Quando mi capitava di passare per Genova, e a volte anche di starci per un po' (par mill'anni fa), le indicazioni stradali per Bolzaneto, sull'autostrada, mi facevano sempre pensare al perché quel quartiere dell'entroterra genovese recasse un nome che ricordava una lontana città alpina; non sapevo ancora che Bösanæo aveva probabilmente in sé una qualche antica radice ligure, forse simile a quella del Porkobhera, il "fiume dei salmoni" poi diventato il Polcevera. Una volta mi capitò di sbagliare uscita autostradale, e di immettermi sulla A7 per Milano; a Bolzaneto dovetti uscire, per riprendere l'autostrada in senso inverso. Un nome e uno sbaglio; poi venne quel mese di luglio, e quel nome si fuse con lo sbaglio, con il buio, con la protervia e con la crudeltà cieca del potere. Non ne aveva colpa, con la sua piazza del Prione, con le sue fortezze, col suo castello; ma il suo nome fu applicato a tutto ciò che era accaduto, con l'augurio che si spargesse sale sulle sue rovine.
E tanti anni sono passati. Un giorno, l'amico Fabrizio, che gira per la sua città alla ricerca di vecchie automobili come io giro per la mia, ed al quale mi legano non so quante bizzarre coincidenze che qui non posso dire, mi manda queste foto di vecchie Cinquecento in rovina, che provengono proprio da Bolzaneto. E sono rovelli a non finire, e non mi decido mai a metterle nel blog; come avessi una sorta di pudore, o forse persino paura. Troppi ricordi, e troppe immagini di fuoco, di fiamme, di stupido orrore e di orribile stupidità. Sapevo che, per qualcosa proveniente da Bolzaneto, non avrei mai potuto parlare con serenità o con leggerezza, come tante e tante volte ho tentato di fare in questo blog che, a modo suo, prova ad attraversare tempeste con una briciola d'amore senza pretese (come tante delle vetture che ospita). Un giorno o l'altro dovrò proprio andarci apposta, a Bolzaneto. Senza pensare più alle città alpine che sembrano rassomigliargli nel nome, senza più sbagliare autostrada. Uscire e girarmelo provando a pensare che è tutto diverso; piantare un fiore nelle carcasse di queste automobili e allontanarmi senza dire niente. Di queste macchine, che possono aver trasportato dei sogni, non so dire stavolta l'anno di immatricolazione o altri dati; stanno lì a ricordare immagini e rovina.
E tanti anni sono passati. Un giorno, l'amico Fabrizio, che gira per la sua città alla ricerca di vecchie automobili come io giro per la mia, ed al quale mi legano non so quante bizzarre coincidenze che qui non posso dire, mi manda queste foto di vecchie Cinquecento in rovina, che provengono proprio da Bolzaneto. E sono rovelli a non finire, e non mi decido mai a metterle nel blog; come avessi una sorta di pudore, o forse persino paura. Troppi ricordi, e troppe immagini di fuoco, di fiamme, di stupido orrore e di orribile stupidità. Sapevo che, per qualcosa proveniente da Bolzaneto, non avrei mai potuto parlare con serenità o con leggerezza, come tante e tante volte ho tentato di fare in questo blog che, a modo suo, prova ad attraversare tempeste con una briciola d'amore senza pretese (come tante delle vetture che ospita). Un giorno o l'altro dovrò proprio andarci apposta, a Bolzaneto. Senza pensare più alle città alpine che sembrano rassomigliargli nel nome, senza più sbagliare autostrada. Uscire e girarmelo provando a pensare che è tutto diverso; piantare un fiore nelle carcasse di queste automobili e allontanarmi senza dire niente. Di queste macchine, che possono aver trasportato dei sogni, non so dire stavolta l'anno di immatricolazione o altri dati; stanno lì a ricordare immagini e rovina.