giovedì 31 marzo 2011

Redhair'd Juliet




Da pochi giorni, i gommai (a Firenze si dice gommai laddove nel resto d'Italia si dice gommisti; e uno dei compiti precisi del TB è far intendere che il fiorentino parlato non è per nulla "uguale" all'italiano letterario) sono entrati nell'Olimpo dei Benemeriti; non fosse stato per un provvidenziale gommaio, questa meraviglia qui l'avrei persa nonostante lo spericolato inseguimento in cui mi ero lanciato. Non ci sarebbe stato niente da fare: tra me e questa Giulietta Sprint del 1960 si erano frapposte un paio di macchine; e una delle leggi del Murphytreggista dice che, quando tra te e la Treggia si mettono del mezzo delle macchine, sono sempre guidate o da ottantacinquenni a venti all'ora, o da mammine col bambino. Tanto per confermare la cosa, tra me e la Giulietta c'erano sia l'ottantacinquenne, sia la mammina col bambino; tutte brave persone che non sapevano quali maledizioni bibliche si stavano abbattendo in quel momento sulle loro teste; in confronto, quella che Noè gnudo e briaco rivolse al figlio Cam (una delle più note definizioni delle parole crociate: "Maledì Cam", la cui soluzione non è però "marito beccato dalla moglie a videochattare con una tizia") è una barzellettina da Famiglia Cristiana. Tutto questo, se la Giulietta, a un certo punto, non avesse deciso di entrare dentro a un gommaio; ed allora le maledizioni si sono trasformate in grida di giubilo e lodi all'Altissimo (ovviamente, nel mio caso, si tratta di Dino Meneghin). Insomma, eccola qui. Con tanto di dettagli da treggista provetto, come ad esempio la storica targhetta di Bertone:


Oppure l'interno:


Oppure ancora (dettaglio che fa molto Fabrizio da Genova), questi stupefacenti adesivi da Socio Aci 1967/68 e Touring Club 1969:


Eh sì, Redhair'd Juliet; chissà perché mai, davanti a una macchina del genere viene a mente sempre Shakespeare e non Leone di Lernia. E non voglio terminare senza un altro paio di pose, ci voglio proprio mettere tutte quelle che ho preso:




mercoledì 30 marzo 2011

Primavera elbana (9): Tamarritudine finale




E siamo all'ennesimo arrivederci elbano, che stavolta si esplica con un perfetto, lampante, emblematico esempio di tamarritudine applicata in questo caso a una possente Biemmevù bresciana. In un eventuale corso di treggiologia tamarra, questo esemplare sarebbe veramente oggetto di analisi e di studio: aggressività esagerata, paraurti, cerchioni e tetto rossi, carenature, bandiera!

lunedì 28 marzo 2011

Primavera elbana (8): A Sant'Ilario presso San Piero





È un'Errequattro molto carina
a Sant'Ilario nella piazzina;
fa' attenzione a entrarci dentro
perché sfondato è il pavimento.
E quando piove stai circospetto
ché ci ha otto buchi tutti sul tetto,
e se ti scappa da far pipì
tu la po' fare preciso lì.
Però gli è bella, bella davvero
a Sant'Ilario presso San Piero,
però gli è bella, bella davvero
a Sant'Ilario presso San Piero.

So che, da stasera, gli spiriti di:

Vinicius de Moraes
Sergio Endrigo
Sergio Bardotti

verranno a tirarmi le lenzuola.
Però a bordo di una R4!


Primavera elbana (7): Tiurbo!




Quando vedo una R5 "bombardata" a questa maniera, rossa, róte basse, calandraccia modificata eccetera, non resisto. Non m'importa nemmeno della targa "non canonica" per il TB, e fotografo; in me scatta il tiurbo, e rimango assai tiurbato. La R5, fin dalle sue primissime versioni, ha una vera e propria tradizione nell'essere modificata più o meno "da corsa"; in questo caso, però, più che di una Alpine si potrebbe trattare di una Perugine, o meglio ancora di una Sanpierine (visto che siamo, qui, nel paese collinare di San Piero in Campo). Vecchie memorie del Rallye dell'Elba, un tempo famoso? Sgommate su per sentieri, mulattiere, trazzere e quant'altro? E chi lo sa; certo che un sorriso lo strappa, ed è quel che più conta.

domenica 27 marzo 2011

Primavera elbana (6): Trentacinque trentini




Al contrario dei loro "fratelli maggiori", i fuoristradini a me stanno simpatici; anche perché, generalmente, li si trova in posti dove servono sul serio, sono delle utilitarie 4x4 e non hanno proprio niente di rileccato e di finto. Questo qui, poi, ci ha un quid di anarcotreggia rossa e nera che fait craquer mon cœur; i' Suzzuchino da battaglia, insomma. E ne deve aver fatte parecchie, di battaglie, discendendo dai monti come i famosi trentatré Trentini; vista la sua targa (del 1983), però, in questo caso devono essere stati due in più. E non si son contentati di scendere, ma hanno anche varcato il mare per andare poi a rintanarsi di nuovo lassù sulle montagne. D'accordo, quelle dell'Elba non saranno quelle del Trentino, però di che far lavorare il Suzuki bakuniniano ce n'è a sufficienza!

Primavera elbana (5): Il mese delle 126




Questo marzo del 2011 è, senz'ombra di dubbio, il mese delle Centoventisei. Ovunque mi muovo, ne trovo una; è neppure l'Elba si è esentata dalla cosa, proponendo questa Polaquita ("Made in FSM", ove "FSM" è una sigla polacca che non sciolgo per non turbare eccessivamente i sonni dei lettori) del 1984 che si crogiola beata al sole primaverile in uno dei parcheggi dello Stagno, a Marina di Campo. Allo Stagno ora hanno costruito un po' di tutto (le scuole, la Conad, la Pubblica Assistenza, case...); ma basta il primo nubifragio alla fine dell'estate (spesso assai violento) perché tutti si accorgano facilmente perché quel posto si chiama così. Si riprende le sue caratteristiche originali di stagno, e alle volte qualche macchina ci ha pure rimesso le penne, ritrovandosi a capofitto nel fosso retrostante.

venerdì 25 marzo 2011

Primavera elbana (4): Ci doveva essere


Si può andare all'Elba e non beccarvi un Vespone in piena regola, di quelli DOC col portapacchi e le cinghie? Assolutamente impossibile. La Vespa passa per un mezzo da città, ma su un'isola di non grandi dimensioni ha secondo me il suo territorio naturale (come ben sa l'amico gigliese Ionis 56). Persino il sottoscritto, che non ha mai saputo guidare un motociclo, ha un ricorso vesposo all'Elba, quando vennero a trovarlo (molte, molte estati fa) due compagni di classe muniti rigorosamente dello scooter più famoso del mondo; l'unico giro dell'isola che abbia mai fatto su due ruote (preso per assunto che in bicicletta non arriverei nemmeno al Colle di Palombaia), e inframezzato da un episodio piuttosto curioso: io e miei amici (entrambi poi, singolarmente, divenuti avvocati), tra Pomonte e Chiessi fummo presi di striscio dal getto di un secchiellone sganciato da un elicottero che stava spegnendo un piccolo incendio boschivo. Di striscio sì, ma sufficiente a buttarci tutti quanti in terra, Vespe comprese! Insomma, visto che né noi e né le Vespe si fecero un graffio, si può dire che fu una scena comica; però, da allora, a fare il giro ci son sempre tornato in macchina. Non si sa mai...

Primavera elbana (3): Cinquino di Cotone



Un Mezzosacco fatto di un materiale un po' insolito? No, semplicemente qui siamo proprio davanti al Cotone, il porticciolo antico di Marciana Marina in cui ho avuto la testa vuota. Però non talmente vuota da non accorgermi di questa superstite targa quadrata labroelbana; ce ne sono rimaste davvero poche.

Primavera elbana (2): Merde à la beauté!




In presenza di una cosa come questa, e dopo il post precedente, verrebbe da esclamare senz'altro: Merde à la beauté! Dalla Mercedes spider a questo prodigioso ammasso di ruggine, privo persino di un sedile (pazienza, 'e si starà ritti in piedi). Aggirandomi furtivo attorno ad esso, ché all'Elba non si è certo in città dove nessuno ci fa caso, mi ponevo la domanda fondamentale: ma che accidenti sarà, o sarà stato? Un cucchiaino mobile per dare la pappa al bimbo dello yeti del Monte Capanne? Un raccoglitore per il fard usato della Santanché? O ero davanti ad uno sconosciuto anello di congiunzione tra la caldaia mobile di Cugnot e la Fiat Stilo (se si osservano bene le caratteristiche salienti del veicolo, ci si accorge facilmente che le ha di entrambe)? Mentre sognavo un mio decisivo contributo alla paleotreggiologia, l'adesivo appicciato sul cassone ha spezzato l'incantesimo: si tratta di una macchina edile. Funzionante probabilmente con una mistura di vino rosso, cipolle e gas metano; un diverso combustibile non riuscirei a immaginarmelo. E il TB viene all'improvviso restituito alla sua condizione originaria: la vera treggia, dura e pura, senza tentennamenti.

giovedì 24 marzo 2011

Primavera elbana (1): Altri tempi, lo stesso sole




In questi ultimi giorni ho dovuto combattere, e succede non di rado, con una crisi acuta di testa vuota; lo avrete sicuramente notato dai commenti dei post, generalmente tirati via, senza molta convinzione. E questa è una cosa piuttosto grave, perché il TB vive dei suoi commenti; altrimenti sarebbe un banale blog "fotografico", sì certo con le belle macchinine del tempo che fu ma pur sempre d'immagini fini a se stesse. Però ci sono di quei periodi dove, per sovraccarico, per accumulo, per ammasso, si scoppia o, meglio ancora, si implode. In questi casi, ognuno ha la sua ricarica; la mia si chiama Isola d'Elba, ed è l'unica che riconosco in modalità che sono soltanto mie. Consistono nel prendere un pretesto qualsiasi per andarci, in un mezzo meccanico che consenta di girare liberamente e della più completa e perfetta solitudine. Se poi, come quest'anno, si aggiunge una primavera che è cominciata facendo la primavera sul serio, nessuna compagnia Telequalcosa potrà mai sognarsi una ricarica del genere. Non esiste nessuna promozione che la valga; pigliare se stessi e andare, lontani da ogni cosa. Sarà solo un giorno e mezzo? Pazienza. È come un doppio concentrato, persino con un cane che cammina tranquillo nel mezzo della strada provinciale 25, Anello Occidentale, che io chiamo La signora degli anelli. Ed eccoci nel pomeriggio di martedì 22 marzo 2011 a Chiessi, Isola d'Elba, un sole che già comincia a battere e tempi che lì, e solo lì, sembrano altri. E forse non lo sembrano nemmeno, ma proprio lo sono.




E Chiessi non ti accoglie mica con indifferenza, mai e poi mai. Non è un posto qualsiasi, questo qui; questo è il sogno della fine, svegliarsi con certe cose negli occhi fino all'ultimo giorno (sarà domani? Sarà fra cinquant'anni? E chi lo sa, e chi lo vuole sapere). Non ha miti, Chiessi. Non ha greci anche se di greco ha in realtà la cosa decisiva, vale a dire la compenetrazione inestricabile tra mare, sole, vento e pensiero. Γκιέσσι. Ma non ha dèi pronti all'uso moderno, non ha fole filosofiche da due soldi bucati, non ha disperazioni precotte, non ha le stupide costruzioni cerebrali delle persone dappoco e degli sputamerda in forma di sentenze pelose. Chiessi si fa vedere, ma non si dà a chi non ci arriva in altri tempi e sotto lo stesso sole.



Altri tempi, anche con le macchine. Appena arrivati. Ci dev'essere, forse, un qualche legame; non è mica da tutti i giorni trovare una Mercedes R121 (190 SL Spider), con tanto di sedileria rossa, sia pure ritargata (Venezia, poi); ma qui non conta neppure la targa. Aperta, senza nessuno dentro e resistente agli autentici berci di cortesia ("C'è nessuno? C'è nessuuuunoooo...? Possoooo fare due fotoooo...?"). No, nessuno. Come ci fosse arrivata da sola, nel sole di Chiessi e del primo giorno di pranverë, da altri tempi. Appunto. 'Ηλιος ὁ πρῶτος, lui solo. Mini muluvanice.

lunedì 21 marzo 2011

Tris di 126, con replay




Certo non sono numerose come le 500, delle quali intesero prendere il posto; però di 126, o di polaquitas che dir si voglia, ce ne sono sempre un bel po' in giro. E questo tris lo fo cominciare con un gradito replay, quello della Rossa di Pistoia che si calcinava al sole nell'estate del 2009. Niente sembra essere cambiato: né la zona, né la targa anteriore che continua a traîner sopra il cruscotto, né le bolle di ruggine, e né la sua immortalità (è del 1973 e si avvia quindi ad essere una scanzonata ancorché rispettabile quarantenne). Quello delle tregge ritrovate è un capitolo tutto a sé del TB; usualmente non le rimetto in circolo, ma ci può e ci deve essere qualche eccezione. La pistoiese, poi, deve avere una curiosa vocazione ospedaliera: due anni fa era parcheggiata appena fuori un grande ospedale, mentre stavolta l'ho beccata proprio nel parcheggio del medesimo presidio sanitario. Andrà a farsi le cure geriatriche?



La seconda 126 dall'alto si è invece, come dire, guadagnata la pagnotta (vale a dire l'inserimento nel TB). Non che non lo meritasse; però sono sempre piuttosto restio con le ritargature alfanumeriche. Quei "blob" di perniciosi numeri e di cacotàrghiche lettere mi bloccano. Però, poverina, non è colpa sua; sarà stato più di un anno che la vedevo a pochi passi da casa mia, vicino all'Esselunga di via dell'Argingrosso, e alla fine non ho resistito alle sue implorazioni. Targa a parte, è poi una treggia in piena regola (anzi, come va di moda dire ora: senza se e senza ma); di quel blé scuro, oltretutto, che dopo un po' si imbastardisce cangiandosi in bizzarri riflessi oleosi -una caratteristica delle favolose verniciature Fiat!



La terza e ultima 126 (l'anconetana del 1981, insomma) è invece un tipico esempio di vetturetta ben tenuta (anche se, probabilmente, un po' rifatta).


sabato 19 marzo 2011

Mark B., la R4 rossa e il cipresso


Prendere una treggia al volo è, come sapete la sublimazione del Treggismo Militante; quando poi al volo si effettua una presa che ha della fotografia artistica, se ne raggiungono le vette. E' il caso di questa foto che Mark B. ha fatto mentre percorreva, evidentemente, una rampa autostradale. Il cielo di marzo, il cipresso che si staglia e la R4 rossa; persino i fili della corrente elettrica aggiungono in questo caso un "tocco" di bellezza alla foto, davvero un capolavoro che sono lieto di ospitare in questo blog.

Mark B., la Giulia e l'ecomostro


Trovandomi per qualche giorno a Piacenza (indovinate un po' da chi...) ed avendo tutte le più recenti tregge sul mio pc a Firenze, è giocoforza dedicarsi agli amici che inviano a getto continuo, via mail, i frutti delle loro giratine. Mark B. è, ovviamente, uno di questi; qui ce lo ritroviamo ai Bottai, non lontano dal casello di Firenze Certosa e a pochissima distanza da un ecomostro in veste di parcheggio che il gentile sindaco dell'Impruneta ha deciso di far costruire senza però avere ancora avuto l'urbanità almeno di terminarlo. Per fortuna che esistono le tregge e i treggisti, verrebbe da dire; come questa Giulia del 1967 che fa bella mostra di sé davanti alla fermata dell'autobus n° 37. Anche in questo caso una targa quasi particolare, fra le altre cose!

giovedì 17 marzo 2011

Scambio culturale 2





Avete presente lo Scambio culturale del 20 febbraio scorso? La Giardiniera genovese trovata in una piovosa e fredda notte d'un inverno che si spera oramai alle spalle? In quell'occasione avevo espresso il desiderio che Fabrizio da Genova facesse altrettanto, scovando qualche treggia fiorentina dalle sue parti. Detto, fatto; e se a Firenze piove, a Genova splende il sole per questo Maggiolone Porsche del 1972 e dalla targa quasi particolare. Aggressivo forte, direi! La storia di ogni treggia andrebbe seguita, se fosse possibile; chissà com'è stato che una Giardiniera, da Genova, se n'è venuta a passare la vecchiaia a Firenze, e viceversa come sia stato che un rombante Maggiolone fiorentino sia approdato a Genova. Domande che resteranno oziose anche perché la risposta è, in fondo, semplicissima: perché qualcuno se le è comprate. A volte, magari, ci può essere qualcos'altro sotto; e quel qualcos'altro si chiama "vita di tutti noi". Ma di questo non si può parlare se non con l'immaginazione; intanto ci si terranno questi scambi, perché vi dico già da ora che non sono finiti qui. Si sta formando un'asse Genova-Firenze che mi piace assai, perché è una cosa che ha a che fare anche con la mia, di vita. Se ne vedranno delle belle!