martedì 24 novembre 2009

...E gli a'rà fatto la guerra...!






Ed eccoci di nuovo nell'oramai celebre Carrozzeria della 1100, tra ingorghi, parcheggini fantasiosi e lavoratori che si occupano anche di rimettere in sesto prodigiose Tregge del tempo che fu. Ero giusto giusto là dentro a vedere se putacaso mi tiravan fuori la targa di Potenza della 1100 del '50, quando un collega del (finora mancato) trovatarghe mi ha urlato: Ma come! State lì a cercà' la targa e 'un gli fahe fotografà' la Uìllisse d'i' quarantuno? Quando ho percepito quelle due parole, Willys e Quarantuno, mi sono fiondato. Da non credere. In un angolo dell'officina, già quasi pronta, c'era davvero una Willys del 1941. Ancora in fase di ritocco e con accanto una bicicletta fatta con pezzi di risulta che, se non sarà stata del '41 anche lei, risaliva comunque al tempo di guerra.

"...E gli a'rà fatto la guerra...!". Quante volte lo si dice quando, per strada, s'incontra una vettura vecchia e malandata; una Treggia, insomma. Anch'io me lo sono detto tante di quelle volte. Però, in quel momento, ero davanti ad un automezzo che la guerra la aveva fatta sul serio. Una Willys, vale a dire la jeep per antonomasia, quella da cui lo stesso nome di jeep ha avuto origine (GP, abbreviazione di General Purpose, "uso generale"). Mi sono scorsi davanti, nell'ordine: lo sbarco in Normandia, la spiaggia di Omaha, l'operazione Overlord, la battaglia di Cassino, Mindanao, Iwo Jima e il ponte di Remagen. E, invece, ero a due passi dal Ponte alla Vittoria. Chiedendomi come fosse capitata a Firenze, e senz'altro in tempi non recenti (la targa riporta a un'immatricolazione avvenuta nel 1976).

E così, mentre il Capofficina mi raccontava delle bestemmie che c'eran volute per rimetterla a posto (le stesse, oso immaginare, che ci vorranno per lavorare sulla 1100...), cercavo di immaginare la storia della Willys capitatami davanti agli occhi una qualsiasi sera di novembre. Sarebbe la cosa più bella, riuscire a ricostruire la storia vera di ogni macchina che sta qua dentro, perché è la storia di tutti noi.