Nel 1979 si compravano, casomai le moto giapponesi; erano gli anni delle famose battutine sceme del tipo Cosa dice una moto giapponese in riva al mare? (Non fate l'honda) oppure Come si offende una moto giapponese? (La yamàha di to' ma'); bisognava averne, insomma, di fantasia, per andare a comprare una moto cecoslovacca. Le motociclette oltrecortina? Non si era sicuri, in fondo, nemmeno che esistessero; esistevano, invece. Eccome se esistevano.
Nel 1929, a Praga, il signor František Janeček, ad esempio, decise proprio di mettersi a costruire motociclette. Mise su uno stabilimento nel quartiere Pankrác (si pronuncia "pànrkraatz"), e la cosa garba parecchio al TB che ha S. Pancrazio come protettore; una volta presentatasi l'esigenza di dare un nome ai suoi prodotti, il signor Janeček scelse "JAWA" unendo le prime due lettere del suo cognome alle prime due di "Wanderer", un'azienda che gli forniva motori e componenti. Janeček & Wanderer, appunto. Jawa. Dal 1929 ancora in attività e con un nome pressoché immortale nel campo dello Speedway; da notare che, in tedesco, Wanderer significa "girellone, giramondo, viandante". Nomen, omen!
Il tutto, naturalmente, affinché uno sconosciuto fiorentino, nel 1979, decidesse di distinguersi dalla massa e girare, appunto, a bordo di una squisitamente cecoslovacca Jawa TS 350 munita persino di sidecar; e dev'esserne rimasto parecchio soddisfatto, visto che queste foto risalgono a nemmeno un mese fa e la Jawa sidecarizzata sembra ancor essere bella viva e lottare insieme a noi. E, presumo, valere anche una fratta di soldi dato che alzi la mano chi di voi ha mai visto una moto cecoslovacca. Qualche macchina sì, le vecchie Škoda di sicuro (ne aveva una persino l'ingegnere capo dell'ATAF, l'ing. Orsi), ma una moto? Insomma, una sana iniezione di realismo socialista e materialismo dialettico alla vigilia degli anni '80. Altri tempi.
Jawa si pronuncia Iàva, e non "Giava" o qualcosa del genere. Credo di dover questa precisazione ai signori Janeček & Wanderer, che penso non si sarebbero mai immaginati che un loro modello si trovasse, più di ottant'anni dopo la fondazione dell'azienda, parcheggiato càcchio càcchio sotto le mura del viale Petrarca a Firenze. Così è, ed è un bel vedere.