lunedì 2 gennaio 2012

Terra di confine



Ho un rapporto oramai sempre peggiore col centro della città; mi reco sempre più raramente in quella Disneyland di scarpari, stilisti di merda e pizzattaglio, facendo un'eccezione soltanto per San Frediano e l'Oltrarno. Ma San Frediano e l'Oltrarno sono ancora relativamente poco toccati dal turismo di massa, dalla banchizzazione, dall'espulsione degli abitanti; finché reggeranno. La città, quella dal cuore vivo, si sposta verso l'esterno, in cerchi concentrici; con essa si spostano la vita e l'interesse, e le arbitrarie demarcazioni rappresentate da linee immaginarie assumono suggestioni strane, alla ricerca di luoghi sovente di tragica e scomposta bellezza. Le devastazioni delle periferie come paradigma della sopravvivenza; il respiro che si avverte ancora nel distruggersi. Il campo e la città che arriva; la caserma dismessa, esattamente sulla linea di confine tra Firenze e Scandicci, che dà al luogo un'inquietudine oscura anche nel luminoso primo pomeriggio d'autunno inoltrato. Terra di confine, povera e oscura frontiera tra entità astratte, gli alberi e il cemento, i bidoni e il filo spinato. Cimitero d'un mezzo meccanico che avrà visto non molto mondo e lo ha visto tutto.