Quando si pensa al classico maggiordomo, direi che in almeno otto casi su dieci viene a mente il nome "Battista". Non so esattamente il perché, anche se sospetto che c'entri molto il povero, tartassato e fedele maggiordomo di Zio Paperone, che si chiama proprio così (almeno nell'edizione italiana). Ebbene, ai primi di settembre mi è capitato di vederlo sul serio, Battista; non in prossimità del deposito di Paperone, ma comunque in una zona di Firenze dove di paperoni ce ne devono essere parecchi.
Intendiamoci: il viale Niccolò Machiavelli, tortuoso e altamente scenografico viale che da Porta Romana sale verso il Viale dei Colli passando per il Bobolino, lo percorro almeno un paio di volte al giorno; e non è che, malgrado sia davvero una delle zone più ricche di Firenze, mi capiti tutti i giorni di vederci un maggiordomo in livrea. Nella fattispecie, il compunto domestico era in attesa fuori dal cancello di una villa; s'intravedeva un viale d'ingresso che saliva in un bosco. La villa è meglio non immaginarla neppure; ciò che, invece, era là davanti, era l'autovettura in mano a Battista.
Chiamiamo qui autovettura, per pura convenzione, questa monumentale Bentley Mark VI. Qualche arido dato: motore in linea a sei cilindri di quattromiladuecentocinquantasette cc. Quattro metri e 87 centimetri di lunghezza; 3048 kg di peso. Ne furono prodotti 5208 esemplari dal 1946 al 1952.
Si è svolta quindi una scena talmente surreale, che -credo- non sarebbe dispiaciuta a Luis Buñuel. Da una qualsiasi utilitaria scassata (non avevo disponibile la Plog, con la quale la scena sarebbe stata ancor più surrealista), è sceso un tizio vestito da operajo che si è avvicinato al maggiordomo dandogli del voi: Permettete che faccia qualche fotografia a questa automobile? Con modi squisiti ed una gentilezza consumata, Battista non soltanto lo ha permesso, ma si è pure sentito in dovere di dire che l'autovettura era del 1950. L'anno rientra senz'altro in quelli di produzione della Mark VI, sebbene, secondo il Database Bollonet dell'ACI, risulti immatricolata il 1° gennaio 1953. Purtroppo, come si può vedere, il monumento ha subito lo sconcio della reimmatricolazione e deve incedere con una moderna targa alfanumerica; per un istante ho cercato di immaginarla con una targa del 1° gennaio 1953, qualcosa poco dopo la FI 62036 emessa il 31 dicembre 1952.
Scattate le fotografie e fatto il debito inchino sia a Battista che alla Bentley, con un paio di pantalonacci bisunti da lavoro e una barba che in quel periodo poteva ben definirsi da rivoluzionario cubano (sempre del 1953 o giù di lì), ho indugiato per qualche attimo prima di rinfilarmi nell'utilitaria; era come se attendessi l'arrivo della vecchia signora. Una vettura del genere doveva averci, per forza, una vecchia e elegantissima signora che Battista stava deferentemente attendendo. Altri, giocoforza, sarebbero ricorsi a Ambrogio e alla Contessa; io mi ci sono visto qualcosa che proiettava strane ombre di un racconto di Dürrenmatt. Ma la vecchia Signora non è comparsa, e me ne sono andato.
Oppure, forse, la Vecchia Signora altro non era che l'autovettura, che mi scompariva dietro alla prima delle tante curve del viale alberato. Per tante e tante macchine che ho fotografato in questi cinque anni e mezzo, mi sono detto: "Prima o poi la rivedo", e tante volte è successo. Per questa ho avuto la precisa sensazione che non la vedrò mai più. La Vecchia Signora si è palesata al momento giusto e nel posto giusto, accanto al suo maggiordomo e autista.
Ora, in conclusione, non vorrei prosaïcamente rovinare la fiaba; perché tale è stata, finora. Il Viale Machiavelli e la zona limitrofa rigurgitano senz'altro di ville da sogno, ma anche di alberghi e hôtels che vanno dal lusso sfrenato a quello smodato, e quindi, con buona probabilità, la Mark VI è un'automobile di rappresentanza di una di quelle dimore da seimila euro a notte o roba del genere. Però è pur vero che mi sono lasciato vincere da un momentaneo contatto con un mondo che non mi appartiene e non mi è mai appartenuto, io che devo lesinare anche il centesimo e che vado in giro a fotografare autovetture fabbricandoci sopra storie.
E così, dovendo scegliere il brano musicale per questo post, mi reimmergo nel sogno e mi trasferisco ad una qualche corte del Rinascimento. Chiudete quindi gli occhi e ascoltatevi, interpretata magistralmente dall'ensemble Modo Antiquo di Federico Maria Sardelli, una delle rare composizioni di autentica musica rinascimentale pervenuteci: l'anonima Manfredina seguita indissolubilmente dalla Rotta.
E chissà che la Vecchia Signora, in qualche sua remota vita precedente, non l'abbia danzata.
E chissà che la Vecchia Signora, in qualche sua remota vita precedente, non l'abbia danzata.