Ci sono ancora, in San Frediano, in Santo Spirito o in qualche altro vecchio quartiere del centro di Firenze, di quelle officine meccaniche sistemate da sessant'anni in un fondo secolare, tra archi, volte, nicchie e canti dagli spigoli vivi di pietra; fondi che devono essere stati ogni cosa, dal magazzino d'un vinaio fino a una rimessa di barroccini, dalla bottega di chissà quale artigiano fino a un rigattiere. L'officina dove il meccanico tira avanti il suo lavoro in spazi strettissimi, dando ogni tanto una mano d'intonaco fra pile di pezzi, attrezzi, latte piene d'olio, ruote smontate, piedi che sbucano da sotto una vettura, e amore. Per il proprio lavoro, per il rumorino rivelatore, per la riparazione del guasto impossibile, e anche per il rimettere in sesto una vecchia Du' Cavalli bianca e rossa, con spunti di ruggine bollosi, con la carrozzeria finita nelle barbe, e con il proprietario che si reca ansioso a vedere come procede il lavoro perché alla sua macchina, no, non rinuncerebbe per tutto l'oro del mondo.
Il Treggista attento lo sa, e non ha timore ad entrarvi. A presentarsi gentilmente, con cortesia, ma anche con un pizzico di allegra sfrontatezza. Racconta brevemente la sua piccola storia e la sua grande passione, e il meccanico di vecchia stirpe -che è generalmente uno degli ultimi veri romantici in città- capisce al volo. E magari c'è pure il proprietario della Du' Cavalli, un ragazzo di nemmeno trent'anni. Tre persone che non si sono mai viste prima, davanti a una macchina che ha gli stessi anni del ragazzo, quasi fosse nata insieme a lui; e vola una mezz'ora a ragionare, a raccontare storie, a fare ipotesi di prezzi che tanto mai sarebbero pagati, a ricordare del nobiluomo che portava lì a raccomodare la sua Mercedes del '51, a saltabeccare da una vettura immaginata all'altra, a disquisire di nubi. Perché le nubi hanno la caratteristica di assumere la forma che vogliono, anche quella di una dedeuche bianca e rossa. E così, magari, nasce anche un embrione di amicizia; perché in quella vecchia officina, poi, ci si torna. Con il pretesto di vedere se c'è una treggia da fotografare, e ci scappa il caffè o il raso di rosso al bar dell'angolo. San Frediano, Santo Spirito. Vecchie cose che non ne vogliono sapere di morire, discoste, da entrarvi dentro con uno spiritaccio da antico monello. Sulla porta accanto, un pugile di periferia fa mostra di sé su un manifesto, per una riunione in un paese di campagna; sul petto ha tatuata una stella rossa. C'è il calendario con le ragazze gnude che non ispirano il minimo desiderio, ma una sommessa tenerezza. Il meccanico si rigira una chiave in mano, i tre uomini se ne stanno a chiacchierare fregandosene dello scorrere del tempo e fuori comincia a piovigginare in un pomeriggio d'inverno che s'è fatto sera.
Il Treggista attento lo sa, e non ha timore ad entrarvi. A presentarsi gentilmente, con cortesia, ma anche con un pizzico di allegra sfrontatezza. Racconta brevemente la sua piccola storia e la sua grande passione, e il meccanico di vecchia stirpe -che è generalmente uno degli ultimi veri romantici in città- capisce al volo. E magari c'è pure il proprietario della Du' Cavalli, un ragazzo di nemmeno trent'anni. Tre persone che non si sono mai viste prima, davanti a una macchina che ha gli stessi anni del ragazzo, quasi fosse nata insieme a lui; e vola una mezz'ora a ragionare, a raccontare storie, a fare ipotesi di prezzi che tanto mai sarebbero pagati, a ricordare del nobiluomo che portava lì a raccomodare la sua Mercedes del '51, a saltabeccare da una vettura immaginata all'altra, a disquisire di nubi. Perché le nubi hanno la caratteristica di assumere la forma che vogliono, anche quella di una dedeuche bianca e rossa. E così, magari, nasce anche un embrione di amicizia; perché in quella vecchia officina, poi, ci si torna. Con il pretesto di vedere se c'è una treggia da fotografare, e ci scappa il caffè o il raso di rosso al bar dell'angolo. San Frediano, Santo Spirito. Vecchie cose che non ne vogliono sapere di morire, discoste, da entrarvi dentro con uno spiritaccio da antico monello. Sulla porta accanto, un pugile di periferia fa mostra di sé su un manifesto, per una riunione in un paese di campagna; sul petto ha tatuata una stella rossa. C'è il calendario con le ragazze gnude che non ispirano il minimo desiderio, ma una sommessa tenerezza. Il meccanico si rigira una chiave in mano, i tre uomini se ne stanno a chiacchierare fregandosene dello scorrere del tempo e fuori comincia a piovigginare in un pomeriggio d'inverno che s'è fatto sera.