Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare. E così, dopo l'assaggio della 126, via per Treggiaia riserva questa autentica delizia: una vera Supertreggia. Disgraziatamente, non saprei dire l'esatto nome del modello di questo furgone (o camioncino) Fiat, la cui posizione di parcheggio mi ha purtroppo impedito di riprendere la targa posteriore. A occhio e croce, la Supertreggia di via per Treggiaia (anche se, a rigore, è parcheggiata nella piazzetta antistante) deve risalire a circa il 1963/64; quarantacinqu'anni di onorato servizio su e giù pe' poggi, a trasportare chissà cosa ci abbia sotto il telone verde (da dove spunta una scala di legno).
Inutile ribadirlo: qui siamo veramente nell'Empireo delle tregge. Provate a immaginarvi anche per un solo momento di trovarvi davanti una cosa del genere per una stretta strada del contado, durante la gitarella della domenica con la famigliuola, a bordo della vostra favolosa Kia Sorento nuova di pacca acquistata indebitandovi fino all'osso del collo; impossibile sorpassarla a meno di mettere a repentaglio la vita vostra e dei vostri cari (tra i quali il secondogenito Astianatte, di anni 4, che sta rigorosamente torturando il Tamagochi). E lei che, procedendo ad una velocità di crociera di trentaquattro chilometri all'ora, vi scoreggia addosso nafta mista a topi morti, con un rumore a metà fra quello di una chiatta sulla Schelda nel '39 e una scossa del V grado della scala Richter; anche pigliandovela con filosofia e infilando nel modernissimo lettore CD l'ultimo album di Tiziano Ferro, tutto ciò verrà inesorabilmente sopraffatto dalla Radiomarelli a pile, a tutto volume, che trasmette, come per un incanto atemporale, i gorgheggi di Gino Latilla e Carla Boni. Insomma, come si suol dire all'incrocio fra Oxford e Cambridge, ve lo piglierete nel culo; a meno che non vi decidiate una buona volta a darvi anche voi alla treggiologia sfrenata, e godervi lo spettacolo di questa meraviglia del creato.
Inutile ribadirlo: qui siamo veramente nell'Empireo delle tregge. Provate a immaginarvi anche per un solo momento di trovarvi davanti una cosa del genere per una stretta strada del contado, durante la gitarella della domenica con la famigliuola, a bordo della vostra favolosa Kia Sorento nuova di pacca acquistata indebitandovi fino all'osso del collo; impossibile sorpassarla a meno di mettere a repentaglio la vita vostra e dei vostri cari (tra i quali il secondogenito Astianatte, di anni 4, che sta rigorosamente torturando il Tamagochi). E lei che, procedendo ad una velocità di crociera di trentaquattro chilometri all'ora, vi scoreggia addosso nafta mista a topi morti, con un rumore a metà fra quello di una chiatta sulla Schelda nel '39 e una scossa del V grado della scala Richter; anche pigliandovela con filosofia e infilando nel modernissimo lettore CD l'ultimo album di Tiziano Ferro, tutto ciò verrà inesorabilmente sopraffatto dalla Radiomarelli a pile, a tutto volume, che trasmette, come per un incanto atemporale, i gorgheggi di Gino Latilla e Carla Boni. Insomma, come si suol dire all'incrocio fra Oxford e Cambridge, ve lo piglierete nel culo; a meno che non vi decidiate una buona volta a darvi anche voi alla treggiologia sfrenata, e godervi lo spettacolo di questa meraviglia del creato.