Il Galluzzo vecchio bisogna saperselo andare a scovare; è nascosto fra un paio di stradine il nucleo originario del borgo fiorentino, decentrate rispetto a quello che ora è il centro vero e proprio del paese. Una di queste è dedicata ad un personaggio che inutilmente s'andrebbe a cercare in un'enciclopedia o in rete: un antico parroco. Si chiamava Cammillo Barni (proprio così, con due "m") e sembra sia vissuto nel '700. Certo che quel brav'uomo dev'essere stato amato dai suoi parrocchiani di tre secoli fa, perché gli fosse dedicata una strada già in tempi non recenti: siamo infatti proprio in via Cammillo Barni, strada già presente in certe mappe topografiche anteriori sia all'unità d'Italia, sia all'accorpamento del comune del Galluzzo a quello di Firenze (che avvenne nel 1931). Poiché sono un tipo curioso, per sapere finalmente chi fosse questo Cammillo Barni sono dovuto andare a chiederlo un po' in giro, finché non me lo hanno detto alla casa del popolo; intanto, via Cammillo Barni consegnava ai posteri la sua Cammilla.
Ed eccola qui, la Cammilla in tutto i' su' sprendòre, adagiata su un carrattrezzi che (almeno si spera) la porterà a rifarsi un po' il maquillage e dotata persino di una targa decisamente ragguardevole, come accade spesso alle Cinquecento. E sebbene la Cammilla non risalga sicuramente all'epoca di don Cammillo, dal punto di vista treggistico la sua età è ragguardevole: è infatti del 1966, anno in cui era assai meglio starsene al Galluzzo che in centro a Firenze.
In giro si vedono ancora tantissime 500, e la maggior parte sono tenute con una religione che sicuramente non si riscontra in parecchi alti prelati; la Cammilla no. La Cammilla è una vera treggia DOC, e della particolare sottospecie detta Cinquetreggia che obbedisce a tutta una serie di stilemi particolari. Tratto distintivo dell'autentica Cinquetreggia è ad esempio la mancanza dello stemma Fiat sul musetto: al suo posto ci dev'essere un buco. Ci vogliono poi la targa posteriore bombata dalle infiltrazioni d'acqua, il cofano anteriore squadernato e spunti di ruggine artistici, di quelli che avrebbero fatto scrivere a Eugenio Montale (la cui tomba si trova a pochi metri da via Cammillo Barni, al cimitero di San Felice a Ema) la raccolta Ossido di seppia. La Cammilla, ebbene sí, ha tutte queste caratteristiche; si tratta della Cinquetreggia paradigmatica.
Ed eccola qui, la Cammilla in tutto i' su' sprendòre, adagiata su un carrattrezzi che (almeno si spera) la porterà a rifarsi un po' il maquillage e dotata persino di una targa decisamente ragguardevole, come accade spesso alle Cinquecento. E sebbene la Cammilla non risalga sicuramente all'epoca di don Cammillo, dal punto di vista treggistico la sua età è ragguardevole: è infatti del 1966, anno in cui era assai meglio starsene al Galluzzo che in centro a Firenze.
In giro si vedono ancora tantissime 500, e la maggior parte sono tenute con una religione che sicuramente non si riscontra in parecchi alti prelati; la Cammilla no. La Cammilla è una vera treggia DOC, e della particolare sottospecie detta Cinquetreggia che obbedisce a tutta una serie di stilemi particolari. Tratto distintivo dell'autentica Cinquetreggia è ad esempio la mancanza dello stemma Fiat sul musetto: al suo posto ci dev'essere un buco. Ci vogliono poi la targa posteriore bombata dalle infiltrazioni d'acqua, il cofano anteriore squadernato e spunti di ruggine artistici, di quelli che avrebbero fatto scrivere a Eugenio Montale (la cui tomba si trova a pochi metri da via Cammillo Barni, al cimitero di San Felice a Ema) la raccolta Ossido di seppia. La Cammilla, ebbene sí, ha tutte queste caratteristiche; si tratta della Cinquetreggia paradigmatica.