lunedì 12 ottobre 2009

Beetle's Day (2): Rot wie Blut






Sono le ore 16,50 del 27 settembre 2009 e il giro dei trasporti sociali è terminato. Con la vecchia Ford Fiesta che mi è stata data in dotazione (un'autentica treggia, naturalmente!) me ne sto tornando tranquillamente a casa, ed ecco che interviene il solo e vero dio del Treggista: il Dio dei Bivi. Mi spiego meglio.

La vettura che ho in dotazione è sì una treggia (adeguatamente scassata e con uno sterzo talmente duro che, oramai, lo chiamo lo squarto), ma ha una caratteristica che la renderebbe invidiabile a molti: ci posso andare dove cavolo voglio. Zone blu, zone a traffico limitato, corsie preferenziali, telepassi, aree pedonali, ogni cosa. È una delle piccole godurie della vita essere preceduto dal suvvùn o dallo spaiderino che, alla barriera, devono girare obbligatoriamente dove vuole il Comune, mentre il qui presente, con il suo catorcio, entra impunito nella città proibita. Quindi, quando me ne torno a casa, ho tutti i bivi del mondo. Posso girare a sinistra e farmi tranquillamente una preferenziale passando per il centro, oppure girare a destra e farmi la strada di tutti quanti. Dipende dalle ore. A quell'ora lì, piuttosto inspiegabilmente invero, il Dio dei Bivi (certi savij indiani lo chiamano Bivishnu) mi ha fatto girare a destra. Strada normale. E per la strada normale mi ha fatto incontrare questa meraviglia.

Rot wie Blut, rosso come il sangue. Allegro, dentro, come una primavera clandestina degli Edelweisspiraten. E vecchio come il cucco, stravecchio, e sempre nuovo. In un attimo, il fotogràmmetro del Treggista gli rispedisce un'immagine, la pubblicità vista su un Topolino di cristant'anni fa, dove si invitava a comprare la VOLKSWAGEN magnificando la sua affidabilità e robustezza (segno che il giornalino dovevano leggerlo anche i babbi, e accidenti se lo leggevano). Così si chiamava allora, semplicemente la Volkswagen. O, meglio, la Vusvàghe; così ancora la chiama mia madre. Niente "Maggiolino", niente "Beetle": di Volkswagen non ce n'erano altre. E una macchina che ha avuto una vita del genere con un nome del tutto impronunciabile al resto del mondo, doveva avere per forza qualcosa di straordinario.

Mentre già sto fotografando, da una porta spunta fuori un ometto anziano; gli chiedo se per caso sia sua, e questi mi risponde di no, che non è sua, ma di un amico. E aggiunge che la tira fuori raramente, quel suo amico. Che il Dio dei Bivi, o Bivishnu, li benedica tutt'e due, li porti ancora a far dei bei giri a guardare le ragazzotte del dumila e a bere delle bicchierate di vino rosso, e li mantenga assieme a quell'automezzo.

(2. continua)