Intro. Non è sempre la povera piasintëina (con la quale, oramai, tutti i frequentatori di questo blog dovrebbero essersi familiarizzati) che, ogni venerdì, si sciroppa autentiche battaglie con le Ferrovie del Non-Stato per venire a Firenze; a volte vo anch'io a Piacenza. Così un paio di settimane fa, ovviamente deciso anche a rimpinguare un po' la categoria delle "Tregge Piacentine", che ultimamente un po' languiva. La trasferta sulle rive del Trebbia (beh, non c'è che dire, un fiume con un nome del genere può far gridare al classico nomen, omen!) ha prodotto i suoi bravi risultati; numericamente non molto consistenti, anche per il tempo piuttosto infame che gravava sulla città di Piazza de' Cavalli, ma sicuramente molto interessanti. Cominciamo con questo automezzo, che propone anche un'interessantissima e assai dotta disquisizione teorica.
Dov'è morto il classico fuoristrada, ed è cominciato il pernicioso SUV? Con questo automezzo, fotografato sotto un diluvio vicino alla stazione piacentina, siamo veramente sul limitare, per dirla proprio come Giosuè Ugo Pascoli. Sul limitare anche delle targhe piacentine: questa è una delle ultime arancioni e nere; pochi numeri più in là, e sarebbero arrivate quelle bianche.
Siamo, ohimé, in quella che si potrebbe chiamare la fase di trasformazione. Quello che era il fuoristrada, vale a dire un automezzo con usi limitati e speciali ("settoriali", si potrebbe dire), sta diventando una moda nei funestissimi anni '80 (siamo nel 1985, per la precisione). Gli anni dello yuppismo e dell'edonismo reaganiano cominciano a imporre i mastodonti derivati dal fuoristrada, che negli USA sono peraltro già consueti (e, forse, un po' più giustificati nelle immense wilderness di quel paese). I giapponesi se ne accorgono, ed ecco comparire questi "cosi" pieni di scritte roboanti, "Turbo", "Patrol" e roba del genere, come se il commercialista di Piacenza fosse un ranger delle foreste attorno al Lago Superiore. Ma, ancora, può essere riconosciuto il fuoristrada; non siamo ancora allo status symbol più cretino degli ultimi decenni, ed è possibile che il commercialista in questione abbia acquistato quel mezzo anche per andare a inquinare un po' i boschi attorno a Bobbio o in Val Tidone.
Ancora poco tempo, e sarebbero comparsi i primi SUV autentici dai nomi indianeggianti: i Cherokee, i Cheyenne e i Navajo, insomma. Credo che gli spiriti degli antenati e il grande Manitù siano, a quel punto, definitivamente emigrati in un altro universo; non paghi di averli sterminati e ridotti in gran parte a larve alcoolizzate, non paghi di Leonard Peltier, li hanno perfino commercializzati per vendere gli stupidi giocattoloni da neoricchi e da indebitati. "Patrol" vuol dire "pattuglia": e che pattuglia avrà mai fatto, 'sto coso qui? Ma è inutile formulare una qualsiasi risposta. Sia dunque celebrato il requiem per il fuoristrada, e così sia.
Dov'è morto il classico fuoristrada, ed è cominciato il pernicioso SUV? Con questo automezzo, fotografato sotto un diluvio vicino alla stazione piacentina, siamo veramente sul limitare, per dirla proprio come Giosuè Ugo Pascoli. Sul limitare anche delle targhe piacentine: questa è una delle ultime arancioni e nere; pochi numeri più in là, e sarebbero arrivate quelle bianche.
Siamo, ohimé, in quella che si potrebbe chiamare la fase di trasformazione. Quello che era il fuoristrada, vale a dire un automezzo con usi limitati e speciali ("settoriali", si potrebbe dire), sta diventando una moda nei funestissimi anni '80 (siamo nel 1985, per la precisione). Gli anni dello yuppismo e dell'edonismo reaganiano cominciano a imporre i mastodonti derivati dal fuoristrada, che negli USA sono peraltro già consueti (e, forse, un po' più giustificati nelle immense wilderness di quel paese). I giapponesi se ne accorgono, ed ecco comparire questi "cosi" pieni di scritte roboanti, "Turbo", "Patrol" e roba del genere, come se il commercialista di Piacenza fosse un ranger delle foreste attorno al Lago Superiore. Ma, ancora, può essere riconosciuto il fuoristrada; non siamo ancora allo status symbol più cretino degli ultimi decenni, ed è possibile che il commercialista in questione abbia acquistato quel mezzo anche per andare a inquinare un po' i boschi attorno a Bobbio o in Val Tidone.
Ancora poco tempo, e sarebbero comparsi i primi SUV autentici dai nomi indianeggianti: i Cherokee, i Cheyenne e i Navajo, insomma. Credo che gli spiriti degli antenati e il grande Manitù siano, a quel punto, definitivamente emigrati in un altro universo; non paghi di averli sterminati e ridotti in gran parte a larve alcoolizzate, non paghi di Leonard Peltier, li hanno perfino commercializzati per vendere gli stupidi giocattoloni da neoricchi e da indebitati. "Patrol" vuol dire "pattuglia": e che pattuglia avrà mai fatto, 'sto coso qui? Ma è inutile formulare una qualsiasi risposta. Sia dunque celebrato il requiem per il fuoristrada, e così sia.