Reduce dalla periodica "pausa", stavolta originata da altre e più pressanti contingenze, torno sul TB con un'interessantissima treggiaia reperita in una plaga semisconosciuta della città. Spero che non mancherà di interessare anche gli affezionatissimi e le affezionatissime del Treggia's Blog. Con questo s'inizia a festeggiare anche il mese di marzo, che è uno dei più importanti in quanto segna il termine dell'inverno; per un blog legato alle stagioni com'è questo, si tratta di un'evenienza molto lieta.
Le vie di cui vedete le targhe, piegate da qualche urto di macchina o dal vento, sono l'hic sunt leones del comune di Firenze. Uno dei lembi più estremi del territorio comunale, autenticamente sconosciuto ai più. Per il vostro Treggista Militante®, la via dello Scalo di Peino rappresenta da tempo immemore una sorta di "leggenda personale"; avvezzo com'è egli da sempre alle girate in solitudine nelle plaghe più recondite e ignote della sua città, che egli considera inesauribile e unico territorio d'esplorazione, di conoscenza e di memoria, conosceva questa piccola strada di piana, che non mena da nessuna parte e che si perde praticamente nel nulla delle sterpaglie rivierasche, fin da quando, ragazzo, non vi si era imbattuto durante una domenica pomeriggio passata in bicicletta alla ricerca del semplice starsene per conto suo. Col tempo, la via dello Scalo di Peino è diventata per lui una sorta di "prova del nove" quando qualcuno si vantava con lui di "conoscere perfettamente Firenze"; invariabilmente, costui si sentiva domandare dov'era questa stradetta intitolata forse a un remoto contadino che vi aveva un campo, un orto o comunque un qualche smunto terreno; o a qualche altrettanto lontano traghettatore che vi teneva scalo (non distante da là v'è anche una via dello Scalo, senz'altra specificazione). Nessuno gli ha mai saputo rispondere, nemmeno un tassista. A parziale discapito di quest'ultimo, c'è da dire che è altamente improbabile che un cliente gli abbia mai chiesto di portarlo in una strada del genere; di notte c'è da aver paura a andarci, di abitazioni non ve ne sono ma soltanto strani depositi di materiale, ed in breve si tratta veramente di un posto dimenticato da dio e dagli uomini. Insomma, i luoghi che al vostro Treggista piacciono terribilmente. Spazzati dal vento, specialmente quello dell'oblio. Dai nomi antichissimi e d'origine del tutto ignota. Dedicati, magari, a personaggi umili che sono riusciti a farsi ricordare di bocca in bocca, per generazioni, fino a approdare alla toponomastica cittadina.
Circa un mesetto fa, approfittando di un paio d'ore di quelle stramorte, il vostro Treggista ha deciso di fare un cosiddetto giro a bischero sciolto. Senza nessuna meta. Neppure un Treggia Tour, anche se è partito come sempre con la Codacchina alla mano perché...non si sa mai. Ma il fine non erano le tregge; era un po' di sole alla vigilia di quello che sarebbe stato il febbraio più gelido della recente storia climatica. Quando l'ho conosciuta, la via dello Scalo di Peino, abitavo lontanissimo; per raggiungerla in bicicletta bisogna giustappunto averci diciotto o vent'anni; ora, invece, abito relativamente vicino e ho la macchina. Ogni tanto ci ripasso, da questa mia piccola ma vecchia leggenda, pregustando magari il prossimo fanfarone che mi magnificherà la sua conoscenza delle strade fiorentina, e che cadrà rovinosamente sullo scalo di Peino, su via del Malmantile Racquistato o sul viuzzo della Dogaia. Queste strade non le conoscete, ragazzi. Per essere Treggisti Militanti bisogna prima essere Stradari Viventi; e se non lo si è, tranquilli, lo si diventa.
Pregustando qui e pregustando là, insomma, eccomi di nuovo allo Scalo di Peino. Mi avvicino alla rete, e....vedo qualcosa. Non ci avevo mai davvero fatto caso, anche perché al tempo delle mie prime scorribande da quelle parti non c'era nulla. E invece...davanti ai miei occhi si apre, gradualmente, un mondo. Un mondo di tregge. Lo Scalo di Peino è diventato una treggiaia, un accumulo, un quel-che-si-vuole, e di che razza. Lo vedrete meglio nei prossimi post, oh se lo vedrete meglio!
Circa un mesetto fa, approfittando di un paio d'ore di quelle stramorte, il vostro Treggista ha deciso di fare un cosiddetto giro a bischero sciolto. Senza nessuna meta. Neppure un Treggia Tour, anche se è partito come sempre con la Codacchina alla mano perché...non si sa mai. Ma il fine non erano le tregge; era un po' di sole alla vigilia di quello che sarebbe stato il febbraio più gelido della recente storia climatica. Quando l'ho conosciuta, la via dello Scalo di Peino, abitavo lontanissimo; per raggiungerla in bicicletta bisogna giustappunto averci diciotto o vent'anni; ora, invece, abito relativamente vicino e ho la macchina. Ogni tanto ci ripasso, da questa mia piccola ma vecchia leggenda, pregustando magari il prossimo fanfarone che mi magnificherà la sua conoscenza delle strade fiorentina, e che cadrà rovinosamente sullo scalo di Peino, su via del Malmantile Racquistato o sul viuzzo della Dogaia. Queste strade non le conoscete, ragazzi. Per essere Treggisti Militanti bisogna prima essere Stradari Viventi; e se non lo si è, tranquilli, lo si diventa.
Pregustando qui e pregustando là, insomma, eccomi di nuovo allo Scalo di Peino. Mi avvicino alla rete, e....vedo qualcosa. Non ci avevo mai davvero fatto caso, anche perché al tempo delle mie prime scorribande da quelle parti non c'era nulla. E invece...davanti ai miei occhi si apre, gradualmente, un mondo. Un mondo di tregge. Lo Scalo di Peino è diventato una treggiaia, un accumulo, un quel-che-si-vuole, e di che razza. Lo vedrete meglio nei prossimi post, oh se lo vedrete meglio!