Qualcuno si ricorda per caso della Polenta Valsugana? Negli anni '70 era una polenta pronta, venduta in scatole di cartone, dal vago sapore di pesce che a volte ricordava persino la polenta. Roba da vecchi negozi di alimentari, la vendeva persino Martino a Marina di Campo (uno dei pochi negozi che ricordo vendesse anche il Karamalz, un'orripilante bevanda tedesca al malto, praticamente un caffè d'orzo gassato). Ora, immaginatevi d'essere in uno dei migliori accumuli di tregge della città (forse il migliore in assoluto), e di ritrovarvi davanti il più classico dei camperoni Transit-basati preparato da una sedicente Valsugana Caravan e persino targato Trento; perdipiù parcheggiato alla 'iocane in una specie di nicchia di un bell'edificio mezzo Jugendstil con tanto di scritta ACAB politico-pallonara (All Cops Are Bastards, vorrebbe dire; peccato che i nazipallonari che spesso se ne servono, alla prima occasione buona corrano a frignare dai questurini). Insomma, quali immagini vi scorrerebbero negli occhi?
Falò accesi direttamente dentro al camper con sopra il pajolo di rame nel quale sbollacchia la poénta, famiglie di Rovereto o Mezzolombardo intente a preparare l'àvita pietanza vicino al Nordkapp o nella pianura Pannonica degli eroici (e economici) tempi di Giovanni Giuseppe Czermanik (più noto come János Kádár, ndr), natalacci sciantemente merdosi sull'altopiano di Lavarone con stanza alla frazione Azzolini, fughe per le fighe del primogenito màsculo, e tutta una serie di altre cose che vi fanno poi ragionevolmente chiedere: ma che cazzo ci fa un camper Valsugana targato Trento parcheggiato al Salviatino?
Miracoli, irripetibili miracoli dell'attività di Treggista. Da un veicolo e da una targa ci si possono immaginare tutte le storie del mondo, e l'assurdo ha piena cittadinanza. In queste storie ci siamo tutti noi; se qualcuno, per esempio, avesse visto un giorno circolare per le strade di Firenze una 128 ocra targata Catanzaro, se ne sarebbe potuto immaginare di meravigliose. E a bordo c'ero io, a vent'anni.
Falò accesi direttamente dentro al camper con sopra il pajolo di rame nel quale sbollacchia la poénta, famiglie di Rovereto o Mezzolombardo intente a preparare l'àvita pietanza vicino al Nordkapp o nella pianura Pannonica degli eroici (e economici) tempi di Giovanni Giuseppe Czermanik (più noto come János Kádár, ndr), natalacci sciantemente merdosi sull'altopiano di Lavarone con stanza alla frazione Azzolini, fughe per le fighe del primogenito màsculo, e tutta una serie di altre cose che vi fanno poi ragionevolmente chiedere: ma che cazzo ci fa un camper Valsugana targato Trento parcheggiato al Salviatino?
Miracoli, irripetibili miracoli dell'attività di Treggista. Da un veicolo e da una targa ci si possono immaginare tutte le storie del mondo, e l'assurdo ha piena cittadinanza. In queste storie ci siamo tutti noi; se qualcuno, per esempio, avesse visto un giorno circolare per le strade di Firenze una 128 ocra targata Catanzaro, se ne sarebbe potuto immaginare di meravigliose. E a bordo c'ero io, a vent'anni.