giovedì 24 marzo 2011

Primavera elbana (1): Altri tempi, lo stesso sole




In questi ultimi giorni ho dovuto combattere, e succede non di rado, con una crisi acuta di testa vuota; lo avrete sicuramente notato dai commenti dei post, generalmente tirati via, senza molta convinzione. E questa è una cosa piuttosto grave, perché il TB vive dei suoi commenti; altrimenti sarebbe un banale blog "fotografico", sì certo con le belle macchinine del tempo che fu ma pur sempre d'immagini fini a se stesse. Però ci sono di quei periodi dove, per sovraccarico, per accumulo, per ammasso, si scoppia o, meglio ancora, si implode. In questi casi, ognuno ha la sua ricarica; la mia si chiama Isola d'Elba, ed è l'unica che riconosco in modalità che sono soltanto mie. Consistono nel prendere un pretesto qualsiasi per andarci, in un mezzo meccanico che consenta di girare liberamente e della più completa e perfetta solitudine. Se poi, come quest'anno, si aggiunge una primavera che è cominciata facendo la primavera sul serio, nessuna compagnia Telequalcosa potrà mai sognarsi una ricarica del genere. Non esiste nessuna promozione che la valga; pigliare se stessi e andare, lontani da ogni cosa. Sarà solo un giorno e mezzo? Pazienza. È come un doppio concentrato, persino con un cane che cammina tranquillo nel mezzo della strada provinciale 25, Anello Occidentale, che io chiamo La signora degli anelli. Ed eccoci nel pomeriggio di martedì 22 marzo 2011 a Chiessi, Isola d'Elba, un sole che già comincia a battere e tempi che lì, e solo lì, sembrano altri. E forse non lo sembrano nemmeno, ma proprio lo sono.




E Chiessi non ti accoglie mica con indifferenza, mai e poi mai. Non è un posto qualsiasi, questo qui; questo è il sogno della fine, svegliarsi con certe cose negli occhi fino all'ultimo giorno (sarà domani? Sarà fra cinquant'anni? E chi lo sa, e chi lo vuole sapere). Non ha miti, Chiessi. Non ha greci anche se di greco ha in realtà la cosa decisiva, vale a dire la compenetrazione inestricabile tra mare, sole, vento e pensiero. Γκιέσσι. Ma non ha dèi pronti all'uso moderno, non ha fole filosofiche da due soldi bucati, non ha disperazioni precotte, non ha le stupide costruzioni cerebrali delle persone dappoco e degli sputamerda in forma di sentenze pelose. Chiessi si fa vedere, ma non si dà a chi non ci arriva in altri tempi e sotto lo stesso sole.



Altri tempi, anche con le macchine. Appena arrivati. Ci dev'essere, forse, un qualche legame; non è mica da tutti i giorni trovare una Mercedes R121 (190 SL Spider), con tanto di sedileria rossa, sia pure ritargata (Venezia, poi); ma qui non conta neppure la targa. Aperta, senza nessuno dentro e resistente agli autentici berci di cortesia ("C'è nessuno? C'è nessuuuunoooo...? Possoooo fare due fotoooo...?"). No, nessuno. Come ci fosse arrivata da sola, nel sole di Chiessi e del primo giorno di pranverë, da altri tempi. Appunto. 'Ηλιος ὁ πρῶτος, lui solo. Mini muluvanice.