Questa Mini rossa scarlatta del '75, a poche migliaia di esemplari dal cambio di targhe a Firenze, dà l'occasione di fare un po' di "miniminorologia".
A dire il vero, la "miniminorologia" è una disciplina un po' evanescente; però qualche punto fermo ce l'ha pur sempre. Ad esempio, il fatto che la classica commercializzazione italiana, quella della Innocenti, non ha mai fatto perdere coscienza dell'anglicità della vetturetta. La stessa Innocenti proponeva versioni con la Union Jack disegnata sul tetto! Insomma, chi acquistava una Mini Minor aveva senz'altro in mente la swinging London degli anni '60.
Era, senz'altro, una delle cosiddette "macchine dei giovani". Un destino abbastanza singolare per un'utilitaria che era nata con linee tremendamente da "lower middle class" britannica, alla fine degli anni '50, per mano di Alec Issigonis. L'industria di stato britannica (la British Motor Corporation) aveva bisogno di una vettura economica per contrastare l'aumento del prezzo dei carburanti dopo la crisi di Suez del 1956; e nacque questo piccolo capolavoro presentato originariamente sotto i marchi Morris e Austin.
Capolavoro sì, e nato per tutti gli scopi fuorché quello di diventare, ad un certo punto, uno dei simboli del giovanilismo degli anni '60; ma, del resto, la Citroën 2CV era nata come macchina per i contadini della Francia rurale profonda, e il Maggiolino addirittura come "auto del popolo" per i tedeschi del III Reich. Il destino delle autovetture-simbolo è sovente bizzarro.
Così, mente l' "auto del popolo" di Hitler e dell'ingegner Porsche diventava simbolo della rivolta degli anni '60, la proletaria Mini Minor, ad un certo punto, perlomeno in Italia diventò la vetturetta dei giovani di destra. La Mini Minor, insomma, era la macchinina del fascistello in un paese come il nostro dove la dicotomia destra-sinistra, con buona pace di Giorgio Gaber e della sua (sopravvalutata) canzonetta, ha contato qualcosa almeno in termini di riconoscibilità e di appartenenza.
Tutto uno studio approfondito sulla simbologia di quegli anni porterebbe a individuare una serie notevole di tendenze che erano reali.
Adesso, naturalmente, sono soltanto cose che appartengono al passato, e una Mini Minor autentica in giro è soltanto una bella treggia; ma la "Miniminorologia" deve pur tenere conto di quel che è stato un modello di autovettura, e di come è stato generalmente percepito quando era in circolazione attiva.