lunedì 23 novembre 2009

Dŭsafla






Se vi chiedete che cosa mai significhi il titolo di questo post, e se ancora non vi siete accorti che è, più o meno, Alfasud al contrario, occorrerà comunque che vi spieghi qualcosa che, credo, non potete sapere.

Sono nato alla vita come linguista, e linguista morirò. Anche se, poi, come ad esempio ora, mi ritrovo a volte a far cose molto, molto differenti per campare. Ma le lingue, i linguaggi e la linguistica sono, per me, come le Tregge: semplicemente una cosa che va al di là di tutto. Il tutto dalla mia solita posizione sotterranea, defilata, nascosta: come il mio buon fratellino Pessoa, sono convinto dell'insita volgarità e bruttezza della fama, della gloria, di una pur limitata notorietà settoriale. Sono cose, quelle due, fatte per le persone dappoco; e io, che peraltro sono tutt'altro che modesto, non sono una persona dappoco.

Dŭsafla vuol dire "automobile" in Kelartico. Cerchereste invano notizie su questa lingua, per il semplicissimo motivo che l'ho creata io stesso, fin da quando avevo otto anni. La mia lingua personale, che parlo e scrivo con me stesso. Ha una sua evoluzione storica e una sua non difficile grammatica; il lessico è composto perlopiù di storpiature di parole greche, e di termini inventati di sana pianta.

Per esempio quello per "automobile". Non desideravo il solito "auto" e derivati. Ci voleva qualcosa di più particolare. L'Alfasud al contrario mi dovette suonare particolarmente bene, aggiungendoci poi la ŭ, un fonema peculiare ripreso dalle lingue slave (il russo ы), o dal rumeno â. Si pronuncia come qualcosa a metà fra la "i" e la "u", stringendo le labbra. L'accento potete metterlo dove volete, perché il Kelartico è una lingua decisamente anarcoide.

Non che abbia, poi, mai nutrito un particolare amore per l'Alfasud, anche se trovarne una a Mantignano non è cosa da poco. Perdipiù una Treggia che mi era già sfilata sotto il naso almeno tre volte senza che avessi mai potuto fotografarla; c'è voluto un sano grondino serale alla casa del popolo di Ugnano per farmela ritrovare lì, bella parcheggiata (anzi incastrata, con tanto di tubo innocenti di un'impalcatura) e con la targa di Siena che oramai comincia a diventare consueta in questo blog; sarà forse che in provincia di Siena ho vissuto per un po', possedendo persino una Giulietta che oggi come oggi finirebbe diritta qui dentro. Il passato chiama anche con queste cose.

E, insomma, oggi avete imparato un'importante parola di Kelartico. Esiste anche il termine per "Treggia": si direbbe
kadabur, che poi è una deformazione di cadavere. Un po' di black humour, insomma. Tanto, poi, di Pomigliano d'Arco ho già parlato e l'Alfasud, pur con l'onore fonetico che le feci a suo tempo trasformandola nell' "automobile" per antonomasia, rimane comunque, e sinceramente, uno dei più emeriti cessi semoventi che siano stati sfornati dall'Alfa Romeo. Battuta soltanto dall'Arna.