Ed eccomi tornato a Firenze. Ci torno, dopo le insolite meraviglie elbane (le moto, le vespe, le jeep...) decisamente bellicoso, deciso a ributtarmi a capofitto nelle tregge cittadine, nelle strade di periferia; e ricomincio con questa Rossa di Pistoia, non senza far notare la targa. Forse non "particolare" e da meritare l'iscrizione nell'apposita categoria; ma, comunque, un'avita 126 targata PT 126 eccetera non è malaccio.
A dire il vero, non è neanche rossa, bensì amaranto (o granata, o magenta, o chissà cosa; non sono mai stato molto forte nelle sfumature dei colori); ma mi piace chiamarla così, questa gloriosa minitreggia con tanto di targa anteriore staccata e appoggiata sul cruscotto (un particolare da vera treggia, questo; la vera treggia ha generalmente picchiato contro migliaia di marciapiedi, e la targa anteriore staccata è come un attestato di battaglia). In questo blog se ne vedranno poche, per non dir punte, di Rosse di Maranello; certo, dovessi beccare in giro una Ferrari del 1955, per dovere ce la metterei. Ma, di solito, le buzzurromobili modenesi se ne stanno nei loro garagi-caveau da dove vengono tirate fuori solo per gli appositi raduni. Inutile fare: la mia idiosincrasia verso quelle macchine, verso il loro mito, verso la figura di Enzo Ferrari e verso tutto il ciarpame della simbologia italica è totale.
Io sono per le rosse di Pistoia, piccole, scassate, resistenti, parcheggiate sotto il sole vicino a un ospedale qualsiasi. Con dentro oggetti di tutti i giorni, con dentro storie che non saranno mai raccontate da nessun film o nessuna fiction. Sono le nostre storie, queste; e, se non posso raccontarle, cerco di farle almeno intuire, o immaginare, o sognare. Se vi garba sbavare sulle ferrarine, andate altrove. Questo non è il posto che fa per voi. Qui ci sono le 126 pistoiesi.
A dire il vero, non è neanche rossa, bensì amaranto (o granata, o magenta, o chissà cosa; non sono mai stato molto forte nelle sfumature dei colori); ma mi piace chiamarla così, questa gloriosa minitreggia con tanto di targa anteriore staccata e appoggiata sul cruscotto (un particolare da vera treggia, questo; la vera treggia ha generalmente picchiato contro migliaia di marciapiedi, e la targa anteriore staccata è come un attestato di battaglia). In questo blog se ne vedranno poche, per non dir punte, di Rosse di Maranello; certo, dovessi beccare in giro una Ferrari del 1955, per dovere ce la metterei. Ma, di solito, le buzzurromobili modenesi se ne stanno nei loro garagi-caveau da dove vengono tirate fuori solo per gli appositi raduni. Inutile fare: la mia idiosincrasia verso quelle macchine, verso il loro mito, verso la figura di Enzo Ferrari e verso tutto il ciarpame della simbologia italica è totale.
Io sono per le rosse di Pistoia, piccole, scassate, resistenti, parcheggiate sotto il sole vicino a un ospedale qualsiasi. Con dentro oggetti di tutti i giorni, con dentro storie che non saranno mai raccontate da nessun film o nessuna fiction. Sono le nostre storie, queste; e, se non posso raccontarle, cerco di farle almeno intuire, o immaginare, o sognare. Se vi garba sbavare sulle ferrarine, andate altrove. Questo non è il posto che fa per voi. Qui ci sono le 126 pistoiesi.