Se mi chiedessero che cosa veramente distingua una vecchia treggia autentica, avrei pochi dubbi: la sua frequente simbologia presente sulla carrozzeria. Questa è una cosa che, in generale, è andata a morire col tempo. A rigore, anche una macchina di sei mesi o un anno può essere già in condizioni tali da essere definita una treggia; ma la vecchia treggia, quella del passato, ha caratteristiche tutte sue. Una di queste sono appunto i simboli, come la bella aquila rossa dipinta a mano sul retro di questo Ford Transit bianco del 1980.
Una volta non si aveva timore a prendere un automezzo qualsiasi e a personalizzarlo sul serio. La personalizzazione non era quella, del tutto falsa, del giorno d'oggi, quando si fa passare per "personale" tutta una serie di optionals standardizzati, di decorazioni precotte, di interventi di "stilisti" e via discorrendo. La personalizzazione era prendere un pennello, delle decalcomanie, combinazioni fantasiose di colori, e comunque qualcosa che esprimesse anche un granello della vita di chi possedeva e guidava quel mezzo. L'esempio forse più "classico" sono le meravigliose livree hippy sui furgoni Volkswagen: quando abitavo a Friburgo in Nuitonia, in Svizzera, proprio dietro casa era parcheggiato fisso uno di questi furgoni (con targa tedesca) "istoriato" con fiori, simboli antimilitaristi ed ogni sorta di pittura a mano. Cosa che è rimasta, con qualche rara eccezione, soltanto nei paesi orientali. Una vera e propria forma d'arte popolare che mi ardisco a chiamare Tregg' Art.
Il Ford Transit qui raffigurato sarebbe rimasto un anonimo furgone bianco di un modello frequentissimo; senza la sua aquila rossa, forse, non avrei nemmeno preso in considerazione di inserirlo in questo blog. Però l'aquila rossa c'è, ed un simbolo è immaginazione. Non potrò mai sapere che cosa abbia spinto il suo proprietario attuale (od uno precedente) a dipingerla sul retro, ma è proprio questo il bello. Le possibilità infinite che corrispondono a infinite storie; e le infinite storie sono quella che, generalmente, va sotto il nome di "vita". In questi particolari sta la vita. Quando, un migliaio di anni fa, vendetti la mia Fiat 127 amaranto con la scritta "Agapina" sul portellone posteriore, composta con lettere adesive che si erano talmente incancrenite da impedirne la rimozione, chi l'ha acquistata forse si sarà chiesto che diavolo volesse dire. Forse si sarà immaginato qualcosa di libero, come liberamente io m'immagino la storia di quest'aquila rossa. E sono sempre aquile che volano, e di libertà senza confini c'è, oggi, bisogno più che mai.
Una volta non si aveva timore a prendere un automezzo qualsiasi e a personalizzarlo sul serio. La personalizzazione non era quella, del tutto falsa, del giorno d'oggi, quando si fa passare per "personale" tutta una serie di optionals standardizzati, di decorazioni precotte, di interventi di "stilisti" e via discorrendo. La personalizzazione era prendere un pennello, delle decalcomanie, combinazioni fantasiose di colori, e comunque qualcosa che esprimesse anche un granello della vita di chi possedeva e guidava quel mezzo. L'esempio forse più "classico" sono le meravigliose livree hippy sui furgoni Volkswagen: quando abitavo a Friburgo in Nuitonia, in Svizzera, proprio dietro casa era parcheggiato fisso uno di questi furgoni (con targa tedesca) "istoriato" con fiori, simboli antimilitaristi ed ogni sorta di pittura a mano. Cosa che è rimasta, con qualche rara eccezione, soltanto nei paesi orientali. Una vera e propria forma d'arte popolare che mi ardisco a chiamare Tregg' Art.
Il Ford Transit qui raffigurato sarebbe rimasto un anonimo furgone bianco di un modello frequentissimo; senza la sua aquila rossa, forse, non avrei nemmeno preso in considerazione di inserirlo in questo blog. Però l'aquila rossa c'è, ed un simbolo è immaginazione. Non potrò mai sapere che cosa abbia spinto il suo proprietario attuale (od uno precedente) a dipingerla sul retro, ma è proprio questo il bello. Le possibilità infinite che corrispondono a infinite storie; e le infinite storie sono quella che, generalmente, va sotto il nome di "vita". In questi particolari sta la vita. Quando, un migliaio di anni fa, vendetti la mia Fiat 127 amaranto con la scritta "Agapina" sul portellone posteriore, composta con lettere adesive che si erano talmente incancrenite da impedirne la rimozione, chi l'ha acquistata forse si sarà chiesto che diavolo volesse dire. Forse si sarà immaginato qualcosa di libero, come liberamente io m'immagino la storia di quest'aquila rossa. E sono sempre aquile che volano, e di libertà senza confini c'è, oggi, bisogno più che mai.