Ed eccoci, finalmente, di nuovo a Marina di Campo, la piccola Genova di novembre. E' stato un ritorno abbastanza strano, devo dire; in un posto che ha dovuto provare a cancellare alla svelta una sventura, ma che ne reca ancora, forzatamente, i segni. E sono proprio i segni meno appariscenti che danno la misura di quel che è successo; i negozi sbarrati con le assi, quelli rifatti di sana pianta che ti spaesano, i mucchi di sabbia ancora accatastati in qualche campo o orto, la baracchina di legno del Club del Mare, all'inizio della spiaggia, letteralmente divelta, disassata, morta. Pensieri a tempi lontani; e si tira avanti. Anche il muretto del Capriccio è stato rifatto in fretta e furia; estati intere. Mi dicevo sempre che quello era il posto dove ci saranno state ancora le molecole del mio culo di quindicenne sgraziato; ora non ci sono sicuramente più.
Appena entrato in paese, nella zona dello Stagno (che si allaga normalmente ogni anno al primo temporale di fine agosto, figuriamoci con un'alluvione in piena regola...), ecco che m'imbatto in questa doppia rarità. Prima di tutto, oramai, trovare all'Elba una treggia targata Livorno (vale a dire la provincia di appartenenza, almeno fin quando esisterà) è assolutamente non comune; del resto, le autovetture degli isolani sono sempre state in netta minoranza rispetto a quelle dei turisti, villeggianti, bagnanti eccetera. Indi di poi, questa targa livornese del 1975 è una delle ultime quadrate della provincia (se non erro, le targhe aranciobianconere iniziarono a Livorno con la serie LI 215000). Insomma, un pezzo di Marina di Campo degli anni '70 che mi si è parato davanti; e capirete tutti che cosa voglia dire per me.
Da non sottovalutare, poi, l'automezzo in sé. Il più tipico pulmino delle monache, anche se magari serviva in origine al Partito Comunista Rivoluzionario Elbano; nulla da fare, quando si vede un Fiat 850T (di seconda serie) pulminato, il pensiero corre automaticamente a Suor Beppa Maria alla guida e alle consorelle dell'ordine delle Inchiavardate di Nostro Signore che siedono dietro. Da dire che il pulmino delle monache era tipicamente bianco o grigio; però anche il verde di questo modello, ripreso direttamente dalle matite Giotto, era ben rappresentato.
Ad ogni modo, un qualcosa di decisamente mistico è ancora presente sul pulmino; il sedile anteriore, infatti, è interamente tappezzato a mo' di "bandiera della pace" coi colori dell'iride. Non si può sapere, ovviamente, se si tratti della pace del Regno de' Cieli o di quella in Terra, ma pace pur sempre è. Se poi il pulmino sia servito a creare anche un bel po' di pace dei sensi (cosa che mi auguro), meglio ancora!