Essendo austriaco di nascita, l'ingegner Karl Abarth sarà stato perfettamente cosciente che il suo cognome, in tedesco, significa esattamente "specie diversa" (o, anche, "specie degenere"); il famoso nomen omen, insomma. Le vetture Fiat (ma anche Lancia, Simca e Porsche) che passarono sotto le sue mani, divennero infatti qualcosa di diverso. Di estremamente diverso. Diventarono Abarth, per farla molto breve. Un tempo se ne incontravano parecchie anche per le strade, oltre che per i circuiti automobilistici: prevalentemente 500 o 600, riconoscibili immediatamente (oltre che per il rombo che emettevano), anche per l'immancabile cofano motore rialzato per ospitare il propulsore maggiorato. I malevoli coniarono per loro storpiature perfide (tra le quali l'ovvia Abort), ma il marchio dello Scorpione e le sue rielaborazioni sportive di modelli di serie erano qualcosa di assolutamente unico. Diverso, appunto.
Mi è capitato nei giorni scorsi di trovarmene di fronte una, e posso dire finalmente. Un'Abarth era qualcosa che mancava davvero in questo blog. Questa 500 di proprietà di un ragazzo di nome Niccolò, che me l'ha fatta gentilmente fotografare in tutte le salse e che vorrei ringraziare pubblicamente (anche perché, udite udite, segue il Treggia's Blog). Un'Abarth un po' taroccata, a dire il vero: lui stesso ci deve aver messo le mani, con qualche piccola libertà (ad esempio nella banda nera laterale con scritto Abarth 695, mentre in realtà è una 595). Poco importa: qui siamo di fronte a un piccolo capolavoro che riporta indietro di almeno trent'anni, quando l'abarthina era il sogno proibito di tutti i ragazzi della sua età (credo che Niccolò non abbia più di vent'anni). E che se ne sia occupato, ricostruendo puntigliosamente tutto ciò che i ventenni del passato sognavano (compresa la calandrina posteriore tricolore e lo stemmino della Ferrari sulla targa, che qui passo volentieri nonostante il mio noto antiferrarismo), è un suo specifico e grande punto di merito; e sono assolutamente certo che la gente che passa guarda assai di più quel suo capolavorino che la macchinina fighetta qualsiasi dei suoi amici. Persino con il particolare della targa, una delle prime del modello arancione e nero (ma la macchina è ritargata) che a Firenze fu introdotto con la serie FI 804000 nel 1976: la sigla arancione è stata sbiancata per far sembrare la targa del modello più vecchio. Completano il tutto il tettino apribile fatto a bandiera a scacchi e l'ovvio stemma Abarth; ma, in questo caso, approfittando della gentilezza e della disponibilità di Niccolò, sono riuscito a fotografare anche lo straordinario interno:
Qui ci sono davvero, e filologicamente, gli anni '70. Il volante Momo. I pedali sforacchiati. Lo stereo con le casse e i fili a giro. I sedili e i coprisportelli rossi. Sì, Niccolò può andare davvero fiero di questa sua vetturetta di specie diversa. Fossi una diciassettenne, farei carte false perché mi ci portasse a fare un giro. E anche due.
Mi è capitato nei giorni scorsi di trovarmene di fronte una, e posso dire finalmente. Un'Abarth era qualcosa che mancava davvero in questo blog. Questa 500 di proprietà di un ragazzo di nome Niccolò, che me l'ha fatta gentilmente fotografare in tutte le salse e che vorrei ringraziare pubblicamente (anche perché, udite udite, segue il Treggia's Blog). Un'Abarth un po' taroccata, a dire il vero: lui stesso ci deve aver messo le mani, con qualche piccola libertà (ad esempio nella banda nera laterale con scritto Abarth 695, mentre in realtà è una 595). Poco importa: qui siamo di fronte a un piccolo capolavoro che riporta indietro di almeno trent'anni, quando l'abarthina era il sogno proibito di tutti i ragazzi della sua età (credo che Niccolò non abbia più di vent'anni). E che se ne sia occupato, ricostruendo puntigliosamente tutto ciò che i ventenni del passato sognavano (compresa la calandrina posteriore tricolore e lo stemmino della Ferrari sulla targa, che qui passo volentieri nonostante il mio noto antiferrarismo), è un suo specifico e grande punto di merito; e sono assolutamente certo che la gente che passa guarda assai di più quel suo capolavorino che la macchinina fighetta qualsiasi dei suoi amici. Persino con il particolare della targa, una delle prime del modello arancione e nero (ma la macchina è ritargata) che a Firenze fu introdotto con la serie FI 804000 nel 1976: la sigla arancione è stata sbiancata per far sembrare la targa del modello più vecchio. Completano il tutto il tettino apribile fatto a bandiera a scacchi e l'ovvio stemma Abarth; ma, in questo caso, approfittando della gentilezza e della disponibilità di Niccolò, sono riuscito a fotografare anche lo straordinario interno:
Qui ci sono davvero, e filologicamente, gli anni '70. Il volante Momo. I pedali sforacchiati. Lo stereo con le casse e i fili a giro. I sedili e i coprisportelli rossi. Sì, Niccolò può andare davvero fiero di questa sua vetturetta di specie diversa. Fossi una diciassettenne, farei carte false perché mi ci portasse a fare un giro. E anche due.