mercoledì 14 aprile 2010

Treggia's Night (2)


Una città è come una foresta, e sono più che certo di non essere il primo ad usare (o abusare) di questa scontata metafora. La foresta di notte è un mondo che ben conosco: mi basterebbe infilarmi le scarpe, uscire e andare a esplorarla; quante volte l'ho fatto. Che fosse o non fosse arrivata Lei, mi sono messo a girare apparentemente senza meta; eppure, a ripensarci, c'era sempre una qualche logica. Spesso mi sono ritrovato, a ore che non v'immaginate neppure, in dei posti che contenevano almeno un milligrammo di ricordo; a notte fonda sono andato a rivedere posti che mi erano stati giornalmente consueti, e che all'improvviso sono stati interrotti. Strade, facciate di case, numeri civici, alberi, fossati, fermate dell'autobus, negozi. Mi sono fermato davanti a certe case, spegnendo il motore, accendendomi una sigaretta e stando lì, immobile, per mezz'ora e passa. Mi rivedevo là dentro. Mi rivedevo in altre notti. Mi rivedevo e mi venivo incontro a raccontarmi com'ero, che avevo fatto, com'ero diventato.

Chi legge questo blog, si sarà senz'altro accorto quanta importanza io attribuisca alle targhe. Non è questione di fotografare la treggia senza la sua targa: per questo sfido anche la cosiddetta privacy. Arriverà il giorno in cui, per questo motivo, mi piglierò un liscio e busso da qualcuno, e una mail di fuoco per avergli fotografato la vettura in un posto dove non voleva farsi vedere. Pazienza. Mi assumo il rischio e vado avanti; perché la targa corrisponde a un anno. Ad esempio, quella di questa 126 blé scura ripresa nella consueta coda da qualche parte a Firenze, corrisponde al 1977. Nel 1977 avevo 14 anni, ed era un anno in cui accadevano un sacco di cose; cercavo di seguirle come può seguirle un quattordicenne. Ci sarei voluto essere, ma ero in condizione di minorità; e quando non lo sono più stato, tutto era già finito. La mia vita è stata interamente un disperato e goffo tentativo di ricrearmele combinando ricordi nitidi, ricordi confusi e ricordi fabbricati; ma pur disperato e goffo che sia, è una parte di me. Ed è una parte che mi ha fatto.

Quando arriva Lei, ha almeno il merito di fare una periodica pulizia. Catalizza ogni cosa e spinge ad aprire la mente. La 126 blé, poi, ha svoltato da qualche parte; era il 1977 quando mi aggiravo verdesporco esangue (se c'è una cosa in cui sono stato sempre piuttosto bravo, è quella di autodefinirmi in certi momenti della mia vita, con parole-fotografie) per una Firenze che non esiste più, per un mondo che non esiste più. E, probabilmente, con il pretesto delle vetture tutto questo blog è il tentativo di ritornarci, e di tornare ad un'età in cui Lei non veniva ancora a farmi le sue visitine notturne assieme ai crampi alle gambe.

(2. continua)