per Treggiaia inizia con un'eccezione: come si può infatti vedere dalla targa, siamo oramai ben oltre la FI E99999, ultima targa nera e arancione. Però, per una Centoventisei l'eccezione è doverosa, sebbene si tratti di una delle ultime prodotte (in Polonia, se ben mi ricordo), e con la speranza di trovarne a giro una ben più vecchia. La "scatolina Fiat" che doveva prendere il posto del Cinquino non ebbe in realtà molta fortuna: sì, certo, se ne vendettero non poche, ma non entrò mai nel cuore della gente. Ragion per cui, a giro se ne vedono oramai davvero pochissime (a differenza delle 500).

La 126 era titolare di un vero e proprio mistero, che ho peraltro sperimentato di persona. Io sono alto più di un metro e novanta, e le tre o quattro volte che ho guidato una Cinquecento (quando me la lasciò per qualche giorno un tizio che poi è diventato un bravo e biondissimo medico) ci sono entrato benissimo. Nessuno sforzo. Sedile indietro al massimo, ovviamente; ma, per il resto, proprio nessun problema. Una 126 blu scuro (targata Parma) la aveva invece una mia ex fidanzata: la sua prima macchina, appena presa la patente. Avercela ora sotto mano, sarebbe finita immediatamente tra le tregge (la macchina, non l'ex fidanzata, eh); e quando mi capitava di doverla guidare, era una tragedia. Non c'entravo. Crampi all'attaccatura dei piedi. La testa che mi sbatteva sul soffitto. Dolori artritici fuori età, dopo tre chilometri di guida. Eppure le dimensioni erano le stesse; anzi, nelle intenzioni dell'Agnelleria la 126 doveva essere più comoda del Cinquino. Vattelappesca te; anche se, con tutta probabilità, l'infernale scomodità della 126 è stato uno dei motivi del suo sostanziale insuccesso. Poi vennero le prime Pande con la sbarra portaoggetti che troncava le ginocchia, ancora più scomode, e ovviamente l'ex fidanzata pensò bene di pigliarsene una al posto della 126 e in comune con la mamma: insomma, anche dal punto di vista automobilistico era un amore oramai condannato dal destino.

Ma tornando a questa 126 di via per Treggiaia, è necessario dire che, per ovvi motivi, non ho inteso fotografarne l'interno. Il quale consta però, fidatevi, di uno di quei meravigliosi, cosmici caos che si vedono solo nelle vere tregge usate in campagna, da qualcuno che lavora, che fa l'orto, che ci ha un pezzo di vigna e magari anche il magazzino dove aggeggia nel tempo libero. Pezzi di corda, attrezzi agricoli, bollette della luce del III trimestre 1978, cenci sporchi, scatole di legno, zolle di terra secca, giornali che riportano la formazione del nuovo governo Andreotti, fili elettrici, barattoli di ceci scaduti nel 1984 e così via. Queste sono le mie macchine. Anche se non c'entro dentro.