lunedì 15 giugno 2009

Elba, miniera di tregge (3): Sfizzere? Sì, targhe!




Sicuramente vi chiederete cosa ci stanno a fare, nel Treggia's Blog, una Porsche Cayenne o una Mercedes SX666 Heilhitler o roba del genere; ma questo intermezzo elvetico nel Treggia's Tour elbano è dovuto esclusivamente alle targhe.

In Svizzera, com'è noto, la targa è strettamente personale e fa le veci del libretto di circolazione: tutte le auto delle Confederazione prevedono un dispositivo per il quale è possibile staccare la targa e trasferirla a piacere su un'altra automobile di proprietà (questo è il motivo per cui, in quello strambo paese, si vedono spesso tranquillamente parcheggiate auto prive della targa, una caratteristica propria anche di Beirut o della ex Jugoslavia di qualche anno fa, ma per motivi differenti).

C'è da dire però che le targhe svizzere, avendo mantenuto la struttura "sigla cantonale + numero" (al posto delle orrende combinazioni alfanumeriche che imperano oramai ovunque), sono rimaste uno degli ultimi baluardi dei cacciatori di targhe; cosa che è particolarmente evidente nelle foto sopra. In Svizzera, tra le altre cose, è possibilissimo acquistare la propria targa (cosa non farebbero per vendere, quelli là!) in modo da prendersene una con un numeretto strano, particolarmente basso, eccetera.

Nella prima foto (dall'alto) si vede un fuoristradino sangallese (SG, Sankt Gallen) targato 222 222. S'ignora ovviamente perché il proprietario nutra una passione così smodata per il "2", anche perché la dizione tedesca del numero "222", zweihundertzweiundzwanzig, sfida ogni legge della ragionevolezza umana. A dire il vero ci sarebbe anche da chiedersi che diavolo abbia fatto il sig. Gallo per essere nominato santo, a parte fare chicchiricchì ogni mattina; ma si vede che in Svizzera gli è piaciuto talmente da farne un cantone. Ma sono questioni che c'interessano relativamente: quel che più conta è che il sangallese amante dei "2" abbia deciso di prendersi una salutare vacanza elbana, lontano dal clima di merda delle sue parti, per venire a parcheggiare il suo automezzo vicino a un molo. Poi sono arrivato io, e zàc!, la sua targhetta è stata immortalata.

Al parti di quella seconda foto (o foto di mezzo che dir si voglia), quella che ritrae -ahimé- la Porsche Cayenne. Qui ci abbiamo un ticinese, vale a dire un montanaro lombardo che si ostina -Dio sa come mai- a fare lo svizzero, che il suo suvvone ce l'ha targato Tredici. E basta. Possiamo ipotizzare sogni di bambino, quando leggeva Paperino e voleva averci la 113; chissà, forse la targa 113 era già occupata e allora s'è dovuto contentare di levarci un "1". Si ignora ovviamente se il suo zio miliardario (quello che ci ha la banca, la fabbrica di cioccolato, il negozio di orologi e le mucche al pascolo) abbia, nella sua targa, il segno del Dollaro!
Una parentesi sulla Porsche Cayenne: a mio parere, chi studia i nomi per i SUV deve avere qualche tara non di poco conto. "Cayenne", insomma, è il nome della Cajenna; e non è che tale nome riporti a immagini piacevoli. Uno si compra il suvvazzo da settantamila euri per andare a giro con una cosa che ricorda un bagno penale, torture, l'isola del Diavolo, Dreyfus, Papillon coi soldi infilati nel buco del culo, e via discorrendo; un vero bigiù, insomma. Sospetto però che il genio che ha concepito tale nome, nel solco della moda "indian-avventur-omovero", lo volesse chiamare Cheyenne e che si sia leggermente sbagliato...

Nella terza foto (o prima dal basso, tiè!), quella con la Mercedes SK4380 Gottmituns o come si chiama, la targa invece, lo si deve dire, non ha proprio niente di particolare; senonché, almeno per me, è fonte di ricordi personali. È targata Friburgo (Fribourg/Freiburg, quella svizzera insomma); e se per caso qualcuno si domandasse perché io sia così addentro ai misteri delle targhe svizzere, devo confessare che proprio in quel di Friburgo ci ho abitato per diversi anni. Insomma, come dire: considerato che di targhe friburghesi ce ne saranno sì e no quindici (facciamo sedici), vederne una proprio all'Elba mi ha riportato al passato; e non ho potuto fare a meno di fare una fotina.