Narrano le antiche istorie che il Padreterno, un giorno, constatando il sostanziale fallimento della Fiat 126 abbia ispirato l'Agnelleria per una nuova utilitaria; e poiché la 126 era piccola e scomodissima, suggerì, dall'IAC (Incomparabile Alto de' Cieli), di farla un po' più grande, con un bagagliaio dove c'entrasse qualcosa di più di una valigetta 24 ore o d'una sporta della spesa e con un motorino un po' più brillante. Ma si sa bene che l'umanità non ascolta più il volere divino, o perlomeno lo ascolta male; fatto sta che il risultato fu la Panda (plurale fiorentino: Pande. Una panda, du' pande). Ok, d'accordo, nel bagagliaio ci stava molta più roba, volendo addirittura il cadavere della suocera appena giustiziata, già pronto per domestici tentativi di occultamento; però i passeggeri che dovevano accomodarsi dietro non potevano comunque superare il metro di statura (bambini, nani o l'umanità intera se si fosse avverata la cupa vicenda di Get 'em Out by Friday dei Genesis). Quando al guidatore e al passeggero davanti, oltre che con le ridotte dimensioni intrinseche della vettura, dovevano vedersela con la celebre e bieca barra dello spazio portaoggetti, autentica trituratrice di rotule. In tempi quando ancora non era obbligatoria la cintura di sicurezza, una frenata brusca con una Panda poteva costare quantomeno dei lividi sotto le ginocchia dall'estensione d'una gora. Fa nulla: la Panda, di cui qui potete vedere un avito esemplare dei primi anni '80, ebbe un gran successo. La scatolina, come venne subito ribattezzata; in Germania la cosa fu sfruttata pubblicitariamente con la campagna della tolle Kiste ("scatoletta ganza" o roba del genere).