A notte fonda, quando le famigliuole dormono tranquille, gl'innamorati si dibattono in furibondi amplessi (mal di testa a parte), i topi d'appartamento penetrano nelle case lasciate incautamente incustodite, gli autisti delle ambulanze bestemmiano per essere stati crudelmente destati dal 118, gli ubriachi barcollano e i gatti in amore miagolano disperati, il Treggione, fiero d'aver passato un'altra lunga giornata a trasportare culi e merci altrui, riposa nel suo parcheggio condominiale senza tema d'essere disturbato -tranne qualche improvvida cacajola del nonno che dev'essere portato urgentemente ad essere visitato ammorbando l'abitacolo di poderosi péti con relativa frenata di merda nelle mutande.
Molti anni fa, il Treggione era visione consueta nelle nostre strade. Quando non c'erano ancora i SUV e i fuoristrada erano adibiti esclusivamente a andar pe' boschi, in città si vedevano casomai specie di autotreni, o aeroplani, dalla linea rigorosamente classica e dignitosa assai, dove potevano comodamente prendere posto, oltre alla famiglia, lo zio e la zia o, a scelta, il vicino di casa che poi era anche l'amante della moglie, i nonni, i cugini, la coppia d'amici, un cane anche di ragguardevoli dimensioni o un paio di gatti con relativa gabbietta; il baule posteriore, poi, era sempre assai capiente e permetteva agevolmente di fare un trasloco. Generalmente a diesel, dato che il gasolio allora costava davvero di meno della benzina, il Treggione si caricava di chilometri fino all'inverosimile; ed è stato per lui che, sui tachimetri, il contachilometri passò dalle normali cinque cifre che "fondevano" a 100.000 riportando tutto a zero (un vero e proprio evento in parecchie famiglie, atteso con ansia soprattutto dai bambini), alle sei cifre. Ovviamente c'era il rovescio della medaglia, vale a dire il parcheggio; senza un parcheggio condominiale all'aperto, il Treggione non entrava nell'eventuale box, e dover lasciarlo per strada comportava lunghe ricerche e, non di rado, ammaccature durante le ardue manovre per incastrarlo tra una A112 e una 128. Ma erano bei tempi, quelli del Treggione.
La Ford era specializzata nella produzione di Treggioni del genere; ogni tanto, ma sempre più di rado, se ne vede ancora uno riposare come allora nel suo parcheggione. Il Treggione Ford par excellence era la Taunus, più o meno delle stesse dimensioni del triplano Fokker di Manfred von Richthofen, nelle sue varie versioni. Questa, del 1982, è l'ultima; poi la Taunus, e i Treggioni in generale, sono andati in pensione. Non che adesso non si vedano automobili di grosse dimensioni, anzi se ne vedono assai più di allora; ma non hanno più nulla del Treggione. Erano tempi in cui, quando vedevi una Taunus, le davi di treggia anche se era nuova di pacca; un privilegio che le vetture moderne non hanno più, a parte la Fiat Stilo (a mio parere ancor più orrenda della Duna).
E dorme il Treggione, mentre più o meno dorme anche tutta la città. Ma si vede un lampo nell'oscurità; dal nulla spunta il Treggista, che non dorme mai.
Molti anni fa, il Treggione era visione consueta nelle nostre strade. Quando non c'erano ancora i SUV e i fuoristrada erano adibiti esclusivamente a andar pe' boschi, in città si vedevano casomai specie di autotreni, o aeroplani, dalla linea rigorosamente classica e dignitosa assai, dove potevano comodamente prendere posto, oltre alla famiglia, lo zio e la zia o, a scelta, il vicino di casa che poi era anche l'amante della moglie, i nonni, i cugini, la coppia d'amici, un cane anche di ragguardevoli dimensioni o un paio di gatti con relativa gabbietta; il baule posteriore, poi, era sempre assai capiente e permetteva agevolmente di fare un trasloco. Generalmente a diesel, dato che il gasolio allora costava davvero di meno della benzina, il Treggione si caricava di chilometri fino all'inverosimile; ed è stato per lui che, sui tachimetri, il contachilometri passò dalle normali cinque cifre che "fondevano" a 100.000 riportando tutto a zero (un vero e proprio evento in parecchie famiglie, atteso con ansia soprattutto dai bambini), alle sei cifre. Ovviamente c'era il rovescio della medaglia, vale a dire il parcheggio; senza un parcheggio condominiale all'aperto, il Treggione non entrava nell'eventuale box, e dover lasciarlo per strada comportava lunghe ricerche e, non di rado, ammaccature durante le ardue manovre per incastrarlo tra una A112 e una 128. Ma erano bei tempi, quelli del Treggione.
La Ford era specializzata nella produzione di Treggioni del genere; ogni tanto, ma sempre più di rado, se ne vede ancora uno riposare come allora nel suo parcheggione. Il Treggione Ford par excellence era la Taunus, più o meno delle stesse dimensioni del triplano Fokker di Manfred von Richthofen, nelle sue varie versioni. Questa, del 1982, è l'ultima; poi la Taunus, e i Treggioni in generale, sono andati in pensione. Non che adesso non si vedano automobili di grosse dimensioni, anzi se ne vedono assai più di allora; ma non hanno più nulla del Treggione. Erano tempi in cui, quando vedevi una Taunus, le davi di treggia anche se era nuova di pacca; un privilegio che le vetture moderne non hanno più, a parte la Fiat Stilo (a mio parere ancor più orrenda della Duna).
E dorme il Treggione, mentre più o meno dorme anche tutta la città. Ma si vede un lampo nell'oscurità; dal nulla spunta il Treggista, che non dorme mai.